Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Il caso del Sudan sta ricalcando un copione che a molti sembra di aver già visto. Il solito dittatore pazzo sta perpetrando il solito genocidio ai danni della propria popolazione; ed ecco che l'opinione pubblica progressista si mobilita sotto la guida di insospettabili alfieri dei diritti umani, come il giornale inglese "The Guardian" e l'attore George Clooney, fattosi arrestare davanti all'ambasciata sudanese il mattino dopo una cena col presidente Obama.
Prove? Ci viene detto che da qualche parte ci sono, e per crederci basta la parola "dittatore". Nel frattempo il mandato di cattura della Corte Penale Internazionale contro il presidente Sudanese, Al-Bashir, è stato depennato dall'accusa di genocidio, anche se la Corte dichiara di avere prove su altri crimini di Al-Bashir, peraltro mai esibite.
Alla mobilitazione sul caso Sudan partecipa spontaneamente una vasta area di personale della "sinistra" ufficiale, perché è bello stare dalla parte della giustizia e del bene, tanto più che ce la si va a prendere con un avversario debole. Il copione vuole che in questa fase il governo statunitense se ne stia defilato, in una posizione apparentemente neutrale, anzi confusa ed imbarazzata, con l'aria di lasciarsi supplicare di intervenire affinché l'annunciato genocidio non si compia.
Strano che un copione del genere possa ripetersi nell'epoca di internet, nella quale non è più necessario passare giornate in emeroteca per reperire notizie. Gli Stati Uniti sono infatti da decenni in guerra aperta contro il Sudan, ed è agevole reperire informazioni a riguardo.
Nel 1996 l'amministrazione Clinton riuscì ad imporre al Consiglio di Sicurezza dell'ONU delle sanzioni contro il Sudan con il pretesto di un fantomatico attentato contro il presidente egiziano Mubarak, cioè alcuni colpi che sarebbero stati sparati contro la sua auto blindata durante un summit africano ad Addis Abeba. Il segretario di Stato USA di allora, Madeleine Albright, accusò il Sudan di essere un "nido di vipere del terrorismo", cosa che giustificò anche la decisione unilaterale degli USA di un ulteriore inasprimento delle sanzioni contro il Sudan. [1]
Le colpe del governo sudanese di allora erano le stesse di quello di adesso. Il Sudan ha infatti troppo petrolio e non lo lascia gestire tutto alle multinazionali "giuste", cioè quelle anglo-americane. Troppi contratti petroliferi vengono concessi dal governo sudanese a multinazionali come la cinese Petrochina e la malese Petronas. Il governo sudanese ha preferito le multinazionali petrolifere cinesi anche perché queste, in cambio del petrolio, garantiscono un consistente programma di creazione di infrastrutture: strade, ferrovie, ponti, canali, ecc. Sino a poco tempo fa le proiezioni della British Petroleum erano costrette a constatare che il Sudan si avviava a diventare un gigante petrolifero in campo africano. [2]
Ma la vivacità economica del Sudan non riguardava solo il settore petrolifero. Sino al 1998 il Sudan deteneva un'autosufficienza in campo farmaceutico, con una fabbrica che si poneva all'avanguardia in Africa, e che, oltre a coprire il fabbisogno interno, era in grado anche di esportare i propri prodotti in altri Paesi africani. Non c'è quindi da stupirsi che nell'agosto del 1998 Bill Clinton abbia deciso di bombardare quella fabbrica, provocando numerose vittime e congelando per oltre un decennio la prospettiva di un'autosufficienza farmaceutica del Sudan. In quella circostanza il pretesto ufficiale di Bill Clinton fu che lo stabilimento farmaceutico nascondesse una fabbrica di armi chimiche. Come si vede non è necessario volere l'energia atomica, come l'Iran, per essere accusati di voler distruggere Israele, basta un'industria farmaceutica. L'accusa di Bill Clinton non solo non fu mai provata, ma ricevette una smentita da un tribunale statunitense a cui si era rivolto il proprietario della fabbrica; ma per questo crimine il governo statunitense non subì mai alcuna censura. [3]
Infatti, secondo il conformismo vigente, i crimini dei ricchi vanno sempre considerati errori in buona fede, o, al massimo, "contraddizioni". Il capitalismo è la principale forma di crimine organizzato, poiché ha in più l'arma delle pubbliche relazioni.
