Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Le reazioni ai
provvedimenti emergenziali di Orban in Ungheria hanno suscitato in Europa, oltre le solite ipocrisie, anche un autentico disappunto. Il fatto che Orban abbia approfittato della minaccia del Covid per accentrare ulteriormente i poteri nelle sue mani, ha sortito l’effetto di smascherare l’uso politico che si sta facendo un po’ ovunque dell’emergenza sanitaria. In ogni Paese, ad ogni livello, in qualsiasi settore, c’è chi sta cercando di approfittare della presunta “pandemia” per modificare a proprio favore i rapporti di forza.
C’è però una differenza essenziale tra l’uso un po’ naif dell’emergenza da parte di Orban e quanto accade invece altrove. In altri Paesi infatti il “virus” ha assunto sentieri più subdoli e contorti. Da noi l’emergenza non favorisce l’accentramento dei poteri del governo, bensì è diventato il pretesto per pronunciamenti autonomisti che sembrano preludere al separatismo. Ciò è evidente in Italia, dove anche l’ultimo decreto del governo ha immediatamente trovato
Regioni come la Lombardia e il Piemonte pronte a “correggere” il decreto rivendicando ancora una volta un’autonomia decisionale. Al carro di queste Regioni si sono agganciati ovviamente anche altri despoti locali.
La stessa cosa sta accadendo in Germania, dove
la Baviera ha colto l’occasione per riaffermare la propria “indipendenza”, imboccando la strada della drammatizzazione dell’emergenza, smentendo la linea delle mezze misure adottata dalla Merkel. Al di là della sicumera di facciata e della copertura mediatica, anche la Germania sta attraversando una fase di sbandamento istituzionale non da poco.
Un atteggiamento analogo a quello della Baviera e della Lombardia, lo tiene
la Catalogna nei confronti del governo centrale spagnolo. Incalzato dall’autonomismo catalano, il governo di Madrid ha finito per dover ricalcare i provvedimenti emergenziali già visti in Italia.
In Spagna ci sono meno remore nel dibattito e quindi le cose sono più spesso chiamate col loro nome. Non è mancato perciò chi ha affermato esplicitamente che la Regione catalana sta largamente approfittando dell’emergenza sanitaria per veicolare nuovamente il proprio separatismo.
L’autonomismo/separatismo lombardo ha riscosso dei grossi risultati grazie all’emergenza, ma ha anche dovuto pagare un prezzo in termini di immagine e di tenuta del mito della Lombardia. Non sono mancate le spiegazioni “razionali” di questa debacle; un tonfo talmente grave che in molti cominciano a temere che, pur di risollevare l’immagine della Lombardia, non si esiti a confezionare scandali sanitari in qualche Regione meridionale, in modo da potere dire che “almeno” in Lombardia queste cose non accadono.
Le spiegazioni “razionali” del tracollo della Sanità lombarda hanno fatto riferimento soprattutto alla
pseudo-riforma regionale del 2015, che liquidava le vecchie ASL. Sebbene nessuno avesse motivo di rimpiangere le ASL, l’alternativa si è risolta in un caos nell’attribuzione delle competenze persino all’interno degli istituti ospedalieri. La confusione ingenerata dalla “riforma”, può aver trovato un moltiplicatore nell’ossessione della pandemia, per cui, ad esempio, i medici specialisti di terapia intensiva sarebbero stati subordinati all’ottica unilaterale dei virologi e degli infettivologi. In molti hanno quindi considerato questa Legge regionale una messinscena di finto efficientismo, l’ennesimo bluff ma stavolta più rischioso del solito, pur di mistificare una generale diminuzione delle prestazioni sanitarie.
Del resto
la prestazione sanitaria in tutta Italia è complessivamente caduta al di sotto della media europea. Ad esempio: l’Italia ha oggi a disposizione meno di tre posti-letto ogni mille abitanti, contro gli otto della Germania.
Pur nella loro piena fondatezza, queste spiegazioni rimangono comunque parziali. A meno di non credere che tra Wuhan e Codogno vi sia una sorta di corridoio spazio-temporale, non si spiega questo salto massiccio del virus dalla Cina alla Lombardia scavalcando tutte le tappe intermedie. La realtà è che le cifre sulla mortalità da pandemia offerteci in pasto dai media, risultavano del tutto decontestualizzate dai livelli di mortalità considerati normali.
In base ai dati Istat, in condizione di “normalità”, nel 2017, in Italia si sono registrati ufficialmente quasi seicentocinquantamila deceduti.
L’epidemia influenzale del 2018 ebbe esiti meno devastanti dell’anno precedente, eppure si registrarono solo dodicimila decessi in meno del 2017.
