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"L'elettoralismo risulta così euforizzante perché è una forma di pornografia, attiene cioè al desiderio puro, magari con quella dose di squallore che serve a conferire un alone di realismo alla rappresentazione. Ma i desideri, i programmi e le promesse elettorali non sono la realtà, che è invece scandita dalle emergenze. L'emergenza determina un fatto compiuto che azzera ogni impegno precedente, ed a cui ogni altra istanza va sacrificata, come ad un Moloc. Carl Schmitt diceva che è sovrano chi può decidere sullo stato di eccezione. Ma nella democrazia occidentale vige uno stato di emergenza cronica, cioè uno stato di eccezione permanente, l'eccezione diventa la regola."

Comidad
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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.

Di comidad (del 02/10/2014 @ 02:28:38, in Commentario 2014, linkato 2377 volte)
La vera notizia di questi giorni non riguarda i video-omicidi dell'ISIS, ma il fatto che, con il pretesto dell'ISIS, gli USA stiano bombardando la Siria. Da molti giorni gli aerei USA stanno colpendo le installazioni petrolifere siriane, con la giustificazione che sarebbero sotto il controllo dell'ISIS, ma nessuna prova è stata mai fornita a riguardo.
La campagna mediatica sull'ISIS denota le tipiche tecniche dell'infantilizzazione dell'opinione pubblica, costretta ad inseguire i fantasmi di fiabe/horror, mentre le notizie autentiche rimangono sullo sfondo. Ad esempio, il nuovo emiro del Qatar fa sapere al mondo che non vi è speranza di sconfiggere l'ISIS se non si liquida prima Assad.
Quale potrebbe essere il nesso tra le due cose, la sconfitta dell'ISIS e l'eliminazione di Assad? Il nesso è lo stesso Qatar. Infatti, in base alle notizie non di Russia-Today, ma della stessa stampa "occidentale", è tuttora proprio il Qatar il maggiore finanziatore dell'ISIS; e siamo sull'ordine dei miliardi di dollari. Il Qatar è, dopo Israele, il più importante alleato/complice degli USA nella regione del Vicino-Medio Oriente, e ciò deve pur indicare qualcosa riguardo la vera natura dell'ISIS.
Oggi per molti c'è di che spassarsi con dibattiti storici infiniti su quale sia il vero Islam; ma la fiaba-ISIS è fornita anche in una versione hard per un pubblico a cui piacciano le trame più intricate. Come già aveva fatto in passato per Al Qaeda, Hillary Clinton ha ammesso che i jihadisti dell'ISIS (o ISIL) sono una creazione degli USA, che poi sarebbe sfuggita di mano. L'ex segretario di Stato USA attribuisce però la colpa di tutto alla eccessiva prudenza di Obama, il quale non avrebbe saputo affondare il colpo contro Assad quando era il momento, ed ora si ritroverebbe con la grana ISIS da gestire. La Clinton fa ricorso a tutto il repertorio del machismo occidentalistico, arrivando ad indicare Netanyahu come il modello da imitare. Peccato che Netanyahu, nonostante il divario di forze a suo favore e la sua escalation criminale, non l'abbia affatto spuntata con Hamas.
Ma queste sono circonvoluzioni demenziali per filoamericani ad ogni costo, infatti la Clinton non ci spiega in che modo la caduta di Assad avrebbe potuto rendere maggiormente gestibili le milizie ISIS, visto che la Libia dopo la caduta di Gheddafi è diventata appunto una base per milizie jihadiste. Obama e Kerry sono spesso rimproverati dai commentatori più "occidentalisti" per essersi dimostrati deboli nella vicenda siriana e di essersi ritirati ingloriosamente di fronte ai "niet" di Putin. Al contrario, l'attacco alla Siria, grazie all'invenzione dell'ISIS, ora è in pieno svolgimento. L'ISIS non è per niente sfuggita di mano, visti i risultati che sta dando. Obama dice che non invierà truppe ad occupare terre straniere, ed infatti oggi agli USA non conviene affrontare i costi di un'occupazione, dato che è più che sufficiente la destabilizzazione per ottenere i propri scopi.
