Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
In questi ultimi due o tre anni è stata costruita dai media l’immagine di un Giulio Tremonti come intellettuale tormentato e dolente, in guerra contro il pensiero unico ed i dogmi della cosiddetta globalizzazione. Quando i media si impegnano in una operazione d’immagine di questa portata, è segno certo che c’è qualche grosso affare losco in corso, ed occorre dissimularlo agli occhi dell’opinione pubblica, già distratta dal Luna Park ideologico del dibattito fine a se stesso.
Tremonti, da ministro dell’economia del precedente governo Berlusconi, incorse in una ondata di critiche indignate allorché tentò di varare una legge per favorire la vendita di beni demaniali, cioè delle proprietà dello Stato, ai privati. Dato che nessun privato possiede i mezzi finanziari per acquistare davvero questi beni, si trattava in realtà di una svendita, e il progetto di Tremonti fu all’epoca facilmente individuato e smascherato.
Quell’infortunio è stato già dimenticato e, grazie al nuovo alone mistico ed eroico di cui oggi è circondato, nessuno si è accorto che Tremonti è recidivo; anzi stavolta è riuscito a commettere quel crimine contro la società che gli fu impedito cinque anni fa.
Il decreto Tremonti è diventato legge il 6 agosto di quest’anno, perciò oggi costituisce la legge 133/2008, che all’articolo 16 istituisce le fondazioni universitarie che consentono ai privati di impadronirsi degli Atenei. Nel comma 2 dell’articolo 16 c’è però il colpo grosso: non solo alle fondazioni passa la proprietà dei beni immobili delle Università, ma addirittura l’Agenzia del Demanio trasferisce alle stesse fondazioni la proprietà dei beni immobili già in uso da parte delle stesse Università.
Quindi non soltanto oggi i privati possono mettere le mani sui vastissimi e preziosissimi patrimoni immobiliari delle Università italiane, ma addirittura lo Stato gli regala tutti i beni demaniali che in qualche modo vengono usati dalle stesse Università. La perfida vaghezza di questo passaggio della legge consente di fatto di regalare ai privati qualunque bene immobile con cui le Università abbiano in qualche modo a che vedere.
L’affare è mastodontico, mostruoso, comporta cifre inimmaginabili; e il tutto avviene mentre si discute dei significati simbolici e ideologici del maestro unico o del voto in condotta, oppure si commenta con indignazione che esistono università con tre o quattro studenti, come se c’entrasse qualcosa con le manovre per sbancare lo Stato a vantaggio di cosche affaristiche italiane e straniere.
Il complesso affaristico/mediatico ha quindi segnato uno storico risultato a suo favore, poiché la mega-operazione di latrocinio legalizzato è stata accuratamente nascosta all’opinione pubblica; e ciò avviene proprio nel periodo in cui chiunque può immediatamente consultare i testi delle leggi connettendosi a internet. Per nascondere il crimine non è stato necessario far sparire le prove, ma è bastato semplicemente distrarre l’attenzione, indurre a parlare d’altro; e, non a caso, negli attuali “pour parler” si è arruolato in prima linea anche un opinionista della tempra morale di Giampaolo Pansa.
A differenza della Gelmini - che è una donna di paglia, un fantoccio mediatico -, Tremonti è un uomo di fiducia delle cordate affaristiche guidate dalle Corporation statunitensi. Attualmente le Corporation dissimulano i loro affari dietro le tattiche di “understatement” tipiche della propaganda statunitense, perciò mentre sui media si discetta sulla possibile fine del capitalismo e dell’impero americano, gli affaristi possono mettere a segno i loro colpi più redditizi a scapito di colonie come l’Italia.
L’entrata delle multinazionali nelle fondazioni universitarie verrebbe celebrata da una campagna mediatica, che saluterebbe come una nuova era di progresso la collaborazione tra capitale privato e ricerca pubblica; e ciò mentre i patrimoni immobiliari dello Stato italiano verrebbero intascati dalle stesse multinazionali che, per questi regali, non dovrebbero pagare alcunché allo Stato, ma solo a Tremonti.
Più soldi Tremonti smuoverà a favore degli affaristi privati, più la sua beatificazione mediatica navigherà a gonfie vele. Non ci sarebbe perciò da sorprendersi se lo stesso Tremonti, venisse fatto oggetto di minacce terroristiche o camorristiche. In tal caso la sua santità diverrebbe intoccabile, e chi osasse dubitarne, sarebbe immediatamente scomunicato.
