Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Sabato scorso Evgenij Prigozhin ci ha propinato il suo ennesimo spot pubblicitario, poi trasformatosi nel corso della stessa giornata in uno spot di Putin. L’interpretazione dello spot non lascia adito a dubbi; infatti, secondo alcuni, dalla vicenda del fallito golpe Putin esce più debole, mentre secondo altri esce più forte. Per la narrativa occidentalista si apre comunque un nuovo capitolo per ulteriori previsioni e scommesse; come, ad esempio, stabilire il modo in cui Prigozhin verrà ucciso da Putin. Sia che la vendetta di Putin si consumi materialmente, sia nel caso che Prigozhin venga risparmiato, le interpretazioni saranno ovviamente univoche, per cui alcuni ci diranno che l’uccisione, o non uccisione, dimostrerebbe la debolezza di Putin, per altri che ne dimostrerebbe la forza. Solo dopo aver sparato tutte le cartucce della psicoputinologia e del putinocentrismo, si è andati un po’ a seguire la pista dei soldi, riscoprendo così l’acqua calda, e cioè che il Gruppo Wagner è come la Compagnia delle Indie dei romanzi di Sandokan, ovvero un’organizzazione affaristica armata, che in Africa si è costruita un impero nel business minerario. Erano anni che il governo cinese si lamentava dell’eccessiva aggressività del Gruppo Wagner in Africa, ed erano anni che il ministero della Difesa russo cercava di partecipare al business africano. Ora che la guerra sul territorio ucraino e la questione di Taiwan hanno determinato un’interdipendenza tra Russia e Cina, è chiaro che al Gruppo Wagner comincia a mancare il terreno sotto i piedi. Del resto anche l’impero britannico ad un certo punto dovette disfarsi della Compagnia delle Indie, sia perché questa non condivideva gli affari, sia perché disturbava il quadro delle alleanze.
Magari ciò che è avvenuto effettivamente in Russia, e ciò che accadrà, non lo sapremo mai completamente; in compenso il Sacro Occidente ha potuto imparare qualcosa su se stesso, e cioè che prima (ma molto prima) di chiarire quali siano i fatti, o almeno di dotarsi di strumenti analitici un po’ più realistici di democrazia e autocrazia, esso si precipita ad emettere giudizi morali e stabilire graduatorie di forza tra persone e popoli, però regolarmente confondendo i due piani, per cui le gerarchie di potenza diventano anche gerarchie morali, quindi il più forte sarà necessariamente il più buono, mentre il cattivo deve essere inevitabilmente debolissimo. Tutto va interpretato in termini di superiorità o inferiorità antropologica, ovvero di ascesa o discesa di rango e di status. Pare proprio che l’Occidente libero e democratico sia molto più gerarchico di quanto voglia ammettere. In fondo il Sacro Occidente, nelle sue varie articolazioni organizzative, non è altro che un ascensore antropologico. Entrare nella NATO e nell’Unione Europea significa infatti lasciarsi alle spalle le promiscuità con culture regressive e trogloditiche, per ascendere finalmente agli stadi elevati della civiltà. Insomma, se frequenti le razze superiori, ti si attacca addosso un po’ della loro superiorità.
Purtroppo pare proprio che l’Italia ancora una volta si stia isolando dal paradiso europeo, in quanto è l’unico Paese che non ha ancora ratificato la riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità. Secondo il ministro dell’Economia Giorgetti, la ratifica sarebbe ineludibile, infatti ci ha raccontato che per questa italica omissione egli ha dovuto subire non soltanto umilianti processi nei vertici europei, ma anche molestie nei bagni. Di fronte ad un caso così penoso, è evidente che bisogna provvedere. Nella Lega ormai in molti sono d’accordo con Giorgetti nel decidere per la ratifica del MES, mentre Salvini nelle dichiarazioni sembrerebbe tenere il punto, lasciando però intendere che per lui si potrebbe anche procedere, purché ovviamente sia la Meloni a prendersi per intero la responsabilità del tradimento di fronte all’elettorato. Insomma bisogna fare un po’ per uno: la Meloni ha lucrato voti a scapito della Lega tenendosi fuori dalle nefandezze del governo Draghi, e adesso deve giustamente restituire il favore. Salvini ha condito i suoi contorsionismi con un po’ di retorica nazionale, tanto da meritarsi le rampogne del giornalista Michele Serra, che gli ha rinfacciato posizioni autarchiche, un voler mantenere la purezza della stirpe anche a costo della povertà. A parte la solita confusione mentale di Serra, che abbraccia l’internazionalismo della finanza come se fosse l’internazionalismo proletario, qui siamo di fronte ad un tipico caso di pura disinformazione. A sentire Serra parrebbe infatti che si tratti di respingere sdegnosamente la mano soccorrevole dell’Europa per mero orgoglio nazionalistico.
