Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Assurto ai fasti ed ai trionfi dei palcoscenici televisivi, il ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni, si è candidato ufficialmente di fronte alla pubblica opinione a diventare il saccheggiatore del patrimonio immobiliare dello Stato italiano. Ma, come si vedrà, non solo di quello.
Nella perfomance televisiva del saccheggiatore Saccomanni, ha suscitato particolare scalpore l'ipotesi di privatizzare, oltre che l'ENI, anche la RAI. La perdita della RAI non sarebbe certo paragonabile a quella dell'ENI, che è detentrice di uno storico patrimonio finanziario e tecnologico. L'attuale RAI invece non è più nemmeno una vera azienda produttrice, ma piuttosto un ente appaltatore, e l'unica sua produzione riguarderebbe la cosiddetta "informazione", anche questa in effetti appaltata, o delegata, alle agenzie di propaganda della NATO e della UE. L'aspetto interessante della RAI agli occhi delle lobby delle privatizzazioni, riguarda ben altro, e cioè il suo
patrimonio immobiliare, tutt'altro che trascurabile. L'ente radiotelevisivo "pubblico" possiede infatti molti edifici e terreni, dislocati praticamente in ogni regione italiana.
Saccomanni proviene dalla Banca d'Italia, ma ha lavorato per cinque anni nel Fondo Monetario Internazionale, cioè l'associazione a delinquere di stampo colonialistico alla cui ombra oggi si svolge la collaborazione tra il super-imperialismo anglosassone ed il sub-imperialismo tedesco ai danni dei Paesi del Sud-Europa. Il
"Wall Street Journal" recentemente ha segnalato il rinnovato interesse delle multinazionali statunitensi e tedesche per il patrimonio immobiliare italiano; e se il loro lobbista Saccomanni farà quanto ha promesso, questo patrimonio non solo si renderà disponibile a condizioni di favore, ma potrà essere usato anche per operazioni finanziarie.
Nell'epoca del denaro elettronico è infatti cresciuta a dismisura l'attrazione delle multinazionali finanziarie per i beni immobili, sui quali costruire anche contorte operazioni speculative come le "securitization", ribattezzate in italiano con un nome ancora più falsamente rassicurante: cartolarizzazioni. Non a caso, per attuare i suoi piani, il ministro Saccomanni ha appena generato una nuova creatura, la
INVIMIT (Investimenti Immobiliari Italiani), una società per azioni inquadrata giuridicamente come una SGR, cioè una Società di Gestione del Risparmio; quindi un organismo che unisce all'aspetto immobiliare anche quello finanziario, con la possibilità di emettere titoli. L'INVIMIT dovrebbe appunto occuparsi della dismissione del patrimonio pubblico italiano.
Con tipica impudenza lobbistica, l'operazione fraudolenta di dismissione del patrimonio pubblico viene spacciata da Saccomanni come un favore al contribuente italiano, cioè un modo per alleggerire il debito pubblico ed il deficit di bilancio senza ricorrere ad un'ulteriore pressione fiscale. Il segretario della CISL, Raffaele Bonanni, che si è opposto alla vendita delle quote possedute dal Tesoro in ENI, Finmeccanica e Poste, poi ha concesso il suo avallo a Saccomanni per la vendita del patrimonio immobiliare dello Stato, come se si trattasse di un peso morto. In realtà i patrimoni immobiliari sono ricchezza reale ("real estate", dicono gli anglofoni), e non si comprende perché non possano essere messi in attivo di bilancio. Inoltre, se si fosse trattato semplicemente di vendere i beni pubblici, non sarebbe stato necessario creare un organismo come l'INVIMIT, che non è solo immobiliare, ma soprattutto finanziario. Le privatizzazioni dei beni immobili non solo non rendono nulla allo Stato, ma costano, ed anche molto. L'INVIMIT non dovrà semplicemente privatizzare, ma anche finanziare la privatizzazione, poiché, da che mondo è mondo, ogni privato che si rispetti non tira mai fuori un soldo di suo. Uno dei temi preferiti della "opposizione" di bandiera è la giustizia fiscale, ma la prima e più semplice tassa sulla ricchezza consisterebbe nel non privatizzare.
Per finanziare le privatizzazioni, l'INVIMIT ha quindi bisogno di denaro fresco, e Saccomanni ha pensato bene di trovarlo in un ente come l'INAIL, l'Istituto Nazionale per l'Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro. Poi si dice che gli infortuni sul lavoro sono una disgrazia. Certamente non lo sono per Saccomanni, che ha saputo come farli fruttare. L'INAIL dovrà infatti
"investire" nell'INVIMIT quasi due miliardi entro i prossimi quattro anni. Sia sul piano economico che etico sarebbe molto difficile spiegare come mai i fondi dell'assicurazione infortunistica siano messi a rischio per speculazioni finanziarie a vantaggio di gruppi privati; infatti non è stato spiegato, ma è stato fatto e basta, tanto si tratta di notizie che rimangono nelle pagine interne dell'informazione ufficiale.
Nell'INAIL c'è ancora parecchio da saccheggiare, poiché non è solo una cassaforte finanziaria, ma anche una cassaforte immobiliare. Nonostante le vendite degli anni passati, l'ente assicurativo antinfortunistico possiede ancora un
patrimonio immobiliare piuttosto ricco e variegato, che va dagli edifici storici di valore artistico e architettonico, sino agli uffici ed agli appartamenti.
"Colpo di scena" al processo Adinolfi. Un tribunale chiaramente intenzionato a condannare senza prove, poi si è tirato indietro di fronte all'esibizione di una "prova" clamorosa, fornita dagli stessi imputati. I diritti degli imputati sono stati platealmente violati sottraendo loro la parola, ed il comunicato di Cospito è stato letto dal giudice, ma senza sottoporlo ad alcuna verifica dibattimentale, confessando così che la condanna era preconfezionata.
Di fronte ad una condanna già decisa per un'azione che non potevano aver commesso - ma che comunque approvano -, gli imputati Cospito e Gai hanno spiazzato il tribunale con una beffarda "confessione". Evidentemente Cospito e Gai avevano avuto modo di saggiare l'inconsistenza morale e la mancanza di dignità della controparte, perciò l'azzardo ha raggiunto l'effetto, mostrando ancora una volta la faccia di uno Stato che, pur provvisto di ogni mezzo per opprimere e schiacciare, risulta al tempo stesso tremebondo, sleale e bisognoso di barare allo stesso gioco di cui ha dettato le regole.
Il sarcasmo della "confessione" di Cospito forse era troppo imbarazzante, specialmente quando narrava una frase attribuita ad Adinolfi: "Bastardi, so chi vi manda!". In effetti, quando viene sparato un trafficante di scorie tossiche, sarebbe molto più sensato cercare il responsabile tra i suoi complici.
Patetico poi il commento del Pubblico Ministero, che ha ammesso che di una confessione senza pentimento non sa proprio che farsene.