Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Non pochi commentatori hanno notato che nella pagliacciata di Ventotene allestita da Renzi nella scorsa settimana, la Merkel ed Hollande si sono prestati ad un’operazione propagandistica puramente ad uso dell’opinione pubblica italiana, che viene ancora annebbiata con false prospettive di “Stati Uniti d’Europa” per compensare le attuali euro-miserie degli zero-virgola del bilancio o del PIL. La Corte Costituzionale tedesca ha già più volte ribadito che di “cessioni di sovranità” da parte della
Germania non se ne parla proprio, dato che la loro Costituzione non le contempla (se è per questo, neppure la nostra). L’establishment tedesco rifiuta quindi ogni ipotesi di “Stati Uniti d’Europa” e, quanto a cessioni di sovranità, si accontenta dell’attuale occupazione militare della Germania da parte degli Stati Uniti d’America.
La tutela NATO continua a supportare l’Unione Europea e costringe noi a continuare a sopportarla, ma anche l’assetto NATO presenta qualche crepa. Non è da escludere infatti che nel determinare la Brexit abbia influito l’investitura della Germania come Paese leader d’Europa, una investitura che Obama aveva elargito alla Merkel nel corso del suo ultimo tour europeo. Nel frattempo anche il negoziato TTIP viene dato per fallito e sepolto dal governo tedesco, anche se bisogna sempre diffidare di dichiarazioni troppo stentoree che potrebbero celare la disponibilità a cedimenti improvvisi.
Persino le manovre finanziarie di Mario Draghi sono alla frutta, e la stella del super-Mario appare sempre più appannata. In attesa dell’eventuale implosione totale della UE, i governi della Germania e Francia cercano di trarre il massimo vantaggio possibile dalla situazione attuale, ovviamente a spese del Paese dal quale c’è più da spremere, cioè l’Italia. Qualche anno fa il periodico britannico “The Economist” aveva raffigurato la UE come una barca che affondava. Oggi la UE sembra invece più una zattera della Medusa - quella rappresentata nel famoso quadro di Géricault – sulla quale ci si divorava a vicenda.
Dopo il cannibalismo bancario della Germania, anche il cannibalismo francese ha riscosso infatti un altro risultato con l’acquisizione di un’azienda italiana storica, l’Eridania. L’acquisizione della maggiore industria italiana dello zucchero da parte di una multinazionale francese è stata favorita da una manovra monopolistica di marca UE, che ha stabilito che nel mercato globale c’è posto solo per alcuni operatori europei del settore. Ovviamente si tratta della stessa UE che non tollera “aiuti di Stato” da parte del governo italiano perché potrebbero turbare la “concorrenza”.
Un altro settore in cui l’aiuto di Stato sembrerebbe sottoposto a limiti e impedimenti, è quello sismico. Il pietismo mediatico è stato inversamente proporzionale ai fondi stanziati. Lacrime quante ne vuoi, soldi niente. Mentre si parlava di “trattativa con Bruxelles” per mendicare un po’ di “flessibilità” e Renzi, come di consueto, faceva finta di alzare la voce, il Consiglio dei Ministri si è riunito per stanziare per l’emergenza sismica cinquanta milioni di euro (sic!). Che un Consiglio dei Ministri si riunisca per cifre così irrisorie - che dovrebbero già essere nella immediata disponibilità della Protezione Civile -, indica una verità incontrovertibile: se le emergenze sono vere, allora i cordoni della borsa rimangono ben stretti.
Ma questo è niente, il cannibalismo non manca di sempre nuove risorse. Ad ogni sisma si ritorna a parlare di assicurazione obbligatoria contro i terremoti, un provvedimento che i governi Monti e Letta avevano già cercato di introdurre nel 2012 e nel 2013. Il governo attuale non ha ancora detto niente di preciso a riguardo, ma Forza Italia ha fatto sapere che avanzerà la proposta dell’assicurazione obbligatoria nel corso del dibattito parlamentare sulla Legge di Stabilità. Meno male che ci sono le “opposizioni” a fare da sponda.
Intanto quotidiani e telegiornali, tra una lacrima e l’altra, hanno ricominciato a insinuare suggestioni sui presunti vantaggi per la collettività di un tale provvedimento, che, tanto per cambiare, ci allineerebbe alla sacra “Europa”. Gli argomenti, come si vede, sono molto originali. Dopo il “bail in” bancario, un “bail in” anche per i terremotati?
Le prime reazioni sui blog in parte si soffermano sui profitti che una legge del genere comporterebbe per le compagnie assicurative, in parte deviano sui consueti commenti razzistici, dando per scontato che al Sud gran parte della popolazione si sottrarrà ad un tale obbligo come “già avviene” per la RCA auto, per la quale il solito Sud deterrebbe anche il record delle truffe. Ma poi chi ti assicura che questi dati non siano l’effetto di forzature statistiche per giustificare tariffe più alte? Le compagnie assicurative?
