Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Il 24 febbraio ultimo scorso la Commissione Finanze della Camera ha eliminato la norma che fissava un tetto agli stipendi dei manager, già approvata al Senato su proposta di un parlamentare dell’Italia dei Valori. Il ministro Tremonti - colto evidentemente in una giornata in cui non vestiva i panni del “no global” - aveva anticipato a suo tempo che la norma sarebbe stata eliminata, in quanto, secondo lui, avrebbe costituito un’indebita intromissione nelle regole del “mercato”. In realtà gli stipendi dei manager non vengono fissati dal mercato - ammesso che una cosa inesistente come il “mercato” possa fissare qualcosa -, bensì dagli stessi manager che ne beneficiano; perciò stabilire un limite a questi autobenefici avrebbe costituito una norma di semplice buon senso.
Al contrario, la norma che fissava il tetto è stata abolita con un voto unanime dalla Commissione, e persino l’Italia dei Valori si è data assente per favorire questa abolizione. Il Partito Democratico ha giustificato il suo voto appellandosi ad una non meglio precisata direttiva europea, mentre il presidente della Commissione, il berlusconiano Soglia, ha addirittura definito “stalinista” l’idea di fissare un tetto ai privilegi dei manager. Insomma, ogni tentativo di limitare i privilegi porta con sé lo spettro del gulag, e solo i demoni dell’ideologia possono pensare di turbare, con conseguenze nefaste, i delicati equilibri della natura, di cui il “mercato” sarebbe espressione. Con questo pretesto, privilegiati e affaristi possono permettersi di esibire una sorta di onorificenza di vittima di Stalin ad honorem.
Questo schema propagandistico così rozzo ed elementare deve il suo successo al fatto che dal 1956 - dal XX Congresso del Partito Comunista Sovietico -, la sinistra ha fatto proprio l’antistalinismo della propaganda occidentalista. Ovviamente non si tratta di un antistalinismo basato sullo Stalin vero, quello storico, che, ad esempio, nel 1936 sacrificava la lealtà nei confronti del proletariato spagnolo ai contratti che aveva con Mussolini (nel 1936 l’Italia fascista era il principale partner commerciale dell'Unione Sovietica); tanto meno si parla dello Stalin che nel 1948 sacrificava il popolo palestinese agli accordi commerciali della Russia con la British Petroleum, il grande protettore dello Stato d’Israele.
Tutti questi Stalin non interessano la propaganda ufficiale, mentre fa molto gioco riferirsi allo Stalin del Gulag, le cui cifre, gonfiate attraverso stime arbitrarie, a tutt’oggi però non riescono ancora ad eguagliare le dimensioni del gulag statunitense, nel quale, almeno dagli anni ’20 una popolazione carceraria, in media di due milioni di detenuti, risulta ufficialmente utilizzata per lavoro schiavistico. Risulta strano poi che il Solzenicyn anticomunista di "Arcipelago Gulag" fosse santificato e pubblicato/distribuito dalla solita Mondadori, mentre il Solzenicyn antisemita di "Due Secoli Insieme" venga ignorato dai media ufficiali e debba accontentarsi delle edizioni della fascista "Controcorrente". Eppure nel pensiero di Solzenicyn il nesso tra anticomunismo ed antisemitismo era sempre stato evidente.
Anche la questione del culto della personalità instaurato da Stalin risulta pretestuosa se paragonata a quanto avveniva ovunque negli anni '30. Il culto della personalità di Roosevelt negli USA non fu da meno, e basta la visione dei film hollywoodiani dell'epoca per rendersi conto che il presidente degli Stati Uniti era oggetto di una divinizzazione mediatica. Roosevelt fu anche responsabile dell'internamento in campi di concentramento di milioni di cittadini giapponesi immigrati, che vennero sequestrati persino in America Latina. Molti di quei giapponesi morirono di stenti e malattie, e si può facilmente immaginare cosa sarebbe successo di tutti loro se le sorti della seconda guerra mondiale avessero preso una piega tale da mettere in forse gli approvvigionamenti alimentari negli Stati Uniti. L'universo concentrazionario, il terrorismo di Stato e il culto della personalità fecero parte del "normale" standard internazionale degli anni '30 (e, in gran parte, anche dello standard attuale); e ciò dovrebbe mettere in guardia sia contro il mito negativo di Stalin, sia contro la tentazione di trasformare nuovamente Stalin in un'icona dell'antagonismo.
