Grazie al Covid il governo cinese ha sedato la pericolosa rivolta di Hong Kong costringendo i suoi abitanti a rimanere chiusi in casa; ma, con lo stesso Covid, la Cina ha trovato anche un’efficace arma di ritorsione nella guerra economica intentatagli dagli USA. Certo, le cose sono andate poi ben oltre le probabili intenzioni del governo cinese. Pechino non poteva immaginare che il separatismo lombardo avrebbe cavalcato il Covid per farne uno strumento di secessione, offrendo così all’organizzazione Mondiale della Sanità la sponda e l’avallo per proclamare la pandemia.
Raffreddando la propria economia, la Cina intendeva colpire gli USA nel loro nervo più scoperto, il petrolio di scisto. Il petrolio che gli USA ricavano dalle rocce di scisto è costosissimo e necessita di un prezzo del petrolio piuttosto elevato, dai settanta dollari in su. A causa dell’ulteriore recessione mondiale innescata dal Covid, il prezzo del petrolio è crollato dai circa sessanta dollari del gennaio scorso a meno di un terzo di quella cifra. Con l’assassinio del generale iraniano Soleimani, gli USA erano riusciti ad inasprire la tensione in Medio Oriente e quindi, se non a far risalire il prezzo del petrolio oltre i sessanta dollari, almeno a far lievitare i costi assicurativi del trasporto di greggio nel Golfo Persico, a scapito dei loro concorrenti sauditi e iraniani.
Ora quel po’ di vantaggio ricavato dall’assassinio, non solo è stato rimangiato ma, addirittura,
il petrolio di scisto è totalmente fuori mercato e molte aziende sono costrette a fermare la produzione, col rischio di non riprenderla più. Appena pochi anni fa gli USA avevano celebrato il successo di essere diventati i primi produttori mondiali di petrolio.
Già lo scorso anno esperti americani del settore annunciavano
il disastro del petrolio di scisto. In queste settimane però il disastro ha assunto proporzioni inimmaginabili un anno fa, con la conseguenza di coinvolgere tutta la filiera produttiva connessa al business: aziende meccaniche, chimiche, eccetera. Mai un’innovazione tecnologica aveva sortito effetti così devastanti. Ma forse l’innovazione tecnologica c’entra sino a un certo punto: l’antieconomicità del business del petrolio di scisto era palese sin dall’inizio. Economia e business sono cose diverse e spesso opposte. Il business si è imposto grazie alla potenza della tenaglia del lobbying: da un lato una martellante propaganda catastrofista sulla prossima fine del petrolio, dall’altro lato un’inondazione di sovvenzioni in denaro pubblico. Mentre si è intenti ad inseguire i fantasmi dello Stato e del Mercato, i veri soggetti concreti in campo sono le lobby, le cordate di affari, che sono trasversali al pubblico ed al privato.
Molti “sovranisti” si ostinano a scorgere nel cialtrone Trump un proprio referente e non vogliono rendersi conto di quanto sia rozzo ed estemporaneo il loro idolo. Quando il governo cinese ha reso note le esigue cifre delle vittime del Covid, il cialtrone Trump è corso a darsi
la zappa sui piedi, “sfidando” i dirigenti di Pechino a fornire i veri numeri.
La Cina è ridiventata una potenza economica da poco tempo e quindi nei suoi dirigenti rimane la memoria di una tipica arma dei deboli: sfruttare la malafede del potente e ritorcerla contro di lui; la malafede rende infatti prevedibili. Avallando l’emergenza sanitaria per pregiudiziale polemica anticinese, il cialtrone della Casa Bianca abbocca all’amo e contribuisce ad affossare l’economia mondiale, con ogni prospettiva di vendere il petrolio statunitense. Non è neppure da escludere che il lobbying farmaceutico abbia avuto il suo peso nel cambiamento di posizione dell’Amministrazione statunitense nei confronti dell’emergenza Covid.
Eppure il cialtrone Trump aveva la possibilità di reggere sulla linea della sdrammatizzazione dell’emergenza sanitaria. Non era neppure necessario mettersi contro gli scienziati, perché sulla questione Covid gli scienziati non sono per niente concordi e bastava dar voce a quelli che pensano che proprio agli eccessi terapeutici si debba molta della mortalità. Una gran parte dell’opinione pubblica mondiale si sarebbe schierata dalla parte del cialtrone della Casa Bianca. In Italia e Spagna la quarantena è stata accettata sinora senza eccessivi problemi; ci sono però
aree del mondo, come il Brasile, dove la giornata lavorativa fa la differenza tra la vita e la morte e la strada è il luogo obbligato dove procacciarsi la sopravvivenza.
La rivolta di Hong Kong era stata fomentata dal Dipartimento di Stato USA e dalle sue ONG, perciò rappresentava anch’essa un episodio dell’aggressione USA alla Cina allo scopo di smembrarla in più Stati. Quest’aggressione degli USA non derivava da una minaccia reale della Cina, che non può ambire al ruolo di superpotenza planetaria. Oltre un certo limite la demografia non è più una spinta ma un freno, non determina l’impellenza di espandersi, bensì, al contrario l’urgenza di tenere insieme i pezzi del Paese.
Gli apparati americani (il “deep State”) sono considerati i custodi della “strategia” del proprio Paese; in realtà gli apparati americani funzionano in base ad una logica aziendale improntata all’enemy business. Ci si inventa la minaccia di un nemico per far piovere denaro pubblico ed allestire business con aziende private di armi o di controllo tecnologico. Gli “strateghi” del “deep State” non sentono neppure il bisogno di pensare, perché c’è il denaro che pensa al posto loro.
Le reazioni scomposte dell’Amministrazione USA alla Via della Seta segnalano l’incapacità delle oligarchie statunitensi di capire che in questo momento una ripresa degli scambi mondiali era nei loro interessi per impedire il disastro a catena del petrolio di scisto. Con la consueta volgarità che lo contraddistingue, Edward Luttwak ha ribadito
le minacce al governo italiano per l’innocua adesione dell’Italia al Memorandum per la Via della Seta. Se la minaccia fosse arrivata da qualche funzionario del Dipartimento di Stato, allora si sarebbe potuto credere che la paranoia degli USA giungesse al punto di supporre che l’Italia cerchi un’occasione per sganciarsi dal dominio americano. Ma Luttwak parla bene l’Italiano, ha vissuto parecchio tempo in Italia e quindi conosce i propri polli, ha sperimentato di persona la libidine di servilismo delle oligarchie italiane e di gran parte della nostra opinione pubblica. Si ha perciò l’impressione che sulla questione della Via della Seta gli USA stiano prendendo a calci l’Italia, cioè l’alleato più servile, per mandare un messaggio indiretto agli alleati un po’ meno servili.
In altri casi invece l’incapacità statunitense di comprendere
il servilismo delle oligarchie italiane, è stata autentica, al punto di fraintendere le richieste del nostro governo di aiuti sanitari USA per l’emergenza Covid. Le reazioni americane sono state sospettose e meschine, non comprendendo che la richiesta era una piaggeria del nostro governo. Nel momento in cui sono piombati qui Russi e Cubani a darci soccorso, era un modo per far sapere al padrone americano che l’unico aiuto a cui veramente si tiene è il suo.
Ringraziamo Mario C. “Passatempo”, GiorgioGiorgio e Cassandre per le segnalazioni.