Del tutto casualmente furono le multinazionali farmaceutiche occidentali a giovarsi della liquidazione dell'industria farmaceutica sudanese. Qualcuno all'epoca accusò Clinton di aver bombardato il Sudan per far dimenticare i propri scandali sessuali; altri, più realisticamente, opinarono che Clinton avesse agito da lobbista delle multinazionali farmaceutiche. L'assistenzialismo per ricchi si fa anche con le bombe; anzi, soprattutto con le bombe.
Ma, oltre le bombe, c'è anche la guerra psicologica. L'assistenzialismo per ricchi si basa infatti sulla svalutazione dei poveri: mentre i ricchi sono merce pregiata da coccolare e vezzeggiare perché con la loro sola esistenza fanno bene all'intera società, i poveri hanno sempre e soltanto moventi di fanatismo e terrorismo. La vitalità economica del Sudan assume perciò i contorni di uno scandalo che è necessario prima occultare e poi cancellare definitivamente.
Lo scorso anno il Sudan ha già accettato la secessione del Sud del Paese. La separazione del Sudan tra nord e sud è stata studiata proprio per paralizzare le possibilità di sviluppo del paese finanziate dal petrolio. Infatti i maggiori giacimenti sono al sud o nella zona di frontiera, mentre le raffinerie e gli oleodotti sono al nord. Di recente il segretario di Stato Hillary Clinton ha rivendicato proprio agli USA la scelta di favorire questa secessione, accusando ovviamente Al-Bashir di voler aggredire il neonato Stato. [4]
Da notare che adesso i Clinton non sono più i semplici lobbisti degli anni '90, dato che sotto l'amministrazione del mite Obama sono state condotte tre operazioni coloniali ad Haiti, in Libia e nel Sudan del Sud; tre Paesi che sono entrati nel carniere dei feudi personali del clan dei Clinton, che già controllava il Rwanda attraverso la Fondazione Clinton. Casualmente George Clooney è un testimonial della Clinton Foundation. [5]
Al-Bashir aveva accettato il compromesso sperando che gli Stati Uniti si accontentassero della secessione del sud del Paese, invece per la cosca criminale dei Clinton questa era solo il primo passo per arrivare ad una dissoluzione del Sudan. La separazione ha lasciato il contenzioso dei confini, dove sono concentrati molti giacimenti di petrolio, quindi per le provocazioni degli USA la strada è spalancata. [6]
Una bella campagna di bombardamenti USA e NATO favorirebbe infatti la frantumazione del Sudan attuale in tanti clan tribali in guerra tra loro; ciascun clan sotto la tutela di milizie armate dalle multinazionali, come in Libia o in Congo. Da quel momento anche morti e massacri cesserebbero di fare notizia e di suscitare indignazione nel Sacro Occidente.
[1] http://www.adnkronos.com/Archivio/AdnAgenzia/1996/04/27/Esteri/SUDAN-SANZIONI-DEL-CONSIGLIO-DI-SICUREZZA_143700.php
[2] http://translate.google.it/translate?hl=it&sl=en&u=http://www.sudantribune.com/Sudan-Oil-Industry-in-BP-Figures,22437&ei=x5pwT7aKDYGg4gSp-ozAAg&sa=X&oi=translate&ct=result&resnum=1&ved=0CCkQ7gEwAA&prev=/search%3Fq%3Dsudan%2Bbritish%2Bpetroleum%26hl%3Dit%26prmd%3Dimvns
[3] http://www.repubblica.it/online/fatti/kenya/rappre/rappre.html
http://translate.google.it/translate?hl=it&langpair=en%7Cit&u=http://news.bbc.co.uk/2/hi/africa/425552.stm
[4] http://www.wallstreetitalia.com/article/1333109/sud-sudan-clinton-accusa-bashir-di-voler-minare-esistenza-paese.aspx
[5] http://translate.google.it/translate?hl=it&langpair=en%7Cit&u=http://www.looktothestars.org/news/7611-george-clooney-shows-support-for-clinton-foundation
[6] http://www.ilsecoloxix.it/p/est/2012/03/27/AP5GjYBC-senza_sudan_guerra.shtml#axzz1qOJ7iiWO
La compagine ministeriale di Mario Monti si sta sempre più caratterizzando come un quarto governo Berlusconi, assumendo gli stessi tratti di scompostezza e di cialtroneria della precedente esperienza governativa. C'era chi si illudeva che il nuovo Presidente del Consiglio potesse almeno evitare all'Italia le figuracce a livello internazionale elargite a piene mani nell'epoca berlusconiana, ma ha dovuto ricredersi dopo il viaggio di Monti in Asia.
