Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Sul suo blog su "Il Fatto Quotidiano" il giornalista Furio Colombo ha recentemente prestato la sua attenzione critica al variegato fronte anti-euro che sembra affacciarsi sulla politica italiana, non soltanto paventando i pericoli che tale fronte rappresenta, ma anche sciogliendosi in accorate rimembranze sulle nobili origini dell'europeismo. Furio Colombo è un noto commentatore di parte sionista; anzi, contor-Sionista, poiché mescola le sue professioni di granitica fedeltà allo Stato di Israele con una ridda di suggestive enunciazioni progressiste ed umanitarie, che ne fanno una delle penne più prestigiose ed influenti di quella "sinistra" con alone di purezza ideale.
In realtà, analizzate in tutte le loro componenti, le posizioni anti-euro oggi all'attenzione dei media segnalano molto poco da prendere sul serio. Le osservazioni di buon senso dell'economista Alberto Bagnai non sono inquadrate in alcun contesto che consenta di individuare e combattere i potentati internazionali che stanno dietro la moneta unica europea, e quindi sono posizioni prive di effetti sul piano strettamente politico. L'area di Forza Italia appare di tale inconsistenza, che assolutamente nulla di ciò che dice può essere ritenuto come espressione di effettive intenzioni. Sulle ambiguità ed i voltafaccia di Beppe Grillo, si potrebbe poi già scrivere un ricco florilegio di dichiarazioni e contro-dichiarazioni, perciò si tratta soltanto di aspettare la prossima ritrattazione.
Rimarrebbe quella che oggi sembrerebbe la "punta di diamante" del presunto schieramento anti-euro ed anti-UE, e cioè il neo-segretario della Lega Nord, Matteo Salvini. Ma Salvini ha pensato bene di screditarsi immediatamente da solo, adottando una propaganda che riecheggia i consueti toni dell'anticomunismo, arrivando a definire la UE come "Unione Sovietica Europea", e come un "gulag".
Salvini si rivolge a quella parte di opinione pubblica sempre pronta a scaricare tutte le colpe sulla "sinistra", come se il Trattato di Maastricht non proclamasse la "concorrenza" come principio fondante dell'Unione Europea, imponendo così la privatizzazione dell'economia. Un Trattato internazionale ha stabilito un potere assoluto, che subordina i governi ed i loro programmi a direttive precostituite e rende vano ogni tentativo di controllo parlamentare. Anzi, i parlamenti sono stati costretti ad accogliere nelle Costituzioni nazionali norme come l'obbligo del pareggio di bilancio, che nessuno Stato liberale aveva in precedenza ritenuto compatibili con una Carta Costituzionale.
Che un nuovo totalitarismo abbia potuto insediarsi sulla base di un mito apparentemente innocuo come la "concorrenza", costituisce un dato che spiazza completamente il "liberalismo" contemporaneo, il quale non lo percepisce neppure, convinto com'è che il sedicente "realismo borghese" costituisca una garanzia contro le utopie totalizzanti. Ma quando si abbandona Montesquieu per un agit-prop come Popper, non c'è da sorprendersi che si prendano cantonate del genere.
Assumere la concorrenza come principio fondante non significa affatto ammettere l'esistenza di più competitori, ma semplicemente proclamare la legge del più forte, cioè quel razzismo della superiorità occidentale che usa i diritti umani come pretesto per aggredire chiunque venga ritenuto un ostacolo. Suscita un po' di sarcasmo la prospettiva di un Salvini che impugni la bandiera dell'antirazzismo contro la UE. Certo, se paragonati alle fiabe disneyane dell'altro Matteo, i discorsi di Salvini possono sembrare Pulp Fiction. Mentre Renzi cerca ancora di farci baloccare con questioni futili come il numero dei parlamentari o i rimborsi elettorali, Salvini sembrerebbe talvolta persino affrontare i nodi del declino economico italiano dell'ultimo ventennio.
