Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Le dinamiche di potere non sono quasi mai unilaterali, per cui la malafede e l’incompetenza, il doloso e il demenziale, spesso e volentieri si intrecciano. Ciò è particolarmente evidente nella vicenda di Alfredo Cospito, nella quale le frenesie vendicative ed i torbidi traffici si fanno da sponda a vicenda.
Prima di chiedersi cosa c’entri Alfredo Cospito col 41bis, bisognerebbe domandarsi cosa ci faccia all’ergastolo, visto che non è mai stato imputato di alcun omicidio. Per comminare quella condanna, la Corte di Cassazione ha ripescato uno di quegli articoli “dormienti” del Codice Penale, il 285. L’articolo è stato stilato nel 1930 e risulta piuttosto vago nella sua formulazione, tanto che da interpretare è più ostico di una centuria di Nostradamus: “Chiunque, allo scopo di attentare alla sicurezza dello Stato, commette un fatto diretto a portare la devastazione, il saccheggio o la strage nel territorio dello Stato o in una parte di esso e' punito con la morte.” Il 285 tende a punire uno “scopo”, infatti non colpisce atti di devastazione, saccheggio o strage, bensì più genericamente: “un fatto diretto a portare …”. Tra l’altro il testo dell’articolo 285 presenta anche una forma ed una punteggiatura incerte, per cui probabilmente non è stato stilato da Alfredo e Arturo Rocco. Si tratta di uno di quei tipici strumenti del regime fascista, una legge che fa a cazzotti con la mitologica “certezza del Diritto”, e che serve infatti a lasciare mano completamente libera per eliminare qualsiasi tentativo di opposizione. La “democrazia” ha sostituito la pena di morte con l’ergastolo, ma si è tenuta da parte il 285, perché non si sa mai; infatti è tornato utile contro Cospito. L’articolo 285 è come la pozione del dottor Jekill, che la “democrazia” può usare per ritrasformarsi all’occorrenza in mister Hyde. L’emergenzialismo quindi non è un’invenzione del tutto originale dell’ultimo trentennio, infatti se ne trovano tracce e avvisaglie già negli assetti legislativi tradizionali.
Lo “Stato” non esiste, è solo un’astrazione giuridica; e le cosche di potere e d’affari che abusano di quel titolo vuoto e altisonante, spesso si comportano con la goffaggine di quel baro che tira fuori tutti assieme gli assi che tiene nascosti nella manica. Contro Cospito infatti non bastava inventarsi un ergastolo, ma occorreva persino colpire le sue opinioni imponendogli il regime carcerario del 41bis. Il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP) si occupa anche della gestione del regime del 41bis e, in tale ruolo, svolge l’incombenza di “sito di incontri” per i detenuti al carcere duro. È infatti il DAP a decidere chi si debba incontrare nel corso delle due ore di aria previste per i detenuti del 41bis. Come topi da laboratorio, i detenuti vengono messi insieme per vedere come interagiscono.
Grazie a Donzelli e Del Mastro, abbiamo saputo che durante quegli “incontri” si compiono intercettazioni ambientali, che vengono considerate materiale “sensibile”, ma non secretato, poiché non avrebbe rilevanza istruttoria o penale. “Sensibile” in che senso? Intercettazioni a scopo scientifico, o pornografico, o diffamatorio? Probabilmente tutte e tre le cose insieme. Chi gestisce un carcere inevitabilmente diventa un voyeur; ovviamente i giornalisti sono entusiasti quando vengono chiamati a partecipare al gioco morboso. Della dignità umana dei detenuti, violata con la diffusione di quei colloqui, quasi nessuno si è preoccupato. Ma del resto, se non si ha una dignità propria, come ci si può preoccupare di quella degli altri?