L’Europa è un ascensore antropologico, però uno di quegli ascensori con la gettoniera in cui devi infilare la monetina; anzi, parecchie monetine. La quota di partecipazione dell’Italia al fondo del MES sarebbe infatti di centoventicinque miliardi. Ci sono versioni contrastanti su quanto di questa quota l’Italia abbia già versato: secondo il quotidiano confindustriale circa quattordici miliardi, quindi ci sarebbero da versarne altri centoundici. La settimana scorsa dalle colonne del “Corriere della Sera” Mario Monti ci ha rassicurato sul fatto che approvare il MES non significa affatto doverlo usare per forza. Ma, da quello che ci dice il “Sole-24 ore”, intanto è il MES che usa noi, dato che ci spreme un bel po’ di miliardi. Giorgetti ci ha celebrato il MES raccontandoci che, non si sa in base a quale magia, la nostra adesione abbasserà i tassi di interesse sui BTP. Il Governatore di Bankitalia Visco ci ha invece illustrato altre virtù del MES, come il fatto che, in grazia di Lui, i salvataggi bancari non peseranno più sui contribuenti; come se i centoventicinque miliardi di partecipazione dell’Italia crescessero nel Campo dei Miracoli e non li dovesse versare il contribuente. Incredibile a dirsi, una cosa sensata è invece riuscita a dirla la Meloni, che si è chiesta perché occorra costituire un fondo finanziario di settecento miliardi, se poi nessun Paese oserà chiedere di utilizzarlo, viste le condizioni esose e vessatorie per accedere ai prestiti.
Ma in un contesto di gerarchizzazione antropologica il buonsenso non funziona. E poi quei settecento miliardi del MES non rimarrebbero comunque inutilizzati, poiché per gestirli si è creata una burocrazia europea, di cui fanno parte anche tanti oligarchi di pura stirpe italica; quindi anche l’orgoglio nazionale sarebbe salvo. O la Meloni non ha capito proprio nulla della vita, oppure fa la finta tonta per continuare ad illudere i suoi elettori fino all’ultimo momento prima della firma di ratifica al MES. Intanto lo status non te lo concedono gratis, se vuoi scalare la gerarchia internazionale facendo parte dell’Europa, devi pagare. Si può sfuggire in parte a questa sorte di pagatori se si possono vantare particolari meriti “atlantici”, come accade alla Polonia, che sfrutta la sua posizione di frontiera della NATO, e quindi dall’Unione Europea riceve molto di più di quanto versa. La Meloni e Crosetto possono invece insultare Putin finché avranno fiato, ma questo non servirà all’Italia per rimediare sconti.
Rispetto ad un Primo Ministro britannico o ad un Cancelliere tedesco, il Presidente del Consiglio italiano ha i poteri di un passacarte, per cui di solito cerca di acquisire uno spazio entrando nelle grazie dei potenti di turno. Con questa tecnica Renzi era riuscito a stare sulle palle a tutti, mentre Conte si era fatto benvolere dalla Merkel; ma, in un modo o nell’altro, nessuno ha mai superato il ruolo del famoso garzone di bottega che va a riscuotere i sospesi. Del resto la Meloni è stata messa lì da Mattarella e Vespa non per le sue doti di “statista”, ma perché è brava a battibeccare, sta simpatica ai ragazzi ed alle vecchiette, e inoltre è ipercinetica e quindi può consegnare molti pacchi.
Si è ipotizzato che anche le attuali noie giudiziarie della ministra Santanchè rientrino tra le pressioni per indurre a ratificare il MES. Può darsi, ma la Meloni sapeva benissimo che imbarcando nel governo certi personaggi avrebbe camminato sul filo; non per niente si era preparata la rete di protezione mettendo Nordio al ministero della Giustizia. Se l’intimazione a ratificare il MES provenisse dal Quirinale, tutti si adeguerebbero all’istante; ma per ora pare che la Meloni pensi di rimandare il voto parlamentare sulla ratifica. Se lo scopo della dilazione è usare il MES come merce di scambio in un negoziato, si andrà incontro al solito muro di gomma dell’UE, oppure ad altri bidoni come il Recovery Fund. Se invece la Meloni è solo paralizzata dall’incertezza, non sa proprio cosa fare e cerca soltanto di prendere tempo, allora la cosa potrebbe persino andarle liscia. In fondo l’unico vero potere a disposizione di un passacarte è di fare ogni tanto il fermacarte.
