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"Propaganda e guerra psicologica sono concetti distinti, anche se non separabili. La funzione della guerra psicologica è di far crollare il morale del nemico, provocargli uno stato confusionale tale da abbassare le sue difese e la sua volontà di resistenza all’aggressione. La guerra psicologica ha raggiunto il suo scopo, quando l’aggressore viene percepito come un salvatore."

Comidad (2009)
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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.

Di comidad (del 31/01/2006 @ 00:00:00, in Documenti, linkato 2699 volte)

"METAFISICA La scienza prima cioè la scienza che ha come proprio oggetto l'oggetto comune di tutte le altre e come proprio principio un principio che condiziona la validità di tutti gli altri."
Nicola Abbagnano Dizionario di Filosofia


Con la sua polemica contro il relativismo, Ratzinger non ha scoperto nulla di nuovo. La disputa metafisica ha sempre fatto parte della propaganda politica, diventando persino un genere popolare.

Mussolini, ad esempio, amava disputare di metafisica nei propri interventi, anche se, a differenza di Ratzinger, egli prediligeva proprio il relativismo. Così scriveva Mussolini sul "Popolo d'Italia" del 23 novembre 1921:

"Se relativismo e mobilismo universale si equivalgono, noi fascisti che abbiamo sempre manifestato la nostra spregiudicata strafottenza davanti ai nominalismi sui quali s'inchiodano - come pipistrelli alle travi - i bigotti degli altri partiti; noi che abbiamo avuto il coraggio di mandare in frantumi tutte le categorie politiche tradizionali e di dirci a volta a volta: aristocratici e democratici, rivoluzionari e reazionari, pacifisti ed antipacifisti - noi siamo i relativisti per eccellenza e la nostra azione si richiama direttamente ai più attuali movimenti dello spirito europeo."

Mussolini rivendicava anche il ruolo di antidogmatico. Alla riunione della direzione del Partito Socialista Italiano, riunitasi il 20 ottobre 1914, Mussolini propose questo ordine del giorno:

"La direzione del Partito socialista italiano, pur riaffermando la sua opposizione di principio alla guerra, ritiene per vario ordine di ragioni prospettate in questi giorni sull' 'Avanti' che la formula della neutralità assoluta sia divenuta troppo impegnativa e dogmatica davanti ad una situazione internazionale sempre più complessa ed irta d'incognite preoccupanti. Si riserva perciò di determinare e coordinare nell'eventualità di una guerra l'azione futura del Partito a seconda degli avvenimenti."

Così, mentre i socialisti "dogmatici" gli domandavano chi gli pagasse il suo nuovo giornale, il "Popolo d'Italia", Mussolini, invece di rispondere, si atteggiava ad eretico incompreso e perseguitato.

È quindi un po' ingenua la posizione di chi ritenga che, nella disputa tra verità assoluta e relativismo, quest'ultimo rappresenti una premessa di tolleranza e di comprensione reciproca.

Nelle dispute metafisiche, il Potere tiene ben saldi in pugno ambedue i corni del dilemma.

Ratzinger interpreta un ruolo, un gioco delle parti: condannando il relativismo, simultaneamente lo legittima come contraltare culturale, ma non è il caso di cascarci.

Non è un gioco di parole, ma un dato di fatto, che il Potere tenda a ridiventare assoluto utilizzando anche il relativismo nella sua propaganda.

Locke e Montesquieu avevano teorizzato e sostenuto la pratica di moderare il Potere attraverso un sistema di contrappesi, procedure e garanzie. Karl Shmitt ha però dimostrato che il Potere può ridiventare assoluto semplicemente invocando lo stato di eccezionalità. Lo Stato di Diritto e le sue regole, possono essere liquidati non nel principio, ma transitoriamente, in nome dell'emergenza, un'emergenza che però può diventare permanente, come avviene attualmente con l'emergenza/terrorismo.

Un'emergenza permanente è un "nonsense", cosi come lo è la "guerra umanitaria", d'altro canto i "nonsense" rappresentano un elemento essenziale nella propaganda del Potere per legittimarsi.

Mussolini ha dimostrato che nella guerra come nella politica - e i due termini sono pressoché sinonimi -, la confusione è un'arma; un'arma che si può combinare con la violenza, potenziandone le condizioni e gli effetti.

