Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
La comunicazione di massa ha ancora una volta dato prova in questi giorni di come si possa spostare la discussione su alternative astratte, facendo perdere di vista quelli che sono i dati di fatto.
Discutere sulla libertà di satira o sui suoi eventuali limiti, non ha nulla a che vedere con le presunte vignette su Maometto, dato che qui la satira non c'entra nulla. Una vignetta satirica, infatti, dovrebbe avere come prima caratteristica l'immediatezza. Ora, perché mai, per un lettore occidentale, l'immagine di un uomo barbuto col turbante dovrebbe rappresentare Maometto e non, ad esempio, Sindbad il marinaio?
In realtà, in mille quattrocento anni di Islam, non s'è mai costruita in Occidente un'iconografia di Maometto, né in positivo, né in negativo. Nel canto XXVIII dell'"Inferno", Dante colloca Maometto fra i seminatori di scismi e di discordie, ma non è certo uno degli episodi più noti della Divina Commedia. Lo stesso Dante, per creare un po' di pathos e interesse attorno al suo incontro, fa parlare Maometto non di sé, ma dei cristiani eretici di fra' Dolcino.
In realtà, ciò che ha reso riconoscibili le rappresentazioni contenute nelle vignette, è stata la campagna mediatica che le ha supportate. La pretestuosità dell'episodio è resa ancora più evidente dal fatto che le vignette sono state commissionate.
Lo scontro di civiltà non c'è mai stato in mille quattrocento anni, e le guerre fra cristiani sono state certamente molte di più di quelle contro i musulmani. Gli stessi Arabi durante la Prima Guerra Mondiale, non hanno esitato ad allearsi con gli Inglesi contro i Turchi, che pure erano loro correligionari.
Allo stesso modo, oggi gli Sciiti irakeni, pur di regolare i conti con i loro quasi correligionari, i Sunniti, non esitano a collaborare con gli Stati Uniti e con la loro invasione.
Lo stesso avviene in Afganistan, dove il regime dei Talebani è stato abbattuto dagli USA grazie all'accordo con le etnie musulmane della cosiddetta "Alleanza del Nord". Persino molti Talebani non hanno esitato ad abbandonare la fede nell'Islam, in cambio della fede nei dollari del traffico d'oppio.
Quindi, in questo caso, non si tratta di satira, ma di provocazione, all'interno di un disegno generale di provocazione. Tutto questo è in funzione della rappresentazione e simulazione di un inesistente scontro di civiltà, che serva a coprire i reali collaborazionismi su cui si fonda il dominio colonialistico.
Comidad, 9 febbraio 2006
La notizia secondo cui l'influenza aviaria avrebbe raggiunto il Meridione d'Italia, corrisponde allo stereotipo propagandistico di un Sud "infetto", anche metaforicamente. Non a caso le regioni "infettate" sono quelle in cui si registra anche l'infezione della criminalità organizzata. Ottimo motivo per distogliere migliaia di carabinieri dall'ordine pubblico, per impiegarli invece nella caccia alle galline allevate sui terrazzi dagli irresponsabili feticisti dell'uovo fresco al mattino. Ecco che una nuova finta emergenza sanitaria, mette involontariamente in luce anche l'artificiosità delle precedenti emergenze di ordine pubblico.
Il Sud d'Italia non è nuovo a queste finte emergenze sanitarie. Nell'estate del 1973, Napoli fu presentata come affetta da un'epidemia di colera, che non c'è mai stata. Migliaia di persone furono ricoverate, altre centinaia di migliaia vaccinate, ma le statistiche sulla mortalità in quel periodo nella provincia di Napoli sono esattamente nella media, a smentire ogni ipotesi di epidemia.
In quel caso la finta emergenza sanitaria aveva un movente preciso ed immediato, cioè sgombrare Napoli dai turisti stranieri, come misura preventiva di controspionaggio per proteggere la base NATO di Bagnoli, data l'imminente recrudescenza della guerra fredda. In quell'occasione la base NATO poté anche reclamizzarsi in modo rassicurante, collaborando paternalisticamente alla vaccinazione di massa.
Le emergenze sono un essenziale strumento del colonialismo per umiliare e sottomettere certe zone, ma l'emergenza - colera a Napoli era stata anche un laboratorio sperimentale per più vaste emergenze che si sarebbero attuate di lì a poco. Il 1973 sarebbe stato, infatti, anche l'anno dell'Austerità e delle domeniche senza traffico in tutta Europa, a causa della presunta mancanza di petrolio.
La perdita d'importanza della base di Bagnoli e la sua relativa dismissione, hanno consentito a Napoli un po' di respiro in questi ultimi dieci anni. È stata possibile una ripresa turistica e d'immagine della città, alcuni restauri sono stati compiuti ed alcune opere pubbliche sono state completate, nuovi siti archeologici hanno potuto finalmente essere "scoperti", sebbene noti da tempo, ma condannati ad un forzato oblìo dalle esigenze militari. Tutto ciò che è stato ascritto immeritatamente al cosiddetto "rinascimento bassoliniano", era in realtà dovuto ad un allentamento della morsa statunitense su Napoli.
Da un po' di tempo risulta chiaro, però, che la relativa tregua è finita. Ogni emergenza trova ormai una corsia preferenziale. Qualche giorno prima dell'aviaria, a Napoli era bastata un po' di opposizione al progetto di privatizzare l'acqua, per scatenare l'immediata rappresaglia di una emergenza idrica, lasciando l'intera zona ospedaliera senza acqua per più di tre giorni.
La propaganda antimeridionale ed antinapoletana ha ripreso fiato, come dimostra l'ultimo pilotato best seller di Giorgio Bocca, "Napoli siamo noi", che riprende le tesi dell'altro best seller di oltre dieci anni fa, "L'inferno". Strani omicidi come quello di Locri, ed anche quello avvenuto a Napoli, che ha colpito il consuocero di Dario Fo, ripropongono lo scenario di un'attività dei servizi segreti che intende accreditare l'esistenza di una nuova emergenza di ordine pubblico nel Sud d'Italia.
È difficile oggi stabilire quali siano le generali motivazioni strategiche di questa nuova ondata di emergenze. Quel che è certo, è che il Sud d'Italia non costituisce soltanto un capro espiatorio, ma anche un laboratorio, quindi nessuno può sentirsi al sicuro.
Comidad, 16 febbraio 2006
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