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"Propaganda e guerra psicologica sono concetti distinti, anche se non separabili. La funzione della guerra psicologica è di far crollare il morale del nemico, provocargli uno stato confusionale tale da abbassare le sue difese e la sua volontà di resistenza all’aggressione. La guerra psicologica ha raggiunto il suo scopo, quando l’aggressore viene percepito come un salvatore."

Comidad (2009)
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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.

Di comidad (del 19/08/2021 @ 00:18:00, in Commentario 2021, linkato 7100 volte)
Anche in Italia si parla già di terza dose del vaccino Pfizer-BioNTech (forse “non per tutti”, bontà loro), anzi, si ipotizza persino la vaccinazione annuale. Come a dire che la spesa sanitaria dei prossimi anni sarà praticamente “mangiata” dalle campagne vaccinali. Intanto Pfizer aumenta i prezzi delle dosi, e il direttore dell’AIFA, Nicola Magrini, commenta che in fondo è comprensibile, poiché la multinazionale ha bisogno di fondi per la ricerca sulle “varianti”.
Si tratta di una balla colossale, dato che la ricerca sul “vaccino” (o quello che cavolo è) di Pfizer-BioNTech è stata finanziata con mezzo miliardo di fondi pubblici, in parte del governo tedesco ed in parte della Banca Europea per gli Investimenti (BEI). Che il governo tedesco pensasse solo agli affari di casa propria e della propria multinazionale BioNTech, era logico; ma i soldi della BEI coinvolgevano gli interessi di tutta l'Unione Europea.
C'era quindi la piena legittimità per liberalizzare i brevetti dei vaccini. Ovviamente non è stato fatto: una “vaccinolatria povera” sarebbe infatti una contraddizione in termini. La liberalizzazione dei brevetti dei vaccini potrebbe essere un obbiettivo comune tra i “vaccinolatri” idealisti, che si immaginano nelle loro allucinazioni miliardi di poveri assetati di vaccino, ed i cosiddetti “no-vax”, cioè quelli che sono per vaccinazione su basi effettivamente volontarie; non come adesso, con lo Stato “padrino” che ti fa una “proposta che non puoi rifiutare”.
Nel medioevo ai fraticelli che invocavano una “Chiesa povera”, le gerarchie ecclesiastiche replicavano con l'anatema, spiegando che una Chiesa povera non sopravvivrebbe neanche cinque minuti. Senza denaro la religione non fa proseliti; non perché il denaro li compri, ma perché è il denaro a renderti credibile.
Oggi non viene fornita nessuna spiegazione alla mancata liberalizzazione dei brevetti dei vaccini, ma è chiaro che, senza il business delle multinazionali, la campagna vaccinale perderebbe subito il suo “pathos” ed il suo alone mistico, i media smetterebbero di fare terrorismo ed i governi di fare lobbying, per cui le vaccinazioni procederebbero solo su base volontaria e la vaccinolatria si affloscerebbe. Persino i più puri fraticelli della vaccinolatria improvvisamente perderebbero entusiasmo e fede nel loro dio, senza neppure sapersi spiegare il motivo. Il fatto è che il denaro non è solo business o desiderio di arricchimento personale, è fascino, suggestione sociale, poiché il denaro rende straordinariamente serio, importante e indispensabile, agli occhi di tutti, tutto ciò che tocca.

