Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
In base all’idea che la politica rappresenti interessi economici, l’attuale scenario politico viene spesso interpretato come la suddivisione da un lato di partiti che si richiamano alla finanza globale e, dall’altro lato, di partiti “sovranisti” che invece farebbero riferimento ai capitali nazionali, oggi particolarmente in difficoltà. Si tratta di un’interpretazione lineare, che però ha un piccolo difetto: non corrisponde ai dati di fatto.
In Italia il partito più globalista di tutti è il PD, che però è anche il partito che vanta storici legami con capitali molto legati al territorio, come la Lega delle Cooperative e le aziende municipalizzate del Centro-Nord. Nel triennio 2014-2017 il finanziere George Soros ebbe
una partecipazione azionaria in una società immobiliare della Lega delle Cooperative, la IGD, come a sponsorizzare il governo Renzi, o a metterlo sotto tutela. Si trattò comunque di una parentesi che non ha modificato il radicamento territoriale della Lega delle Cooperative.
La Compagnia delle Opere è l’altro grande aggregato di aziende radicate nei territori, ed è noto il legame tra questa aggregazione economica con Comunione e Liberazione. Eppure CL ha rinnegato questo suo referente territoriale per
sposare entusiasticamente la causa di Mario Draghi, un player della finanza globale, ormai divinizzato, da candidare al vertice del potere politico in Italia.
Se si va a vedere come vanno le cose sul fronte cosiddetto “sovranista”, non c’è solo contraddizione tra referenti economici e scelte politiche, ma c’è il vuoto assoluto. Il primo governo Conte (il governo gialloverde presunto “sovranista”) si è consumato in un’umiliante trattativa con la Commissione Europea sugli zero-virgola e su pretestuose procedure d’infrazione, tanto da configurarsi nella pratica come un governo Gentiloni bis.
Alla fine il gruppo dirigente della Lega Nord (Maroni, Giorgetti, Zaia) ha liquidato l’esperienza governativa, umiliando il proprio “leader”, Matteo Salvini, e sconfessando la sua “creatura”, ovvero la Lega in versione di partito “nazionale”. Questa sconfessione era finalizzata alla trattativa col PD per rafforzare le autonomie Regionali, in modo da consentire alla Lombardia, al Veneto e al Piemonte di integrarsi con la Baviera nella
mitica macroregione alpina Eusalp.
Il presunto partito “sovranista”, la Lega, si è rivelato perciò il più europeista di tutti. Mentre il gruppo dirigente leghista è ancora costretto a fingere di essere contro il MES e ad assecondare Borghi e Bagnai, i 5 Stelle hanno addirittura votato la riforma del MES.
Sino a qualche anno fa il “sovranismo” enfatizzava soprattutto la figura di Putin, presunto “grande statista” ed altrettanto presunto avversario della globalizzazione; ciò anche a dispetto di ogni evidenza contraria. Putin però è comunque un leader vero, colui che media tra i due poteri in campo in Russia, Gazprom ed esercito. Putin è inoltre il leader di una potenza non ai vertici della gerarchia internazionale, anzi demonizzata e criminalizzata a più riprese; perciò, per quanto fossero illusorie le speranze riposte su Putin, almeno la loro contraddittorietà non appariva così stridente.
Con l’adozione del mito di Trump, il “sovranismo” è invece rientrato in pieno nell’alveo della gerarchia internazionale, celebrando il ”leader” (si fa per dire) della potenza imperialistica egemone. Trump è anche un miliardario, come Soros o Gates, quindi si ribadisce anche la gerarchia sociale nella sua narrazione del politicamente corretto, la nuova religione ufficiale che celebra nei miliardari i nuovi santi. La propaganda statunitense è stata sposata al punto che oggi i “sovranisti” sono diventati persino anti-cinesi. La Cina non è capace di riprendersi Taiwan e rischia addirittura di perdere Hong Kong, però, secondo la narrazione mainstream, aspirerebbe all’egemonia mondiale. La realtà è che la Cina è colpevole soltanto di aver violato la gerarchia internazionale, diventando da semplice potenza economica anche
una potenza tecnologica e finanziaria. Ma in quattromila anni di storia la Cina ha avuto spesso il primato economico, finanziario e tecnologico, eppure non è mai riuscita a dominare neanche mezza Asia.