Mussolini proponeva ai socialisti di rimanere contro la guerra nel principio, ma di relativizzare quel principio, aderendo alla guerra caso per caso "davanti ad una situazione internazionale sempre più complessa ed irta d'incognite"; la complessità può esser vista anch'essa come un'emergenza e, come tale, può giustificare l'eccezione, che diviene la nuova regola.

Lo stesso espediente viene adoperato oggi nel movimento anarchico, dove non ci viene proposta un'adesione all'elettoralismo tout court, ma soltanto di andare a votare "stavolta", cioè praticamente ogni volta.

Visto che l'emergenza giustifica di fatto qualsiasi deroga dai princìpi, oggi Locke e Montesquieu dovrebbero ammettere che il vero contrappeso - la vera garanzia - contro il Potere, è costituito proprio dal sospetto verso le emergenze e dalla demistificazione dei "nonsense" propagandistici su cui vengono fondate.

Ancora una volta, qui non occorre entrare in dispute metafisiche, non si tratta di smascherare il nonsenso in nome del razionalismo o del primato della ragione, bensì semplicemente di contrastare gli abusi perpetrati all'ombra del nonsenso propagandistico, ovviamente se li si vuole contrastare.

Il "se" non ha un carattere polemico, ma si riferisce ad un abito ideologico ben preciso: si può essere oppositori - e persino anarchici - nel principio, ma sostenere le ragioni del Potere caso per caso; tutto ciò senza mai sentirsi in contraddizione, anzi, vedendo in ogni obiezione a riguardo una sorta di aggressione.

Il problema non è di esprimersi sulla validità della metafisica come scienza, e neppure di sostenere che la metafisica sia un prodotto del Potere, ma soltanto di mettere in evidenza l'uso che il Potere ne fa.

Uno dei miti della scienza politica è che il potere politico sia basato su un forte principio fondante: la sovranità; sia che si tratti della sovranità del monarca per grazia di Dio o della sovranità popolare. Ma questa è appunto la metafisica del Potere, mentre l'esperienza ci indica che il Potere procede per giustificazioni occasionali ed a posteriori del fatto compiuto.

Se si prende uno dei più famosi - e meno letti per intero - documenti della Storia, la Dichiarazione d'indipendenza degli Stati Uniti d'America del 1776, ci si accorge di questa pretestuosità ed occasionalità di motivazioni, sebbene avvolte in un abile velo propagandistico creato dalla penna di Thomas Jefferson.

Anzitutto, la Dichiarazione è un plagio, ricalca la Dichiarazione d'Indipendenza delle Province Unite Olandesi del 1581. Non ci sarebbe nulla di male se la situazione fosse stata analoga, ma, in effetti, gli Olandesi si separavano dal re di Spagna, non dalla loro Madre Patria, perciò per loro la tirannia del re poteva costituire il motivo per rompere il patto che li legava. Non così per i coloni americani, i quali, per giustificare il fatto compiuto, dovettero far ricorso alla situazione di eccezionalità creata dalle angherie del re d'Inghilterra, ritratto come un criminale, e dal terrorismo di quelli che chiamano i "crudeli selvaggi indiani".

Quindi, ad analizzarla nella sua interezza, senza fermarsi alle suggestive frasi iniziali, la Dichiarazione redatta da Jefferson si rivela per quello che è: un efficace saggio di emergenzialismo e di criminalizzazione degli avversari, applicati a legittimare il fatto compiuto.

L'emergenzialismo ha un andamento tossicologico, richiede dosi sempre più massicce per funzionare, come una droga. La propaganda statunitense non si limita ad applicare la ricetta dell'emergenza e della criminalizzazione degli avversari solo alla politica estera, ma anche all'interno.

Attualmente, i cosiddetti "Neocons" statunitensi sono soliti dipingere i loro avversari democratici come una minaccia per la sopravvivenza della Nazione. Clinton è stato dipinto come un imbelle pacifista, che avrebbe messo a rischio la sicurezza nazionale; eppure, in base alle tonnellate di bombe sganciate ed alle condanne a morte avallate, Clinton è sicuramente fra gli uomini di Stato più sanguinari della Storia.

