Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
L’attivazione dei termovalorizzatori imposti in Campania dal governo Berlusconi, ha suscitato una discussione che si è concentrata soprattutto sul terribile pericolo per la salute pubblica costituito da questi impianti. Per quanto questa discussione sia assolutamente fondata, non tiene conto di altri aspetti, inerenti alle leggi vigenti a riguardo, che andrebbero considerati.
Il 14 luglio del 2008 il Parlamento ha convertito in legge il Decreto-Legge n. 90, emanato dal governo Berlusconi il 23 maggio per l’emergenza rifiuti in Campania, che così è diventato la Legge 123/2008, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 165 del 16 luglio 2008. All’articolo 2 comma 4, la legge stabilisce che in Campania i siti e gli impianti per lo smaltimento dei rifiuti debbano essere considerati “aree di interesse strategico nazionale”.
Al comma 5 dello stesso articolo 2, la Legge 123/2008 commina a chi tenti di entrare in questi siti o impianti le pene previste dall’articolo 682 del Codice Penale; tale articolo riguarda i casi di “Ingresso arbitrario in luoghi, ove l’accesso è vietato nell’interesse militare dello Stato”, e prevede per i contravventori l’arresto da tre mesi a un anno.
Il decreto divenuto poi la Legge 123/2008 è stato uno dei primissimi atti dell’attuale governo Berlusconi, ma si trova in linea con quello che è stato invece l’ultimo atto del governo Prodi: il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’8 aprile 2008 sui casi a cui estendere il segreto di Stato, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 90 del 16 aprile 2008.
Nell’allegato del Decreto Prodi, al punto 17, il segreto di Stato è esteso anche a “impianti per la produzione di energia ed altre infrastrutture critiche”, quindi anche ai termovalorizzatori e, praticamente, a tutto ciò che si vuole. La diffusione di segreti di Stato è punita dall’articolo 261 del Codice Penale con una pena non inferiore a cinque anni.
Rispetto al Decreto di Prodi, l’attuale legge di Berlusconi esprime però una sua paradossale trasparenza, in quanto, a differenza del primo, non si limita a dire “io nascondo qualcosa”, ma, involontariamente, dice anche che cosa, cioè scorie di origine militare. Con altrettanto involontario humour, la Legge 123/2008 dedica un intero articolo - il 13 - all’informazione dei cittadini, confessando però anche qui con candore che non si tratta di informazione ma di indottrinamento, da operare con la strumentalizzazione delle istituzioni scolastiche.
Nell’epoca di internet, chiunque può verificare in tempo reale l’esattezza di queste informazioni collegandosi al sito del Parlamento e scaricando il testo della legge 123/2008. Sembrerebbe di stare nel paradiso della democrazia informatica, ma sta di fatto invece che oggi ben pochi sanno che la monnezza campana è sottoposta per legge a segreto militare, poiché, anche nell’epoca di internet, i veri canali di informazione continuano ad essere la stampa e la televisione, che, di tutto questo, non hanno sinora assolutamente parlato.
Internet è usato ancora da pochi come strumento di informazione ed auto-informazione e, curiosamente, a prendere sul serio internet sono più le agenzie di guerra psicologica, le quali impiegano un esercito di “disturblog” per intasare la comunicazione di opposizione con commenti di ridicolizzazione, oppure semplicemente fuori luogo o senza senso .
Mentre la presenza capillare dei “disturblog” rappresenta il segnale del timore che il dominio prova nei confronti di questo nuovo canale di informazione, gran parte dell’opinione di opposizione continua in effetti a dipendere da organi di stampa come “il Manifesto” o “Liberazione”. In questi giornali di “opposizione”, la maggioranza dello spazio è però dedicata a “notizie” - del tutto incontrollate e incontrollabili -, sulle nefandezze degli integralisti islamici; “notizie” confezionate e fornite, manco a dirlo, da agenzie di guerra psicologica.
È difficile stabilire se l’ennesima emergenza sanitaria proclamata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità sia reale, o risponda ancora una volta agli interessi affaristici del colonialismo farmaceutico. Che l’origine della presunta epidemia di influenza suina sia localizzata in Messico, corrisponde all’immagine che ormai i media impongono di questo Paese, senza peraltro ricollegarsi alle cause di ciò che vi accade.
A furia di lotte al narcotraffico, il Messico è ridotto effettivamente allo stato di Paese collassato. Mentre i narcotrafficanti imperversano, la "Giustizia" non riesce a fermarli; se vengono arrestati, non riescono ad essere giudicati e quindi tornano in libertà.
Un commentatore radiofonico, pensando di essere originale, ha detto: “Sembra Napoli”. Un altro affermava: “Per gli USA è come essere confinanti con la Colombia”. Il paragone è fondato, se si considera che anche il territorio colombiano risulta sotto il controllo coloniale statunitense, ovviamente in base allo stesso pretesto della lotta al narcotraffico.