La propaganda della destra ha però vita facile, poiché da mezzo secolo è la sinistra a farsi carico di costruire un mito negativo di Stalin funzionale agli interessi dell’affarismo dominante. Un anno prima del XX Congresso del PCUS, nel 1955, la CIA finanziava la produzione di un cartone animato britannico, basato sul testo de “La Fattoria degli Animali”, dello scrittore inglese George Orwell, a sua volta collaboratore dei servizi segreti britannici. La mistificazione di Orwell consisteva nel presentare la rivoluzione russa come una sorta di esperimento sociale chiuso in se stesso, mettendo da parte la storia delle aggressioni colonialistiche subite dalla Russia dal 1917 in poi, da parte di Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti. L'efficacia di questo tipo di propaganda può essere misurata dall'effetto che ebbe sulla stessa Russia.
Alla morte di Stalin, in Russia non vi era infatti la consapevolezza di essere sotto un’aggressione coloniale, per cui un Kruscev poté pensare di ingraziarsi gli “Occidentali” semplicemente adottando la loro propaganda. Ma si sarebbe risvegliato dal sogno molto presto. Una volta disilluso della possibilità di trovare un accomodamento con l'insaziabile aggressività coloniale statunitense, Kruscev dimostrò poi una maggiore sensibilità rispetto a Stalin verso la questione della lotta anticoloniale dei popoli oppressi; ma si trattò di una sensibilità estemporanea, priva di approfondimento strategico.
Nel racconto di Orwell, il padrone umano della Fattoria degli Animali risultava liquidato una volta per tutte, mentre nella storia reale dell'Unione Sovietica la British Petroleum ha sempre continuato a svolgere un ruolo, e la storia successiva ha dimostrato che la multinazionale del petrolio non aveva mai perso gli agganci interni. Durante il regime di Boris Eltsin la multinazionale BP poté fare il suo rientro trionfale in Russia: le cosiddette "riforme economiche" provocarono un aumento verticale della mortalità nei Paesi dell'ex "socialismo reale", perciò alla fine le vittime di Eltsin sono state molte più di quelle di Stalin. Eltsin non esitò a bombardare il proprio parlamento quando questo volle opporsi alla colonizzazione della Russia, ma nel sedicente Occidente l'apertura o chiusura del rubinetto dell'indignazione viene operata esclusivamente in funzione degli interessi affaristici delle multinazionali. In un dibattito televisivo, Marco Rizzo fece riferimento alle statistiche sul brusco incremento della mortalità provocato dalle "riforme di Eltsin, ma fu rimbeccato da Margherita Boniver - ex craxiana ed oggi berlusconiana -, la quale gli obiettò sbrigativamente che i due milioni di morti di Eltsin sono bazzecole se paragonati ai trenta milioni ammazzati da Stalin. Il bello è che Marco Rizzo si tenne quella replica, senza contestare che quella cifra di trenta milioni non ha alcun riscontro storico. Il fatto è che lo stalinismo costituisce ormai una categoria mitica dell'orrore, in cui tutto diventa credibile e non c'è mai bisogno di portare prove.
Il successore di Eltsin, Vladimir Putin, è riuscito in seguito ad estromettere la multinazionale BP dalla Russia, cosa che ha procurato a Putin la consueta criminalizzazione da parte dei media del sedicente Occidente. Che Putin sia un criminale è probabile, ma i media "occidentali" se ne sono accorti non dopo la strage di Beslan, bensì solo quando sono stati toccati gli interessi della BP; e i capi d'accusa non riguardano i crimini veri di Beslan, ma accuse immaginarie come quella dell'assassinio della giornalista Politkovskaja, o ancora più improbabili omicidi al polonio radioattivo. Il problema è che il caso di Beslan assomiglia troppo a quello delle Torri Gemelle, perciò è meglio per i media sorvolare.
