Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Una recente intervista del Procuratore Generale di Napoli, Vittorio Martusciello, sembrerebbe aver ridimensionato l'allarme per le scorie nucleari sepolte nelle discariche in territorio campano. Ma l'intervista di Martusciello si muove a sua volta nel territorio dell'ambiguità, del rassicurare e, al tempo stesso, del lasciare in sospeso le domande più ovvie.
In una regione militarizzata come la Campania, in cui le discariche innalzano a tutt'oggi il cartello di "Area Strategica di Interesse Nazionale", cavarsela con i discorsi sulla camorra dai colletti più o meno bianchi, appare un po' elusivo oltre che riduttivo. D'altra parte si potrebbe sempre argomentare che la qualifica di Area di Interesse Strategico Nazionale, con la relativa protezione di una fattispecie di segreto militare, è stata attribuita dal 2011 anche all'area di cantiere della Val di Susa, dove le scorie nucleari non c'entrano.
A meno che un domani non si scopra che anche quel buco nella montagna serve per qualche discarica. Il tunnel della Val di Susa non sarebbe il primo caso di "grandi opere" che nascondono vasche di rifiuti tossici, dato che proprio l'anno scorso è scoppiato il caso delle scorie nascoste sotto l'autostrada di Valdastico Sud, in provincia di Vicenza.
Secondo l'ISPRA, l'Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale, istituito con la Legge 133/2008, sarebbe infatti proprio il Piemonte la regione attualmente con il maggior numero di siti di scorie nucleari, per il 96% del totale nazionale dei rifiuti ufficialmente censiti. Si tratta anche di scorie nucleari provenienti dall'estero. Sono numerose le aziende del settore smaltimento interessate all'affare, ed il numero dei depositi è in continuo aumento. Quindi un'occhiatina nel nuovo buco in Val di Susa bisognerebbe pure darla.
Il punto è che mentre si tiene il riflettore mediatico puntato soltanto sulla Campania, si potrebbe anche ragionevolmente ritenere che le discariche campane non siano le uniche, e neppure le principali, aree che "ospitano" rifiuti radioattivi. Il razzismo antimeridionale vanta certamente lo Status di ideologia fondante della Nazione italiana, ma non è detto che qualche volta non serva anche da mera distrazione, a far credere cioè che i problemi riguardino solo e sempre i soliti. Le finte trasmissioni d'informazione "di nicchia", come "Reporter" o "Le Iene", creano una sorta di "opposizione di Sua Maestà", che, mentre sembra attaccare le versioni ufficiali, poi risolve tutto nel consueto intrattenimento basato sulle riposanti certezze del razzismo istituzionale.
Una delle più estese ed "accoglienti" discariche italiane per rifiuti tossici è stata invece, per decenni quella di Pitelli, in provincia di La Spezia. Il caso della discarica ligure fu oggetto anche di un'indagine parlamentare nella tredicesima legislatura, ed il testo dell'indagine è reperibile (monco!) sul sito della Camera. Dal brandello d'indagine rimasto disponibile sul web, risulta comunque che a Pitelli è stato riversato ogni genere di residuo industriale.
Nel 2011 una sentenza ha mandato però tutti assolti i responsabili del disastro ambientale di Pitelli. Ora si parla addirittura di una prossima riapertura della discarica.
Sempre a La Spezia ha funzionato un'altra discarica, quella di Campo in Ferro, gestita direttamente dall'Arsenale Militare. Una notizia Ansa del 2004 - reperibile nell'archivio web di uno studio professionale -, parlava del ritrovamento di dischi di uranio impoverito nella discarica di Campo in Ferro.
Per il suo enorme peso specifico, l'uranio impoverito ha una vasta gamma di usi militari, dai proiettili agli stabilizzanti per pale di elicottero. I rifiuti nucleari di Campo in Ferro sarebbero stati rimossi, almeno in parte. Nel frattempo la discarica ha continuato a funzionare del tutto indisturbata. Stavolta non c'è stato neppure il rituale di un'indagine parlamentare, e la notizia è stata soffocata ancora in fasce. Ora l'autorità portuale vorrebbe acquistare il territorio della discarica, ma le autorità militari non cedono alle lusinghe. Sempre ammesso che non si tratti di un gioco delle parti per nascondere qualcos'altro.
I dischi di uranio impoverito prelevati a Campo in Ferro sarebbero stati smaltiti nella discarica speciale di un altro organismo militare, il CISAM (Centro Interforze di Studi e Applicazioni Militari) che ha sede a Pisa. Cosa studi e cosa applichi il CISAM, non è chiaro. Quel che è certo è che si applica a riversare rifiuti tossici. La discarica CISAM è situata a San Piero a Grado, frazione del Comune di Pisa, quindi non tra i miasmi delle paludi dell'orrida Campania, bensì al centro di uno dei salottini dell'Italia di serie A.
I media stanno cercando di farci credere che in Ucraina la gente sia disposta a fare a botte pur di poter essere ammessa nel paradiso europeo, che sarebbe sempre il migliore dei mondi possibili, nonostante ciò che sta capitando ai Paesi dell'Europa del Sud. Queste mistificazioni possono sempre catturare una parte consistente dell'opinione pubblica, ancora disposta a vedere nell'Unione Europea un tutore magari troppo severo, ma giusto.
