Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Alcuni commentatori hanno già messo in evidenza l'ossimoro contenuto nello slogan renziano della "Buona Scuola". Idealizzare la Scuola è sempre stato infatti il modo più sicuro per delegittimarla. Per il resto nel "progetto di riforma" di Renzi non c'è nulla che non sia stato già fatto o detto dai governi precedenti. Uno studio diffuso dalla UIL ha posto in evidenza che anche i famosi, e fumosi, premi al "merito" dei docenti annunciati da Renzi si riducono in effetti a spiccioli.
Ma il concetto di premio al "merito" va valutato in base al contesto. In un lager il premio consisteva nel sopravvivere, e lo stesso vale per la "Buona Scuola", dove si è ormai accesa una guerra per bande per poter accedere all'olimpo dei "tutor", dei "mentor" e del mitico "staff" dirigenziale, in vista del consolidamento di una mafia carrieristica intenta a giudicare gli altri per non essere giudicata essa stessa.
Per pagare gli insegnanti il meno possibile si è sempre avvolto l'insegnamento di retorica missionaria, ma in passato un sistema di potere più interessato all'effettivo funzionamento dell'istruzione, aveva elaborato la tronfia espressione della "libertà di insegnamento", per garantire anche al più timido dei docenti quel minimo di autonomia che gli consentisse di sfuggire alle ingerenze di dirigenti, colleghi e genitori. Il demagogico slogan del "merito" si risolve invece in un generalizzato diritto all'ingerenza; ciò in nome di una finta didattica ideale che serva a distruggere quella reale.
Mentre la gestione della risorsa docenti è affidata al basso costo del terrore mafioso all'interno delle scuole, i veri soldi, tanto per cambiare, vanno all'assistenzialismo per le imprese private. Le leggi e gli stanziamenti di fondi per i progetti per l'alternanza Scuola-Lavoro non sono neppure questi una novità introdotta da Renzi, il quale, anche per il settore-Scuola, si allinea sul percorso già tracciato da decenni dai protocolli del Fondo Monetario Internazionale e della sua filiazione OCSE, le grandi centrali del lobbying finanziario mondiale. Da notare il fatto che l'OCSE ha potuto rifarsi una verginità presso l'opinione degli insegnanti semplicemente con qualche generico appello ad aumentare gli stipendi degli stessi insegnanti; un richiamo ambiguo e del tutto funzionale alla linea dei premi al "merito".
Renzi non inventa nulla neppure quando si atteggia a vittima e incompreso ogni volta che deve varare una cosiddetta "riforma". La scomparsa della politica e di ogni progettualità sociale riduce i politici a lobbisti, che trovano nel vittimismo il paravento ideologico con cui mascherare le loro sordide intenzioni. La morte della politica in Italia risale addirittura al 1976, con il primo inchino del governo Andreotti di allora ai diktat del Fondo Monetario Internazionale.
Era pressoché scontato che negli anni '70, in un contesto di scontri sociali ed a fronte di un assoluto monopolio informativo da parte del potere, una frazione del movimento di opposizione desiderosa di "visibilità" adottasse la linea della propaganda armata; senza considerare però che proprio quel monopolio informativo avrebbe consentito di rovesciare la propaganda armata nel suo contrario, cioè nel costante lamento vittimistico dello Stato e dei padroni. Oggi il vittimismo dei potenti è diventato il principale collante ideologico ed il fattore identitario del Sacro Occidente, dominato da un lobbying che ha come unica prospettiva il saccheggio del denaro pubblico.
Ancora una volta, per farsi un alibi ideologico, il lobbying può parassitare i discorsi di parte dell'opposizione, che si batte contro una mitica, quanto inesistente, "aziendalizzazione" della Scuola. In realtà i vecchi istituti tecnici e professionali erano già delle aziende, che si confrontavano alla pari con i gruppi industriali, i quali si presentavano umilmente nella Scuola a reclutare i loro quadri. Se l'ENI e l'ENEL sono potuti sorgere da un giorno all'altro, lo devono a quegli istituti tecnici liquidati dalla Gelmini senza clamore di titoli di giornali; ciò a riprova del fatto che i veri cambiamenti sfuggono al cosiddetto "dibattito democratico" e sono dissimulati tra le notizie-esca.