La propaganda attuale sulla violazione dei diritti umani in Russia fa quindi parte di una secolare psico-guerra coloniale contro la stessa Russia, di cui solo oggi si comincia a diventare consapevoli. La propaganda colonialistica si fonda appunto sulla rimozione del colonialismo stesso, che viene sostituito dai fantasmi di astratti modelli sociali in lotta tra loro. Nell'epoca del presunto tramonto delle ideologie, tutti gli eventi vengono invece letti dalla propaganda ufficiale in termini di scontro di ideologie, soprattutto quando sono gli affari i veri soggetti in campo.
Rimossa la questione storica dell’aggressione colonialistica del sedicente Occidente verso la Russia, e rimossa anche la questione delle guerre civili fomentate in Russia dal colonialismo, anche alla propaganda di Orwell era risultato agevole presentare Stalin e i bolscevichi ora come dei paranoici ossessionati dalle proprie utopie, ora come traditori votati ai propri privilegi personali.
Negli anni ’70 la RAI mandò in onda varie volte il cartone animato “La Fattoria degli Animali”; e in occasione di una di queste messe in onda, nel 1977, avvenne un episodio curioso ed istruttivo. Un lettore del quotidiano “Il Giornale” - allora ancora diretto dal suo fondatore, Indro Montanelli - spedì una lettera indignata al suo direttore, lamentandosi che la RAI avesse trasmesso un cartone animato di propaganda comunista che alimentava l’odio verso i “datori di lavoro”. Il lettore de “Il Giornale” aveva quindi confuso la propaganda della CIA contro i bolscevichi come se si trattasse di un attacco ai padroni. Montanelli però si guardò bene dal chiarire l’equivoco, poiché rientrava perfettamente nella mistificazione dominante: i presunti comunisti si fanno carico di diffondere la propaganda anticomunista, mentre gli anticomunisti possono recitare la parte delle vittime accerchiate dall’invadenza di una presunta propaganda di sinistra.
L’ultimo scandalo di clero-pedofilia in Germania ha coinvolto direttamente la famiglia del papa. Per la precisione, i casi di abuso sessuale su minori su cui si indaga, riguarderebbero fatti avvenuti tra gli anni ’50 e gli anni ’70, periodo in cui il fratello di Ratzinger non dirigeva il famoso coro di Ratisbona; ma l’effetto di risonanza mediatica dell’associazione, anche indiretta, del cognome di Ratzinger alla pedofilia è stato comunque raggiunto.
La perplessità più ovvia riguarda i tempi di maturazione dello scandalo: quaranta o cinquanta anni sembrano un po’ troppi per pensare ad un bubbone che scoppi improvvisamente. Insomma, ci si deve chiedere come mai l’acqua calda non sia stata scoperta un po’ prima, magari quando la propaganda dei media occidentali ci narrava degli eroici preti cattolici che si battevano per la libertà religiosa contro i regimi comunisti e materialisti dell’Est Europa. Nel 1973 Hollywood lanciò l'icona accattivante del prete esorcista, un riferimento subliminale al vero diavolo da esorcizzare dal corpo dell'Europa, cioè il comunismo.
Alcuni hanno notato che i primi clamorosi scandali di clero-pedofilia sono scoppiati in seguito all’opposizione da parte del Vaticano nei confronti dell’invasione statunitense dell’Iraq del 2003, ma il feeling dei media nei confronti della Chiesa Cattolica - tolta la parentesi della morte di Woytila - era in realtà già finito. L’ultima grande stagione mistica dei media “occidentali” era andata infatti a coincidere con la guerra in Jugoslavia, quando papa Woytila si impegnò a fomentare l’odio fra i Croati cattolici ed i Serbi ortodossi. In quel periodo fu anche allestita in Croazia, ad opera dei servizi segreti tedeschi, la indegna pagliacciata delle apparizioni della madonna di Medjugorie, un evento che, per la grossolanità della messinscena, ha determinato anche l’imbarazzo di alcuni settori del clero cattolico.
