"
"Feuerbach aveva in parte ragione quando diceva che l'Uomo proietta nel fantasma divino i suoi propri fantasmi, attribuendogli la sua ansia di dominio, la sua invadenza camuffata di bontà, la sua ondivaga morale. Anche quando dubita dell'esistenza di Dio, in realtà l'Uomo non fa altro che dubitare della propria stessa esistenza."

Comidad
"
 
\\ Home Page : Archivio (inverti l'ordine)
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.

Di comidad (del 04/10/2007 @ 23:18:20, in Commentario 2007, linkato 1509 volte)
Da quasi vent'anni le notizie provenienti dalla Birmania - oggi Myanmar – suscitano preoccupazione, ma il fatto che il presidente Bush sia entrato con tanta decisione nella questione non può che spaventare per le sorti del popolo birmano.
Un regime militare da loro sostenuto per mezzo secolo, è stato improvvisamente bollato da Stati Uniti e Gran Bretagna come tirannico e "comunista", cosa, quest'ultima, di cui non s'era mai accorto nessuno, tanto più che il regime militare birmano era stato fondato con l'apporto di nazionalisti cinesi in fuga dalla madre patria dopo la vittoria dei comunisti; un regime militare che inoltre si sosteneva, sino a poco tempo fa, con i proventi della produzione di oppio del cosiddetto "Triangolo d'oro", nel quale la CIA ha una presenza storica.
Anche sulla effettiva consistenza delle attuali notizie sulla Birmania, i dubbi non mancano. Alla fine degli anni '80 vi fu sicuramente un grande movimento all'interno del Paese per liberarsi della giunta militare che reagì con una repressione ai limiti del genocidio. Queste vicende furono narrate in un film del 1995, che molti ricorderanno: "Oltre Rangoon", di John Boorman.
In quella occasione filtrarono varie notizie circostanziate, specialmente quando fu assegnato il premio Nobel per la pace alla leader dell'opposizione birmana, ma comunque non si registrò nessuna mobilitazione politica e mediatica paragonabile a quella attuale, eppure i fatti erano confermati da immagini e testimonianze precise.
La campagna mediatica attuale appare invece all'insegna della coniugazione al condizionale: "ci sarebbe stata una manifestazione", "i partecipanti sarebbero alcune migliaia", "gli arresti sarebbero centinaia", "i morti sarebbero decine", ecc. Le contraddizioni poi non mancano: "le informazioni dalla Birmania filtrerebbero attraverso internet" (e giù retorica sulla "democrazia telematica"), salvo poi dirci che internet risulta oscurato.
L'unica notizia eclatante rimane quella dell'immagine del fotografo giapponese ucciso da un militare, ripreso a sua volta da un collega. Ma anche queste immagini drammatiche risultano isolate. È strano che il fotografo che ha fornito l'immagine del collega giapponese ucciso, non abbia allegato poi altre immagini sulle proteste popolari che "sarebbero" in atto.
Insomma, si sono presi troppi bidoni in passato dagli Stati Uniti per non sospettare qualcosa oggi. I moventi di Bush sono sempre stati smaccatamente affaristici, ed in effetti è di pochi mesi fa la notizia degli accordi tra Birmania-Myanmar e Cina per l'estrazione e il trasporto del petrolio e del gas birmani, perciò l'interesse delle multinazionali statunitensi a bloccare questo contratto cino-birmano è evidente. La Cina offre ai Paesi produttori contratti al cinquanta per cento degli utili, mentre le multinazionali statunitensi concedono ai produttori al massimo il dieci per cento, previo rientro delle spese, che di fatto non rientrano mai. Soltanto una pressione politico-militare degli USA può indurre il governo birmano ad accettare condizioni così svantaggiose.
D'altra parte l'esperienza passata dimostra che le notizie più importanti passano con anni di ritardo, senza peraltro raggiungere l'onore delle prime pagine e delle aperture di telegiornale. Probabilmente sapremo qualcosa in più tra qualche mese o tra qualche anno.
Ciò che risulta urgente oggi, è sfatare l'illusione che l'interessamento statunitense, comunque motivato, possa servire a schiacciare la tirannia e migliorare la situazione dei Birmani. Anche qui l'esperienza dimostra l'esatto contrario.
Le "riforme democratiche" di Eltsin e dei suoi consulenti prestatigli da Clinton, hanno ridotto la popolazione russa di un terzo, distruggendo i servizi sociali e facendo crollare la produzione alla metà rispetto al periodo sovietico. Quindi l'era di Eltsin ha fatto impallidire l'epoca staliniana. Questi ormai sono dati ufficiali, anche se non arrivano alle prime pagine.
Lo stesso sta avvenendo in Iraq, ed il problema non è solo la guerriglia o la guerra civile, ma il fatto che gli occupanti statunitensi stanno lasciando senza acqua corrente ed elettricità aree densamente popolate, provocando miseria, malattie, morti precoci e crollo della natalità. In quattro anni di democrazia americana, le infrastrutture irakene sono regredite di un secolo ed anche i livelli demografici arretrano in proporzione.
Quindi il genocidio non è un'esclusiva delle dittature, anzi la democrazia ha dimostrato di saper fare molto meglio.
4 ottobre 2007
Articolo (p)Link   Storico Archivio  Stampa Stampa
 