Il livello medio di mortalità annuale in Italia, si è quindi attestato stabilmente oltre i seicentomila decessi. Sono numeri che fanno saltare completamente tutto l’apparato fiabesco sui presunti miracoli del welfare, tra cui un inesistente aumento delle “aspettative di vita”; per questo motivo si tratta di notizie che, sebbene di fonte ufficiale, gli “editori veri”, gli “editori responsabili”, lasciano sempre ai margini della comunicazione.
In Europa le cose non sono andate meglio quanto a mortalità. In base ai
dati Eurostat, nel 2017 vi furono cinque milioni di decessi in Europa e quasi un quinto di questi riguardarono la Germania. Nonostante i suoi otto posti-letto ogni mille abitanti, la Germania ebbe circa un terzo in più di deceduti rispetto all’Italia, oltre novecentomila. L’Italia ha circa sessanta milioni di abitanti e una popolazione più anziana, mentre la Germania ne ha ottantatre milioni; quindi, anche in proporzione, la mortalità tedesca è risultata maggiore, ben superiore all’1% annuo. Prescindendo da queste cifre apocalittiche sulla mortalità cosiddetta “normale”, o addirittura omettendole del tutto, i media possono spacciare qualsiasi emergenza. E da sempre i media sono innamorati delle emergenze e vi danno automaticamente credito.
Se questa emergenza pandemia fosse partita da una cospirazione, probabilmente non avrebbe raggiunto una tale estensione, poiché ci sarebbe stato sicuramente qualcuno che si sarebbe sottratto all’accordo per fregare gli altri. L’emergenza Covid ha trionfato perché il sistema è ormai da decenni drogato di emergenzialismo e, a tutti i livelli, trova nell’emergenza l’unico modo per legittimarsi e per funzionare. Certo è che per i drogati di emergenza non manca il rischio di overdose.
Sostituire completamente l’assetto legalitario con l’arbitrio sistematico e con il controllo tecnologico, rappresenta per tutti i poteri una prospettiva suggestiva, ma il fatto di abbracciarla così acriticamente, denota anche una certa inconsapevolezza dei meccanismi del dominio. È infatti la legalità a creare la rendita di posizione dell’illegalità, quel vantaggio derivante dal delitto su cui prosperano tutte le oligarchie. Se non esiste più la legalità, non si potrà neppure lucrare sul fatto di poterla aggirare. Allo stesso modo, se si sta sempre in emergenza, è come se non si fosse mai in emergenza.
Ringraziamo il compagno Mario C. “Passatempo” per le segnalazioni e la collaborazione.
Grazie al Covid il governo cinese ha sedato la pericolosa rivolta di Hong Kong costringendo i suoi abitanti a rimanere chiusi in casa; ma, con lo stesso Covid, la Cina ha trovato anche un’efficace arma di ritorsione nella guerra economica intentatagli dagli USA. Certo, le cose sono andate poi ben oltre le probabili intenzioni del governo cinese. Pechino non poteva immaginare che il separatismo lombardo avrebbe cavalcato il Covid per farne uno strumento di secessione, offrendo così all’organizzazione Mondiale della Sanità la sponda e l’avallo per proclamare la pandemia.
Raffreddando la propria economia, la Cina intendeva colpire gli USA nel loro nervo più scoperto, il petrolio di scisto. Il petrolio che gli USA ricavano dalle rocce di scisto è costosissimo e necessita di un prezzo del petrolio piuttosto elevato, dai settanta dollari in su. A causa dell’ulteriore recessione mondiale innescata dal Covid, il prezzo del petrolio è crollato dai circa sessanta dollari del gennaio scorso a meno di un terzo di quella cifra. Con l’assassinio del generale iraniano Soleimani, gli USA erano riusciti ad inasprire la tensione in Medio Oriente e quindi, se non a far risalire il prezzo del petrolio oltre i sessanta dollari, almeno a far lievitare i costi assicurativi del trasporto di greggio nel Golfo Persico, a scapito dei loro concorrenti sauditi e iraniani.
Ora quel po’ di vantaggio ricavato dall’assassinio, non solo è stato rimangiato ma, addirittura,
il petrolio di scisto è totalmente fuori mercato e molte aziende sono costrette a fermare la produzione, col rischio di non riprenderla più. Appena pochi anni fa gli USA avevano celebrato il successo di essere diventati i primi produttori mondiali di petrolio.
Già lo scorso anno esperti americani del settore annunciavano
il disastro del petrolio di scisto. In queste settimane però il disastro ha assunto proporzioni inimmaginabili un anno fa, con la conseguenza di coinvolgere tutta la filiera produttiva connessa al business: aziende meccaniche, chimiche, eccetera. Mai un’innovazione tecnologica aveva sortito effetti così devastanti. Ma forse l’innovazione tecnologica c’entra sino a un certo punto: l’antieconomicità del business del petrolio di scisto era palese sin dall’inizio. Economia e business sono cose diverse e spesso opposte. Il business si è imposto grazie alla potenza della tenaglia del lobbying: da un lato una martellante propaganda catastrofista sulla prossima fine del petrolio, dall’altro lato un’inondazione di sovvenzioni in denaro pubblico. Mentre si è intenti ad inseguire i fantasmi dello Stato e del Mercato, i veri soggetti concreti in campo sono le lobby, le cordate di affari, che sono trasversali al pubblico ed al privato.