Attualmente la "Scuola Azienda" è solo uno slogan di copertura per il solito assistenzialismo per ricchi. Dal 2003 i governi italiani già riservano una costante pioggia di soldi per le imprese private che fingano di impegnarsi nella "formazione" degli studenti. Il Decreto 761 dello scorso ottobre va nella stessa direzione. Gli undici milioni di euro stanziati ultimamente possono forse apparire poca cosa, ma è la somma che fa il totale.
Assistenzialismo per ricchi oggi significa anzitutto assistenzialismo per banchieri, e infatti tra le aziende favorite da questi progetti di "alternanza Scuola-Lavoro" ci sono le banche. Non poteva mancare Unicredit, che si fa pagare dallo Stato per addestrare gli studenti alla tecnica bancaria. Almeno questo è l'alibi ufficiale.
Ci si è accorti però che, a spese dello Stato (o, meglio, del contribuente), banche come Unicredit possono soprattutto usare la Scuola per pubblicizzare e vendere i loro prodotti finanziari, come i famosi prestiti agli studenti in stile americano, che ridurranno i laureati a degli indebitati a vita. L'aspetto grottesco è che questi prestiti agli studenti siano stati battezzati "prestiti d'onore", forse per illudere gli stessi studenti che al momento di pagare potranno sempre cavarsela raccontando quattro balle, come avviene a Scuola. Al contrario, gli studenti, ed a volte anche i loro genitori, sono vincolati da firme sotto clausole-capestro che li schiavizzano per l'intera esistenza.
Il punto debole delle cosiddette teorie del complotto sta quasi sempre nell'eccesso di dimostrazione, cioè nell'affannosa ricerca di "prove" per demolire le versioni ufficiali e proporne di alternative. In realtà, in uno "Stato di Diritto" (ammesso che possa esistere) il criterio della responsabilità politica funziona - o dovrebbe funzionare - in modo opposto a quello della responsabilità penale, perciò un governo può essere legittimamente considerato colpevole sino a prova contraria.
Prima di vestire i comodi panni della vittima e di indire manifestazioni di piazza, il governo francese avrebbe dovuto anzitutto scaricarsi dai sospetti di essere in qualche modo implicato nell'attentato a "Charlie Hebdo", visto che sino a due anni fa Hollande e l'ISIS combattevano insieme contro lo stesso nemico, cioè il "laicissimo" presidente siriano Assad. In uno "Stato di Diritto", una "stampa indipendente" avrebbe preteso da Hollande di dar conto del grado di commistione del governo, dei servizi segreti e delle forze armate francesi con l'ISIS dopo anni di collaborazione, culminati con il riconoscimento diplomatico della cosiddetta "opposizione siriana", che può vantare una sede ufficiale a Parigi.
Macché. Contrariamente a ciò che diceva l'Uomo Ragno, a più potere corrisponde più irresponsabilità. E c'è sempre da stupirsi nel constatare di quanta irresponsabilità si tratti. Se Hollande ha potuto fare la vittima, sottraendosi tranquillamente alle sue pesanti responsabilità politiche, è stato grazie al solito senso di superiorità razziale del Sacro Occidente, a quel "noi-e-lorismo" di cui Ezio Mauro si è dimostrato il massimo ideologo. Sono "loro", gli islamici, a doversi discolpare dall'attentato, e spetta a "noi", i sacro-occidentali, di fargli il processetto per stabilire se si stiano discolpando abbastanza o no.
