Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Insinuare nell'Ordine lo spettacolo compiacente delle sue tirannie,
è divenuto ormai un mezzo paradossale per rafforzarlo. Ecco lo
schema di questa nuova dimostrazione: prendere il valore d'ordine che
si vuole restaurare o sviluppare, manifestare dapprima e a lungo le sue
meschinità, le ingiustizie che produce, i soprusi che suscita,
immergerlo nella sua imperfezione di natura; poi all'ultimo momento
salvarlo malgrado o piuttosto con la pesante fatalità delle sue
tare. Gli esempi non mancano.
Prendete un esercito; manifestate senza fronzoli il caporalismo dei
suoi capi, il carattere ottuso, ingiusto della sua disciplina, e in
questa stupida tirannia, infilate un essere mediocre, fallibile ma
simpatico, archetipo dello spettatore. E poi, all'ultimo momento,
rivoltate il cappello magico e tiratene fuori l'immagine di un esercito
trionfante, bandiere al vento, adorabile, al quale, come la moglie di
Sganarelle, non si può che esser fedele, sebbene battuto (Da qui
all'eternità).
Prendete un altro esercito: mettete in luce il fanatismo scientifico
dei suoi ingegneri, la loro cecità; mostrate tutto quello che un
rigore così disumano distrugge: degli uomini, delle coppie. E
poi tirate fuori la vostra bandiera, salvate l'esercito tramite il
progresso, agganciate la grandezza dell'uno al trionfo dell'altro
( Les Cyclones di Jules Roy). Infine la Chiesa: denunciate
il tema scottante del suo fariseismo, la grettezza d'animo dei suoi
bigotti, dimostrate che tutto questo può avere effetti
micidiali, non nascondete nessuna delle miserie della fede. E poi, in
extremis, lasciate intendere che la scrittura, per quanto ingrata,
è una via di salvezza per le sue stesse vittime, e giustificate
il rigorismo morale tramite la santità di coloro che esso
opprime. (Living Room di Graham Greene).
È una sorta di omeopatia: si guariscono i dubbi contro la
Chiesa, contro l'Esercito, attraverso il male stesso della Chiesa e
dell'Esercito. Si inocula un male contingente per prevenire un male
essenziale. Insorgere contro la disumanità dei valori d'ordine -
si pensa - è una malattia comune, naturale, scusabile; non
bisogna scontrarsi con essa frontalmente, ma piuttosto esorcizzarla
come una possessione: si fa recitare al malato la rappresentazione del
suo male, lo si porta a conoscere il volto stesso della sua rivolta, e
la rivolta scompare in modo tanto più sicuro in quanto una volta
distanziato e osservato, l'ordine non è altro che un miscuglio
manicheo, dunque fatale, vincente sui due tavoli e di conseguenza
benefico. Il male immanente dell'oppressione è riscattato dal
bene trascendente della religione, della patria, della Chiesa, ecc. Un
poâ di male "confessato" dispensa dal riconoscere molto male nascosto.
Si può trovare nella pubblicità uno schema romanzesco che
rende conto molto bene di questo nuovo vaccino. Si tratta della
pubblicità Astra. La storiella comincia sempre con un grido
d'indignazione rivolto alla margarina : "Una mousse alla margarina?
È impensabile!" " Della margarina? Tuo zio sarà furioso!"
E poi gli occhi si schiudono, la coscienza si addolcisce, la margarina
è un alimento delizioso, gradevole, facilmente digeribile,
economico, utile in ogni circostanza. La morale finale è nota: "
Eccovi sbarazzati da un pregiudizio che vi costava caro!" È allo
stesso modo che l'Ordine vi libera dai vostri pregiudizi progressisti.
L'Esercito, valore ideale? È impensabile; guardate i suoi
soprusi, il suo caporalismo, l'accecamento sempre possibile dei suoi
capi. La Chiesa, infallibile? Ahimé, è molto dubbio;
guardate i suoi bigotti, i preti senza potere, il suo conformismo
assassino. E poi il buon senso si fa i conti; che saranno mai le
minuscole scorie dell'ordine in confronto ai suoi vantaggi? Vale certo
il prezzo di un vaccino. Cosa importa dopotutto, che la margarina
non sia altro che grasso, se il suo rendimento è superiore a
quello del burro? Cosa importa, dopotutto, che l'ordine sia un poâ
brutale o un poâ cieco, se ci permette di vivere a buon mercato?
Eccoci, anche noi, sbarazzati da un pregiudizio che ci costava caro,
troppo caro, che ci costava troppi scrupoli, troppe rivolte, troppe
lotte e troppa solitudine.
