Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Pare proprio che il senso critico della stampa nei confronti dell’attuale temperie politica, economica e sanitaria non riesca ad andare oltre la contingente valutazione moralistica. Significativo a riguardo è un articolo di Marcello Veneziani, il quale dichiara di essersi voluto allineare alla disciplina imposta nell’emergenza dal governo, quale che fosse questo governo, ma di essere esploso di indignazione davanti alla “vanagloria” di Giuseppe Conte. In un’intervista alla tv tedesca, il Presidente del Consiglio ha infatti affermato di essersi posto il problema di come sarebbe passato alla Storia.
L’indignazione di Veneziani per la vanagloria di Conte appare del tutto fuori luogo. Questo governo ha attuato provvedimenti senza precedenti storici, ha soppresso le libertà personali come mai era accaduto prima, mettendo un intero popolo agli arresti domiciliari a tempo indefinito; ha provocato inoltre la più brusca e drammatica caduta del PIL dalla seconda guerra mondiale, gettando milioni di famiglie nell’abisso della povertà. Secondo Veneziani cos’altro avrebbe dovuto fare Conte per farsi notare dagli storici del futuro? Scorticarci tutti vivi?
Il punto è “come” Conte passerà alla Storia. Probabilmente come un super-criminale, non per intenzione ma per insipienza. Il guaio è che non è neppure finita qui. Il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, invece di essere arrestato con i suoi soci (autorità mediche comprese) per rendere conto della mattanza negli ospedali lombardi, può permettersi persino di ritornare alla carica.
Fontana ha rilasciato un’intervista al suo organo di partito in cui lamenta di non aver potuto gestire nel modo adeguato l’emergenza sanitaria a causa degli scarsi poteri riconosciuti alle Regioni del Nord. Il ministro Boccia gli ha replicato che in realtà Fontana quei poteri li aveva già e, con le norme attuali, avrebbe potuto assumere tutti i medici e paramedici che voleva. Boccia però non si è posto il problema del vero significato delle parole di Fontana, che si riferiscono ad “altri” poteri che egli ora rivendica. E Fontana può permettersi di farlo, perché col suo colpo di Stato ha dimostrato di potere tenere sotto ricatto il governo. Fontana potrà continuare a massacrare i suoi cittadini ed a tenere in ostaggio il resto dell’Italia, finché la sua diletta “Padania” non otterrà la piena indipendenza.
Il separatismo lombardo ha i suoi appoggi internazionali, in particolare in Germania, anzi, è proprio dalla Germania che provengono le spinte ai vari separatismi dei “ricchi”. Oltre alla proverbiale avarizia tedesca, c’è quindi un altro grosso ostacolo alla prospettiva di concedere all’Italia gli aiuti necessari per gestire la drammatica recessione economica in atto. C’è semmai l’interesse a tenere ancora l’Italia sulla graticola per consentire alle Regioni del Nord di andare a fare le colonie della Baviera. Sono cose che la Lega dichiara da anni, solo che si è avuto il torto di non prenderle sul serio. Nel 2012 il quotidiano “La Stampa” irrideva (o fingeva di irridere) le sparate di Bossi sulla macroregione alpina che coinvolgesse “Padania”, Baviera, Austria, Francia e Svizzera, solo che appena quattro anni dopo quella “sparata” sarebbe diventata realtà. Ma in quanti oggi sanno che la macroregione alpina (Eusalp) esiste già dal 2016? Il progetto secessionista è in atto e i media continuano a far finta di non vederlo.
Sulla questione dei “Coronabond”, l’insipienza criminale di Conte, e di tutto il suo governo, risulta particolarmente indigesta. Con tutta evidenza il governo ha operato il suo assurdo salto nel vuoto fidandosi delle rassicurazioni di chi aveva promesso che gli aiuti sarebbero arrivati. La prima doccia gelata l’ha inferta la Lagarde, poi è arrivata la Merkel, che si è rimangiata le mezze promesse fatte pubblicamente qualche settimana fa. In ultimo Macron, dopo aver illuso il governo italiano e i governi di altri Paesi dell’Europa meridionale, ha fatto un accordo con la Germania contro il progetto dei Coronabond. Ma ci voleva una mente eccelsa e superiore per capire che era tutta una presa per i fondelli?