Il Monti cinese ha alternato gli atteggiamenti da accattone con velleitari sussulti di autocelebrazione meramente personale, a scapito dell'immagine di un'Italia dipinta immancabilmente in modo denigratorio. Monti è apparso un continuatore del berlusconismo: una politica estera del cappello in mano e delle brache calate, insieme con un approccio comunicativo interamente distorto ai fini della propaganda interna. Resoconti di stampa tendenziosi hanno cercato poi di far credere che al governo cinese fregasse davvero qualcosa della questione della "riforma" dell'articolo 18, e che ciò potesse in qualche modo costituire un incentivo a quegli investimenti cinesi in Italia tanto invocati da Monti.
Tutta l'operazione mediatica dei giorni scorsi non ha fatto altro che rafforzare nell'opinione pubblica il mito della potenza economica emergente della Cina, ed il viaggio di Monti è servito ad enfatizzare l'immagine di un nuovo imperialismo economico di marca cinese a cui inchinarsi. Sembra la riedizione della politica estera - di berlusconiana memoria - del baciamano al falso potente di turno. La sensazione è invece che la potenza cinese emergente costituisca solo una tigre di carta, un mito gonfiato pretestuosamente in funzione di altri interessi.
In questi ultimi anni il filoamericanismo ha ripreso lena e slancio proprio nutrendosi del mito della potenza cinese emergente: se gli Stati Uniti non sono più la prima potenza economica, allora non sono più nemmeno una potenza imperialistica, quindi si può essere filoamericani senza più sensi di colpa; perciò le oltre cento basi militari USA e NATO, che controllano capillarmente il territorio in Italia, diventano un irrilevante dettaglio del paesaggio.
L'antiamericanismo è una posizione di piccole minoranze isolate, come soggetto politico consapevole non esiste a livello mondiale. Ogni tanto dei governi sono costretti ad adottare un antiamericanismo dovuto ad esigenze di immediata necessità e sopravvivenza. Occorrerebbe rileggere la storia della Cina degli anni '50 e '60 per rendersi conto che anche la mitica intransigenza rivoluzionaria del gruppo dirigente cinese di allora era solo un effetto collaterale delle continue aggressioni statunitensi. Durante la guerra del Vietnam, l'aviazione statunitense effettuò in continuazione sconfinamenti ed attacchi sul territorio cinese, sebbene la Cina non muovesse un dito per aiutare il Vietnam. Al Segretario di Stato Kissinger bastò lanciare un'esca diplomatica al gruppo dirigente cinese, e questi immediatamente si sbarazzò nel 1971 dell'ingombrante Lin Piao, ed accolse a braccia aperte Nixon nel 1972.
Per riconoscenza verso gli USA, la Cina avviò anche una spedizione militare punitiva contro il Vietnam nel 1979. Ancora adesso la Cina riserva tutta la sua aggressività esclusivamente nei confronti del Tibet, mentre si è lasciata buttare fuori senza protestare dalla Libia e dal Sudan del Sud, dove aveva importanti interessi petroliferi. Allo stesso tempo, la Cina non fa quasi nulla per proteggere Iran e Venezuela, cioè i propri principali fornitori di petrolio. La timidezza della Cina in politica estera smentisce il mito della sua emergente potenza, ma ci sarà sempre qualche filoamericano che interpreterà questa timidezza come la prova provante di recondite mire aggressive.