Obama e Kerry sono probabilmente soltanto dei public relation-men a cui è affidata la messinscena dell'understatement, cioè di questi USA in panni dimessi, incerti e di basso profilo; mentre invece l'aggressività imperialistica si esercita in modo sempre più spregiudicato dietro le quinte del palcoscenico mediatico. Le cose non vanno diversamente in Europa, dove pure vige il rituale lamento circa una presunta carenza di leadership negli USA, che sarebbe alla base del presunto stallo nei negoziati per il nuovo mercato transatlantico, il TTIP.
Che il negoziato USA-UE sul TTIP tenda allo stallo, è del tutto normale, visto il grado di incompatibilità delle legislazioni delle due aree. Ma le prospettive del TTIP non sono affatto legate alle sorti del negoziato. Un noto economista come Stiglitz ha potuto facilmente osservare che già attualmente non esistono norme o dazi che impediscano il crescere del volume di scambi commerciali tra USA e UE, e che il vero oggetto del contendere riguarda l'allargamento del margine di manovra per le multinazionali, ed il conseguente restringimento della possibilità per gli Stati di introdurre norme di tutela per i consumatori e per l'ambiente. In base a queste considerazioni, era stata consegnata alla Commissione Europea una petizione popolare con un milione di firme per opporsi al TTIP, ma la Commissione di Barroso l'ha respinta. Anche se le trattative non procedono, il TTIP comunque non si tocca.
Il punto è che ciò che non può raggiungere il negoziato, può ottenerlo invece un annichilimento politico/istituzionale non solo dell'UE, ma degli Stati europei. In questo senso, ancora una volta qualsiasi catastrofismo giunge in ritardo, dato che la catastrofe è già avvenuta. Oggi infatti in Europa il soggetto dominante è già un'istituzione esterna all'Unione Europea, cioè il Fondo Monetario Internazionale, il componente principale della cosiddetta Troika. Le "cure" del FMI stanno riducendo la UE a quella condizione di agonia che consentiranno agli USA di varare il TTIP presentandosi non come un semplice partner commerciale, ma ancora una volta come il salvatore dell'Europa, magari contro la tirannia del presunto "Quarto Reich" tedesco. Ma il "Quarto Reich" è solo il paravento mediatico per l'ingerenza e la destabilizzazione di marca FMI.
Il FMI è oggi la massima potenza europea, ma non si è insediato in Europa solo ieri o l'altro ieri. Non provengono dal FMI solo Padoan o Saccomanni, o Dini. Eugenio Scalfari propone oggi di commissariare l'Italia affidando definitivamente le chiavi di casa al FMI. Ma già negli anni '60 e '70, Scalfari era un supporter di Guido Carli, il governatore della Banca d'Italia dal 1960 al 1975. Ebbene, Carli proveniva - guarda la coincidenza - proprio dal FMI, dove aveva militato come direttore esecutivo per l'Italia dal 1947 al 1950. Se si considera che il FMI è stato reso operativo solo dal 1946, Carli può essere considerato il pioniere di una pluridecennale conquista coloniale.
Agli inizi degli anni '70 sul settimanale "l'Espresso" comparvero degli articoli di argomento finanziario con la firma "Bancor", che vennero attribuiti a Guido Carli. Come al solito si fornì un diversivo ludico: far discutere su chi fosse Bancor, e non su chi fosse veramente Carli. Oggi il problema è lo stesso. Basta un piccolo spostamento dell'attenzione, e si è pronti a farsi abbindolare dagli slogan dell'esercito di ghost writer messo a supporto di Matteo Renzi.
 