Se la proposta italiana dei Coronabond poteva avere un senso era solo come diversivo, come cortina fumogena per preparare silenziosamente l’uscita dall’euro. Conte e il suo governo infatti avrebbero ancora la possibilità di salvare la propria immagine di fronte alla Storia. Potrebbero attuare nell’arco di una notte l’uscita dall’euro, magari poche ore dopo aver finto di aderire alla proposta del MES “light” della Merkel; potrebbero creare cinque o seicento miliardi di liquidità da immettere in parte nei conti correnti dei cittadini e da utilizzare, per l’altra parte, per nazionalizzare tutte le imprese che stanno approfittando della situazione per delocalizzare all’estero, oppure le imprese che vengono acquisite a prezzi stracciati da multinazionali estere. Nell’epoca della meccatronica non ci vorrebbe molto per recuperare il terreno perduto.
Queste cose però il governo non è in grado di farle, e non perché non siano tecnicamente possibili. Se ne fosse stato in grado, non si sarebbe neppure fatto mettere in mezzo da Fontana e dalla lobby dei vaccini dell’OMS. Tutta la nostra classe dirigente è informata alla sudditanza coloniale, per non parlare dei media, che continuano ad insistere sulla fiaba secondo cui, se uscisse dall’euro, l’Italia dovrebbe comunque ripagare i debiti in euro; come se l’euro potesse sopravvivere anche solo cinque minuti ad un’uscita dell’Italia.
Un altro errore consiste nell’interpretare la lotta coloniale in termini nazionali o nazionalistici. In realtà la lobby della deflazione non è un’esclusiva tedesca ma ha una base storica anche in Italia. Non si tratta perciò di fare appello ad una nazione che non esiste, ma di “inventare” la base sociale, la rete di interessi, su cui basare una resistenza anticoloniale. Queste cose non si fanno “gradualmente”, bensì nei tempi strettissimi che si hanno a disposizione prima di esser fatti fuori. La politica è tale se non si limita a mediare gli interessi ma li crea.
Un’altra novità è che a Milano è arrivata la Open Society Foundation di George Soros, che ha “donato” un milione di euro per l’emergenza sanitaria, cioè ha regalato più o meno il prezzo di due stanze al centro di Milano. Ma Soros è venuto per “aiutare” o per cavalcare la secessione?
Le reazioni ai provvedimenti emergenziali di Orban in Ungheria hanno suscitato in Europa, oltre le solite ipocrisie, anche un autentico disappunto. Il fatto che Orban abbia approfittato della minaccia del Covid per accentrare ulteriormente i poteri nelle sue mani, ha sortito l’effetto di smascherare l’uso politico che si sta facendo un po’ ovunque dell’emergenza sanitaria. In ogni Paese, ad ogni livello, in qualsiasi settore, c’è chi sta cercando di approfittare della presunta “pandemia” per modificare a proprio favore i rapporti di forza.
C’è però una differenza essenziale tra l’uso un po’ naif dell’emergenza da parte di Orban e quanto accade invece altrove. In altri Paesi infatti il “virus” ha assunto sentieri più subdoli e contorti. Da noi l’emergenza non favorisce l’accentramento dei poteri del governo, bensì è diventato il pretesto per pronunciamenti autonomisti che sembrano preludere al separatismo. Ciò è evidente in Italia, dove anche l’ultimo decreto del governo ha immediatamente trovato Regioni come la Lombardia e il Piemonte pronte a “correggere” il decreto rivendicando ancora una volta un’autonomia decisionale. Al carro di queste Regioni si sono agganciati ovviamente anche altri despoti locali.
La stessa cosa sta accadendo in Germania, dove la Baviera ha colto l’occasione per riaffermare la propria “indipendenza”, imboccando la strada della drammatizzazione dell’emergenza, smentendo la linea delle mezze misure adottata dalla Merkel. Al di là della sicumera di facciata e della copertura mediatica, anche la Germania sta attraversando una fase di sbandamento istituzionale non da poco.
Un atteggiamento analogo a quello della Baviera e della Lombardia, lo tiene la Catalogna nei confronti del governo centrale spagnolo. Incalzato dall’autonomismo catalano, il governo di Madrid ha finito per dover ricalcare i provvedimenti emergenziali già visti in Italia.
In Spagna ci sono meno remore nel dibattito e quindi le cose sono più spesso chiamate col loro nome. Non è mancato perciò chi ha affermato esplicitamente che la Regione catalana sta largamente approfittando dell’emergenza sanitaria per veicolare nuovamente il proprio separatismo.
L’autonomismo/separatismo lombardo ha riscosso dei grossi risultati grazie all’emergenza, ma ha anche dovuto pagare un prezzo in termini di immagine e di tenuta del mito della Lombardia. Non sono mancate le spiegazioni “razionali” di questa debacle; un tonfo talmente grave che in molti cominciano a temere che, pur di risollevare l’immagine della Lombardia, non si esiti a confezionare scandali sanitari in qualche Regione meridionale, in modo da potere dire che “almeno” in Lombardia queste cose non accadono.