Ma la caduta dei regimi del “socialismo reale” ha immediatamente aperto la questione della ri-privatizzazione dei beni immobili acquisiti dal Demanio dello Stato. In Paesi come la Polonia, l’Ungheria, la Cekia e la Slovacchia, gli antichi titoli di proprietà immobiliare che la Chiesa Cattolica può vantare, aprono praticamente un pozzo senza fondo, nel quale si può mettere mano ad una ricchezza illimitata, costituita da terreni ed edifici, ma anche da migliaia e migliaia di appartamenti e botteghe. Molti edifici e impianti industriali costruiti durante il socialismo reale sono sorti su terreni originariamente di proprietà di ordini religiosi e curie vescovili, ed anche su quelli la Chiesa potrebbe accampare dei diritti di proprietà. In base a quegli antichi titoli di proprietà, la Chiesa Cattolica potrebbe quindi ridiventare padrona di circa la metà dei beni immobili dell’Europa dell’Est, e ciò in base all’incontrovertibile dato giuridico e storico che la Chiesa padrona era stata la più danneggiata dalla collettivizzazione operata dai regimi del cosiddetto socialismo reale.
Il problema è che nell’Europa dell’Est sono arrivate le multinazionali dell’Ovest, le quali non sono disposte a stare a guardare mentre la Chiesa Cattolica si riprende tutto quel ben di dio. Da decenni nell’Europa dell’Est si svolge perciò un estenuante contenzioso tra la Chiesa e le multinazionali - spesso collegate ad organizzazioni sioniste - sulle privatizzazioni dei patrimoni immobiliari dello Stato; e, come nella guerra del ’14-’18, si combatte metro per metro. Gli scandali di clero-pedofilia costituiscono appunto una delle armi adoperate dalle multinazionali per ammorbidire le pretese della Chiesa Cattolica nei Paesi dell'Est, ma anche dell'Ovest. In Irlanda, dove la Chiesa Cattolica è padrona di un patrimonio immobiliare sterminato, che è di ostacolo all’espansione delle proprietà delle multinazionali, sono stati tirati fuori, per pura coincidenza, vecchi casi di clero-pedofilia che sembravano morti e sepolti.
La Chiesa Cattolica è divenuta inutile per combattere un nemico comunista che ormai non c’è più, ed ora il cosiddetto “Occidente” - lo pseudonimo preferito dalle multinazionali - scorge nei preti solo degli avidi e fastidiosi concorrenti nella corsa al saccheggio dei beni immobili; beni che costituiscono una ricchezza reale, particolarmente importante in un periodo di crisi di liquidità finanziaria. Una serie di procedimenti giudiziari per pedofilia, con le annesse cause civili per risarcimento danni, costituisce uno strumento di pressione efficace per indurre i vescovi e gli ordini religiosi a ridurre al minimo le loro pretese.
La proprietà immobiliare per la Chiesa Cattolica è ben più che un semplice accessorio mondano, ma costituisce un vero dogma di fede. Le prime condanne della Chiesa verso il comunismo furono proclamate quando questa dottrina non si era ancora pronunciata per il materialismo e l’ateismo, e riguardavano per l’appunto la questione della proprietà privata, considerata dalla Chiesa un diritto irrinunciabile. E non ci si riferisce alla proprietà privata “soft”, come la casetta e il campicello, ma alla proprietà privata “hard”, cioè i patrimoni immobiliari. Quindi i comunisti cristiani, come Fra Dolcino nel '300, furono i primi ad essere colpiti da anatema in quanto “eretici”, sebbene non attribuissero un carattere religioso al comunismo in quanto tale. La condanna del comunismo fu ribadita dalla Chiesa negli stessi termini anche nei primi anni dell'800, molto prima del marxismo: ancora una volta il bersaglio della condanna ecclesiastica era rappresentato perciò non dal materialismo, ma dalla violazione del diritto alla ricchezza immobiliare.
Si dice spesso - a sproposito - che il comunismo sia una religione, ma, in effetti nessun comunista ha mai preteso di formalizzare il comunismo in questo senso; semmai si è teorizzato, e parecchio a vanvera, di religione dell’Uomo. Al contrario, è la proprietà privata ad avvalersi di una vera e propria santificazione nell'ambito della dottrina cattolica. Quindi è l'anticomunismo a costituirsi come religione, in quanto culto della sacra proprietà privata.