Generosa e compassionevole con i ricchi e potenti, la vaccinolatria è però spietata con i poveri e i deboli. Un tribunale di Modena ha dato torto a due fisioterapiste di una cooperativa di assistenza che avevano fatto ricorso contro la sospensione senza stipendio per non essersi vaccinate. Il “costituzionalista” Sabino Cassese commenta che il tribunale si è “ispirato” al principio di solidarietà. Cassese ha ormai stampata in faccia un’espressione furbastra da cartomante televisivo, ed in effetti le sue argomentazioni hanno qualcosa di sciamanico. “Datore di lavoro” e lavoratore dovrebbero essere soggetti entrambi alla legge; il datore di lavoro non potrebbe pretendere dal lavoratore niente che non sia previsto dalla legge o dai contratti; una legge di obbligo vaccinale non c’è, quindi non ci sono le condizioni legali per sospendere nessuno, ma viene fatto lo stesso in base alle “ispirazioni”. Grazie alla vaccinolatria il “datore di lavoro” può disporre della vita del lavoratore, ed i giudici plaudono. Tra l'altro ai magistrati nessuno osa chiedere se siano vaccinati o meno: i no-vax sono oggetto di caccia solo nelle categorie deboli, come gli insegnanti.
Il governo potrebbe benissimo istituire per legge l'obbligo vaccinale. L'EMA, l'agenzia europea del farmaco, ha concesso agli attuali vaccini solo un'approvazione condizionata, ma gli Stati potrebbero anche decidere autonomamente di pronunciare un’approvazione definitiva. Il problema è che il governo non vuole affatto muoversi nella legalità. Come si vede nei luoghi di lavoro, la vaccinolatria consente di stabilire gerarchie antropologiche, razze superiori e inferiori: i “competenti” e gli “ignoranti”. quelli che “per il tuo bene” possono importi la vaccinazione e il pass, e sotto la massa sottomessa dei “beneficati”, anche loro però gerarchizzati in vaccinati e no-vax, provvisti di pass e sprovvisti. E poi diamo lezioni di civiltà ai Talebani.

La religione vaccinale si avvia a diventare la nuova visione del mondo, la luce che guida e disciplina le masse amorfe. Sin dall’inizio dell’emergenza chi gestisce e pubblica i dati sulla presunta pandemia è la Johns Hopkins University, un centro gravitazionale di interessi finanziari, dove insegnava anche Ashraf Ghani, il fuggiasco presidente dell'Afghanistan. Dal marzo del 2020 c’è un sito per l’Italia, che dà conto dei dati sui positivi, i guariti-dimessi e i deceduti.
Nel sito Mondo della stessa JHU invece la categoria “recovered” (guariti e dimessi) è stata sostituita con “dosi di vaccino somministrate”. La guarigione quindi non è proprio più prevista, non interessa più a nessuno, si prende in considerazione solo la vaccinazione: è il trionfo della vaccinolatria.

Ringraziamo Mario C. “Passatempo” per la collaborazione.
 
Di comidad (del 26/08/2021 @ 00:18:38, in Commentario 2021, linkato 6298 volte)
Quando il Sacro Occidente, all'unisono mediatico, intona il lamento per la propria “sconfitta”, l’antioccidentalista “sgamato” si mette in sospetto poiché sa che la psicodrammatica è uno degli schemi di potere più ricorrenti del sacroccidentalismo. Intanto abbiamo scoperto che, nonostante una certa stanchezza, la guerra in Afghanistan è rimasta “popolare” come nel 2001, con un appoggio convinto di una parte dell'opinione pubblica, che ha vissuto il ritiro come un dramma personale e lo ha usato per rinfocolare i propri istinti guerrafondai.
La ventennale guerra della NATO in Afghanistan ha presentato sin dall’inizio evidenti anomalie, come l’assoluta inconsistenza delle motivazioni ufficiali: la “lotta al terrorismo” appariva infatti fuori luogo, dato che i Talebani non c’entravano nulla con l’11 settembre e farli oggetto della vendetta appariva pretestuoso. Enrico Letta ricorda male: la “esportazione della democrazia” fu tirata fuori tra i casus belli dell’invasione dell’Iraq del 2003, non per l’Afghanistan. A ciò si aggiunge l’evanescenza degli obbiettivi strategici dichiarati. Come molti commentatori hanno già ricordato, il paragone col Vietnam è improponibile, poiché in Afghanistan un vero confronto di forze sul campo non c’è mai stato.
Tutte le guerre imperialistiche sono cordate di affari e le “guerre anomale” più di tutte. La presenza massiccia di ONG sul suolo afgano ha consentito non solo di riciclare il denaro sporco dell'oppio (il cui boom produttivo è coinciso “casualmente” con l’occupazione della NATO), ma anche il denaro pubblico destinato ad iniziative umanitarie, trasformato in investimenti più remunerativi. D’altra parte i business si esauriscono oppure ad un certo punto i costi superano i profitti, perciò può anche arrivare il momento di abbandonare il campo. Ammesso che sia così, sarebbe comunque improprio parlare in questo caso di sconfitta dell’imperialismo.
Gli stessi Talebani, come campioni dell’antimperialismo, risultano abbastanza improbabili, visti i loro organici rapporti con i servizi segreti pakistani. Il rapporto privilegiato con il Pakistan è anche alla base del riconoscimento internazionale che di fatto è stato accordato al nuovo regime talebano da molti governi dell’area. Prima dell'invasione del 2001 i Talebani non controllavano però pienamente il territorio afgano, soprattutto al Nord del Paese, ed è probabile che le cose rimangano così, a prescindere da ciò che deciderà di fare il figlio di Massud.