Le spiegazioni “razionali” del tracollo della Sanità lombarda hanno fatto riferimento soprattutto alla pseudo-riforma regionale del 2015, che liquidava le vecchie ASL. Sebbene nessuno avesse motivo di rimpiangere le ASL, l’alternativa si è risolta in un caos nell’attribuzione delle competenze persino all’interno degli istituti ospedalieri. La confusione ingenerata dalla “riforma”, può aver trovato un moltiplicatore nell’ossessione della pandemia, per cui, ad esempio, i medici specialisti di terapia intensiva sarebbero stati subordinati all’ottica unilaterale dei virologi e degli infettivologi. In molti hanno quindi considerato questa Legge regionale una messinscena di finto efficientismo, l’ennesimo bluff ma stavolta più rischioso del solito, pur di mistificare una generale diminuzione delle prestazioni sanitarie.
Del resto la prestazione sanitaria in tutta Italia è complessivamente caduta al di sotto della media europea. Ad esempio: l’Italia ha oggi a disposizione meno di tre posti-letto ogni mille abitanti, contro gli otto della Germania.
Pur nella loro piena fondatezza, queste spiegazioni rimangono comunque parziali. A meno di non credere che tra Wuhan e Codogno vi sia una sorta di corridoio spazio-temporale, non si spiega questo salto massiccio del virus dalla Cina alla Lombardia scavalcando tutte le tappe intermedie. La realtà è che le cifre sulla mortalità da pandemia offerteci in pasto dai media, risultavano del tutto decontestualizzate dai livelli di mortalità considerati normali. In base ai dati Istat, in condizione di “normalità”, nel 2017, in Italia si sono registrati ufficialmente quasi seicentocinquantamila deceduti.
L’epidemia influenzale del 2018 ebbe esiti meno devastanti dell’anno precedente, eppure si registrarono solo dodicimila decessi in meno del 2017. Il livello medio di mortalità annuale in Italia, si è quindi attestato stabilmente oltre i seicentomila decessi. Sono numeri che fanno saltare completamente tutto l’apparato fiabesco sui presunti miracoli del welfare, tra cui un inesistente aumento delle “aspettative di vita”; per questo motivo si tratta di notizie che, sebbene di fonte ufficiale, gli “editori veri”, gli “editori responsabili”, lasciano sempre ai margini della comunicazione.
In Europa le cose non sono andate meglio quanto a mortalità. In base ai dati Eurostat, nel 2017 vi furono cinque milioni di decessi in Europa e quasi un quinto di questi riguardarono la Germania. Nonostante i suoi otto posti-letto ogni mille abitanti, la Germania ebbe circa un terzo in più di deceduti rispetto all’Italia, oltre novecentomila. L’Italia ha circa sessanta milioni di abitanti e una popolazione più anziana, mentre la Germania ne ha ottantatre milioni; quindi, anche in proporzione, la mortalità tedesca è risultata maggiore, ben superiore all’1% annuo. Prescindendo da queste cifre apocalittiche sulla mortalità cosiddetta “normale”, o addirittura omettendole del tutto, i media possono spacciare qualsiasi emergenza. E da sempre i media sono innamorati delle emergenze e vi danno automaticamente credito.
Se questa emergenza pandemia fosse partita da una cospirazione, probabilmente non avrebbe raggiunto una tale estensione, poiché ci sarebbe stato sicuramente qualcuno che si sarebbe sottratto all’accordo per fregare gli altri. L’emergenza Covid ha trionfato perché il sistema è ormai da decenni drogato di emergenzialismo e, a tutti i livelli, trova nell’emergenza l’unico modo per legittimarsi e per funzionare. Certo è che per i drogati di emergenza non manca il rischio di overdose.
Sostituire completamente l’assetto legalitario con l’arbitrio sistematico e con il controllo tecnologico, rappresenta per tutti i poteri una prospettiva suggestiva, ma il fatto di abbracciarla così acriticamente, denota anche una certa inconsapevolezza dei meccanismi del dominio. È infatti la legalità a creare la rendita di posizione dell’illegalità, quel vantaggio derivante dal delitto su cui prosperano tutte le oligarchie. Se non esiste più la legalità, non si potrà neppure lucrare sul fatto di poterla aggirare. Allo stesso modo, se si sta sempre in emergenza, è come se non si fosse mai in emergenza.
Ringraziamo il compagno Mario C. “Passatempo” per le segnalazioni e la collaborazione.
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