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"La condanna morale della violenza è sempre imposta in modo ambiguo, tale da suggerire che l'immoralità della violenza costituisca una garanzia della sua assoluta necessità pratica."

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Di comidad (del 14/11/2024 @ 00:05:11, in Commentario 2024, linkato 3642 volte)
Al regista ed all’interprete del film “Berlinguer, la grande ambizione”, Nanni Moretti ha rivolto la seguente battuta: “Secondo me se Andrea Segre ed Elio Germano avessero avuto vent’anni nel 1973, avrebbero odiato il compromesso storico”. Ma, prima di amare o odiare il compromesso storico, sarebbe stato utile capire di cosa si trattava, poiché a tutt’oggi non è affatto chiaro.
La linea del cosiddetto compromesso storico fu tracciata da Enrico Berlinguer nel 1973 in tre articoli consecutivi e complementari sulla rivista “Rinascita”; articoli che partivano da un’analisi della vicenda del golpe in Cile. Nel primo articolo Berlinguer affermava: “Anzitutto, gli eventi cileni estendono la consapevolezza, contro ogni illusione, che i caratteri dell’imperialismo, e di quello nord-americano in particolare, restano la sopraffazione e la jugulazione economica e politica, lo spirito di aggressione e di conquista, la tendenza a opprimere i popoli e a privarli della loro indipendenza, libertà e unità ogni qualvolta le circostanze concrete e i rapporti di forza lo consentano.” Dall’analisi di Berlinguer risulta quindi che l’ostacolo principale da superare per ogni politica socialista è la sopraffazione imperialista, in particolare quella statunitense, che si esercita sia con l’aggressione diretta, sia facendo da sponda all’eversione interna.
Nel secondo articolo Berlinguer prospettava la soluzione al problema di come contrastare l’ingerenza imperialista: “Ecco perché noi parliamo non di una «alternativa di sinistra» ma di una «alternativa democratica» e cioè della prospettiva politica di una collaborazione e di una intesa delle forze popolari di ispirazione comunista e socialista con le forze popolari di ispirazione cattolica, oltre che con formazioni di altro orientamento democratico.”
Insomma, secondo il Berlinguer del 1973, per non soccombere all’aggressione imperialista il movimento progressista avrebbe dovuto allargare il più possibile la sua base sociale e politica; ciò, in un paese come l’Italia, comportava un’intesa anche con le masse cattoliche; ovvero, in termini più espliciti, con il partito della Democrazia Cristiana. Ma se avete capito che il cosiddetto compromesso storico consisteva in un antimperialismo iper-prudente e basato su una politica di gradualità e di alleanze, preparatevi ad una delusione.
Non erano passati neppure tre anni dalle sue riflessioni sulla tragedia cilena e Berlinguer, in un’intervista sul “Corriere della sera” del giugno 1976, affermava: “Io penso che, non appartenendo l’Italia al Patto di Varsavia, da questo punto di vista c’è l’assoluta certezza che possiamo procedere lungo la via italiana al socialismo senza alcun condizionamento. Ma questo non vuol dire che nel blocco occidentale non esistano problemi: tanto è vero che noi ci vediamo costretti a rivendicare all’interno del Patto Atlantico, patto che pur non mettiamo in discussione, il di­ritto dell’Italia di decidere in modo autonomo del proprio destino”. Il concetto veniva poi ribadito: “Io voglio che l’Italia non esca dal Patto Atlantico «anche» per questo, e non solo perché la nostra uscita sconvolgerebbe l’equilibrio internazionale. Mi sento più sicuro stando di qua, ma vedo che anche di qua ci sono seri tentativi per limitare la nostra autonomia.”

Ricapitolando, in tre anni Berlinguer era passato dal concetto di aggressione imperialista USA a quello molto più blando di “seri tentativi di limitare la nostra autonomia”; comunque Berlinguer si sentiva “più sicuro stando di qua”, perciò egli proponeva di restare nella NATO non soltanto per evitare una destabilizzazione dei processi di distensione, ma perché riscontrava addirittura una garanzia nell’appartenenza dell’Italia alla NATO, tanto da avere più possibilità di costruire il socialismo. Insomma, nel 1976 è sparito l’imperialismo USA; inoltre il braccio USA in Europa, la NATO, pur non essendo immune da critiche, comunque svolgerebbe una funzione di sicurezza per i suoi membri. Ma, visto che nella visione di Berlinguer non c’era più l’aggressione imperialista USA, allora cadeva anche la motivazione da lui addotta nel 1973 per giustificare la politica del compromesso storico del PCI con le “masse cattoliche”, cioè con la DC.
A ben vedere, è stato lo stesso Berlinguer ad uccidere la propria creatura, il compromesso storico con i cattolici, se non nella culla, già mentre questa muoveva i primi passi. Il compromesso storico infatti non era più con la DC ma con la NATO (come si dice: ubi maior minor cessat); dall’accordo col servo, la DC, si passava direttamente alla ricerca di un accordo col padrone, cioè la NATO. Il nemico del 1973 (l’imperialismo americano, quello che aveva ucciso Allende) nel 1976 era diventato un amico, anzi non era più neppure imperialismo ma sicurezza. Quanto ad Allende poi: ma chi lo conosce?
Ma, a questo punto, c’è un’altra domanda: è stato Berlinguer a santificare la NATO, oppure è la NATO ad aver santificato Berlinguer ed oggi a imporcelo come icona del politicamente corretto? La domanda non è astratta o arbitraria; anzi, è strano che certi dettagli stridenti non siano stati sottolineati a suo tempo. Dal rinunciare all’obbiettivo di uscire dalla NATO perché i rapporti di forza interni e internazionali non lo consentono al voler restare nella NATO per la libertà che questa offrirebbe, non c’è una sfumatura, c’è invece un abisso dal punto di vista politico e strategico; che è poi anche l’abisso che intercorre tra il parlare con un minimo di serietà o prenderti per il culo. Ma è ancora più importante notare l’approccio soggettivistico con cui Berlinguer saltava quell’abisso. Nel proporre l’accordo con la DC, Berlinguer aveva rispettato i rituali, ed anche le ipocrisie, del centralismo democratico; invece tre anni dopo, nel caso dell’accettazione della NATO, Berlinguer aggirava le procedure interne e metteva il partito davanti al fatto compiuto con un’intervista al quotidiano mainstream. Risultava anche inedito per il suo ruolo di segretario di partito fare certe dichiarazioni così impegnative usando il verbo coniugato in prima persona: “Io penso che, non appartenendo l’Italia al Patto di Varsavia, da questo punto di vista c’è l’assoluta certezza che possiamo procedere lungo la via italiana al socialismo senza alcun condizionamento” … “Io voglio che l’Italia non esca dal Patto Atlantico” ... “Mi sento più sicuro stando di qua”. Si vede che la NATO, entità divina, infonde il carisma ai suoi apostoli con la discesa dello Spirito Santo.
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


14/11/2024 @ 18:28:03
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