I media e la magistratura hanno usato quel materiale pornografico come pretesto per opporsi fermamente alla revoca del 41bis a Cospito, poiché il cedimento potrebbe aprire una voragine. Stranamente ad imporre il 41bis a Cospito è stata proprio la presunta “bestia nera” dei magistrati antimafia ed anticorruzione, cioè la famigerata ministra Cartabia. Da un lato si riconosce che la Cartabia con quella scelta ha combinato un pasticcio, ma dall’altro lato si dice che ormai è impossibile tornare indietro. Ci sarà un’udienza alla fine di febbraio per valutare l’eventuale revoca del 41 bis a Cospito, ma è praticamente scontato che invece sarà riconfermato. I media stanno anche fomentando allo scopo la solita opinione pubblica forcaiola e assetata di sangue, che non solo mette in conto la morte di Cospito, ma addirittura la auspica, la desidera e la reclama. I media affidano la sorte dei detenuti ai “sondaggi”, con i quali mettono anche alla gogna i parlamentari del PD che sono andati ad incontrare coloro che sono sottoposti al 41bis; ma si tratta di sondaggi truccati, dal momento che gli stessi media non chiariscono che la funzione ispettiva sulle carceri e sulla condizione dei detenuti, è una prerogativa costituzionale dei parlamentari, i quali non sono affatto tenuti a rivelare il contenuto dei colloqui. In tutta questa vicenda si è giocato su equivoci e mezze allusioni in modo da sovvertire la percezione di ciò che è legale e ciò che non lo è. Si è visto come una volta tanto che i parlamentari hanno svolto la propria funzione istituzionale, ciò è stato criminalizzato dai media con una subdola disinformazione. Si dice spesso che la legge non ammette ignoranza, ma nella realtà l’esercizio del potere si basa sull’ignoranza della legge da parte della maggioranza delle persone. Una volta che i media hanno scatenato la belva dell’opinione pubblica, sarà arduo negare alla folla dei facinorosi lo spettacolo del linciaggio.
L’argomento dei mitici magistrati, e degli opinionisti che li sostengono, è che ormai si starebbe configurando una saldatura tra anarchici e boss, un OGM mostruoso, una “mafia anarchica”, che avrebbe come bersaglio comune il 41bis. Ci si prospetta una sorta di “metamorfismo emergenziale”, per cui in nome di un’emergenza mafiosa, in effetti si è chiamati a mobilitarsi contro un’emergenza anarchica.
Non è mai il caso di esagerare con i sensi di superiorità intellettuale, perciò bisogna mettersi in sospetto di fronte ad argomenti così cretini e contraddittori. Anche questa bramosia di sacrificare la pedina Cospito nella grande partita a scacchi contro la mafia, appare poco convincente, dato che questi qui sacrificano gli altri solo in nome del proprio tornaconto. Se un magistrato ci racconta che non si fa scrupolo di negare giustizia ad un singolo cittadino pur di salvaguardare la “lotta alla mafia”, ma perché poi quel magistrato dovrebbe farsi scrupolo di raccontarci balle?
Ipotizzare che un qualsiasi governo possa assumersi ufficialmente la responsabilità di abolire il regime del 41bis, attiene alla fantapolitica più estrema. L’unica via percorribile per la cosiddetta “trattativa” con i boss, è dilatare talmente l’applicazione del 41bis da renderlo inapplicabile, o quantomeno aggirabile discretamente da parte del DAP. Il punto è che parlare di “trattativa” è un eufemismo, dato che “Stato” e “mafia” sono solo nomi di un potere trasversale tra legale e illegale, ed anche tra pubblico e privato. Non c’è bisogno della sociologia del potere, basta il buonsenso per capire che i potenti tendono a riconoscersi ed a legare tra di loro al di là degli schieramenti fittizi. Le logge massoniche in cui si incontrano e trafficano giudici, politici, poliziotti, militari, banchieri, imprenditori e mafiosi, non sono la causa del problema, ma sono soltanto un effetto di questa oggettiva e soggettiva trasversalità del potere.
Estendere a dismisura l’applicazione dell’articolo 285 del Codice Penale e dell’articolo 41bis dell’ordinamento penitenziario, rappresenta l’espediente migliore per intasare il sistema carcerario e per creare il clima di confusione utile a favorire chi di dovere. Il governo Meloni e la magistratura si nascondono dietro la “linea della fermezza”, che è quella di colpire in modo sproporzionato i presunti reati politici, per creare così l’opportuna cortina di nebbia. Ergastolo, ergastolo ostativo e 41bis sarebbero misure diverse, che però sono state fatte rientrare in una sorta di “logica di pacchetto”, per cui una tende a tirare l’altra. Tra i “puri e duri” del 41bis ci sono gli autentici deficienti e forcaioli, ma c’è anche chi fa il doppio gioco; e c’è persino chi tiene il piede in due scarpe, per capire da che parte penderà la bilancia e così schierarsi per tempo con il vincitore.
Anche in Francia non si scherza quanto a omologazione del lessico dei media. Oltralpe continuano scioperi molto consistenti contro la riforma delle pensioni; scioperi che ormai stanno diventando un assillo per il governo. La settimana scorsa 180mila manifestanti a Marsiglia, 60mila a Parigi, 30mila a Lione; e poi, ancora a Parigi una grande mobilitazione stimata attorno al mezzo milione di persone.