Spesso in Italia ci si lamenta del fatto che maggioranza ed opposizione si delegittimano e criminalizzano reciprocamente, e si indicano come modello positivo le democrazie più mature. Ma è proprio la democrazia/modello - gli Stati Uniti - ad imporre alla comunicazione politica questo tono esasperato. Ciò è dovuto al fatto che la legittimazione di una parte politica avviene soltanto in base alla delegittimazione della controparte. La legittimità, cioè, è un vuoto che viene riempito unicamente con riferimenti negativi.

Quando si è cercato di sostanziare meglio il concetto di legittimità, i risultati sono stati anche più disastrosi. Norberto Bobbio ha fatto riferimento al "consenso della maggioranza", il che è una pura tautologia: affermare che il Potere si fonda sul consenso, equivale a dire semplicemente che il Potere esiste, poiché è funzione prioritaria del Potere estorcere consenso.

Alla metafisica del Potere corrisponde oggi anche un anarchismo metafisico. La tendenza oggi egemonica nel movimento anarchico - gli anarco-occidentalisti - lavora in funzione del concetto di sovranità, proponendo in alternativa una sovranità individuale, oppure una sovranità che cerca la sua legittimità nel riferimento al territorio. L' "autogoverno territoriale" è l'ultimo prodotto di questa ricerca metafisica, anche se ripropone temi già avanzati una decina di anni fa con il cosiddetto municipalismo libertario.

Chi ragiona in termini metafisici, non concepisce che altri possano non fare altrettanto, perciò ogni critica viene interpretata, e fraintesa, come se si trattasse di una scomunica, piuttosto che di un tentativo di ricondurre la discussione ad un terreno meno vago.

L'anarchismo non necessita di richiamarsi ad un principio fondante, perciò quando si parla di princìpi anarchici ci si dovrebbe riferire a degli strumenti.

Ad esempio, il comunismo non ha bisogno di riferirsi ad un primato della collettività sul singolo e, tantomeno, ad un ruolo salvifico e dirigente della classe operaia, anzi tali concezioni determinano soltanto un disturbo della comprensione e dell'azione. I grandi mezzi di produzione sono sempre creati ed alimentati dalla spesa pubblica, perciò la proprietà privata di questi mezzi costituisce una mistificazione sociale. Persino le ristrutturazioni e i licenziamenti sono possibili solo grazie alle sovvenzioni dello Stato.

Non a caso, durante la rivoluzione russa gli anarchici si opposero sempre alla collettivizzazione forzata dell'agricoltura, proposta da Trotsky e dapprima respinta e poi attuata da Stalin. La rivolta di Kronstadt, soffocata da Trotsky, aveva ben chiaro che laddove non vi siano grandi mezzi di produzione, il comunismo è una forzatura, perciò vanno cercate forme di mediazione tra il comunismo industriale ed altre forme produttive.

Anche l'ateismo anarchico, non va inteso come un "Credo" sull'inesistenza di Dio, ma si basa sull'osservazione che, a livello sociale, Dio non è altro che la giustificazione mitologica di gerarchie fra esseri umani.

Non è neppure necessario identificare l'anarchismo con la libertà, ma si può individuarlo in una concreta prassi antidiscriminatoria che smaschera ed ostacola tutti i rituali di esclusione.

In altri termini, l'anarchismo metafisico inibisce la funzione demistificatoria dell'anarchismo, non consentendo non soltanto una rivoluzione sociale, ma neppure di porre dei limiti alle prevaricazioni del Potere.

Comidad, gennaio 2006

 
Di comidad (del 30/05/2006 @ 00:00:00, in Documenti, linkato 1992 volte)

Un articolo di Francesco Berti su "A- rivista anarchica" n. 314 ripropone all'attenzione il tema dello storico legame tra il colonialismo anglosassone e la massoneria di osservanza inglese. Nell'articolo - che ha un titolo molto capzioso : "La storia non è una cospirazione" - Berti svolge in parallelo le tesi della superiorità anglosassone e dell'assoluzione della massoneria dall'accusa di cospirazione. Berti adotta un artificio retorico molto semplice ma sempre efficace: si parte da una mezza verità per rovesciarla in affermazioni completamente false. È evidente, infatti, che la Storia non è una cospirazione, però è altrettanto evidente che anche le cospirazioni sono una componente della Storia.

