Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
È significativo che sia la Slovenia a presiedere l'unione
Europea nel periodo in cui occorrerà discutere dell'indipendenza
del Kosovo, poiché risulta del tutto logico e coerente che sia
la presidenza di uno Stato- fantoccio ad occuparsi della nascita di un
altro Stato-fantoccio.
Per la precisione, la Slovenia possiede almeno una sua base etnica e
linguistica per fare da pezza d'appoggio alla sua cosiddetta
indipendenza, mentre il Kosovo nasce in tutto e per tutto come una
creatura artificiale della NATO. Il Kosovo è infatti un
territorio tradizionale della Serbia che nel 1999 è stato
strappato dalla NATO ai suoi originari abitanti in nome di una
minoranza di immigrati che peraltro non è mai stata interpellata
in quanto tale, ma solo tramite una rappresentanza composta da
criminali comuni, a sua volta organizzata dalla stessa NATO. Dal punto
di vista etnico, l'attuale Kosovo si configura dunque come un inutile
doppione dell'Albania, cosa che ridicolizza le posizioni di coloro che
quindici anni fa parlarono di "risveglio etnico" a proposito della
destabilizzazione della Jugoslavia; una destabilizzazione operata in
realtà dal colonialismo della Germania e poi, soprattutto,
degli Stati Uniti. Il nuovo Kosovo sarà inoltre uno Stato a
maggioranza islamica, il che non preoccupa affatto la NATO, ciò
ad ulteriore dimostrazione della inconsistenza e pretestuosità
della propaganda sullo "scontro di civiltà" e sul "pericolo
islamico".
La pletora di staterelli-fantoccio nati dalla ex Jugoslavia - Slovenia,
Croazia, Bosnia, Montenegro, Macedonia, ora il Kosovo - non ha altra
risorsa economica che fare da base d'appoggio per le operazioni
illegali delle multinazionali, di cui la NATO non è solo il
braccio armato, ma anche una attiva e diretta centrale affaristica. Del
Kosovo si tende oggi a parlare il meno possibile, poiché la sua
stessa esistenza pone ormai domande e dubbi imbarazzanti che si
preferisce rimuovere.
Il problema è che quella che Bush chiamava con disprezzo la
"vecchia Europa", oggi deve confrontarsi con Stati nuovi membri
dell'Unione Europea che non sono dei semplici subordinati degli Stati
Uniti- come del resto è anche la "vecchia Europa" - ma delle
finzioni giuridiche che coprono veri e propri territori d'oltremare
degli USA, come Portorico.
Non si tratta solo dei Paesi della ex Jugoslavia, ma anche di Stati una
volta satelliti della Russia, come l'Ucraina, la Polonia, l'Ungheria,
ecc. È inevitabile che una tale situazione di accerchiamento da
parte degli Stati Uniti abbia anche riflessi interni per Paesi come la
Francia, la Germania o l'Italia, particolarmente per questi ultimi due,
che sono quelli che al loro interno hanno più basi NATO. L'unico
Paese che non ha basi americane sul suo territorio ed anche una
sufficiente potenza militare per opporsi, la Francia, ha espresso come
leadership il personaggio di Sarkozy, che sembra uscito da una farsa di
Georges Feydeau.
Mentre negli Stati Uniti si svolgono le cosiddette elezioni
primarie, in Europa molti commentatori sembrano in attesa di un
successore di Bush che possa mettere da parte gli aspetti più
aggressivi ed "unilaterali" della politica di quest'ultimo. In
realtà proprio la vicenda della Jugoslavia dimostra che
l'attuale politica di Bush non è altro che la continuazione di
quella di Clinton, che è stato colui che ha avviato una vera e
propria espugnazione militare del territorio europeo. C'è
un'oggettiva continuità fra Clinton e Bush, che tutte le
polemiche sul presunto "unilateralismo" di Bush non riescono a smentire.
Quella dell'unilateralismo è stata infatti un'apparenza che
è rimasta circoscritta alla questione dell'aggressione all'Iraq,
in cui gli USA hanno sì agito da soli, ma solo dopo che la
Francia e la Germania avevano convinto Saddam Hussein a disarmare con
la promessa di una revoca delle sanzioni economiche. A quel punto
Francia e Germania non avevano altra scelta che dichiararsi
ufficialmente in dissenso nei confronti di Bush, per non dichiarare
sfacciatamente di avergli spianato la strada per l'occupazione
dell'Iraq.