Ma il dare la colpa dell'euro a Prodi, ai comunisti, o magari ai soliti meridionali, o al massimo alla Merkel, non consentirà certo di identificare il vero nemico; tanto più che serve a poco proporre l'uscita dalla UE senza sottrarsi al controllo dei suoi veri "protettori" e sponsor, e cioè il Fondo Monetario Internazionale e la NATO. Salvini arriva a prendersela per i cinquanta milioni che l'Italia ha dovuto sborsare per le banche spagnole, tedesche e francesi; ma non vede i centoventicinque miliardi (sic!) che l'Italia sta versando al Meccanismo Europeo di Stabilità. L'ESM è una creatura del Fondo Monetario Internazionale già perfettamente operante, mentre Salvini si ricorda ogni tanto del FMI solo per commentare ipotesi e annunci come quello dei prelievi sui conti correnti.
Le posizioni anti-UE di Salvini denotano un respiro cortissimo, con un orizzonte che non va oltre una polemica elettorale "di bassa Lega" con quella "sinistra" che si ostina a rimanere in difesa dell'indifendibile, poiché, evidentemente, non ha ancora ricevuto direttive diverse. In questo senso gli struggimenti europeistici di Furio Colombo risultano del tutto funzionali ad alimentare il gioco delle parti tra una destra pseudo-antagonistica ed una "sinistra" invariabilmente timorosa di distaccarsi dalla retorica dell'establishment. Senza un Furio Colombo a fargli da spalla ed a porgergli la battuta in un finto contraddittorio, Salvini si troverebbe ben presto a corto di slogan.
Del resto si tratta di reggere questo talk-show per poco più di un annetto, dato che dal 2015 lo scenario cambierà completamente, con l'avvento del mercato unico euro-americano, il TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership). L'euro infatti è stato un semplice Giovanni Battista, mandato avanti per annunciare il vero Messia, il mercato transatlantico, con l'ovvio addentellato dell'aggancio della valuta europea al dollaro statunitense. Nel 2015 gli USA arriveranno nuovamente a salvare l'Europa dalle orde del Crucco lurco e invasore; ciò, ovviamente, secondo la propaganda ufficiale a cui tutti si inchineranno, dato che invece i negoziati per l'instaurazione del TTIP procedono a Washington avendo come principale partner proprio la Germania.
La demagogia mistificatoria di Salvini trova un illustre precedente nel suo mentore, Roberto Maroni. Nel 2011 Maroni guidò addirittura la corrente di opinione contraria all'aggressione alla Libia, cosa che però non impedì assolutamente alla Lega Nord di continuare a stare nel governo che collaborava attivamente a quella aggressione. Un Maroni più "muscolare" che mai, all'epoca spinse i suoi finti atteggiamenti di dissenso al punto da "imporre" al governo di cui faceva parte una serie di "ultimatum" e "penultimatum", fino ad accordarsi per una data limite alla partecipazione italiana alla missione NATO contro la Libia. La data indicata fu quella del settembre 2011. Evidentemente Maroni aveva origliato da qualche riunione della NATO che quella era proprio la data in cui la stessa NATO avrebbe avviato le sue operazioni militari di terra per infliggere la spallata decisiva al regime di Gheddafi.
Una notizia positiva degli ultimi giorni ha riguardato la sospensione dei negoziati per l'annessione dell'Ucraina all'unione Europea. Stavolta è stata la stessa UE a cercare orgogliosamente di assumersi la diretta responsabilità della rottura, adducendo a pretesto le "infondate" richieste economiche del governo ucraino.
L'Ucraina è strangolata da un enorme debito pubblico, che è sotto la "sorveglianza speciale" da parte di uno dei due veri padroni dell'UE, e cioè il Fondo Monetario Internazionale. Il FMI pretende anche che il governo ucraino elimini i sussidi alla popolazione per il riscaldamento, cosa che rende poco attendibili le frenesie occidentalistiche delle piazze ucraine. Sarà pure vero che tra le lusinghe della UE ci sarebbe stata anche quella di favorire un accordo con il FMI per il debito ucraino; ma, vista la brutta fine che fanno i "sorvegliati speciali" del FMI, è molto difficile che la promessa risulti credibile.