"Questo è l'unico dei miei
racconti di cui conosca la morale. Non è una morale
meravigliosa, non credo; si dà soltanto che io sappia di quale
morale si tratti: noi siamo quel che facciamo finta di essere,
sicché dobbiamo stare molto attenti a quel che facciamo finta di
essere.
… Suppongo che se fossi nato
in Germania, sarei stato nazista, e avrei massacrato ebrei, zingari e
polacchi, lasciando sporgere i loro stivali dai cumuli di neve,
riscaldandomi all'idea della mia segreta virtù. Così
è la vita."
Kurt Vonnegut (dall'Introduzione a "Madre notte")
La morte di Kurt Vonnegut ci costringe a rintracciare note e appunti
e a deciderci a dire la nostra su questo scrittore, non per obbedire
al, peraltro rispettabile, rituale delle celebrazioni; ma perché
questo evento è diventato l'occasione per i media per
riapplicare a Vonnegut l'etichetta di scrittore satirico.
"Satira" è una definizione al tempo stesso riduttiva e
generica se applicata a Vonnegut. La satira può basarsi sia
sulla demistificazione, sia al contrario sulla riaffermazione dei
luoghi comuni. Vonnegut è stato invece un demistificatore, e
spesso la sua demistificazione ha avuto un effetto satirico, ma si
tratta appunto di un effetto secondario.
Vonnegut ha dimostrato che lo scetticismo antropologico costituisce
un'arma contro la sopraffazione, che le pretese del dominio e le
pretese dell'umanesimo spesso si identificano. Idealizzare l'uomo
è diventata una delle principali tecniche per sottometterlo e
umiliarlo. Vonnegut persegue un umanitarismo senza umanesimo, una
difesa degli esseri umani senza illusioni su di loro, comprendendo
quanto sia labile la loro identità e la loro consapevolezza di
sé.
L'umanesimo dell'800 contrapponeva l'Uomo a Dio, proponeva una
divinizzazione dell'Uomo per congedare Dio. Oggi si deve ammettere che
la maggiore obiezione all'esistenza di Dio è costituita proprio
dalla constatazione di quanto faccia schifo l'umanità. Non
può più valere la pretesa cristiana di giustificare
l'esistenza del Male con la libertà che Dio avrebbe concesso
all'Uomo, perché l'entità del Male che gli esseri umani
possono esprimere è tale, che la sua responsabilità non
potrebbe non ricadere su chi li avesse creati.
L'idealizzazione dell'Uomo è sostenuta soltanto tramite
la continua creazione propagandistica di "nemici dell'umanità",
di mostri inumani, che consentano all'opinione pubblica di continuare a
sostenere la finzione di una propria inconsistente superiorità
morale.
Vonnegut ha adoperato il romanzo per tracciare dei modelli
particolareggiati - dei paradigmi - del funzionamento dei meccanismi di
potere. In uno dei suoi romanzi meno noti, "Madre notte" del
1961, Vonnegut racconta una storia che ha come protagonista
uno scrittore americano - un drammaturgo di talento - che, nel corso
della seconda guerra mondiale, accetta di diventare un agente
infiltrato nelle file dei nazisti.
Howard W. Campbell jr. come personaggio ricalca la vicenda di molti
altri scrittori che, come lui, nel corso del '900 si sono lasciati
affascinare dall'avventura di diventare agenti segreti. Campbell - come
D'Annunzio, o il colonnello Lawrence, o Silone, o Malaparte - è
il tipico intellettuale decadente che vuol fare della sua vita un'opera
d'arte, ed è quindi il candidato ideale per farsi reclutare dai
servizi segreti.
Come Lawrence d'Arabia, Campbell è più di un semplice
infiltrato, è un colonizzatore del campo avverso, al quale
fornisce idee e motivazioni. In effetti Campbell non sa nulla di
preciso del suo vero ruolo di agente. Diventa uno dei principali
esponenti della propaganda nazista, affabula milioni di ascoltatori con
i suoi discorsi antisemiti alla radio, e crede di far tutto ciò
per passare informazioni agli Stati Uniti attraverso un codice segreto.
Alla fine del romanzo, vediamo Campbell in Israele, in attesa di
essere processato come criminale nazista. Suo accusatore, un altro
criminale nazista, che egli scopre però essere stato un
infiltrato come lui, addirittura un agente antinazista di origine
ebraica, ora in forza ai servizi segreti israeliani.
Anche Campbell avrebbe l'occasione di essere "riabilitato",
poiché l'agente americano che lo ha reclutato sarebbe disposto,
disobbedendo agli ordini dei suoi superiori, a testimoniare a suo
favore. Campbell però si suicida prima. Il finale è
ambivalente: Campbell ha preferito la morte perché tormentato
dal rimorso, o perché non ha sopportato la ulteriore
vergogna della rivelazione di essere stato un simulatore?