Di comidad (del 11/10/2007 @ 22:34:52, in Commentario 2007, linkato 1228 volte)
In base alle disposizioni partite dagli Stati Uniti, entro la prossima settimana entreranno in vigore le sanzioni economiche dell'Unione Europea contro la Birmania-Myanmar. Ovviamente queste sanzioni servirebbero a colpire il tirannico governo birmano e a favorire la transizione alla democrazia. Si ripropone ancora una volta lo storico schema propagandistico del colonialismo, secondo il quale i nemici non sarebbero mai i popoli, ma solo i loro malvagi governi. È vero che le sanzioni economiche provocano denutrizione e malattie, così come le guerre producono morti e macerie, però tutti questi saranno presentati solo come spiacevoli effetti collaterali della luminosa marcia per l'affermazione dei sacri valori dell'Occidente.
Le urla di indignazione che si sono levate in questi giorni per le notizie sulla repressione in Birmania, non si faranno più udire perché le notizie sulle sofferenze del popolo birmano dovute alle sanzioni verranno confinate nei rivoli collaterali dell'informazione ufficiale, mentre ampio spazio sarà concesso alla voce di "oppositori" del regime birmano, che si proclameranno felici di ogni sofferenza che acceleri il passaggio alla democrazia.
Sembra di stare nell'Italia fascista ai tempi dell'aggressione all'Etiopia, quando si cantava "Faccetta nera, bella abissina, aspetta e spera che già l'ora si avvicina". L'Etiopia nel 1935 era effettivamente uno Stato tirannico, feudale, schiavistico e tribale, ma è molto improbabile che le donne etiopiche davvero gioissero sotto i gas lanciati dall'aviazione italiana, aspettando e sperando di essere liberate.
Eppure molti ne erano convinti, non soltanto in Italia, ma anche nel resto del mondo. Quando la Società delle Nazioni (l'ONU di allora) decretò le sanzioni contro l'Italia per l'aggressione perpetrata nei confronti di un altro membro della stessa Società, quelle sanzioni rimasero non applicate, a causa dell'ondata di solidarietà internazionale di cui si giovò Mussolini, in base all'argomento secondo cui non si poteva paragonare un Paese di civiltà occidentale come l'Italia ad un regime retrogrado ed oscurantistico come quello etiopico. A quei tempi infatti il fascismo faceva ancora parte a tutti gli effetti della civiltà occidentale, non era stato ancora nominato nemico di comodo in funzione della colonizzazione dell'Europa da parte degli Stati Uniti.
Nel 2003 Tony Blair, prima di andare ad aggredire l'Iraq, trovò anche lui la sua "faccetta nera": una studentessa irachena venne trionfalmente ricevuta a Downing Street, dove presentò al governo inglese la supplica di correre a invadere l'Iraq per portarvi la democrazia. Giuliano Ferrara, entusiasta, dedicò addirittura un'intera trasmissione a quell'eroica ragazza, poi scomparsa dalle cronache, e di cui non si sa neppure se fosse davvero irachena (come del resto non si può giurare nemmeno sull'autenticità di certi monaci buddisti che compaiono in questi giorni nei media).
Oggi gli iracheni hanno finalmente la democrazia, anche se non hanno più acqua ed elettricità, dato che le loro risorse petrolifere ed idriche sono state privatizzate a vantaggio di società statunitensi. Del resto non si può depredare le risorse di un Paese senza massacrarne il popolo: è un concetto ovvio che non può non valere anche per la Birmania.
Da sempre però la giustificazione del colonialismo è stata quella di combattere dei governi tirannici in nome della civilizzazione dei popoli, e questa formula propagandistica ancora funziona. Nel 1917, nel corso della prima guerra mondiale, il presidente statunitense Wilson ebbe la geniale idea di applicare questo slogan anche ad un Paese occidentale, la Germania. Convinse i Tedeschi di non avercela con loro, ma solo con il loro cattivissimo Kaiser, perciò sarebbe bastato alla Germania di liberarsi del tiranno per essere riaccolta a braccia aperte nella famiglia umana. La fregatura che presero i Tedeschi quando accettarono di arrendersi nel 1918, è ben nota, ma a distanza di novanta anni gli Usa possono riproporre questa formula propagandistica pressoché inalterata e con lo stesso successo.
Il presidente Wilson riuscì a farsi credere da tutti un puro idealista, mentre di Bush si ammette che non sia uno stinco di santo e persino che sia un poco di buono, ma ciò non basta a mettere in dubbio la sua missione di salvezza. Insomma, ci si suggerisce che Bush sarà anche un criminale, ma che comunque è uno strumento provvidenziale di cui la Storia si serve per far trionfare i sacri valori dell'Occidente.
L'Occidente perciò non è qualcosa di concreto con cui sia possibile un confronto, ma è un concetto che funziona per suggestione e conformismo, cioè una religione. Al contrario, in base ad una valutazione realistica dell'umanità, Bush è molto più pericoloso di un Saddam o di un Ahmadinejad, proprio perché rischia molto meno. Il peggio che possa capitare a Bush ed al suo entourage è di doversi ritirare a fare consulenze e conferenze superpagate. Cosa rischia inoltre l'oligarchia statunitense che sta seguendo Bush nel suo vortice di aggressioni e di debiti?
Quand'anche tutto dovesse andar male, gli oligarchi statunitensi non avrebbero da temere invasioni o bombardamenti dato il loro isolamento geografico, e quando i debiti sono davvero tanti non si rischia neppure di doverli pagare sul serio.
11 ottobre 2007
Articolo (p)Link   Storico Archivio  Stampa Stampa
 