Ci si può chiedere che senso possa avere oggi demistificare, quando è ormai evidente che l’establishment crede alle sue stesse corbellerie. In Italia abbiamo avuto nel 1970 la pagliacciata del golpe Borghese, quindi non possiamo permetterci di impartire lezioni di serietà agli altri, ma rimarrebbe comunque in sospeso la domanda di che fine abbiano fatto i colpi di Stato veri, dato che si deve assistere a sceneggiate che farebbero piombare nello sconforto persino la buonanima di Mario Merola. Non bastava l’autogolpe di Erdogan, che comandava le sue truppe dal telefonino. Non bastava l’assalto a Capitol Hill, capitanato dallo sciamano. Ci è toccato anche sentire Prigozhin che dichiarava di voler marciare su Mosca per centinaia di chilometri allo scoperto, senza preoccuparsi di ciò che avrebbe potuto piovergli dall’alto. Del resto in Italia dobbiamo starci solo zitti, visto che siamo il popolo allevato a credere che nel 1860 Garibaldi, sbarcato a Melito Porto Salvo, abbia poi potuto risalire la penisola su uno dei territori più impervi d’Europa senza logistica militare, senza rifornimenti di viveri e munizioni, così, per virtù dello Spirito Santo; perché la vera questione urgente è ancora quella di stabilire se, prima dell’annessione, il Sud fosse ricco o povero. Pensa a quei gonzi degli Angloamericani, che nel 1943, dopo una sbirciatina alla carta geografica, invece di ripercorrere la gita dei garibaldini per i canyon calabresi, hanno invece preferito scavalcarli per effettuare un nuovo sbarco a Salerno. Ma a quell’epoca gli Angloamericani erano ancora dei primitivi, mentre oggi parlano della guerra in Ucraina come se la geografia e la logistica non esistessero. La nuova distrazione di massa da queste quisquilie, non è più se il Sud fosse ricco o povero, ma se Putin sia forte o debole.
Ad una certa età è duro dover ammettere che si è sbagliato tutto, che siamo al trionfo della narrativa pura da talk-show, senza pezze d’appoggio, che non tenta nemmeno di sembrare realistica. Quindi Ruby era veramente la nipote di Mubarak, Prigozhin è il nipote di Lukashenko, mentre Zelensky è il figlio segreto di Stoltenberg, abbandonato sui gradini di una chiesa e ritrovato grazie alla fatidica medaglietta col logo NATO.
Con la narrativa pura c’è qualcuno in Francia che il colpo di Stato lo sta tentando veramente. Macron sta finalmente imparando a vivere, dopo mesi e mesi in cui aveva fatto la figura del dilettante, e si era ritrovato contro l’intero parlamento e tutti i sindacati. Il pretestuoso uso della violenza contro i manifestanti ha procurato a Macron una lezione di politicamente corretto persino dal governo iraniano. Il meschino era stato salvato in extremis da una sentenza della Corte Costituzionale, che ha stabilito che il Presidente può legiferare in proprio non solo di fronte all’urgenza di catastrofi, ma anche quando si tratta di varare riforme delle pensioni. E quindi non si è capito cosa ci stia a fare il parlamento; ma si sa che tutte le Corti Costituzionali sono paese. Macron ha invece capito in che modo continuare il suo colpo di Stato, cioè come se fosse in Italia, col sistema di intrattenere e divertire le masse, dividendole in tifoserie da stadio.
Non si è ancora accertato se in Francia il trucco di Macron stia funzionando, ma in Italia la tecnica di fomentare l’odio etnico razziale sta andando sicuramente alla grande. Negli anni scorsi anche gli italici fascio-leghisti erano tutti contro Macron, contro i suoi provvedimenti mirati a schiacciare il ceto medio con eco-tasse e tagli alle pensioni. Ora invece i poliziotti francesi hanno ammazzato un ragazzo di origini arabe, ci hanno pure confezionato sopra un bel video da lanciare in rete, e quindi per i fascio-leghisti i poliziotti gallici sono nuovamente dei supereroi. I commenti al video da parte dei fascio-leghisti e dei forcaioli nostrani sono entusiastici. La colpa è del ragazzo che se l’è cercata. Se poi i genitori fossero rimasti in Africa, non gli sarebbe successo niente. Molti dei commentatori già pregustano ciò che potrebbe avvenire in Italia nei prossimi anni con un aumento della popolazione islamica. Non per niente in Italia abbiamo elevato a icona nazionale una giornalista che ci ha educato all’islamofobia preventiva.
Insomma, offri alle masse un arabo ammazzato ogni tanto, e così puoi consegnare le strade alla polizia, ed impedire ogni protesta contro le tasse e contro i tagli alle pensioni. Puoi attizzare l’islamofobia lanciando in rete altri video di giovanotti arabi con i kalashnikov che minacciano la civiltà cristiana. Il giornalino di destra “La Verità”, che si schierava contro il Macron lobbista di Blackrock e di Moderna, adesso invece torna all’ovile dell’establishment, perché finalmente si tratta di ammazzare arabi e migranti. Eppure è evidente che ad avvantaggiarsi del regime di polizia che si sta instaurando in Francia, saranno proprio gli interessi di Blackrock e Moderna.