Un altro artificio retorico è quello di trarre conseguenze generali ed assolute da un elemento da cui era lecito trarre soltanto conseguenze particolari. La storia dei famosi "Protocolli dei Sette Savi di Sion" è in questo senso esemplare. Nei primi decenni del '900, i "Protocolli" sono stati utilizzati come "prova" dell'esistenza di un complotto internazionale ebraico. L'autenticità dei protocolli fu sostenuta persino dal prestigioso "Times" di Londra, in un articolo del 1920.

Uno dei maggiori industriali del mondo, Henry Ford - che era anche uno dei maggiori esponenti della massoneria americana - sostenne questa tesi in un suo pamphlet, anch'esso del 1920, che divenne un best-seller: "L'Ebreo Internazionale", "The international jew", un testo che fu una bibbia per tutti gli antisemiti del tempo, Hitler compreso.

Un'analisi linguistica e filologica dei "Protocolli" ne ha successivamente dimostrato la falsità, e ciò è stato poi utilizzato per screditare ogni ipotesi di complotto. È chiaro, però, che se i "Protocolli" sono un falso, qualcuno deve aver dovuto costruire e diffondere questo falso, perciò c'è stato non un complotto ebraico, ma un complotto antiebraico.

Anche Berti richiama lo slogan del complotto "giudo-pluto-massonico" per gettare un sospetto di antisemitismo nei confronti di chiunque sospetti della massoneria. Berti compie, però, una forzatura dei dati storici: è vero che molti ebrei hanno fatto parte della massoneria (agli inizi del '900 il Gran Maestro della massoneria italiana era un ebreo, Nathan, che divenne anche sindaco di Roma); d'altra parte, è anche vero che alle campagne antiebraiche hanno partecipato parte degli importanti esponenti della massoneria, come dimostra il caso di Henry Ford.

Certamente la massoneria non è mai stata un soggetto politico autonomo, e neppure essa ha mai posseduto una precisa connotazione ideologica. Spesso la si è associata all'antifascismo, dato che dopo il 1925 Mussolini cominciò a perseguitarla; ma sino al 1925, tutte e due le massonerie - sia quella anglofila che quella francofila - erano state tra i principali alleati dello stesso Mussolini, fornendogli uomini e mezzi. La stessa OVRA, la polizia segreta fascista, si era potuta costituire grazie ai contatti massonici internazionali dello scrittore Curzio Malaparte.

Malaparte, secondo quanto scrive Berneri nell'opuscolo "Lo spionaggio Fascista all'estero", era già attivo a Parigi dal 1924, insieme a Dumini, il futuro assassino di Matteotti.

La massoneria è stata identificata con il liberalismo, ma fu proprio il più grande filosofo del liberalismo italiano a chiederne addirittura la messa fuori legge decenni prima che ci pensasse il Duce e, a tal riguardo, sostenne una pacata polemica proprio con Nathan. Croce riteneva infatti che la massoneria annullasse nel segreto delle logge quella separazione tra i poteri che dovrebbe essere alla base dello Stato liberale.

La massoneria è stata anche identificata con l'anticlericalismo, ma persino questo luogo comune riceve molte smentite storiche. Molti uomini del Risorgimento italiano furono massoni anglofili ed anticlericali, come il Gran Maestro della massoneria Giuseppe Garibaldi. Dopo l'unità d'Italia, però, molti preti fecero parte della massoneria anglofila. Questa voce corse anche a proposito di Don Luigi Sturzo, il fondatore del Partito Popolare, e un indizio a riguardo è fornito dal fatto che quando il prete siciliano fu costretto all'esilio dal regime fascista, egli non trovò asilo e protezione in paesi cattolici, bensì in Inghilterra e negli Stati Uniti.

In realtà la massoneria anglofila fu anticlericale finché il Vaticano era un avversario politico della Gran Bretagna, ma la stessa massoneria depose gli accenti anticlericali quando risultò utile al governo inglese allearsi con i cattolici italiani per ostacolare il filotedesco Giolitti.