Nel 1963 il governo di centrosinistra tentò di varare una riforma urbanistica che, garantendo la proprietà di case ed edifici, limitava e vincolava la proprietà sui terreni, impedendo la speculazione fondiaria, cioè quell’espediente in base al quale un terreno agricolo può moltiplicare all’infinito il suo valore se diviene edificabile. Il ministro che aveva avviato la riforma, il democristiano Sullo, fu travolto dalle accuse di comunismo ed omosessualità; nel frattempo i ceti medi furono terrorizzati da una menzognera campagna mediatica che annunciava la confisca di tutte le case di abitazione; ed infine, l'anno dopo, i servizi segreti militari allestirono un tentativo di golpe, passato alla Storia come “Piano Solo”.
In quel tentato golpe - poi rientrato dopo il ritiro di ogni velleità di riforma da parte del governo - erano coinvolte anche le principali potenze immobiliari di allora in Italia, cioè la FIAT e il Vaticano. La Chiesa non si ritenne per questo incoerente, dato che la dottrina cattolica proclama il diritto di insurrezione quando siano minacciati i beni della Chiesa stessa. Questo principio era stato invocato dal Vaticano anche nel 1936, per sostenere il colpo di Stato operato da Francisco Franco - grazie alle armi, ai soldi ed alle truppe di Mussolini - contro la Repubblica spagnola.
La Chiesa Cattolica ha anticipato di millenni le leggi ad personam, costruendosi una morale a proprio uso e consumo, per cui, ad esempio, il contrabbando non è considerato peccato - neppure veniale -, dato che i preti lo praticavano sotto la copertura delle immunità ecclesiastiche, in base alle quali giudici e sbirri non potevano entrare nelle proprietà della Chiesa. Ancora adesso il Vaticano è una centrale di contrabbando che elude il fisco dello Stato italiano; anche se questo contrabbando costituisce un’inezia se paragonato a quello che si esercita nelle basi militari USA e NATO, dietro l’immunità garantita dal segreto militare.
Oggi è la NATO, e non più la Chiesa Cattolica, a rappresentare la più grande multinazionale del contrabbando e dei traffici illegali, e questo è uno scandalo di cui nessun organo di "informazione" tratterà mai.
Giorgio Bocca ha pubblicato di recente un libro, “Annus Horribilis”, nel quale, con il pretesto di parlar male di Berlusconi, in realtà denigra come al solito l’Italia e gli Italiani, che sarebbero colpevoli di subire in maggioranza il fascino perverso dell’Uomo di Arcore. In realtà Berlusconi non è in grado di esercitare nessun fascino su chicchessia, e non fa altro che galleggiare sull'onda dell’anticomunismo, che tanti propagandisti - Bocca compreso - hanno trasformato in un senso comune inattaccabile. Ma l’argomento principale di Bocca è che l’Italia non possiede nella sua coscienza collettiva quei valori etici proclamati dalla Riforma Protestante. Tra gli anni ’30 e ’40, Bocca scriveva sul giornale fascista “La Difesa della Razza” e, rispetto ad allora, non ha fatto altro che sostituire il mito della superiore Razza Ariana con il mito protestante. Ariani o protestanti che dir si voglia, per Bocca sono sempre i popoli del Nord a rappresentare la razza superiore.
In effetti i “valori etici” di cui si dimostrò capace la Riforma Protestante, consistettero soltanto nell’abilità da essa dimostrata nel sottrarre alla Chiesa Cattolica i suoi patrimoni immobiliari. Questo grande furto fu sì perpetrato ai danni di altri ladri, ma andò ad esclusivo beneficio dei già ricchi nobili tedeschi. Quando i contadini tedeschi chiesero di partecipare alla spartizione delle terre della Chiesa Cattolica, Martin Lutero pubblicò nel 1525 un libello in cui incitava i nobili a sterminare i contadini, colpevoli secondo lui di violare l’ordine divino. Come si vede, anche la Riforma Protestante ha poco da insegnare in quanto a valori etici, e per essa, come per la Chiesa Cattolica, la vera religione rimane quella dei patrimoni immobiliari.
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