Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Nei giorni scorsi è arrivata l’ennesima “sconvolgente rivelazione” sulle intercettazioni della National Security Agency che non risparmiavano proprio nessuno. Ma come spiegare che i governi europei, pronti a fare sfracelli se gli USA non si fossero scusati, poi hanno ingoiato il rospo? La risposta ce la fornisce il nostro ministro degli Esteri Gentiloni, che dichiara i suoi timori di isolarsi dagli USA nel momento in cui ci sono in ballo la questione libica e quella siriana, come se quei casini non ce li avessero combinati proprio gli USA. Un altro miracolo dell’ISIS? Oppure una propensione irresistibile al calo di brache di fronte al grande “alleato”?
L’altra sconvolgente rivelazione è che la NSA spiava anche le conversazioni del Buffone di Arcore (e lui, in fatto di intercettazioni, se la prendeva solo con i magistrati italiani). La notizia si presta a facili ironie, e c’è anche chi si figura nella circostanza lo stato confusionale delle spie americane. Gli italoforzuti ipotizzano anche un coinvolgimento americano nella cacciata del Buffone nel 2011. Ma ovviamente se la prendono soprattutto con Giorgio Napolitano, dimenticandosi di quando lo stesso Napolitano salvò il governo Berlusconi nel 2010 rimandando il voto di sfiducia richiesto da Gianfranco Fini, offrendo così al Buffone la possibilità di comprarsi i parlamentari. Il colpo di Stato di Napolitano nel 2011 vi fu, eccome, ma consistette nell’impedire lo sbocco costituzionale delle elezioni anticipate in nome dell’emergenza-spread.
Sta di fatto che queste “rivelazioni” sulla violazione della “privacy” del Buffone allontanano dalla vera questione, e cioè che la NSA è dedita soprattutto allo spionaggio commerciale ed industriale. Lo spionaggio commerciale è altrettanto importante di quello industriale e, dato che certi affari internazionali richiedono la firma dei capi di governo, ecco spiegato il vero motivo per stare ad ascoltare le loro conversazioni. Avere in anticipo la “dritta” sulla conclusione di un affare, vuol dire trovarsi in mano un’informazione preziosa per le speculazioni di Borsa. La “sicurezza” costituisce un ottimo pretesto per far soldi.
La NSA non è soltanto il maggior committente di Silicon Valley, per miliardi di dollari l’anno, ma anche il suo fornitore di tecnologie. Fece un po’ di scalpore qualche anno fa sulla stampa estera il fatto che uno dei maggiori dirigenti di Facebook (un responsabile della sicurezza!) sia andato a lavorare per la NSA, ma questo “revolving door” è soltanto uno dei tanti aspetti dell’intreccio tra strutture statali e capitalismo cosiddetto “privato”.
Obama ha deciso. Per rispondere alle proteste di migliaia di persone spiate dalla NSA in tutto il mondo, il presidente USA ha stabilito che le tutele della privacy saranno estese anche ai cittadini al di fuori degli Stati Uniti. Ora anche il Buffone, la Merkel e Sarkozy potranno avviare una “class action” se saranno di nuovo spiati. I comici ci sono anche oltreoceano. Magari un domani si offrirà ai sudditi dell’impero anche l’opportunità di farsi eleggere presidente degli Stati Uniti, per quello che conta.
Si può essere certi però che l’iniziativa di Obama renderà anche questo infortunio della NSA un’ulteriore occasione per gli Europei di celebrare l’ennesimo “trionfo” della democrazia americana, una “democrazia” che sarebbe sempre pronta a superare i suoi “errori”. L’americanismo, come tutte le religioni, si alimenta soprattutto delle sue smentite. In fatto di fanatismo religioso, l’ISIS ha ancora parecchio da imparare dagli americo-credenti nostrani.
I media ci avvertono che l’iniziativa di Obama non è solo a beneficio dei sudditi dell’impero, finalmente anche loro equiparati ai cittadini americani, ma anche per rassicurare le aziende americane in vista del TTIP, il mercato unico tra UE ed USA, la “NATO economica”. Perché mai le aziende americane dovrebbero sentirsi rassicurate? In fondo sono le multinazionali statunitensi a beneficiare dello spionaggio industriale e commerciale della NSA. Per fortuna quella di Obama è solo propaganda, e tutto continuerà come prima. Anzi, meglio di prima.
La vera equiparazione dei cittadini europei ai “diritti” dei cittadini americani avverrà infatti con il TTIP. Per distrarre l’opinione pubblica dall’avvento del TTIP, in questi giorni si è dovuto addirittura costringere Nichi Vendola ad esibire aspirazioni alla paternità da gettare in pasto ai media. I processi fanno paura e, per scamparla, Vendola ha accettato di bruciarsi come leader politico per vestire i panni dello zimbello mediatico a pro della distrazione di massa.
In Europa, a proposito di merci, vige il principio di precauzione, mentre negli USA funziona il cosiddetto “aftercare”, in base al quale si può mettere in commercio qualsiasi prodotto la cui nocività non sia scientificamente dimostrata. In base alla legge europea, un pollo viene considerato come “allevato a terra” se non ci sono più di nove galline a metro quadro, mentre negli USA il 95% dei polli è allevato in batteria, con ventitré galline a metro quadro. Finché i polli non si suicidano, non ci sono prove scientifiche che soffrano. Ma, nel caso del TTIP, i veri polli sono i cittadini europei.