Spesso durante queste manifestazioni ci sono dei tafferugli di lieve entità. I commenti rabbiosi degli speaker televisivi contro quattro ragazzotti a Place de la République, inseguiti da centinaia di poliziotti in tenuta antisommossa, sono iperbolici: “energumeni”, “violenti”, “Black Bloc”, “casseurs”; la bandiera (rossa e nera) non è certo quella dei sindacati, quindi ci sarebbero di mezzo i soliti anarchici …
Poi interviene la Prima Ministra Borne, e torna la sensazione di già sentito: "L'intimidazione non è la democrazia. Non cederemo ecc. ecc.". In effetti si tratta dello stesso mantra del sindaco di Parigi in occasione di manifestazioni del 2020. Anche in Italia, la Presidentessa del Consiglio ci ricorda: "Non cederemo al ricatto degli anarchici, non ci lasceremo intimidire". A onore del suo incredibile coraggio, va ricordato che non si era fatta intimidire neppure dai rave, ed è quanto dire. La virulenza del coraggio meloniano ha contagiato gli altri membri del governo, per cui sono accorsi a non lasciarsi intimidire anche i ministri Nordio, Tajani e, ovviamente, il responsabile degli Interni Piantedosi, detto affettuosamente “Troppedosi”, per la sua abitudine di sparare numeri stratosferici e sballati sui sequestri di droga. Non mancano buone dosi di coraggio anche al di fuori del governo, infatti la ex ministra Gelmini ci fa sapere che neppure lei si lascia intimidire dagli anarchici. La Meloni sta facendo scuola, infatti ora è arrivata pure Elly Schlein a dirci che non si lascia intimidire dalla Meloni.
Che grinta questi statisti! Che sprezzo del pericolo! Ci vuole parecchia concentrazione per fare mente locale sulla galattica sproporzione di forze tra il potere degli apparati repressivi ed i quattro ragazzotti; e quindi rendersi conto che si è di fronte ad un eroismo “low cost”, al vittimismo preventivo di governi che in Francia vanno a scippare la pensione alle vecchiette, mentre in Italia fanno cassa fregando il sussidio ai clochard.
Quindi manifestare sta diventando una forma di intimidazione e di ricatto contro il sedicente “Stato”. Ogni critica viene fatta passare per minaccia; e l’atto di manifestare, anche in poche decine di persone, assume le proporzioni di un attentato contro la sicurezza dello Stato. Non ne parliamo poi di uno sciopero della fame contro le condizioni carcerarie, che, da protesta non violenta, ora viene equiparato ad un atto di terrorismo. Il governo eroicamente resiste, e i media ne cantano le gesta, esaltando la linea della fermezza contro il terrorismo, anzi reclamando più severità.
Politici e magistrati mettono da parte annose polemiche e divisioni, riscoprendo finalmente il piacere di sentirsi dalla stessa parte della barricata per resistere insieme all’assalto dei barbari. C’è anche la scoperta (traumatica per alcuni, ovvia per altri) che il giornalista Travaglio ed il ministro Nordio sono sportelli della stessa agenzia, versioni sceniche complementari della stessa maschera, che si sdoppia in Don Chisciotte o Sancho Panza, a seconda delle esigenze di lobbying della magistratura. Il Don Chisciotte-Travaglio esalta il potere e i privilegi dei magistrati, impavidi Cavalieri della Legalità; mentre il Sancho Panza-Nordio tutela quel potere e quei privilegi, mettendo al riparo i suoi colleghi magistrati da eventuali eccessi di temerarietà contro i potenti, ed offrendo loro vie più comode per riscuotere altre prebende. Nella vicenda Cospito, il “garantista” Nordio ha assunto atteggiamenti così aggressivi e sanguinari da consentire ai magistrati di interpretare, per ora, la parte del poliziotto buono.
Va tenuto presente che il 41 bis ha sempre avuto una doppia valenza, di spot antimafia, ma potenzialmente anche di spot antiterrorismo. Nell’una e nell’altra opzione si coglie il retro-messaggio vendicativo offerto in pasto all’opinione pubblica forcaiola. In entrambi i casi però la narrazione esibisce palesi buchi di sceneggiatura, dato che un capomafia è, per definizione, in grado di esercitare il proprio potere persino sui suoi carcerieri; mentre un detenuto politico, se è tale, troverà nel 41bis un motivo in più per farsi ascoltare e non certo per recedere dalle proprie convinzioni. La “logica” di questi spot va quindi cercata altrove.
