BIRMANIA: BUSH PER UN GENOCIDIO DEMOCRATICO
Da quasi vent'anni le notizie provenienti dalla Birmania - oggi Myanmar – suscitano preoccupazione, ma il fatto che il presidente Bush sia entrato con tanta decisione nella questione non può che spaventare per le sorti del popolo birmano.
Un regime militare da loro sostenuto per mezzo secolo, è stato improvvisamente bollato da Stati Uniti e Gran Bretagna come tirannico e "comunista", cosa, quest'ultima, di cui non s'era mai accorto nessuno, tanto più che il regime militare birmano era stato fondato con l'apporto di nazionalisti cinesi in fuga dalla madre patria dopo la vittoria dei comunisti; un regime militare che inoltre si sosteneva, sino a poco tempo fa, con i proventi della produzione di oppio del cosiddetto "Triangolo d'oro", nel quale la CIA ha una presenza storica.
Anche sulla effettiva consistenza delle attuali notizie sulla Birmania, i dubbi non mancano. Alla fine degli anni '80 vi fu sicuramente un grande movimento all'interno del Paese per liberarsi della giunta militare che reagì con una repressione ai limiti del genocidio. Queste vicende furono narrate in un film del 1995, che molti ricorderanno: "Oltre Rangoon", di John Boorman.
In quella occasione filtrarono varie notizie circostanziate, specialmente quando fu assegnato il premio Nobel per la pace alla leader dell'opposizione birmana, ma comunque non si registrò nessuna mobilitazione politica e mediatica paragonabile a quella attuale, eppure i fatti erano confermati da immagini e testimonianze precise.
La campagna mediatica attuale appare invece all'insegna della coniugazione al condizionale: "ci sarebbe stata una manifestazione", "i partecipanti sarebbero alcune migliaia", "gli arresti sarebbero centinaia", "i morti sarebbero decine", ecc. Le contraddizioni poi non mancano: "le informazioni dalla Birmania filtrerebbero attraverso internet" (e giù retorica sulla "democrazia telematica"), salvo poi dirci che internet risulta oscurato.
L'unica notizia eclatante rimane quella dell'immagine del fotografo giapponese ucciso da un militare, ripreso a sua volta da un collega. Ma anche queste immagini drammatiche risultano isolate. È strano che il fotografo che ha fornito l'immagine del collega giapponese ucciso, non abbia allegato poi altre immagini sulle proteste popolari che "sarebbero" in atto.
Insomma, si sono presi troppi bidoni in passato dagli Stati Uniti per non sospettare qualcosa oggi. I moventi di Bush sono sempre stati smaccatamente affaristici, ed in effetti è di pochi mesi fa la notizia degli accordi tra Birmania-Myanmar e Cina per l'estrazione e il trasporto del petrolio e del gas birmani, perciò l'interesse delle multinazionali statunitensi a bloccare questo contratto cino-birmano è evidente. La Cina offre ai Paesi produttori contratti al cinquanta per cento degli utili, mentre le multinazionali statunitensi concedono ai produttori al massimo il dieci per cento, previo rientro delle spese, che di fatto non rientrano mai. Soltanto una pressione politico-militare degli USA può indurre il governo birmano ad accettare condizioni così svantaggiose.
D'altra parte l'esperienza passata dimostra che le notizie più importanti passano con anni di ritardo, senza peraltro raggiungere l'onore delle prime pagine e delle aperture di telegiornale. Probabilmente sapremo qualcosa in più tra qualche mese o tra qualche anno.
Ciò che risulta urgente oggi, è sfatare l'illusione che l'interessamento statunitense, comunque motivato, possa servire a schiacciare la tirannia e migliorare la situazione dei Birmani. Anche qui l'esperienza dimostra l'esatto contrario.
Le "riforme democratiche" di Eltsin e dei suoi consulenti prestatigli da Clinton, hanno ridotto la popolazione russa di un terzo, distruggendo i servizi sociali e facendo crollare la produzione alla metà rispetto al periodo sovietico. Quindi l'era di Eltsin ha fatto impallidire l'epoca staliniana. Questi ormai sono dati ufficiali, anche se non arrivano alle prime pagine.
Lo stesso sta avvenendo in Iraq, ed il problema non è solo la guerriglia o la guerra civile, ma il fatto che gli occupanti statunitensi stanno lasciando senza acqua corrente ed elettricità aree densamente popolate, provocando miseria, malattie, morti precoci e crollo della natalità. In quattro anni di democrazia americana, le infrastrutture irakene sono regredite di un secolo ed anche i livelli demografici arretrano in proporzione.
Quindi il genocidio non è un'esclusiva delle dittature, anzi la democrazia ha dimostrato di saper fare molto meglio.
4 ottobre 2007
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