Anche per tenere a bada i politicorretti non c’è problema, perché quando si tratta di episodi accaduti nel Sacro Occidente, non è concesso di dubitare delle versioni ufficiali, altrimenti si è complottisti e, per proprietà transitiva, anche terrapiattisti. Non siamo in Russia o in Iran, Macron non è mica Putin, perciò in Francia la polizia non infiltra le manifestazioni per farle degenerare e quindi far passare da teppismo una protesta legittima. Il politicorretto ammette in questo caso solo analisi sociologiche sulla disperazione suburbana, ed ogni altra interpretazione è intellettualmente squalificante. Con ricatti ideologici di questo genere, i politicorretti nostrani si sono bevuti persino la storia del “movimento ondulatorio” da parte della ministra Lamorgese. Anche la Meloni all’epoca non era stata ancora santificata da Biden e, in base al politicorretto, doveva essere considerata una povera mentecatta, allorché in parlamento scopriva l’acqua calda, constatando ciò che risultava dai verbali di polizia, e cioè che l’assalto alla sede della CGIL era stato scortato e consentito dalla Digos. Ma quando ammazzano arabi e migranti, per i fascisti i poliziotti tornano ad essere insospettabili e si palesa quindi la sostanziale convergenza col politicorretto.
Si può sghignazzare su Flavio Briatore, uno che non sarebbe capace di passare neanche il concorso per accattone fuori alla parrocchia, e che ora vorrebbe tarpare le ali ai figli di falegname, forse perché invidioso della fama di Gesù e Pinocchio. Ma quello è un gioco delle parti, per cui qualcuno interpreta il ruolo dello squallido perché qualcun altro possa recitare da anima bella. Il problema vero è che certe concezioni ultra-gerarchiche della società possono benissimo dissimularsi tra le pieghe del politicamente corretto, per cui le caste vengono avallate in nome di una fantomatica “competenza”, che non è verificabile, in quanto rivendicata da oligarchie assolutamente autoreferenziali. Lo stesso vale per il culto fascista della polizia, al quale i politicorretti sono pronti a convertirsi se gli si offre il pretesto adatto, come ad esempio il contrasto alle ronde razziste di “suprematisti bianchi”, che, non a caso, sono immediatamente apparse nelle strade francesi per rinfocolare il mito, a noi familiare, degli “opposti estremismi”. Fascisti e politicorretti si stringono sotto l’ombrello della fiaba di “Legge e Ordine”, facendo finta di non vedere che poliziotti e criminali tendono ad integrarsi e cooperare; e non perché i poliziotti siano più cattivi della media, ma semplicemente perché la contiguità determina osmosi.
Macron sta conducendo un colpo di Stato all’italiana. Purtroppo per lui si trova in Francia, non in Italia, perciò non è detto che possa risolvere tutto col sistema di premere di volta in volta il bottone del fascismo o del politicorretto, manovrando così le opinioni in base alle esigenze lobbistiche del momento. Macron aveva già cercato di fomentare divisioni con l’italian job, con la truffa dell’odio di categoria, mettendo i lavoratori del settore privato contro quelli del pubblico; un sistema che ha funzionato alla grande in Italia, tanto che dalla fine degli anni ’70, con la piena collaborazione dei sindacati confederali, si è potuto maltrattare i lavoratori del privato semplicemente offrendogli come gratificazione la promessa che ai lavoratori pubblici sarebbero state riservate umiliazioni anche peggiori. Ma il trucco dell’odio di categoria non è andato a buon fine per Macron, ed i lavoratori francesi hanno manifestato insieme per mesi contro la riforma delle pensioni. Nonostante gli sforzi di Macron, alla fine neppure il modello italiano di persecuzione dei non vaccinati è risultato completamente esportabile in Francia, ed anzi è rimasto un unicum mondiale. Anche altre campagne di odio di categoria, come quella contro i tassisti, non sono uscite dai nostri confini nazionali, sebbene il lobbying della multinazionale Uber sia potente ovunque.
Il modello di potere italiano, basato sull’odio trasversale e sulla libidine di guerra civile, non è facilmente riproducibile altrove. Alla base del modello nostrano c’è infatti il razzismo antimeridionale, che è il grande alibi/pretesto sia delle oligarchie del Nord, che possono così giustificare il loro inconcludente velleitarismo, sia delle oligarchie del Sud, che hanno acquisito un crescente potere giustificandolo con l’esigenza di controllare un popolo barbaro. Quindi il tentativo di Macron di ricompattare il ceto medio attorno all’establishment con l’espediente dell’odio etnico, potrebbe non funzionare.
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