Le invidie tra magistrati crescono all’ennesima potenza a causa dei guadagni dei colleghi addetti all’antimafia, i quali riscuotono innumerevoli indennità di rischio. Si possono però estendere quei lauti guadagni all’intera categoria giudiziaria grazie ad un’emergenza fittizia come il terrorismo. Per far più soldi non c’è bisogno di bustarelle e di corruzione, si può fare tutto legalmente ed a rischi molto più bassi di quelli dell’antimafia. Infatti durante un’emergenza terrorismo ogni magistrato sarebbe teoricamente un bersaglio, quindi gli spetterebbe ogni genere di indennità di rischio.
Chiaramente i nostri politici e magistrati non sarebbero in grado di sostenere da soli emergenze di questa portata; si tratta per loro di sapersi inserire con sagaci affarismi locali in “trend” finanziari a livello internazionale; “trend” che si indirizzano verso il grande business della sicurezza e dell’antiterrorismo. Ad esempio, negli USA un’azienda privata come Palantir fa enormi profitti fornendo tecnologia di intelligence alla CIA; anzi, molti definiscono Palantir il braccio tecnologico ed affaristico della CIA, una lobby d’affari trasversale tra un ente governativo ed un’azienda privata; ciò a riconferma del fatto che lo “Stato” è solo un’astrazione giuridica, mentre il riferimento concreto è l’intreccio tra il denaro pubblico e le lobby. Il fondatore dell’azienda lamenta di essere perseguitato dai “complottisti” che lo accusano di far parte degli “Illuminati”. Insomma, è tutto il solito repertorio del vittimismo dei potenti che serve a screditare preventivamente ogni possibile segnalazione di conflitti di interesse e di porte girevoli tra carriere nel settore pubblico e carriere nel settore privato.
Per “gonfiare” il valore azionario di Palantir, i media pretendono di attribuire ai suoi “big data” la scoperta del covo di Osama bin Laden in Pakistan nel 2011. In realtà basterebbe consultare le notizie di qualche anno prima della stessa stampa ufficiale per accorgersi che si tratta di fesserie e di spot pubblicitari, visto che già nel 1998, durante l’amministrazione Clinton, la propaganda governativa dichiarava che bin Laden risiedeva in Pakistan.
I soldi sono un richiamo della foresta più irresistibile di qualsiasi complotto; del resto anche la “reductio ad complottismum” nei confronti di ogni segnalazione di conflitti di interesse e porte girevoli, è diventata il settore della comunicazione più remunerativo e foriero di grandi carriere personali. Non è neppure il caso di inimicarsi una mega-multinazionale come Palantir, capace di allestire le sue porte girevoli non solo negli USA, ma in tutto il mondo; ed una serie di casi clamorosi sono stati segnalati in Australia.
Ovviamente Palantir è tra i principali fornitori di tecnologia di intelligence militare per il governo ucraino; ed anche il Ministero della Difesa italiano ha da tempo Palantir tra i suoi fornitori. L’antiterrorismo è uno di quei business cosiddetti “di ricaduta”; cioè nel momento in cui si indirizzano grossi capitali verso settori militari, per riflesso si espande inevitabilmente anche il riutilizzo di quelle tecnologie di intelligence militare nell’ambito della sicurezza civile. Con tutti i soldi che girano nell’affare della sicurezza, non ci sarà da stupirsi se di qui a poco anche starnutire sarà considerato un atto di terrorismo.
Nel 2022 sono stati oltre sessanta i “suicidi” tra le forze dell’ordine, ed altri casi si sono già verificati nel corso di quest’anno. Questa strage non fa emergenza, anzi, non viene nemmeno percepita dai media, poiché non muove denaro; ciò che non passa per la lente del denaro, non è neppure visibile.
Al contrario, è stata sufficiente la voce che qualche agente si fosse sbucciato un ginocchio durante le manifestazioni dei giorni scorsi, perché dal partito della Presidentessa del Consiglio arrivasse la proposta di istituire un nuovo reato, il “terrorismo di piazza”; qui infatti ci sono in prospettiva investimenti e appalti per monitorare i manifestanti. A proporre la nuova legge è stato il deputato Riccardo De Corato, e già dal nome si capisce che è un eroe.
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