Di comidad (del 09/10/2014 @ 00:06:25, in Commentario 2014, linkato 2422 volte)
La prova definitiva che Renzi sia semplicemente un pupazzo, è arrivata con la "sua" proposta di seppellire il contratto collettivo di lavoro e di avviare contratti aziendali. I media hanno annunciato l'evento con i soliti toni trionfalistici e fuorvianti, come "sfida ai sindacati", presentando anche il solito Marchionne come l'alfiere ed il profeta dell'iniziativa.
Se i sindacati, per una volta tanto, non volessero stare al gioco delle parti, potrebbero facilmente rivelare chi è invece il vero autore della proposta della contrattazione aziendale in deroga ai contratti nazionali, e cioè il Fondo Monetario Internazionale. Lo scorso 18 settembre il quotidiano confindustriale "Il Sole-24 ore" aveva riportato con evidenza le "raccomandazioni" del FMI al governo italiano non solo sul restringimento della previdenza pubblica e sulle privatizzazioni, ma anche sull'avvio di una contrattazione aziendale a scapito del contratto collettivo.
In effetti il FMI aveva pubblicato un ampio documento/direttiva a riguardo già nel 2012, indirizzandolo all'intera Unione Europea. Il documento era stato oggetto di una discussione dei sindacati a livello internazionale. L'osservazione più ovvia era che il documento si dimostrava incapace di fornire qualsiasi sostegno statistico riguardo ai presunti effetti positivi dei contratti aziendali sulla produzione e sull'occupazione. Tutto il documento si avvita retoricamente intorno ad una tautologica riaffermazione della propria tesi: i contratti aziendali rilanciano la produzione e l'occupazione, e la prova consiste nel fatto che i contratti aziendali rilanceranno la produzione e l'occupazione.
Non si trattava però di una posizione ideologica fine a se stessa, ma di propaganda funzionale ad un'operazione di lobbying delle multinazionali. Il seppellimento della contrattazione collettiva, non seppellisce contestualmente solo il sindacalismo confederale, ma persino l'associazionismo industriale, che perde ogni funzione. La Confindustria già oggi si riduce ad una sotto-lobby finanziaria, ed anche associazioni meno note, ma altrettanto importanti, come la Confapi, perderebbero senso in assenza di un CCNL da firmare. Un'area di piccola e media impresa rimarrebbe senza ombrello contrattuale, divenendo preda del finto sindacalismo di organizzazioni criminali, e quindi bisognosa della "protezione" di compagnie multinazionali. L'esito scontato di una tale situazione sarebbe un ulteriore boom delle delocalizzazioni verso Paesi dell'Est Europa, diventati feudi di multinazionali come la Philip Morris. Il business delle delocalizzazioni di piccole e medie imprese è infatti gestito da multinazionali, che in tal modo esercitano un vero e proprio cannibalismo industriale.
Le "borghesie nazionali" si rivelano così ancora una volta un mito inconsistente, poiché è sempre la sudditanza all'imperialismo a fornire la coscienza di classe dei ceti padronali. Le cose non vanno diversamente per i partiti apparentemente più dotati di base sociale e radicamento territoriale. Sebbene Pier Luigi Bersani fosse un adepto super-allineato delle posizioni del FMI, è stato ritenuto ugualmente inaffidabile come potenziale Presidente del Consiglio. Ciò proprio a causa dei legami di Bersani con la piccola e media impresa, e non solo con la Lega delle Cooperative, ma anche con la Compagnia delle Opere. Che oggi il Partito Democratico si dimostri incapace di difendere persino la propria base finanziaria ed elettorale, dice parecchio sulla penetrazione del lobbying multinazionale.
Purtroppo il dibattito di opposizione già rischia di avviarsi verso la deriva delle preoccupazioni di carattere costituzionale. Certo, l'incostituzionalità della liquidazione del contratto collettivo è facilmente dimostrabile, ma l'incostituzionalità non ha mai impedito nulla in passato. La "più bella Costituzione del mondo" non contiene infatti alcuna normativa che limiti l'ingerenza dovuta alle organizzazioni internazionali ed ai trattati internazionali; per quanto riguarda questi ultimi, addirittura impedisce che vengano sottoposte a referendum abrogativo le leggi di ratifica dei trattati.
La Costituzione "più bella fiaba del mondo", proposta in uno spettacolo di Roberto Benigni di due anni fa, si è risolta quindi in un'ulteriore infantilizzazione dell'opinione pubblica "progressista", chiamata a "sognare" piuttosto che a guardarsi dall'invadenza crescente del lobbying inquadrato nelle organizzazioni internazionali come il FMI. Il riferirsi a categorie astratte come "democrazia", "legalità" o "diritti", esime appunto dal tener conto dei soggetti concreti come le lobby sovranazionali. La "Costituzione più bella del mondo" si è scordata dell'imperialismo. Non sorprende che oggi Benigni sia diventato persino un sostenitore della "cessione di sovranità", secondo lui necessaria, ovviamente per continuare a "sognare". I lobbisti sono un esercito che arruola anche parecchi insospettabili.
 
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


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