Molti commentatori insistono nel presentare un'Ucraina ormai aperto terreno di scontro tra la Germania e la Russia; ma, considerando l'enorme volume d'affari tedesco con la stessa Russia, si spiegherebbe semmai il fatto che la cancelliera Merkel appaia oggi come la più prudente ed esitante nell'alimentare lo scontro polemico con Putin. Al contrario, non appare per niente prudente l'atteggiamento statunitense, al punto che si è potuto vedere il senatore McCain esibirsi a Kiev, agitando la piazza e promettendo pieno sostegno alle proteste filo-UE.
La retorica europeistica può servire di volta in volta da paravento per gli interessi bancari rappresentati dal FMI, oppure per gli obiettivi espansionistici della NATO, l'altro padrone della UE. Ancora prima di McCain, era infatti stata la stessa NATO ad esporsi platealmente per fare pressione sul governo ucraino. Il vicesegretario generale della NATO, Vershbow, uno statunitense, si è sciolto anch'egli in accorati inni di fede europeistica, garantendo che il futuro dell'Ucraina sarebbe in Europa.
L'Ucraina è attualmente legata alla NATO da un patto di collaborazione, ormai decennale, ma si tratta evidentemente di annettere in modo definitivo una preziosa area di confine all'apparato militare USA in Europa. Con basi navali in Ucraina, la USNavy potrebbe controllare il Mar Nero da entrambe le sponde, e portare così contro la Russia una pressione militare decisiva per realizzare l'obiettivo di smembrarla in più Stati. I moniti della NATO sono espliciti: l'Ucraina è ad un bivio, deve scegliere se "civilizzarsi" entrando a pieno titolo nel Sacro Occidente, oppure rimanere all'ombra della tutela russa rischiando di esporsi alle aggressioni finanziarie ed alla cronica destabilizzazione interna delle "rivoluzioni colorate".
Il concetto di "rivoluzione colorata" non va frainteso nel senso che oggi la piazza ucraina sia tutta invasa da agenti della CIA. Le rivoluzioni colorate spesso fagocitano e mobilitano sacche di malcontento reale, e ciò viene ottenuto attraverso l'azione di organismi ibridi e ambigui, come fondazioni private ed organizzazioni non governative, associazioni che operano apparentemente nel settore della beneficenza e dei diritti umani. Il sistema di mobilitazione può basarsi anche sulla denuncia di casi di effettiva corruzione. Un'indignazione autentica viene poi reindirizzata su falsi obiettivi di "occidentalizzazione", spacciata come sinonimo di buona amministrazione.
Sulla questione ucraina Putin non può permettersi di cedere, perché altrimenti rischierebbe di essere travolto da un colpo di Stato militare. La situazione in Ucraina ha qualche analogia con quanto accaduto in settembre per la Siria, quando la Marina russa ha fatto chiaramente capire di non essere disposta a rinunciare alla base navale siriana di Tartus.
La dipendenza energetica dell'Ucraina nei confronti della Russia è un dato storico, ma per Gazprom in questi anni l'Ucraina era stata soprattutto un pollo da spennare, e quindi gli aspetti della sicurezza russa erano stati sacrificati agli affari. Che qualcosa invece oggi stia cambiando nell'atteggiamento russo, è indicato anche dal fatto che per l'Ucraina Putin si è deciso ad aprire i cordoni della borsa, sia facendo sconti sulle forniture di gas, sia acquistando titoli di Stato ucraini.
Ma è molto difficile che la NATO consideri chiusa la partita e rinunci a destabilizzare l'Ucraina, che non serve solo come base navale, ma anche come base missilistica. Appena il mese scorso, il segretario di Stato USA, Kerry, ha ribadito che lo "scudo anti-missile" in Europa si farà, nonostante ogni opposizione russa. Attualmente è la Polonia ad essere individuata come principale sede del sedicente "scudo", ma solo perché l'Ucraina non fa ancora parte a pieno titolo della NATO.
|