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"Un'idea che non sia pericolosa non merita affatto di essere chiamata idea."

Oscar Wilde
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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.

Di comidad (del 06/06/2019 @ 00:21:41, in Commentario 2019, linkato 8787 volte)
Dai dati elettorali risulta che il PD ha evitato il temuto crollo alle elezioni europee non a scapito dei 5 Stelle, bensì fagocitando gran parte dei voti che, in altre condizioni, sarebbero andati ai movimenti alla sua “sinistra”. Evidentemente molti elettori della sinistra radicale si sono convinti a compiere un voto “utile” in funzione antifascista. Si potrebbe dire che il PD ha riscosso una vera e propria tassa sull’antifascismo a spese dei suoi concorrenti a sinistra.
Paradossalmente è proprio il PD a contribuire a quella campagna propagandistica che, di fatto, legittima la riedizione di un fascismo o, quantomeno, di un “uomofortismo”. Questa propaganda mainstream afferma da un lato che l’Europa rischia nei prossimi anni un’invasione migratoria a causa delle misere condizioni del continente africano e, dall’altro lato, ripete in continuazione che il vero contenzioso non è con la Commissione Europea ma con i “Mercati”, da cui dipenderebbe la sopravvivenza del nostro debito pubblico. Se davvero il nostro Paese fosse a rischio di invasione da parte di milioni di Africani poveri e, nel contempo, il vero potere fosse nelle mani dei “Mercati”, allora per il popolo l’unica prospettiva di sopravvivenza sarebbe quella di affidarsi ad un leader “forte”, capace di contrastare l’una e l’altra minaccia con misure autoritarie.
In realtà gli “uomini forti” non esistono, al massimo esistono uomini che sembrano tali (e certamente Salvini non è neppure tra quelli); ma, soprattutto, nessuno dei due suddetti scenari, sia quello dell’invasione, sia quello dell’onnipotenza dei “Mercati”, corrisponde minimamente ai dati di fatto. La migrazione non è una fuga dei poveri dalle loro condizioni di vita, bensì è l‘effetto di una massiccia finanziarizzazione delle masse povere.
Il settimanale “The Economist” si è accorto che le rimesse dei migranti ai loro Paesi di origine ammontano a circa cinquecento miliardi di dollari l’anno e che il business su questi trasferimenti è gigantesco, dato che le commissioni bancarie sono particolarmente esose.
I migranti quindi non recidono affatto i rapporti con la madre patria, perciò non vi è nessuna invasione in atto. La condizione dei migranti deriva da uno sfruttamento finanziario; uno sfruttamento che andrebbe contrastato non con spettacolari blocchi di navi e con muri, ma con misure finanziarie. In altre parole, occorrerebbe colpire le lobby finanziarie che spingono alla migrazione allo scopo di ”banchizzare” le masse povere attraverso la spirale degli indebitamenti personali (i “migration loan”) e attraverso l’esigenza di trasferire i loro guadagni alle proprie famiglie e, ovviamente, ai creditori.
Il settimanale britannico, per evitare le commissioni troppo alte sulle rimesse dei migranti, propone ipocritamente maggiore concorrenza; come se fosse difficile per più banche fare accordi di cartello in barba alla concorrenza. L’unica vera soluzione sarebbe quella di istituire un monopolio pubblico delle rimesse, a costo zero per i migranti. Sarebbe una soluzione solidale che, al tempo stesso, spazzerebbe via completamente il business delle commissioni e quindi l’incentivo a spingere alla migrazione. Ottimi motivi per non attuare mai quella soluzione.

