Il ministro dello Sviluppo Economico, Luigi Di Maio, forse non ha apprezzato
il colpo di fortuna che gli è capitato. Quando il governo francese ha chiesto una pausa di una settimana nella trattativa per la fusione di FCA e Renault, il presidente di FCA, John Elkann, ha invece interrotto clamorosamente la trattativa. Elkann non se ne frega nulla del governo italiano e quindi non si è reso conto del favore che gli stava facendo. In quella settimana di “pausa” chiesta dal governo francese, inevitabilmente Di Maio avrebbe finito per cedere alle pressioni che gli provenivano sia dall’esterno che dall’interno della maggioranza per inserire il governo italiano nella trattativa.
In tal modo il governo francese avrebbe avuto a disposizione un comodo capro espiatorio su cui scaricare il fallimento della trattativa. Ma Di Maio non ha avuto il tempo materiale per commettere quell’errore di ingenuità, perciò si è evitato di essere additato al ludibrio mediatico come colui che aveva fatto sfumare l’affare del secolo, mettendo sul lastrico migliaia di famiglie, eccetera. È vero che un Maurizio Landini ormai irriconoscibile continua tuttora a recriminare sull’assenza del governo nella trattativa, ma si tratta di stoccatine polemiche irrilevanti rispetto alle accuse che avrebbero potuto piovere su Di Maio. Tra l’altro Landini piange sul mancato accordo tra FCA e Renault come se fosse una iattura per i lavoratori: un’affermazione assolutamente non dimostrata e non dimostrabile in base ai dati effettivamente disponibili sull’affare; un’affermazione che dimostra semmai che per i sindacati confederali l’interesse delle multinazionali va identificato dogmaticamente con quello dei lavoratori.
La fortuna esiste, ma ciò non toglie che l’errore oggi evitato fortunosamente dal governo, non possa essere commesso domani. Per un Paese come l’Italia è infatti difficile comprendere i meccanismi della gerarchia internazionale, in base ai quali l’Italia non è considerata un interlocutore.
Tra la fine del 2011 e il 2013, l’allora Presidente del Consiglio, Mario Monti, si presentava alle trattative europee con un mirabolante curriculum personale di marca paramassonica: ex Commissario europeo, Rettore della Bocconi, presidente della Trilateral e persino membro dell’Atlantic Council, che è come dire il direttivo ideologico della NATO. Quanto a “credibilità”, Monti avrebbe dovuto rappresentare il massimo. Eppure anche Monti dovette subire l’umiliante esperienza di esser preso per i fondelli e di essere trattato come un accattone qualsiasi.
Non conta il tuo curriculum: se rappresenti l’Italia nei consessi internazionali non sei nessuno. Ciò rende piuttosto irrealistica la prospettiva di un Mario Draghi Presidente del Consiglio, a meno che Draghi non divenga improvvisamente un masochista.
L’attuale governo italiano è costantemente nel mirino della Commissione Europea. Ma in quel mirino erano stati anche Gentiloni, Renzi, Letta, Monti ed il Buffone di Arcore. Se oggi in Italia alla guida del governo vi fosse Carlo Cottarelli, la sua sorte non sarebbe diversa. L’unica differenza sarebbe probabilmente che Cottarelli accoglierebbe il commissariamento dell’Italia con oscene urla di gioia.
I sostenitori storici della necessità di una “credibilità internazionale” dell’Italia, tra cui la sedicente “sinistra”, non riescono quindi a comprendere che i meccanismi della gerarchia non prevedono e non considerano in alcun modo la categoria della credibilità.
Che credibilità possono accampare gli USA o il Regno Unito o la Francia o la Germania? Non si possono enumerare le volte in cui i governi di questi Paesi hanno mancato ai patti. La “credibilità” è merce avariata per Paesi deboli e al fondo della scala gerarchica. Ma gli stessi deboli non dovrebbero sapere che farsene della credibilità, dato che qualsiasi impegno sia stato rispettato in passato sarà resettato dalla memoria, mentre conteranno solo gli impegni futuri. Mentre gli europeisti “credibilisti” vivono nella dimensione infantile del “se farò il bravo, la mamma mi vorrà bene”, i “sovranisti” sono giunti alla fase adolescenziale, pensando di farsi rispettare con qualche sussulto viriloide; persiste però l’illusione di poter fare una vera trattativa con una controparte che invece non ti considera un possibile interlocutore ma solo un bersaglio del mobbing internazionale.
Di fatto vediamo anche il governo “sovranista” impegnato in estenuanti trattative con la Commissione Europea, il cui esito sarà irrilevante, perché comunque sono già pronte altre letterine per contestare altre infrazioni. Vediamo oggi il Presidente del Consiglio Conte e il Governatore della Banca d’Italia Visco esortare Salvini e di Maio al silenzio per non allarmare i cosiddetti “Mercati”, quando i “Mercati” non sanno neppure chi siano Di Maio e Salvini. Tanto è vero che, nonostante Di Maio e Salvini, nonostante le procedure di infrazione annunciate,
lo spread è improvvisamente calato e solo perché la BCE ha comunicato che continueranno le pratiche di “quantitative easing”, cioè l’inondazione di liquidità a sostegno delle banche e, indirettamente, dei debiti pubblici che queste banche acquistano. Si tratta di quei tipici meccanismi di welfare per ricchi spacciati come aiuti all’intera economia. Tutto ciò era stato già descritto sarcasticamente dall’economista John Kenneth Galbraith: quando il bestiame mangia di più, produce più letame e quindi anche le mosche indirettamente se ne avvantaggiano.