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DRAGHI STA LÌ A CONFONDERTI NON A CONVINCERTI
Di comidad (del 15/04/2021 @ 00:37:57, in Commentario 2021, linkato 6267 volte)
Draghi ci ha fatto sapere che il presidente turco Erdogan è un “dittatore” ma che comunque un accordo con lui bisogna trovarlo. Si tratta della stessa linea tracciata da Biden nei confronti dell'Unione Europea: Erdogan è “cattivo” ma dovete sciropparvelo lo stesso. I media fanno eco: Erdogan è “dittatore”, è macho, maltratta le donne, ma tiene l’Europa per i cosiddetti, poiché ha sul suo territorio qualche milione di profughi siriani che potrebbe lanciarci contro come migranti.
L’Unione Europea dovrà perciò sganciare ancora qualche miliardo per indurre il “dittatore” a tenersi i profughi. Ecco una situazione ghiotta per allestire un bel dibattito morale, se debba prevalere la difesa dei “diritti umani” oppure la realpolitik. Il presidente USA Harry Truman diceva: “Se non puoi convincerli, confondili”. Truman sarebbe stato molto più sincero se avesse detto: anche se puoi convincerli, confondili lo stesso, perché le convinzioni passano, mentre la confusione rimane.
Se la vera questione fosse quella di bloccare l'eccessivo afflusso di migranti, allora perché i soldi darli ad Erdogan e non direttamente ai migranti per tornarsene a casa? Una parte della Siria è stata pacificata e ci sarebbero ora le condizioni per un ritorno dei profughi, ovviamente se non mandati allo sbaraglio ma con un po’ di capacità di spesa. Il denaro potrebbe essere un ottimo ammortizzatore sociale; invece si preferisce spendere per finanziare la violenza del “dittatore”.
In realtà Erdogan almeno è stato eletto, mentre Draghi sta lì abusivamente per un colpo di mano di Mattarella che ha bloccato le elezioni. Lo strapotere di Erdogan, del tutto sproporzionato rispetto alla consistenza del personaggio, non deriva dal suo “machismo” ma dal fatto che è stato il principale collaboratore del Sacro Occidente nell’aggressione contro la Siria. I profughi siriani non devono essere facilitati a tornarsene a casa, perché depauperare la Siria della sua popolazione e delle sue risorse è parte integrante della guerra imperialistica contro la Siria, che, tra alti e bassi, avanti e indietro, continua.
Confondere le acque per distrarre dal vero obbiettivo: si tratta di uno degli schemi ricorrenti del potere, uno schema attuato più automaticamente che lucidamente, poiché il potere funziona più come una macchina che come una mente pensante. Infatti nella confusione forse anche Draghi si è confuso. Certe insolenze così sfacciate contro i “dittatori” se le possono permettere gli USA, mentre l'Italia si trova in grave condizione di debolezza in Libia nei confronti della Turchia, che si è insediata in Tripolitania con tutti i sentimenti e con tutti i mezzi. E gli interessi dell'ENI e l’incolumità dei suoi dipendenti che fine faranno? Non è che Draghi si è fatto prendere la mano dal desiderio di compiacere Biden? Per il leader di un Paese debole non era più saggio lasciare la retorica sui dittatori ai media ed alle associazioni dei “diritti umani”? In fondo stanno lì per questo.

Un'altra situazione che coinvolge Draghi, e che ci viene rappresentata in modo incongruente, riguarda la presunta “emergenza microchip”. La guerra imperialistica tra USA e Cina si appunta oggi su un altro oggetto del contendere: i microchip o semiconduttori. Il cialtrone Trump aveva bloccato l'esportazione di semiconduttori verso la Cina, con il proposito di bloccare le forniture a Huawei. Il cialtrone Biden ha continuato sulla stessa linea del predecessore riguardo alla Cina.
Ora i media lanciano l’allarme: la ripresa economica è messa in pericolo da una emergenza persino più grave di quella del Covid: ci sarebbe una grave scarsità di microchip, i semiconduttori che sono ormai una componente essenziale in qualsiasi catena produttiva. Draghi ha fatto ricorso ad una di quelle normative che non si usano quasi mai, il Golden Power, per impedire che un’azienda italiana produttrice di semiconduttori venisse acquisita da una compagnia cinese.
Ma in questa decisione del governo c'entrano davvero i semiconduttori ed il loro ruolo strategico? Qualche settimana fa il ministro dello sviluppo economico, Giorgetti, aveva annunciato di voler bloccare l'acquisizione di Iveco da parte di un'azienda cinese. Iveco produce però veicoli commerciali, che non sono certo un prodotto strategico. Non è che si tratta ancora una volta della solita piaggeria verso gli USA?

Dopo il caso della presunta “talpa sottocosto” al servizio della Russia e il caso degli insulti ad Erdogan, questa mossa anti-cinese sarebbe la terza occasione in cui l’Italia si espone platealmente sull'arena internazionale pur di dimostrarsi zelante alle direttive di Washington. Draghi è un uomo di mondo e dovrebbe aver sperimentato nella sua vita che esporsi troppo per compiacere il padrone non è una politica saggia; poiché il padrone non ci fa caso, o dimentica, oppure non ti considera proprio, e intanto tu ti sei messo in urto con persone che possono approfittare della tua debolezza per fare i bulli.
Andrebbe benissimo che aziende italiane non vengano svendute a multinazionali cinesi, visto come finiscono le acquisizioni estere. Ma non è che saranno svendute a qualche multinazionale di Paesi “alleati”? Tutta la questione dei microchip viene infatti presentata in modo tutt'altro che trasparente, come se si trattasse di una materia prima, come il petrolio. Persino la FIOM è cascata nella confusione dei termini e si riferisce ai semiconduttori come ad una “materia prima”
La guerra dei microchip è cominciata con il blocco delle esportazioni verso la Cina. Non ci viene chiarito il motivo per cui ora i semiconduttori scarseggiano anche negli USA e in Europa. Non pare credibile che con le capacità produttive attuali possa scarseggiare un prodotto. Oltretutto Blackrock, il maggiore fondo di investimento del mondo, aveva presentato i semiconduttori come uno dei settori prioritari su cui convogliare gli investimenti.
L'emergenza e la scarsità sono riflessi condizionati del potere e possono essere state artificiosamente create per far salire i prezzi ed il valore azionario delle principali aziende che li producono. In base alla tendenza alla concentrazione dei capitali, il risultato probabile è che poche aziende alla fine monopolizzino il mercato di un componente strategico della produzione.