Così, mentre a Città del Messico sei milioni - proprio sei - di persone sono senza acqua potabile e il caos del colonialismo trionfa, lungo i tremila chilometri di confine tra Messico e USA passa di tutto, o meglio, la droga passa dal Messico agli USA, mentre le armi per i Narcos passano dagli USA al Messico. I lavoratori sottopagati hanno la possibilità di andare a farsi sfruttare dai padroni USA con regolare permesso, e i meno fortunati devono cercare di passare il confine da clandestini, cercando di evitare i fuoristrada dei liberi cittadini che, armati di tutto punto e con le facce da baywatch, vanno a caccia di disgraziati da impallinare; roba da far crepare d'invidia i rondaioli nostrani.
L’ultima invasione statunitense del Messico risale al 1917, ed allora la giustificazione ufficiale fu di dare la caccia ai terroristi di Pancho Villa. I crimini di guerra statunitensi - nei quali si distinse un giovane ufficiale che sarebbe poi divenuto il famoso generale Mac Arthur - non bastarono ad avere la meglio, ed alla fine non solo Villa non fu preso, ma l’esercito USA dovette incassare alcune sconfitte. Nei decenni successivi gli Stati Uniti seguirono invece una strada meno rischiosa e più proficua, quella degli accordi per la lotta al narcotraffico, ed oggi l’agenzia federale antidroga, la DEA, costituisce di fatto un’agenzia coloniale, incaricata di reclutare e formare i quadri politici e militari del Messico
Agli accordi per la lotta al narcotraffico, sono poi seguiti i trattati commerciali, con la costituzione di zone franche interne al Messico, che vengono gestite ed amministrate direttamente dalle multinazionali.
I Messicani costituiscono ormai, ufficialmente, un popolo minorenne , accompagnato per mano dallo Zio Sam, il quale però, per tramite dei suoi organi d’informazione, non fa altro che lamentarsi di come il bimbo suo “protetto” deluda costantemente le aspettative.
Criminalizzazione ed infantilizzazione sono quindi le vere facce del razzismo e i principali strumenti della colonizzazione. Le conferenze ONU contro il razzismo - di cui l’ultima si è tenuta a Ginevra - si muovono invece in base ad una visione del razzismo che può essere troppo facilmente strumentalizzata e rovesciata dai colonialisti.
Visto che la prima conferenza contro il razzismo era riuscita comunque ad approvare una dichiarazione di condanna per i massacri perpetrati da Israele, ecco che miracolosamente a Ginevra compare il mitico Ahmadinejad che spiattella il suo solito attacco ad Israele. Ahmadinejad dice anche cose verissime, ma, come al solito, la sua interpretazione si va ad appuntare sul diversivo costituito dalla storia del popolo ebraico e delle sue sofferenze, di cui la fondazione dello Stato di Israele sarebbe il risarcimento.
Scatta perciò il consueto giuoco delle parti: tutti i rappresentanti dei paesi ricchi - e, guarda caso, democratici - abbandonano la conferenza per protesta contro l'antisemitismo di Ahmadinejad; e anche quando la conferenza elimina tutti i riferimenti a Israele voluti dall'Iran, gli “occidentali” rifiutano di firmare alcunché contro il razzismo, perché la sola presenza dell'iraniano li avrebbe turbati.
In realtà, la questione ebraica, e persino quella della legittimità di Israele, consentono al sedicente “Occidente” di nascondersi dietro lo spauracchio dell’antisemitismo, ed allontanano dal vero problema, che riguarda il razzismo antipalestinese praticato dallo stesso “Occidente”. In un film che ha costituito un vero e proprio paradigma per la propaganda razzista contro l’Islam in generale e i Palestinesi in particolare - “Attacco al Potere” (titolo originale: “The Siege”, 1998), con protagonista Denzel Washington -, il personaggio del palestinese non è soltanto un terrorista, ma è anche, e soprattutto, un infantile e un piagnucoloso.
Nel 1948 i Palestinesi furono considerati indegni di tenersi la loro terra perché, invece di costituire anche loro il proprio Stato, avrebbero preferito andarsene per dispetto, nella vana speranza che Israele venisse travolto dagli Stati arabi. Questo falso storico ha retto per decenni, finché alcuni storici israeliani hanno dimostrato che in effetti i Palestinesi furono costretti ad andarsene a causa di vere e proprie pratiche di genocidio da parte degli Israeliani.
Dal 1967 in poi, i Palestinesi non sono stati considerati dal sedicente Occidente dei possibili interlocutori in quanto terroristi. Prima l’isolamento ha colpito l’OLP di Arafat, oggi ha come bersaglio Hamas, ma comunque vi è sempre un pretesto per infantilizzare e criminalizzare e, quindi, per colonizzare.
Ciò che rende astratte e facilmente aggirabili le conferenze contro il razzismo, consiste proprio nel fatto che oggi quasi nessuno predica la superiorità o inferiorità razziale in modo aperto e diretto. Il razzismo e il colonialismo passano invece attraverso un discorso propagandistico ammantato di “oggettività” che infantilizza e criminalizza interi popoli rappresentando le loro miserie e le loro deviazioni, senza minimamente accennare al ruolo del colonialismo. In questo senso, occorre cominciare a diffidare non solo della “informazione” di intrattenimento e di palese abbrutimento (alla Bruno Vespa), ma anche della “informazione d’assalto” alla Santoro, alla Gabanelli o alla Saviano.
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