Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Non è soltanto l'allarme "spread" che sta rientrando. Pare proprio che sia il concetto in quanto tale ad avere perso di fascino e di seduzione mediatica. Capita come in quei serial televisivi, dove un personaggio o una situazione sembrano assumere un'importanza decisiva nella narrazione, salvo poi essere liquidati e dimenticati nelle puntate successive, come se non fossero mai esistiti.
Ci sono alcuni telespettatori che, addirittura dagli anni '80, ancora ricordano con indignazione la vicenda della figlia del commissario Cattani nel serial "La Piovra". Tutta la prima serie si era basata sull'effetto emotivo della violenza carnale subìta dalla figlia del commissario ad opera di sicari mafiosi, e su tutte le peripezie del commissario per salvare la ragazza. All'inizio della seconda serie, dato che il personaggio-figlia ormai era d'ingombro, la poverina venne, con brutalità mafiosa, liquidata dagli sceneggiatori col pretesto di un banale incidente. La grande maggioranza degli spettatori non notò nulla di strano, ed il serial continuò con crescente successo.
Tutto questo perché non ci sono storie da raccontare, ma solo pretesti narrativi per allungare il brodo da una parte, ed insinuare messaggi arbitrari dall'altra. La propaganda ufficiale funziona con schemi narrativi analoghi, così che a qualcuno è venuto persino il sospetto che anche i serial facciano parte integrante dei meccanismi di propaganda, e che costituiscano una forma pianificata di addestramento di massa alla confusione mentale. Nell'epoca in cui il principio di autorità sembrerebbe in crisi e "l'obbedienza non è più una virtù", in realtà si sono sviluppate sempre di più tecniche di manipolazione dell'opinione pubblica atte ad illudere che le scelte siano libere.
Ormai chi si ricorda più del "processo a Gheddafi" davanti alla Corte Penale Internazionale dell'Aia? Eppure, per qualche mese, sulla prospettiva e sulla promessa di questo processo si era fondata la legittimazione internazionale non solo della "rivoluzione libica", ma anche dello stesso intervento della NATO. Per settimane Emma Bonino imperversò sui canali televisivi ad intrattenerci sulla necessità di questo processo, nel quale sarebbero state finalmente esibite le prove dei crimini di Gheddafi. Chi è incaricato di manipolare la pubblica opinione ormai sa bene come agire in questi casi; tanto che è bastato l'effetto shock del video-linciaggio per aprire un altro dibattito infinito che facesse dimenticare quanto detto in precedenza. Quel video-linciaggio è capitato così a proposito da far sospettare che si trattasse di un falso, di un depistaggio per coprire un'esecuzione operata a freddo da mandanti e sicari che volevano rimanere nell'ombra.
Manco a dirlo, il linciaggio in quanto tale è stato persino assunto dai media come prova indiretta dei crimini di Gheddafi. Quella barzelletta oscena che porta il nome di "Corte Penale Internazionale", non si è neppure premurata di simulare un po' di disappunto per la mancata consegna dell'imputato. Anche Emma Bonino era immediatamente dopo in altre faccende affaccendata. Successivamente sulla Libia è calato il blackout mediatico, così rigoroso da aver investito anche la vicenda dell'ambasciatore statunitense ucciso a Bengasi lo scorso settembre.
Attualmente la vicenda siriana ripropone le stesse situazioni, infatti la formula che la sedicente "Comunità Internazionale", cioè la NATO, prospetta come soluzione alla crisi siriana, è quella della liquidazione di Assad per far posto ad un "governo di coalizione" in cui tutte le etnie siano rappresentate. La caduta - sia in senso letterale che metaforico - del segretario di Stato USA Hillary Clinton, e la sua sostituzione con John Kerry, avevano suscitato qualche speranza che l'aggressione alla Siria potesse recedere ed esaurirsi. Ma è di pochi giorni fa la notizia della fornitura alla Turchia di missili statunitensi Patriot per "difendersi" dalle eventuali "aggressioni siriane".
Non che i Patriot rappresentino quell'arma così decisiva che le lobby accreditate al Pentagono vogliono far credere, però ciò indica comunque un'ipotesi concreta di coinvolgimento diretto della Turchia nel conflitto. Indirettamente la Turchia è già coinvolta, poiché è da lì che partono le armate mercenarie del Qatar e dell'Arabia Saudita che costituiscono la vera sostanza militare della "rivolta" in Siria. Le attuali ambiguità di Putin rischiano di aggravare la situazione, poiché la sua dichiarazione di non essere interessato alla sopravvivenza politica di Assad, in questo specifico contesto, diventa un oggettivo avallo diplomatico all'ipotesi "via Assad per un governo di coalizione".
Ma, una volta liquidato Assad, chi si ricorderebbe più del "governo di coalizione"? Farebbe sicuramente la fine della figlia di Cattani.
Anche un'esecuzione a freddo di Assad troverebbe facili giustificazioni, ed un massacro degli Alauiti siriani non meriterebbe particolare attenzione mediatica, come sta capitando alle tribù libiche colpevoli di essere rimaste fedeli a Gheddafi. Sono gli spread della propaganda occidentale, cioè il differenziale tra l'accorata retorica umanitaria utile a giustificare le imprese belliche, e la sbrigativa retorica del disprezzo e dell'espiazione che accompagna poi la gestione concreta dei processi di colonizzazione.
Al popolo greco martoriato infatti non spetta nessuna compassione, e la maggior parte dei commenti mediatici è tesa a sottolineare le colpe passate, presenti e future della Grecia, alla quale viene immancabilmente consegnato il conto da pagare. Non vi sarà dunque nessuna sorpresa nello scoprire che la stessa Grecia sia il secondo Paese della NATO per spesa in armamenti, dato che tutti gli "aiuti" dell'Unione Europea e del Fondo Monetario Internazionale sono condizionati all'acquisto di armi.