Ma se il "noi-e-lorismo" non fosse solo squallida propaganda, e se venisse applicato invece con un minimo senso di equità, neppure quello andrebbe a favore del Sacro Occidente. Attualmente infatti il peso dello scontro armato con il sedicente "Califfato" è sostenuto da islamici. In questi giorni l'esercito iracheno, sostenuto e armato dall'Iran, sta cercando di strappare la città di Tikrit all'ISIS. Lo sforzo bellico di Iraq e Iran non è invece sostenuto dagli Stati Uniti, che hanno fatto mancare il loro appoggio aereo alle operazioni di terra con il pretesto di non essere stati preavvisati. A quanto pare c'è chi non si fida degli Stati Uniti. Ma guarda un po'.
Giorni fa la notizia secondo cui uno o più aerei britannici sarebbero stati abbattuti in Iraq mentre rifornivano l'ISIS, non ha trovato conferma ed è stata troppo prontamente liquidata come una "bufala". La notizia dell'assenza degli USA nella più grossa offensiva contro l'ISIS, invece, non è sicuramente una bufala; anzi, ha tutti i riscontri ufficiali del caso.
Sarà per noi motivo di orgoglio nazionale scoprire che il nostro leader, Renzi, riesca a dare prova della stessa sfrontata doppiezza esibita dagli USA. Mentre Renzi, dall'Egitto, tuonava contro l'ISIS e dichiarava l'urgente necessità di un intervento militare italiano prima che il "Califfato" occupasse le città della Libia, dalla stessa Libia il generale Haftar - quello che dirige l'offensiva contro l'ISIS - chiedeva a Renzi di togliere l'embargo sulle armi nei confronti del governo di Tobruk. La situazione reale infatti è proprio questa. Mentre l'ISIS si avvantaggia dell'appoggio del Qatar (collaboratore della NATO) e della Turchia (membro effettivo della stessa NATO), l'Italia, e l'Occidente tutto, negano le armi a chi combatte contro l'ISIS. A queste ragionevoli obiezioni, il governo italiano non è mica chiamato a rispondere. Ci mancherebbe altro.
Una mente contorta e complottista potrebbe arguirne che qualcosa non torna, mentre una mente illuminata, e davvero occidentalista, saprà sempre comprendere le mistiche ragioni dell'irresponsabilità dei potenti. Anche le elezioni non servono mica a stabilire veramente chi debba governare, ma esistono solo per poter dare la colpa agli elettori. La colpa non era mai del Buffone di Arcore, ma di chi lo votava. Allo stesso modo oggi la colpa non è di Renzi, ma di chi lo vota. Che Renzi sia stato messo lì prima che chiunque l'avesse votato, questo è un dettaglio del tutto irrilevante.
Nel Sacro Occidente l'elettoralismo è ormai un'ideologia del tutto autoreferenziale, che non deve rendere conto a niente e a nessuno. La legge elettorale detta "Italicum" non è stata ancora approvata in via definitiva, ma risulta ugualmente indicativa di questa nuova frontiera dell'ideologia occidentalista. Questa legge riesce a far apparire persino quel broglio istituzionalizzato che è il sistema elettorale americano, come un'improvvisazione da dilettanti. Il cosiddetto "Italicum" stabilisce infatti che la maggioranza non è più la metà più uno dei voti, ma è il 37%. Perché poi il 37%, non viene spiegato; forse perché è la quota che Renzi conta di poter raggiungere con la sua coalizione.
Questa minoranza del 37% può diventare la maggioranza in parlamento riscuotendo un "premio di maggioranza", che sarebbe però più consono chiamare premio ad una minoranza. In compenso però, in base allo stesso "Italicum", un'altra minoranza, stavolta del 7,99%, può essere esclusa dal parlamento. (3)
Per quanto fosse criticabile il principio di maggioranza (la "tirannia della maggioranza"), esso offriva comunque l'impressione di una dura oggettività con cui fare i conti; mentre oggi la "democrazia occidentale" può permettersi di liquidare con proterva disinvoltura quel suo antico principio, elevando a criterio assoluto l'arbitrio dettato dall'interesse del momento. Si assiste così al trionfo della beata irresponsabilità del potere, che tappa ogni falla al buonsenso con la potenza propagandistica del suo monopolio mediatico.
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