Quanto poi all’onnipotenza dei mercati, si tratta di una pura mistificazione. Qualche giorno fa un voto trasversale della Camera ha approvato l’ipotesi di pagare i fornitori della Pubblica Amministrazione, che sono da anni in attesa, con l’emissione di appositi titoli del Tesoro. La proposta è stata approvata inaspettatamente anche dai deputati del PD e di Più Europa, i quali quindi, di fronte ad una misura di buonsenso che allenterebbe la dipendenza dai “Mercati”, si sono rivelati, presi uno per uno, più benintenzionati del previsto.
Sennonché l’approvazione quasi unanime di quella misura ha immediatamente sollevato le ire del quotidiano confindustriale “Il Sole 24 ore” e la presa di distanza del Ministero dell’Economia. Di lì a poche ore, anche il PD ha fatto marcia indietro e parlato del suo voto favorevole come di un “errore”.
Si era messa quindi in moto la vera arma, l’autentica potenza, dei sedicenti “Mercati”: il lobbying, cioè i vari lobbisti camuffati da giornalisti, da economisti e da funzionari dello Stato. Il quotidiano “Il Sole 24 ore” ha infatti gridato allo scandalo di fronte alla prospettiva che i loro imprenditori siano pagati con “carta straccia”. Non si tratterebbe in realtà di carta straccia, visto che sarebbe considerata buona per pagarci le tasse. Il quotidiano ha anche paventato una procedura europea di infrazione per colpire questa trasgressione. Ma non ci si era detto che il vero problema non sono le procedure di infrazione ma i “Mercati” che non ci comprerebbero i titoli del Tesoro? E se si riesce a fare a meno dei “mercati”, dove sarebbe il male?

Nei giorni successivi altre testate giornalistiche ci sono andate anche più pesante del quotidiano confindustriale, disegnando i soliti scenari catastrofici nel caso la proposta passasse. In conclusione, nella conferenza stampa di lunedì scorso, chiaramente imbeccata da Mattarella, il Presidente del Consiglio Conte ha posto le premesse ideologiche per la crisi del governo. Il problema, secondo lui, sarebbe quello dei litigi tra Salvini e di Maio e delle loro esternazioni, come se di quelle schermaglie elettorali alla Commissione Europea ed ai sedicenti “mercati” gliene fregasse qualcosa.
Ma quella della “litigiosità” è sempre un'invitantissima esca da lanciare all’indignazione dell'opinione pubblica, che rimarrebbe così ignara sia del vero oggetto del contendere, sia del vero contesto istituzionale. Il governicchio Conte era stato infatti lasciato nascere per vivacchiare un po’ e poi lasciare il campo ai veri “competenti”. Non appena ci si è avvicinati a toccare gli interessi dei potentati, si annuncia la fine della ricreazione.
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Di comidad (del 13/06/2019 @ 00:08:57, in Commentario 2019, linkato 8603 volte)
Il ministro dello Sviluppo Economico, Luigi Di Maio, forse non ha apprezzato il colpo di fortuna che gli è capitato. Quando il governo francese ha chiesto una pausa di una settimana nella trattativa per la fusione di FCA e Renault, il presidente di FCA, John Elkann, ha invece interrotto clamorosamente la trattativa. Elkann non se ne frega nulla del governo italiano e quindi non si è reso conto del favore che gli stava facendo. In quella settimana di “pausa” chiesta dal governo francese, inevitabilmente Di Maio avrebbe finito per cedere alle pressioni che gli provenivano sia dall’esterno che dall’interno della maggioranza per inserire il governo italiano nella trattativa.
In tal modo il governo francese avrebbe avuto a disposizione un comodo capro espiatorio su cui scaricare il fallimento della trattativa. Ma Di Maio non ha avuto il tempo materiale per commettere quell’errore di ingenuità, perciò si è evitato di essere additato al ludibrio mediatico come colui che aveva fatto sfumare l’affare del secolo, mettendo sul lastrico migliaia di famiglie, eccetera. È vero che un Maurizio Landini ormai irriconoscibile continua tuttora a recriminare sull’assenza del governo nella trattativa, ma si tratta di stoccatine polemiche irrilevanti rispetto alle accuse che avrebbero potuto piovere su Di Maio. Tra l’altro Landini piange sul mancato accordo tra FCA e Renault come se fosse una iattura per i lavoratori: un’affermazione assolutamente non dimostrata e non dimostrabile in base ai dati effettivamente disponibili sull’affare; un’affermazione che dimostra semmai che per i sindacati confederali l’interesse delle multinazionali va identificato dogmaticamente con quello dei lavoratori.
La fortuna esiste, ma ciò non toglie che l’errore oggi evitato fortunosamente dal governo, non possa essere commesso domani. Per un Paese come l’Italia è infatti difficile comprendere i meccanismi della gerarchia internazionale, in base ai quali l’Italia non è considerata un interlocutore.
Tra la fine del 2011 e il 2013, l’allora Presidente del Consiglio, Mario Monti, si presentava alle trattative europee con un mirabolante curriculum personale di marca paramassonica: ex Commissario europeo, Rettore della Bocconi, presidente della Trilateral e persino membro dell’Atlantic Council, che è come dire il direttivo ideologico della NATO. Quanto a “credibilità”, Monti avrebbe dovuto rappresentare il massimo. Eppure anche Monti dovette subire l’umiliante esperienza di esser preso per i fondelli e di essere trattato come un accattone qualsiasi.