Pagine: 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 61 62 63 64 65 66 67 68 69 70 71 72 73 74 75 76 77 78 79 80 81 82 83 84 85 86 87 88 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 100 101 102 103 104 105 106 107 108 109 110 111 112 113 114 115 116 117 118 119 120 121 122 123 124 125 126 127 128 129 130 131 132 133 134 135 136 137 138 139 140 141 142 143 144 145 146 147 148 149 150 151 152 153 154 155 156 157 158 159 160 161 162 163 164 165 166 167 168 169 170 171 172 173 174 175 176 177 178 179 180 181 182 183 184 185 186 187 188 189 190 191 192 193 194 195 196 197 198 199 200 201 202 203 204 205 206 207 208 209 210 211 212 213 214 215 216 217 218 219 220 221 222 223 224 225 226 227 228 229 230 231 232 233 234 235 236 237 238 239 240 241 242 243 244 245 246 247 248 249 250 251 252 253 254 255 256 257 258 259 260 261 262 263 264 265 266 267 268 269 270 271 272 273 274 275 276 277 278 279 280 281 282 283 284 285 286 287 288 289 290 291 292 293 294 295 296 297 298 299 300 301 302 303 304 305 306 307 308 309 310 311 312 313 314 315 316 317 318 319 320 321 322 323 324 325 326 327 328 329 330 331 332 333 334 335 336 337 338 339 340 341 342 343 344 345 346 347 348 349 350 351 352 353 354 355 356 357 358 359 360 361 362 363 364 365 366 367 368 369 370 371 372 373 374 375 376 377 378 379 380 381 382 383 384 385 386 387 388 389 390 391 392 393 394 395 396 397 398 399 400 401 402 403 404 405 406 407 408 409 410 411 412 413 414 415 416 417 418 419 420 421 422 423 424 425 426 427 428 429 430 431 432 433 434 435 436 437 438 439 440 441 442 443 444 445 446 447 448 449 450 451 452 453 454 455 456 457 458 459 460 461 462 463 464 465 466 467 468 469 470 471 472 473 474 475 476 477 478 479 480 481 482 483 484 485 486 487 488 489 490 491 492 493 494 495 496 497 498 499 500 501 502 503 504 505 506 507 508 509 510 511 512 513 514 515 516 517 518 519 520 521 522 523 524 525 526 527 528 529 530 531 532 533 534 535 536 537 538 539 540 541 542 543 544 545 546 547 548 549 550 551 552 553 554 555 556 557 558 559 560 561 562 563 564 565 566 567 568 569 570 571 572 573 574 575 576 577 578 579 580 581 582 583 584 585 586 587 588 589 590 591 592 593 594 595 596 597 598 599 600 601 602 603 604 605 606

Cerca per parola chiave
 

Titolo
Aforismi (5)
Bollettino (7)
Commentario 2005 (25)
Commentario 2006 (52)
Commentario 2007 (53)
Commentario 2008 (53)
Commentario 2009 (53)
Commentario 2010 (52)
Commentario 2011 (52)
Commentario 2012 (52)
Commentario 2013 (53)
Commentario 2014 (54)
Commentario 2015 (52)
Commentario 2016 (52)
Commentario 2017 (52)
Commentario 2018 (52)
Commentario 2019 (52)
Commentario 2020 (54)
Commentario 2021 (52)
Commentario 2022 (53)
Commentario 2023 (53)
Commentario 2024 (46)
Commenti Flash (62)
Documenti (30)
Emergenze Morali (1)
Falso Movimento (11)
Fenêtre Francophone (6)
Finestra anglofona (1)
In evidenza (33)
Links (1)
Manuale del piccolo colonialista (19)
Riceviamo e pubblichiamo (1)
Storia (9)
Testi di riferimento (9)



Titolo
Icone (13)


Titolo
FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


24/11/2024 @ 01:20:08
script eseguito in 50 ms