Molti “sovranisti” si ostinano a scorgere nel cialtrone Trump un proprio referente e non vogliono rendersi conto di quanto sia rozzo ed estemporaneo il loro idolo. Quando il governo cinese ha reso note le esigue cifre delle vittime del Covid, il cialtrone Trump è corso a darsi
la zappa sui piedi, “sfidando” i dirigenti di Pechino a fornire i veri numeri.
La Cina è ridiventata una potenza economica da poco tempo e quindi nei suoi dirigenti rimane la memoria di una tipica arma dei deboli: sfruttare la malafede del potente e ritorcerla contro di lui; la malafede rende infatti prevedibili. Avallando l’emergenza sanitaria per pregiudiziale polemica anticinese, il cialtrone della Casa Bianca abbocca all’amo e contribuisce ad affossare l’economia mondiale, con ogni prospettiva di vendere il petrolio statunitense. Non è neppure da escludere che il lobbying farmaceutico abbia avuto il suo peso nel cambiamento di posizione dell’Amministrazione statunitense nei confronti dell’emergenza Covid.
Eppure il cialtrone Trump aveva la possibilità di reggere sulla linea della sdrammatizzazione dell’emergenza sanitaria. Non era neppure necessario mettersi contro gli scienziati, perché sulla questione Covid gli scienziati non sono per niente concordi e bastava dar voce a quelli che pensano che proprio agli eccessi terapeutici si debba molta della mortalità. Una gran parte dell’opinione pubblica mondiale si sarebbe schierata dalla parte del cialtrone della Casa Bianca. In Italia e Spagna la quarantena è stata accettata sinora senza eccessivi problemi; ci sono però
aree del mondo, come il Brasile, dove la giornata lavorativa fa la differenza tra la vita e la morte e la strada è il luogo obbligato dove procacciarsi la sopravvivenza.
La rivolta di Hong Kong era stata fomentata dal Dipartimento di Stato USA e dalle sue ONG, perciò rappresentava anch’essa un episodio dell’aggressione USA alla Cina allo scopo di smembrarla in più Stati. Quest’aggressione degli USA non derivava da una minaccia reale della Cina, che non può ambire al ruolo di superpotenza planetaria. Oltre un certo limite la demografia non è più una spinta ma un freno, non determina l’impellenza di espandersi, bensì, al contrario l’urgenza di tenere insieme i pezzi del Paese.
Gli apparati americani (il “deep State”) sono considerati i custodi della “strategia” del proprio Paese; in realtà gli apparati americani funzionano in base ad una logica aziendale improntata all’enemy business. Ci si inventa la minaccia di un nemico per far piovere denaro pubblico ed allestire business con aziende private di armi o di controllo tecnologico. Gli “strateghi” del “deep State” non sentono neppure il bisogno di pensare, perché c’è il denaro che pensa al posto loro.
Le reazioni scomposte dell’Amministrazione USA alla Via della Seta segnalano l’incapacità delle oligarchie statunitensi di capire che in questo momento una ripresa degli scambi mondiali era nei loro interessi per impedire il disastro a catena del petrolio di scisto. Con la consueta volgarità che lo contraddistingue, Edward Luttwak ha ribadito
le minacce al governo italiano per l’innocua adesione dell’Italia al Memorandum per la Via della Seta. Se la minaccia fosse arrivata da qualche funzionario del Dipartimento di Stato, allora si sarebbe potuto credere che la paranoia degli USA giungesse al punto di supporre che l’Italia cerchi un’occasione per sganciarsi dal dominio americano. Ma Luttwak parla bene l’Italiano, ha vissuto parecchio tempo in Italia e quindi conosce i propri polli, ha sperimentato di persona la libidine di servilismo delle oligarchie italiane e di gran parte della nostra opinione pubblica. Si ha perciò l’impressione che sulla questione della Via della Seta gli USA stiano prendendo a calci l’Italia, cioè l’alleato più servile, per mandare un messaggio indiretto agli alleati un po’ meno servili.
In altri casi invece l’incapacità statunitense di comprendere
il servilismo delle oligarchie italiane, è stata autentica, al punto di fraintendere le richieste del nostro governo di aiuti sanitari USA per l’emergenza Covid. Le reazioni americane sono state sospettose e meschine, non comprendendo che la richiesta era una piaggeria del nostro governo. Nel momento in cui sono piombati qui Russi e Cubani a darci soccorso, era un modo per far sapere al padrone americano che l’unico aiuto a cui veramente si tiene è il suo.
Ringraziamo Mario C. “Passatempo”, GiorgioGiorgio e Cassandre per le segnalazioni.