Continua l'effetto sorpresa di un Hollande che si dimostra sempre meno socialista e sempre più guerrafondaio. Ora il presidente francese si è ridotto a fare il vigilante per gli interessi della Total e di altre multinazionali in Mali ed in Somalia. [1]
Il suo pretesto/casus belli del momento è la crociata contro i jihadisti locali; cosa che ha suscitato più di qualche perplessità dato che invece in Siria i jihadisti sembrano andargli più che a genio quando combattono Assad. In un'Italia in piena ubriacatura elettoralistica, potrebbe essere utile riflettere sulle sorti dei programmi elettorali una volta che i candidati siano stati eletti.
L'elettoralismo risulta così euforizzante perché è una forma di pornografia, attiene cioè al desiderio puro, magari con quella dose di squallore che serve a conferire un alone di realismo alla rappresentazione. Ma i desideri, i programmi e le promesse elettorali non sono la realtà, che è invece scandita dalle emergenze. L'emergenza determina un fatto compiuto che azzera ogni impegno precedente, ed a cui ogni altra istanza va sacrificata, come ad un Moloc. Carl Schmitt diceva che è sovrano chi può decidere sullo stato di eccezione. Ma nella democrazia occidentale vige uno stato di emergenza cronica, cioè uno stato di eccezione permanente, l'eccezione diventa la regola. Se il vero sovrano è chi può dichiarare lo stato di emergenza, chi è oggi il sovrano? Chi è in grado di creare le emergenze?
Le multinazionali non spendono un soldo per migliorare la propria immagine pubblica, poiché è ovvio che nessuno prenderebbe sul serio un tale sforzo. Le multinazionali invece spendono moltissimo per creare un'immagine del mondo funzionale ai loro interessi. A questo serve il lobbying, sia palese che occulto.
Il lobbying infatti invade e permea tutta la società e tutte le istituzioni: parlamentari, militari, di "intelligence", di comunicazione e informazione, sino alle ONG per i diritti umani. Una manina alle velleità guerrafondaie di Total e Hollande è arrivata infatti anche da Amnesty International, che il 15 maggio ha pubblicato un rapporto sulle violazioni dei diritti umani in Mali. L'ONG denunciava le milizie islamiche presenti nel Nord del Paese, come il gruppo di Ansar Eddine, per le conversioni forzate all'Islam ed il reclutamento di bambini-soldato. L'ONG Amnesty International è sovvenzionata dalla rete Open Society Foundations del finanziere George Soros. [2]
Anche la rivista "Jeune Afrique" ha dato il suo contributo, riportando la notizia secondo cui vi sarebbero state manifestazioni violente a Gao, nel Nord del Mali, contro i divieti imposti dalle milizie islamiche sul fumo per strada e sul guardare la TV. Niente di meglio per consentire ad Hollande di presentarsi come un liberatore.
Le bustarelle riguardano l'infanzia della corruzione, mentre la modernità è costituita dal più che legale "revolving door", che può consentire a parlamentari, giornalisti, militari ed agenti segreti di pensionarsi per andare ad occupare posti nelle multinazionali, oppure di piazzarvi loro parenti; come è capitato, ad esempio, al figlio dell'ex governatore della Campania, Bassolino, oggi dirigente della banca svizzera UBS.
Un'opinione pubblica che non potrebbe mai credere alla bontà delle intenzioni della Total o della Chevron, o di Jp Morgan e di Goldman Sachs, potrà invece attribuire credito alle varie emergenze: lo spread nell'Unione Europea, la questione dei diritti umani e dei massacri in Siria, la minaccia dell'integralismo islamico in Mali e Somalia, o alle stragi di cristiani da parte di musulmani in Nigeria. L'estensione del denaro elettronico conferirebbe un potere assoluto alle multinazionali bancarie, ed ecco sorgere un'emergenza-evasione fiscale che riesce a far passare il denaro elettronico addirittura come una misura di "sinistra".
L'India è sempre più coinvolta in un aspro contenzioso con la multinazionale agricola Monsanto, responsabile di migliaia di suicidi fra i contadini indiani; ed ora, casualmente, la stessa India si trova descritta dai media mondiali come un covo di violentatori. All'ordine del giorno non ci sono i crimini di Monsanto, ma l'emergenza-stupri in India. [3]
Per le multinazionali si tratta di replicare il modello Congo, sia il Congo Kinshasa che il Congo Brazzaville, in cui non esiste più per la colonizzazione un problema di controparti locali con cui misurarsi. In molti Paesi africani oggi le multinazionali non sono più semplicemente uno Stato nello Stato, ma costituiscono lo Stato vero e proprio, dato che le istituzioni locali sono dissolte dalla guerra civile permanente. Ed è questo il tipo di posizione di dominio assoluto che la Total può vantare sia nell'ex Congo belga che nell'ex (?) Congo francese. [4]
Ovviamente anche una partita truccata come il colonialismo non è ogni volta una passeggiata, dato che c'è pur sempre la competizione fra colonialisti, con gli annessi colpi bassi e pugnali nella schiena. Il povero Hollande si è infatti auto-condannato ad una figuraccia con il suo blitz in Somalia allorché ha accettato la "collaborazione dell'alleato" Obama. [5]
Ormai il conflitto in Mali coinvolge direttamente anche l'Italia, che per il momento fornirà solo "supporto logistico" alle truppe francesi, salvo poi farsi invischiare maggiormente in futuro; quindi anche il nostro Paese si candida a prendere bidoni dai cari "alleati". [6]
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