Il suicidio di Campbell è una protesta contro la sua umana
condizione di manipolatore rivelatosi a sua volta manipolabile, sino ad
aver perduto qualsiasi traccia di una presunta identità
originale.
Campbell ha fatto qualcosa di più che fornire informazioni ai
suoi reclutatori: ha lavorato per confezionare per loro un avversario
su misura, ha contributo cioè a creare quel mostro nazista che
era funzionale all'intervento militare statunitense in Europa. Per
passare semplicemente informazioni non occorreva un drammaturgo, ma per
creare i personaggi di una rappresentazione serviva proprio un
drammaturgo.
Vonnegut vuol dimostrare che l'informazione è solo
un'attività secondaria dei servizi segreti, la loro principale
funzione è l'invenzione. Il colonnello Lawrence inventò
la nazione araba, cosi come altri agenti anglo-americani riuscirono dal
1917 in poi ad inventare l'antisemitismo tedesco. Curzio Malaparte, nel
romanzo "La pelle", rappresentò una Napoli corrotta che non era
ancora reale, ma era però nei programmi dei colonizzatori
americani per cui lavorava.
Il vero agente segreto non è un automa, ma è un
creativo. Anche se il suo ruolo non è del tutto
consapevole, e si fraziona all'interno di una catena di montaggio
della mistificazione, l'agente segreto non si limita mai al riportare i
fatti, egli determina i fatti. L' "Intelligence" è l'alibi degli
apparati adibiti alla provocazione.
Il prototipo dell'agente segreto viene comunemente riconosciuto in
James Bond, mentre in effetti dovrebbe essere individuato nel suo
autore Ian Fleming, che fu effettivamente agente dell'Intelligence
Service britannico e consulente della Cia. Come un "creativo" della
pubblicità, Fleming ci ispira falsi bisogni instillandoci false
paure.
Quando un pubblicitario ci vende una scatoletta di tonno, non svolge
davvero la sua funzione, perché fa leva su un'utilità e
non fa altro che ricordarci che per quello scopo utile c'è anche
quel prodotto oltre che quell'altro. Quando invece il pubblicitario ci
fa provare terrore per gli acari, allora può indurci a comprare
qualcosa che altrimenti non avremmo mai comprato.
Gli acari sono esseri minacciosi quanto invisibili che allignano fra
noi, così come gli Ebrei negli anni '30 o i terroristi islamici
oggi. Al Qaeda è come la Spectre dei romanzi di Fleming -
così come Bin Laden è ricalcato sul dottor No o su
Goldfinger -, non è qualcosa di visibile come uno Stato,
ma è solo un fantasma che può essere evocato a
piacimento.
Gli anni '60 furono gli anni del boom di James Bond e, mentre tutti
erano impegnati a guardare la luna, Vonnegut, contrariamente al saggio
cinese, ci suggeriva con "Madre Notte" di osservare invece il dito che
la indicava. Attenti non a Bond, ma a Fleming.
Umberto Eco, nel suo saggio su Ian Fleming - che si trova nel libro
"Il superuomo di massa" - attribuisce a questo autore una mera
motivazione di intrattenimento. Fleming ricorrerebbe, secondo Eco, ad
un'ideologia manichea per costruire fiabe in cui il Bene ed il Male, il
bianco ed il nero siano evidenti.
Qui sembra che Eco voglia sottrarsi all'accusa di essere un ideologo
del complottismo, un'accusa che, per un intellettuale accademico come
lui, rappresenterebbe la morte civile. In realtà Eco sa
benissimo che le fiabe non sono manichee, sono ambigue. Lo sapeva anche
Walt Disney che si preoccupò di rendere la Regina Cattiva
più attraente per i bambini di quanto non risultasse Biancaneve.
Inoltre James Bond non rappresenta il Bene, è solo il
supercriminale idoneo a far fuori dei criminali. La dimensione
fantastica ed iperbolica dei romanzi di Fleming serve a coprire il vero
messaggio, che si insinua con naturalezza nella mente dei lettori e
degli spettatori: Bond è la soluzione drastica ad un problema
urgente, ad un'emergenza. Ciò che Fleming vuole ottenere
è di convincerci che l'agente segreto affronta le emergenze,
mentre invece nella realtà è egli stesso a crearle.
Howard W. Campbell jr. non fa parte di un generico "complotto", ma
è lo strumento di una guerra coloniale. Anche Fleming è
un colonizzatore, poiché abitua i popoli colonizzati a non
ragionare in base alle minacce concrete ai propri interessi, ma gli
insegna a temere oscure minacce verso categorie astratte, come il
Mondo, l'Occidente o l'Umanità, categorie che coprono ovviamente
gli interessi dei colonizzatori.
Comidad 22 aprile 2007