La tesi che la politica rappresenti interessi economici non può essere negata in assoluto, per cui si possono riscontrare anche casi in cui ciò avviene, ma nella sua tendenza generale la politica si limita a ribadire le gerarchie interne e internazionali vigenti. Secondo la concezione tradizionale, riformulata teoricamente anche dal giurista tedesco Carl Schmitt, la politica si muoverebbe in base allo schema amico-nemico. Questa concezione sembrerebbe molto cruda e realistica, mentre in effetti risulta un po’ troppo idilliaca. Se questa concezione fosse vera, ciò comporterebbe infatti che, almeno all’interno del recinto amicale, i rapporti dovrebbero essere solidali. Nella realtà non è così.
In un contesto gerarchico la condizione amicale, se priva di status, può risultare molto più sfavorevole e molto meno dignitosa di quella di nemico. In una visione gerarchica l’amicizia non è neppure concepibile: o si è ossequiati per il proprio status, oppure si viene precipitati sino alla condizione del paria e del capro espiatorio. Ci hanno raccontato che ci sono lo Stato di Diritto e la Legge, per poi accorgersi che non esistono regole ma solo gerarchia; c’è chi sta sopra e chi sta sotto, ci sono i Giudici con le loro bizzose sentenze e poi c’è la massa dei colpevolizzati cronici, cioè la discarica su cui riversare sacrifici ed espiazioni: il vaccino non funziona ma ti devi vaccinare lo stesso, la mascherina non serve ma la devi indossare lo stesso, gli “esperti” cambiano idea ogni cinque minuti ma tu devi obbedirgli lo stesso; più si sta in lockdown e più i contagi aumentano, però le restrizioni devono continuare comunque.
Il ruolo decisionale della politica è nei fatti molto aleatorio. La politica si trova imbarazzata e spiazzata davanti alle lobby, poiché queste si muovono unilateralmente ed automaticamente verso la promozione di un interesse o di un business. La politica, al contrario, avrebbe bisogno dei suoi tempi per consultarsi e informarsi, individuare gli interessi da tutelare ed i mezzi per farlo. Più si insiste sulla rapidità dei processi decisionali e peggio è, poiché nella concitazione le lobby avranno la possibilità di far passare solo le informazioni che fanno loro comodo.
Stando così le cose, l’unico spazio e l’unico “automatismo” che rimangono alla politica consistono nella rituale riconferma delle gerarchie vigenti, sia a livello interno, sia a livello internazionale. Ciò spiega molti dei comportamenti dell’attuale governo Conte. Ad esempio: il Comitato Tecnico Scientifico aveva suggerito al governo un lockdown per la sola Lombardia, ma lo status gerarchico di questa regione non consentiva di conferirle le stimmate di appestata come una Campania o una Calabria qualsiasi; perciò, per
rispettare le gerarchie interne alla nazione, il lockdown e la patente di appestato è stata assegnata all’intero Paese.
Allo stesso modo, nella vicenda del Covid la politica estera del governo non ha fatto altro che riconfermare lo status gerarchico della Germania, assegnandole un improbabile ruolo di salvatrice, mentre all’Italia spetta la parte dell’indegna di essere salvata, tanto che starebbe già sprecando soldi che non ha mai avuto e che probabilmente non arriveranno mai. Il ruolo della politica è quindi quello di riconfermare le gerarchie, umiliando le classi inferiori e le regioni inferiori, e al tempo stesso sollecitando la colonizzazione da parte dei Paesi “superiori”. Non si tratta neppure di scelte ma dei soli spazi a disposizione per la politica.
Il capitalismo si è presentato come liberazione dalle gerarchie sociali tradizionali, ma poi è diventato la società più gerarchica di tutte. La gerarchia non è solo rapporto di forza, in quanto questo si combina con la servitù volontaria, oppure indotta da sedimentazioni culturali ed alibi ideologici vecchi e nuovi. L’emergenza Covid si è rivelata una guerra imperialistica a bassa intensità, in cui le gerarchie interne e internazionali si sono riconfermate ed enfatizzate attraverso spinte coloniali, autocoloniali e di lobbying.
Ringraziamo Claudio Mazzolani per la collaborazione.