In base alle notizie di stampa, pare che un vincitore sul campo in Libia vi sia. Il capo delle forze armate del governo di Tobruk, il generale Haftar, avrebbe posto sotto assedio Bengasi e messo alle strette le milizie islamiche che i nostri media presentano tout court come ISIS. L’iniziativa militare del pur ambiguo Haftar starebbe quindi scongiurando il pericolo di una dissoluzione della Libia.
Se la notizia è attendibile, molte delle motivazioni, sia ufficiali che mediatiche, addotte a favore dell’intervento italiano in Libia risulterebbero superate dai fatti. O no? In realtà la vera motivazione di un massiccio intervento occidentale potrebbe essere proprio quella opposta, cioè prevenire ed impedire una stabilizzazione della Libia.
Sempre in base a notizie di stampa, Haftar, oltre ad aver incassato il sostegno dell’Egitto, e quindi indirettamente della Russia, avrebbe ottenuto il favore del governo francese, che addirittura sosterrebbe le operazioni militari dello stesso Haftar con azioni di commando. Ma sarà vero? Non è che il governo francese sta salendo sul carro del probabile vincitore solo per pugnalarlo più agevolmente alla schiena?
Oltre che reparti francesi, agiscono in Libia anche formazioni statunitensi e britanniche, ed anche quelle in presunta funzione anti-ISIS. Gli Stati Uniti avrebbero effettuato anche i soliti bombardamenti contro “postazioni dello Stato Islamico”.
Da parte degli Stati Uniti provengono anche le più pressanti richieste al governo italiano di inviare un corpo di spedizione in Libia, qualcosa come tremila o cinquemila uomini, ovviamente tanto per cominciare. Quel che è certo è che, a differenza del 2011, in Italia tendono a crescere le posizioni contrarie alla guerra, con interventi anche ad alto livello. Dopo l’articolata posizione contraria di Romano Prodi, alla quale anche altri politici si sono accodati, anche il quotidiano confindustriale “Il Sole-24 ore” ha dato spazio lunedì scorso ad un articolo non solo fortemente critico nei confronti di ogni ipotesi di intervento militare italiano, ma anche propenso a toccare il vero nodo della questione, cioè le mire di spartizione della Libia.
D’altra parte, anche l’intervento di Prodi, apparentemente così deciso, non risulta del tutto esente da ambiguità, poiché rivolge la propria critica esclusivamente verso la Francia ed il Regno Unito, lasciando fuori dalla polemica proprio chi vorrebbe “invitarci” a rientrare nel pantano libico, cioè gli USA.
Se oggi l’establishment italiano dà ampio spazio a posizioni contrarie alla guerra, martedì scorso sul “Corriere della Sera” il commentatore ultra-ufficiale Angelo Panebianco ha rivolto un’esortazione agli Europei a guardare con apprensione alle elezioni presidenziali negli Stati Uniti, auspicando che non risulti vincitore un altro candidato “isolazionista” come Obama. Panebianco rivolge le sue speranze ad una vittoria di Hillary Clinton, la più adatta, secondo lui, a scongiurare la prospettiva di un’Europa lasciata in balia di Putin. Ovviamente il possibile risorgere dell’isolazionismo americano è una fiaba; non solo l’isolazionismo statunitense costituisce un mito storiografico senza pezze d’appoggio, ma le ingerenze di Kerry in questi anni sono state addirittura plateali, dalla questione ucraina a quella greca. Persino l’euro dal 2012 sopravvive soltanto in funzione degli interessi della NATO, cioè di Washington, che non vuole che un allentamento della disciplina europea possa mettere in forse le sanzioni alla Russia; sanzioni che provocano effetti depressivi non solo sull’economia russa, ma soprattutto sull’economia europea. Ma è chiaro che Panebianco con questi richiami fiabeschi al “pericolo” di un isolazionismo americano vuol solo richiamare tutti all’obbedienza nei confronti del grande ed insostituibile “alleato”- padrone.
Il punto è che ogni discussione concreta e puntuale sull’eventuale intervento italiano in Libia può essere spiazzata da un momento all’altro da qualche offensiva mediatica che ci ponga davanti a qualche “emergenza umanitaria” a cui far fronte. Il copione ormai lo conosciamo, ma il guaio è che funziona sempre. Alcuni commentatori si sorprendono del fatto che in questo momento sia assente il movimento pacifista, ma forse il pacifismo era assente anche quando sembrava esserci. Non ha senso infatti opporsi ad una guerra senza demistificare di volta in volta le false emergenze che la giustificano.
A differenza dei toni trionfali di Renzi del febbraio dello scorso anno, che avrebbero dovuto anticipare un apposito decreto da varare a marzo, ma mai apparso, ora il Presidente del Consiglio appare smarrito e chiuso in un imbarazzato mutismo, e se la va a prendere proprio con quei media che pure non fanno altro che battere la grancassa per lui.
Qualcuno ha notato che i due ostaggi in Libia sono stati uccisi quando l’intervento italiano si presentava come imminente, mentre gli altri due sono stati liberati allorché l’ipotesi di intervento sembrava essere stata messa da parte. Dopo i roboanti ultimatum lanciati da Renzi durante l’ultimo incontro bilaterale con Hollande, altri avvisi di quel genere potrebbero arrivargli. Evidentemente Renzi si trova schiacciato dagli opposti timori di un’avventura militare che si annuncia militarmente e finanziariamente disastrosa, e la prospettiva che arrivi un ordine di intervento da parte degli USA, al quale non avrebbe il coraggio, né la forza, per opporsi.
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