Mesi e mesi di riflettori mediatici sulla vicenda della decadenza parlamentare del Buffone di Arcore, hanno infatti sortito il programmato effetto-distrazione nei riguardi di notizie che avrebbero potuto aprire squarci sugli effettivi rapporti di potere attualmente vigenti in Europa. L'effetto-distrazione non va inteso solo nel senso banale di mero diversivo, dato che l'icona autorazzistica del Buffone è funzionale a rafforzare quel pregiudizio che considera la corruzione e l'illegalità come vizi tipicamente nazionali, senza percepirne i legami con la situazione di sottomissione coloniale.
Questo effetto-distrazione si è sicuramente verificato nel caso della rinegoziazione da parte della Germania circa la normativa europea sui livelli di emissione di biossido di carbonio da parte degli autoveicoli. La Germania ha ottenuto quasi tre anni di proroga per adeguarsi ai nuovi livelli di emissione, e ciò in cambio di generiche promesse di dare impulso alla produzione di veicoli elettrici. Il fatto potrebbe servire a riconfermare quanto già si sapeva, e cioè che nell'Unione Europea ogni vincolo è negoziabile e rinegoziabile per alcuni Paesi, mentre non lo è per altri.
Ma l'aspetto principale della vicenda non ha riguardato l'ovvio e consolidato sistema dei due pesi e due misure, bensì il caso di un finanziamento di quasi un milione di euro al partito del cancelliere Angela Merkel da parte della BMW. Si tratta proprio di quella casa automobilistica tedesca che si era maggiormente esposta per ottenere una proroga per l'adeguamento della Germania ai nuovi livelli di emissione di biossido di carbonio. A molti commentatori è risultato evidente il nesso consequenziale tra il finanziamento della BMW e l'attivismo del governo tedesco per strappare alla UE una proroga sull'adeguamento dei livelli di emissione, tanto che si è cominciato a parlare, più o meno velatamente, di un caso di corruzione.
Il "virtuoso" governo Merkel viaggia da tempo alla media rassicurante di uno scandalo all'anno, e non vi è dubbio che riuscirà a restare in piedi anche dopo quest'ultimo. Gli stessi commentatori che hanno ipotizzato la corruzione, hanno poi tenuto a sottolineare la difficoltà di dimostrarla, dato che il finanziamento è arrivato dopo la scadenza elettorale che ha visto vincitore il partito della Merkel; come se i pagamenti, per essere tali, dovessero essere sempre anticipati. La foglia di fico è molto ristretta, se si considera che il lobbying della BMW sull'argomento, e le relative pressioni sul governo tedesco, erano note da almeno sei anni. Nel 2007 la stessa BMW, insieme con la Porsche, aveva ottenuto addirittura una sorta di sarcastico "premio" simbolico per meriti di lobbying, per aver ostacolato con successo le nuove normative sul biossido di carbonio.
Le nuove regole del lobbying nell'Europa del dopo Trattato di Maastricht furono oggetto di uno studio da parte di Mark Gray, un interessante personaggio che da decenni fa revolving door tra la Commissione Europea ed il settore privato; in pratica si tratta di un lobbista privato a tempo pieno, che ogni tanto va anche a ricoprire incarichi pubblici.
Gray, oltre che un pratico, è anche un teorico del lobbying, e si è dato da fare per dimostrare che Maastricht aveva ridisegnato completamente le regole a riguardo, aprendo spazi nuovi e precedentemente impensabili. La pubblicazione di Gray del 1999 ha assunto ora il valore di un testo profetico. Maastricht ha in pratica legalizzato la corruzione, e non solo attraverso il pieno riconoscimento del ruolo del lobbying, ma soprattutto aprendo ai lobbisti la possibilità di insediarsi negli organismi direttivi sovranazionali, cioè quelli che dettano le direttive ai governi. Oggi è quindi la politica a trovarsi in posizione di supina sudditanza nei confronti del lobbying.
Secondo alcuni commentatori, il Trattato di Maastricht sarebbe stato lo strumento della Germania per stabilire una propria supremazia in Europa. Si tratta di un dato reale, ma probabilmente questo sub-imperialismo tedesco è stato solo un effetto secondario. Maastricht ha costituito anzitutto il canale attraverso il quale si è insediata in Europa la principale lobby mondiale della finanziarizzazione e delle privatizzazioni, cioè il Fondo Monetario Internazionale; quella super-banca privata che utilizza i finanziamenti pubblici di numerosi Stati, e che vanta lo status giuridico di agenzia ONU. Oggi il FMI rappresenta il principale attore di quella "Troika" che domina sulla scena europea, ed il FMI ha notoriamente la sua sede centrale a Washington.
Paradossalmente è stato un documento del FMI, pubblicato alla fine del 2009, a "denunciare" l'attuale strapotere del lobbying finanziario. Il documento del FMI aveva un titolo suggestivo: "Per un Pugno di Dollari". Attraverso modelli matematici, i ricercatori del FMI hanno dimostrato che vi era un nesso causale preciso tra la crescente influenza del lobbying finanziario sulla politica e la sovraesposizione debitoria che ha condotto alla crisi del 2008.
Ma qualcuno ha già notato che quel documento del FMI è a doppio taglio: mentre sembra "denunciare" ciò che già si sapeva, esso di fatto traccia un paradigma ed un formulario dell'esercizio del potere del lobbying sulla politica. Come il saggio di Gray, anche questo documento del FMI tende a stabilire le basi di una scienza del lobbying. Infatti dal 2009 non vi è stato alcun arretramento dell'influenza del lobbying, ed anzi i governi nazionali si sono sempre più riempiti di lobbisti di professione. Non a caso, in Italia proprio in questi giorni è in atto anche una riforma del Ministero degli Esteri, che lo sta riconvertendo in una vera e propria agenzia privata per favorire le delocalizzazioni produttive.
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