Come tutte le forme di razzismo, anche il filoamericanismo costituisce la falsa coscienza di gruppi criminali e dei loro numerosi aspiranti imitatori. Risulta assente ai livelli istituzionali un riconoscimento del dato di fatto, e cioè che con gli Stati Uniti è impossibile qualsiasi trattativa, poiché si tratta di un apparato politico che, storicamente, non è mai stato in grado di sviluppare processi decisionali autonomi da quelli funzionali esclusivamente all'aggressività affaristico-criminale delle corporation multinazionali. Persino la bandiera degli Stati Uniti non è altro che un'imitazione della bandiera della Compagnia delle Indie Orientali, cioè l'antenata delle attuali multinazionali. La britannica Compagnia delle Indie Orientali era nata nel '500 come società di pirateria, e poté poi comprarsi la legalizzazione agli inizi del '600.[1]
L'apparato di psicoguerra confezionato attorno alla presidenza Obama è riuscito a sfruttare abilmente proprio questo carattere estemporaneo dell'antiamericanismo. Dopo l'aggressività manifesta della presidenza Bush, si è tornati negli USA a tradizionali tattiche di understatement, cioè di dissimulazione vittimistica della propria aggressività, in modo da convincere gli "antiamericani per necessità" che lo stato di necessità sarebbe appunto cessato a causa del "declino" statunitense. La dissimulazione delle aggressioni non solo non attenua, ma aumenta l'efficacia psicologica delle aggressioni stesse.
Le operazioni di guerra psicologica vengono denominate come PSYOPS, e questa sigla contiene un evidente gioco di parole riferito al contenuto più frequente in questo tipo di operazioni. Infatti le PSYOPS non sono basate soltanto sul "false flag", ma anche sul "false friend". Io ti trancio i cavi delle funivia e ti faccio una strage, ti piscio sui cadaveri, ti brucio il Corano, ti faccio una sortita notturna per ammazzare donne e bambini, ti ammazzo "per sbaglio" un alleato ad un posto di blocco, ecc.; per non parlare dei "danni collaterali" dei bombardamenti. Tutto questo non è mai voluto, ma è sempre l'effetto di un increscioso incidente o, al massimo, è dovuto a qualcuno che ha perso la testa: "Ops!" diventa la giustificazione universale; cioè non te la puoi prendere con nessuno, perché, a ben vedere, la colpa indiretta di questo increscioso incidente è sempre della vittima.
L'esistenza delle PSYOPS viene tranquillamente riconosciuta dai militari, ed inoltre le PSYOPS non c'entrano nulla con le teorie del complotto. Eppure, ogni volta che vengono segnalate delle PSYOPS, ciò immancabilmente viene etichettato come complottismo; un'etichetta rilasciata con facilità anche da parte di settori dell'opposizione sociale. Il filoamericanismo esercita un'influenza molto più profonda e ramificata di quanto si voglia credere. [2]
La storia di quest'ultimo ventennio indica che lo sviluppo economico cinese è stato funzionale soprattutto alla de-industrializzazione dei Paesi "occidentali", cioè al drastico ridimensionamento della classe operaia, dato che una massa operaia forte e numerosa avrebbe costituito un ostacolo insormontabile alla finanziarizzazione dell'economia. Oggi persino il rapporto di lavoro tende invece a finanziarizzarsi, ed il lavoratore precarizzato diventa dipendente non tanto di un imprenditore, ma di una carta di credito che gli eroga salari, sussidi e, soprattutto, prestiti. Un welfare per banchieri, in cui anche Confindustria si rassegna al ruolo di lobbista delle banche. Questo è il senso della "riforma" della ministra Cuornero.