Come si vede, la massoneria non è un soggetto politico autonomo, ma uno strumento del colonialismo britannico, prima e di quello statunitense poi. Le logge massoniche arrivarono in Sicilia nei primissimi anni dell'800, quando i Borbone erano sotto la protezione dell'ammiraglio Nelson ed erano stati cacciati da Napoli a causa della rivoluzione giacobina e francofila. Quando i Borbone tornarono a Napoli e la Reale Marina britannica sembrò essersene andata , le logge anglofile rimasero in Sicilia diventando uno strumento di penetrazione dei servizi segreti inglesi.

Come si sa, dopo averli rimessi sul trono di Napoli, il governo inglese cambiò radicalmente idea sui Borbone. Ferdinando I e Ferdinando II erano descritti dalla propaganda britannica con toni ed accenti simili a quelli che la propaganda statunitense ha adoperato nei confronti di Saddam Hussein quando anche lui è decaduto dallo status di alleato a quello di nemico dell'umanità, cioè degli Stati Uniti.

Quando Garibaldi nel 1860, grazie all'aiuto della Reale Marina Britannica, riuscì a sbarcare in Sicilia, poté utilizzarvi anche tutto il lavoro svolto per decenni dalle logge massoniche anglofile, cioè, in definitiva, dai servizi segreti britannici.

La regione con il maggior numero di logge è la Toscana, scelta da secoli dalle oligarchie inglese e americana come sede di villeggiatura. In questo ambito la massoneria è divenuta uno stile di vita per i ceti medio alti, ammessi alle corte di aristocrazie straniere attraverso le logge da loro fondate. La Toscana, non a caso, produce la maggioranza della alta burocrazia finanziaria della Banca d'Italia e della componente italiana del Fondo Monetario Internazionale (o come cavolo si chiami adesso).

La loggia massonica costituisce per un servizio segreto lo strumento ideale, perché consente di aggirare moltissime resistenze. Se si va da qualcuno a proporgli brutalmente di tradire il proprio Paese facendo da agente o sub agente di un servizio segreto straniero, costui, con ogni probabilità tenderà più a rifiutare che ad accettare. Ma se gli propone di aderire ad una loggia dove si sentirà protetto ed avrà la possibilità di incontrare persone importanti, allora la proposta sarà molto più allettante. In questo contesto, si riceveranno dei favori, anche senza chiederli, salvo doverli poi restituire.

Vista l'efficacia delle logge massoniche come strumento di infiltrazione colonialistica, anche i servizi segreti francesi costituirono le loro logge, sino a formalizzare una scissione dalla loggia madre inglese. La massoneria francofila ammetteva al suo interno anche gli atei, cosa che permise l'adesione di molti socialisti, sindacalisti rivoluzionari ed anche anarchici. La storia dell'interventismo "rivoluzionario" di origine massonica del 1915 è ampiamente trattata negli articoli di Camillo Berneri ed Armando Borghi, raccolti dallo stesso Borghi nell'opuscolo "Contro gli intrighi massonici nel campo rivoluzionario, che è stato ripubblicato dall'Archivio Berneri poco più di venti anni fa (nello stesso opuscolo si possono trovare le notizie fornite da Berneri sull'attività massonica di Curzio Malaparte).

Ma la massoneria per eccellenza rimane senza dubbio quella anglofila, che, come abbiamo visto, ha cambiato spesso i suoi contenuti, ma sempre con un'unica costante: il mito della superiorità razziale degli anglosassoni. La fittizia categoria di "Occidente" - non a caso di origine massonica - è funzionale a questo mito, rappresenta un'area generica in cui i cultori della superiorità anglosassone, anche se di razza inferiore, possono partecipare della grandezza dei loro idoli.

In definitiva, se da un lato la massoneria non è un soggetto politico in grado di agire autonomamente, essa è comunque funzionale all'offensiva colonialistica di alcune potenze. Affermare, come fa anche Karl Popper, che la Storia non sia spiegabile con i complotti, significa dire un'ovvietà, ma strumentalizzare questa ovvietà per sostenere che le cospirazioni non esistano affatto, ha come inevitabile corollario quella di avallare le cospirazioni, che si possono esercitare soltanto se si esclude la possibilità della loro esistenza.