Quindi il colonialismo statunitense si è sempre avvalso, e
continua ad avvalersi, della attiva collaborazione dei suoi
colonizzati, in particolare di quelli europei.
14 febbraio 2008
Il tema dell'aborto arriva in campagna elettorale e già si
è allestita la solita rappresentazione di alternative astratte
da talk show: "sacralità della vita" da un lato e
"libertà di scelta" dall'altro. In realtà, l'unica
alternativa davvero concreta riguarda da una parte l'aborto
pubblicamente assistito - che consente anche di prevenire gli aborti e
ridurli - e, dall'altra parte, un aborto lasciato in preda
all'affarismo privato, il quale ha tutto l'interesse a tenere il numero
degli aborti il più alto possibile. Questo è il motivo
per cui anche molte persone sinceramente contrarie all'aborto,
difendono l'attuale legge 194, proprio perché temono l'invasione
dell'affarismo su questo versante.
Il problema è che oggi il business dell'aborto si presenta in
termini molto diversi rispetto a quarant'anni fa: non è
più un affare di "cucchiai d'oro" cattofascisti, o di cliniche
svizzere, o di pionieri "progressisti" del metodo Karman. Le nuove
biotecnologie hanno trasformato gli embrioni e i feti, da scarto
biologico che erano una volta, in una materia prima indispensabile per
le multinazionali farmaceutiche. Mettere le mani su questa materia
prima è da almeno vent'anni per le multinazionali farmaceutiche
un imperativo che spiega anche l'ingresso sulla scena dei cosiddetti
neoconservatori americani, che sono i pubblicitari del sistema
affaristico, incaricati di conferire un alone idealistico anche al
più criminale dei business.
In questa campagna propagandistica ovviamente non manca il consueto
appello ai facinorosi e sadici, a cui non interessa per niente la
salvezza del nascituro, ma solo che la donna che abortisce venga
umiliata il più possibile. Ma c'è anche qualcosa di
più sottile ed ammiccante e, proprio per questo, l'operazione
pubblicitaria è stata affidata al "neocon" Giuliano Ferrara, il
quale, con il suo tono un po' intimidatorio ed un po' ruffianesco,
lascia intendere che il suo obiettivo non sia di abolire la legge 194,
ma di fare esclusivamente una battaglia di principio con
finalità educative. Insomma, si cerca di far credere che si
tratterebbe di condannare l'aborto come "idea", ma di tollerarlo come
pratica, come in effetti già molti fanno.
Qui si annida l'aspetto più subdolo della questione,
poiché per eliminare l'assistenza pubblica all'aborto non
è affatto necessario abolire la legge 194, ma è
sufficiente sabotarla con una serie di circolari applicative, il che
è esattamente ciò che Ferrara afferma di voler fare se
diventasse ministro della Salute.
Se l'aborto pubblicamente assistito diventasse impraticabile a causa di
un iter eccessivamente inquisitorio e umiliante, ecco che si
creerebbero le condizioni per far apparire la privatizzazione
dell'aborto come una liberazione. Bisognerà quindi fare
attenzione al gioco di squadra che stanno mettendo su l'aspirante
ministro Giuliano Ferrara e la leader del partitino biotecnologico,
Emma Bonino.
La soluzione che si sta prospettando è di dar modo alle donne di
abortire anche presso strutture private che abbiano finalità di
ricerca scientifica. In questo modo le donne, oltre ad abortire in modo
più rapido e sicuro rispetto alla struttura pubblica, potrebbero
anche dare il loro contributo al progresso scientifico, alla sconfitta
delle malattie genetiche, eccetera, insomma tutta la storiella
propagandistica che le multinazionali farmaceutiche ci propinano ogni
volta.
Occorre ricordarsi che la privatizzazione dell'aborto è un
vecchio obiettivo del Partito Radicale, che richiese un referendum in
tal senso subito dopo l'approvazione della legge 194, contro la quale
aveva votato in Parlamento. Il referendum abrogativo radicale fu
presentato del tutto in parallelo a quello del cosiddetto "Movimento
per la Vita", di ispirazione cattofascista; del resto, la
proibizione dell'aborto e la sua privatizzazione hanno in comune gli
stessi sbocchi affaristici. Che si tratti della "Vita" o
del "Progresso Scientifico", l'affarismo ha comunque bisogno di
un Moloc al quale obbligare a sacrificarsi.
21 febbraio 2008
|
|
|