I commenti diversivi aggirano la questione principale, e cioè la gigantesca speculazione immobiliare che un “bail in” per terremotati inevitabilmente implica. Molti cittadini non avrebbero la possibilità di ottemperare all’obbligo assicurativo, perciò sarebbero costretti a vendere le proprie case a prezzi stracciati. Interi paesi e interi quartieri cadrebbero nelle mani delle immobiliari. Una buona occasione per i tanto agognati “investimenti esteri”.
Che il cinquestellismo si sarebbe immediatamente impantanato in indagini giudiziarie che lo avrebbero posto in contraddizione con se stesso, costituiva una di quelle previsioni sin troppo facili.
Se oggi il sindaco Virginia Raggi segnalasse la strana tempestività di certe indagini potrebbe essere facilmente accusata di ricorrere ad argomenti già familiari al Buffone di Arcore ed alla sua corte politico-giornalistica. Visto che da parte dei grillini non lo si era notato a suo tempo, non avrebbe senso per loro ricordarsi oggi che il Buffone stesso deve la sua carriera politica dal 1994, e la sua resurrezione politica nel 2008, a due colpi di mano giudiziari, il secondo dei quali, ai danni del ministro Mastella e della moglie, mise fine al secondo governo Prodi.
La fiaba dell’eterno conflitto tra il Buffone ed i magistrati continua dunque a pesare sul dibattito “politico” ed impedisce di analizzare l’effettivo ruolo svolto dalla magistratura in questi ultimi decenni, cioè quello di ribadire lo stato di sottomissione coloniale del ceto politico italiano nel suo complesso, tenuto in ostaggio dalle indagini per corruzione. La stessa legislazione anticorruzione è strutturata in funzione coloniale, poiché si considera reato la tangente, ma non il riservare a se stessi o ai propri parenti carriere nelle multinazionali. Quando il Movimento 5 Stelle ha posto l’onestà al centro del proprio programma politico, non ha dimostrato l’onestà intellettuale di prestare attenzione ai risvolti colonialistici della corruzione ed alle forme “legalitarie” che la corruzione può assumere in un contesto coloniale.
Il Comune di Roma è in deficit anche perché ha dovuto subire lo stesso tipo di truffa finanziaria sui titoli derivati da parte di multinazionali bancarie. A riguardo risultano interessanti le motivazioni della Corte di Appello di Milano che mandava assolte alcune di quelle multinazionali. Secondo i giudici la “asimmetria informativa” (elegante eufemismo per raggiro) non poteva costituire un alibi per il Comune di Milano, il quale avrebbe dovuto dimostrarsi “all’altezza” del suo ruolo istituzionale. Ecco servita dai giudici una visione del tutto astratta e idealizzata delle istituzioni, le quali non sono più composte da esseri umani qualsiasi, che subiscono la condizione di inferiorità dovuta alla abissale sproporzione di forze che si determina nel rapporto con una multinazionale, ma sono chiamate ad esibire doti e competenze sovrumane. L’inettitudine e l’opportunismo dei politici diventano così l’alibi delle multinazionali, alle quali si riconosce che truffando fanno solo il loro mestiere. Questo è il grado di protezione che delle istituzioni dello Stato ricevono dall’istituzione chiamata a proteggerle. Ma per proclamare la legge del più forte c’era bisogno dei giudici? A quanto pare sì.
La sottomissione coloniale ha ovviamente bisogno di una sostanziosa impalcatura ideologica di stampo razzistico. A riconferma che la cultura non ha mai salvato nessuno dai pregiudizi razziali, lo scrittore Alessandro Baricco ha spiegato il motivo delle diverse sorti delle giunte 5 Stelle di Torino e Roma con il diverso grado di corruzione ambientale tra le due città; per cui la titolazione mediatica ha sorvolato sulle eleganti sfumature dello scrittore e sintetizzato il tutto con un “Torino sana, Roma marcia”.
Che Roma sia per il momento maggiormente nel mirino perché, in quanto capitale, è diventata un bersaglio prioritario per il colonialismo, non sarebbe un’ipotesi da prendere in considerazione, in quanto “complottista”. Il complottismo ovviamente non c’entra niente, mentre c’entrano invece i rapporti di forza. Non sono le trame in sé a fare la differenza, ma il peso in termini di intimidazione, disinformazione e cooptazione che si è in grado di gettare sulla bilancia.
Magari ai militanti 5 Stelle potrebbe anche venire in mente di rileggersi la storia giudiziaria e accorgersi che, con qualche rara eccezione, si trova la magistratura sempre dalla parte del più forte. Ai 5 Stelle potrebbe anche capitare di domandarsi se per caso non siano stati essi stessi irretiti in qualche meccanismo manipolatorio per il quale un finto dissenso interno viene dirottato verso il consenso nei confronti di poteri sovranazionali che accorrano a “salvarci”.
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