Non conta il tuo curriculum: se rappresenti l’Italia nei consessi internazionali non sei nessuno. Ciò rende piuttosto irrealistica la prospettiva di un Mario Draghi Presidente del Consiglio, a meno che Draghi non divenga improvvisamente un masochista.
L’attuale governo italiano è costantemente nel mirino della Commissione Europea. Ma in quel mirino erano stati anche Gentiloni, Renzi, Letta, Monti ed il Buffone di Arcore. Se oggi in Italia alla guida del governo vi fosse Carlo Cottarelli, la sua sorte non sarebbe diversa. L’unica differenza sarebbe probabilmente che Cottarelli accoglierebbe il commissariamento dell’Italia con oscene urla di gioia.
I sostenitori storici della necessità di una “credibilità internazionale” dell’Italia, tra cui la sedicente “sinistra”, non riescono quindi a comprendere che i meccanismi della gerarchia non prevedono e non considerano in alcun modo la categoria della credibilità.
Che credibilità possono accampare gli USA o il Regno Unito o la Francia o la Germania? Non si possono enumerare le volte in cui i governi di questi Paesi hanno mancato ai patti. La “credibilità” è merce avariata per Paesi deboli e al fondo della scala gerarchica. Ma gli stessi deboli non dovrebbero sapere che farsene della credibilità, dato che qualsiasi impegno sia stato rispettato in passato sarà resettato dalla memoria, mentre conteranno solo gli impegni futuri. Mentre gli europeisti “credibilisti” vivono nella dimensione infantile del “se farò il bravo, la mamma mi vorrà bene”, i “sovranisti” sono giunti alla fase adolescenziale, pensando di farsi rispettare con qualche sussulto viriloide; persiste però l’illusione di poter fare una vera trattativa con una controparte che invece non ti considera un possibile interlocutore ma solo un bersaglio del mobbing internazionale.

Di fatto vediamo anche il governo “sovranista” impegnato in estenuanti trattative con la Commissione Europea, il cui esito sarà irrilevante, perché comunque sono già pronte altre letterine per contestare altre infrazioni. Vediamo oggi il Presidente del Consiglio Conte e il Governatore della Banca d’Italia Visco esortare Salvini e di Maio al silenzio per non allarmare i cosiddetti “Mercati”, quando i “Mercati” non sanno neppure chi siano Di Maio e Salvini. Tanto è vero che, nonostante Di Maio e Salvini, nonostante le procedure di infrazione annunciate, lo spread è improvvisamente calato e solo perché la BCE ha comunicato che continueranno le pratiche di “quantitative easing”, cioè l’inondazione di liquidità a sostegno delle banche e, indirettamente, dei debiti pubblici che queste banche acquistano. Si tratta di quei tipici meccanismi di welfare per ricchi spacciati come aiuti all’intera economia. Tutto ciò era stato già descritto sarcasticamente dall’economista John Kenneth Galbraith: quando il bestiame mangia di più, produce più letame e quindi anche le mosche indirettamente se ne avvantaggiano.
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


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