Le capacità di sviluppo del cino-capitalismo non sono dovute a qualità intrinseche, né tanto meno allo sfruttamento intensivo della forza-lavoro, dato che, da questo punto di vista, neanche in Italia si scherza. In realtà già nel 2010 uno studio dell'Università Cattolica di Milano metteva in evidenza che il cino-capitalismo non è affatto un'esperienza inedita, ma costituisce la riedizione del sistema delle partecipazioni statali in vigore in Italia negli anni '50 e '60: "UN MISTO TRA IRI, ENI, EFIM E PARTECIPAZIONI STATALI". [3]
Alla fine del 2011 un articolo su "The Economist" confermava il ruolo crescente e decisivo, strategico, dell'industria di Stato in Cina, osservando inoltre che il governo cinese aveva disatteso gli impegni assunti nel 2001 all'atto dell'ammissione nell'Organizzazione Mondiale per il Commercio (WTO); perciò le privatizzazioni non hanno inciso sul carattere prevalentemente pubblico dell'economia cinese. [4]
Persino il sistema bancario cinese è quasi completamente statale, sia nella proprietà che nella direzione. [5]
Ora, secondo Monti, le partecipazioni statali e le banche statali cinesi dovrebbero venire ad investire in Italia, mentre l'Italia non potrebbe dotarsi di un proprio sistema di partecipazioni e banche statali per non contravvenire ai trattati europei. Non esistono quindi virtù economiche cinesi ancora a noi sconosciute, ma semplicemente diversi gradi di disciplina coloniale nell'OMC-WTO.
La Cina può crescere a tassi del 10% annuo perché non ha smantellato le Partecipazioni Statali, come invece l'Italia è stata costretta a fare venti anni fa. Del resto tassi di sviluppo industriale del genere non sarebbero possibili senza intervento pubblico in economia, cosa che sanno benissimo anche i sedicenti liberisti. E se la Cina non fosse cresciuta a quei livelli, non sarebbe stato possibile parallelamente ridurre ed isolare il ruolo della classe operaia occidentale.
Le privatizzazioni a tappeto non sono affatto funzionali allo sviluppo industriale, ma allo sviluppo finanziario. Il liberismo non è altro che uno slogan/fiaba che serve a coprire l'assistenzialismo per banchieri. Lo dice anche la Banca Mondiale, che ha denominato il suo programma: "Financial & Private Sector Development"; cioè: privatizzazione sta per finanziarizzazione. [6]
Ma non solo la privatizzazione, anche la de-industrializzazione tout-court, oppure il soppiantamento di insediamenti industriali storici, hanno svolto in Italia una funzione decisiva in processi di colonizzazione dalle dinamiche rimaste ancora oscure. Tutta l'aneddotica razzistica sui cinesi non è mai riuscita a spiegare come sia potuto avvenire che storiche aree dell'industria tessile, come quelle di Prato e di San Giuseppe Vesuviano, siano potute passare senza colpo ferire sotto il controllo di imprenditoria cinese. Articoli di giornale, o timidi abbozzi di ricerca sociologica, sfiorano il problema, lasciando però inevasa la domanda fondamentale: oggi chi controlla davvero il territorio in Italia?
A San Giuseppe Vesuviano si potrà sempre tirare in ballo la mitica camorra; ma a Prato? [7]
[1] http://it.wikipedia.org/wiki/Bandiera_della_Compagnia_inglese_delle_Indie_Orientali
[2] http://www.loccidentale.it/articolo/enduring+freedom.+le+psy+ops+italiane+in+afghanistan+.0087380
[3] http://www.cattolicanews.it/3356.html
[4] http://translate.google.it/translate?hl=it&langpair=en%7Cit&u=http://www.economist.com/node/21538159
[5] http://www.mglobale.it/Analisi/Analisi/Asia/Il_sistema_bancario_in_Cina.kl
[6] http://translate.google.it/translate?hl=it&sl=en&u=http://wwwr.worldbank.org/fpd&ei=Wi97T-29IoTR4QTSoqSIBA&sa=X&oi=translate&ct=result&resnum=1&ved=0CDAQ7gEwAA&prev=/search%3Fq%3Dprivate%2Band%2Bfinancial%2Bsector%2Bdevelopment%26hl%3Dit%26prmd%3Dimvns
[7] http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2010-09-13/cinesi-prato-lavorano-giorno-135451.shtml
http://sociologia.tesionline.it/sociologia/dossier.jsp?m=0801
|
|
|