30 ottobre 2008
L’invasione della Somalia da parte dell’Etiopia è stata direttamente promossa dal governo degli Stati Uniti, per conto delle multinazionali interessate al petrolio somalo. Gli USA si sono anche attivamente impegnati nel conflitto, e l’U.S.Air Force ha attuato per mesi i soliti bombardamenti a tappeto sulla popolazione civile con le solite migliaia di vittime. Ma, dopo un periodo di continue ritirate, la resistenza somala ha cominciato a riguadagnare terreno, riuscendo a riprendersi gran parte del territorio perduto.
Questa situazione è stata finalmente resa nota dai media euro-americani, ma solo filtrandola con un’altra “notizia” secondo cui, in una città riconquistata dalla resistenza, una donna adultera sarebbe stata lapidata per la sentenza di un tribunale islamico. I media, ovviamente, non si sono minimamente preoccupati di verificare direttamente la notizia, e ci si è accontentati di riferire che l’episodio sarebbe stato narrato da non meglio precisati “testimoni oculari”. Inoltre, in base ad un’arbitraria proprietà transitiva, la resistenza somala è stata etichettata nel suo insieme come “ribelli islamici”, e questi, a loro volta, sono stati identificati automaticamente come una cellula di Al Qaeda.
Nella diffusione della notizia si è richiamato il ruolo di Amnesty International, a cui alcuni giornalisti somali avrebbero fornito anche l’età della ragazza lapidata, età che è stata poi corretta dalla stessa Amnesty International in base ad informazioni che le sarebbero state fornite successivamente dallo stesso padre dell’uccisa.
È chiaro che qualcosa non torna: dei giornalisti avrebbero passato l’informazione ad Amnesty International, che poi l’ha passata ad altri giornalisti. Perché i giornalisti non hanno passato semplicemente l’informazione ai loro colleghi?
E poi se il padre della ragazza si espone per parlare con Amnesty International, perché non lo può fare anche con la stampa?
Ormai è abbastanza diffusa la consapevolezza che quando c’è una guerra, delle apposite agenzie di guerra psicologica svolgono la funzione di diffondere false notizie sul nemico, quindi ogni informazione che proviene dai campi di battaglia va presa con le molle.
Ci sono inoltre recentissimi precedenti che consigliano prudenza. Nel 1991, durante l’invasione irachena del Kuwait, i media euro-americani riportarono la notizia secondo cui i soldati iracheni irrompevano negli ospedali kuwaitiani per rubare le incubatrici, strappandovi i neonati che vi erano contenuti. A distanza di qualche mese, la notizia fu riconosciuta come falsa, ma ormai l’effetto era stato raggiunto, e poi la falsificazione della notizia non ebbe certo la stessa risonanza di quando era stata lanciata.
Secondo l’attuale propaganda statunitense, la resistenza somala sarebbe sotto il controllo di un’organizzazione denominata “Corti Islamiche”. Anche qui un po’ di cautela nell’accettare l’informazione è opportuna, dato che appena mezzo secolo fa i colonialisti britannici si inventarono persino il nome di un fantomatico movimento terroristico in Kenia (i “Mau Mau”), grazie al quale giustificarono uno sterminio di massa della popolazione indigena.
Sono sempre di più coloro che sanno che la funzione dei media non è di informare, ma di diffondere una propaganda funzionale agli interessi dei gruppi affaristici che possiedono i media. Soltanto chi si ostini a rimanere legato ad una concezione metafisica del giornalismo, può riuscire ad ignorare il legame organico dei media con i gruppi affaristici e con le agenzie di disinformazione dei servizi segreti.
Anche il fatto che una parola come “Islam” viene usata dai media come un segnale subliminale per indurre tutti a sospendere ogni senso critico e rendersi disposti a credere a tutto, è un dato che comincia farsi strada in parte dell’opinione pubblica.
Nella notizia della ragazza lapidata per adulterio dagli integralisti islamici occorreva perciò una mediazione in grado di fornire al tutto una credibilità che ormai l’informazione ufficiale sa di non avere. Ecco il motivo per cui appare il nome di Amnesty International, una organizzazione che ha sicuramente molti meriti, ma che non può essere ritenuta divinamente ispirata e quindi automaticamente immune da strumentalizzazioni ed intossicazioni.
Il fatto che i media si siano completamente astenuti dall’informare dei cambiamenti della situazione della guerra in Somalia, per poi svegliarsi di colpo con la diffusione della notizia di una ragazza lapidata dagli integralisti in avanzata, costituisce di per sé un elemento che induce a sospettare che si tratti di disinformazione e di guerra psicologica, e non può bastare l’icona di Amnesty International a seppellire questo legittimo sospetto.
6 novembre 2008
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