Berti, per suffragare la sua posizione, ricorre appunto all'autorità di Karl Popper, notoriamente avverso a quella che egli chiama la "teoria del complotto". D'altra parte, la mancanza di serietà argomentativa di Popper è divenuta proverbiale. Molti si ricorderanno di quando Popper, per confutare la psicoanalisi di Freud, ricorre all'aneddoto di una presunta conversazione avuta con Adler. A parte l'abisso che c'è fra Adler e Freud, con la conseguente assurdità di ricorrere alle teorie dell'uno per confutare quelle dell'altro, c'è anche da rilevare che le frasi riportate da Popper non corrispondono neppure a ciò che si conosce del pensiero dello stesso Adler.

Allo stesso modo, Popper non confuta la cosiddetta "teoria del complotto", ma si abbandona ad una sorta di affermazione fideistica, per la quale i complotti non esistono e, quando pure esistessero, non funzionerebbero. Popper, quindi, ricorre ad una affermazione pregiudiziale per confutare un'altra presunta posizione pregiudiziale. Certo, esiste anche una letteratura complottistica di puro intrattenimento (pensiamo a David Icke), basata su presunte presenze aliene nella Storia, ma questi casi estremi si screditano da soli, proprio perché pretendono di spiegare troppo, segnalando così di appartenere ad un genere narrativo più che saggistico.

Ciò di cui Popper non tiene conto è che come esiste un ragionevole dubbio, può esistere anche un ragionevole sospetto, che faccia riferimento al calcolo delle probabilità. Se tirando ai dadi, per cinque volte consecutive esce il sei, allora è ragionevole supporre che i dadi siano truccati e, perciò, chiedere che siano controllati nasce da un legittimo sospetto, non da "cultura del sospetto" o da "dietrologia".

Berti se la prende con il noto film basato sulla vicenda di Mozart e Salieri, segnalandolo come esempio di mania dei complotti. Guido Barroero, in una sua lettera pubblicata su "A-rivista" n.316, ha agevolmente dimostrato che Berti non ha proprio visto il film. Noi, invece, prenderemo ad esempio un altro musicista, scomparso in stato di indigenza qualche anno fa, che certamente non era un Mozart, ma era comunque uno dei migliori artisti di musica leggera del mondo: Umberto Bindi.

Ostracizzato per anni dalla RAI, Bindi si guadagnava da vivere esibendosi in serate davanti ad un pubblico di suoi vecchi ammiratori. Ebbene, la RAI, che sembrava aver ignorato Bindi per decenni, trovò il modo di mandare ad una di queste serate una troupe ed un giornalista solo per ridicolizzare lui ed il suo pubblico. Una coincidenza? È possibile, ma non è probabile. Esiste un ragionevole sospetto che vi sia stata una persecuzione verso questo artista. In questa eventuale persecuzione c'entrava forse la sua omosessualità? Non lo sappiamo e probabilmente non lo sapremo mai. Del resto, sta qui la differenza tra il complottismo come genere narrativo ed un ragionevole sospetto, dato che quest'ultimo non pretende di spiegare tutto, tende a anzi a delimitare i termini del proprio sospetto.

In questo senso, quando Berti si domanda perché la grande crisi economica successiva al 1929 ha prodotto il nazismo in Germania e non negli Stati Uniti, la conclusione implicita può essere opposta alla sua, che è quella di sottintendere che la democrazia americana sarebbe immune da gravi pericoli di involuzione totalitaria. Se si tiene conto di quanto le grandi multinazionali statunitensi - dalla Ford, alla General Motors, alla IBM - hanno sostenuto Hitler, sussistono i termini di un ragionevole sospetto che nell' affermazione del nazismo in Germania abbia avuto il suo peso l'ingerenza coloniale statunitense. Il nazismo, quindi, può essere anche letto non come un sistema politico astratto che si può affermare in contesti di crisi, ma come l'effetto di una specifica ingerenza colonialistica.

Che poi i colonizzati possano essere eletti a nemici giurati, è una vicenda anch'essa soggetta a ricorrenza nel colonialismo angloamericano, come i casi citati dei Borbone e di Saddam Hussein possono confermare.

Comidad, maggio 2006

 
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


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