Presentare l'arrivo dei Talebani a Kabul come la calata dei barbari appare inoltre una palese forzatura. Negli anni ’80, quando gli invasori erano i Sovietici, il Sacro Occidente non si indignava per i burqa o per la mancata istruzione delle donne, oppressioni che c’erano da prima del regime talebano e che il regime comunista locale contrastava. Per di più, in tanti anni di propaganda occidentalista, nessuno straccio di prova è stato mai portato circa i rapporti tra Talebani ed attentati esterni al territorio afgano.
Va anche sottolineato che la NATO non aveva affatto creato un clima idilliaco di rispetto dei mitici “diritti umani”. Due anni fa un rapporto di Human Rights Watch rivelava che in Afghanistan vigeva il terrore delle squadre della morte finanziate dalla CIA. Human Rights Watch ed Amnesty International pubblicano questi rapporti “scomodi” per mantenersi credibili, sapendo però in anticipo che, quando si tratta di crimini statunitensi ed israeliani, non saranno rilanciati dai grandi media: è un compromesso, un gioco delle parti, che consente a queste organizzazioni per i diritti umani di sopravvivere e di tornare utili allorché sulla graticola mediatica deve finire qualche “dittatore” sgradito al Sacro Occidente. Non è realistico ritenere che questi omicidi seriali colpissero solo i Talebani o i loro simpatizzanti, e testimonianze di veterani americani confermano che fossero direttamente coinvolti nei crimini persino i corpi di polizia addestrati dalla NATO.
La superiorità morale del Sacro Occidente si basa esclusivamente sulla potenza mediatica che consente al bue di dire cornuto all’asino. Durante il regime paradisiaco della NATO, i dati ufficiali dell'ONU registravano 2,6 milioni di profughi afgani registrati, gran parte di questi rifugiati in Pakistan ed in Iran. Ma allora la questione dei profughi afgani non allarmava i media come adesso, sebbene i numeri attuali siano inferiori.
Secondo fonti della stessa ONU i rifugiati afgani non registrati sarebbero addirittura qualche milione in più di quelli registrati, la maggior parte accolti in Iran. L'ONU ammette che, pur con qualche problema, l'Iran (Stato “canaglia” per eccellenza, secondo la propaganda occidentalista e infatti colpito da innumerevoli sanzioni) fa molto per assistere i profughi, assicurando l’istruzione anche ai bambini afgani privi di documenti. Gli Stati occidentali invece già litigano tra loro per accogliere qualcuno di quei profughi, su cui pure stanno versando calde lacrime.

Altro aspetto poco convincente della vicenda riguarda l'eccessiva pressione mediatica sul personaggio Biden. Fa parte del roleplay americano assegnare sempre al presidente democratico la parte dell’imbelle, ma a decidere tempi e modi di un ritiro non è il presidente USA, bensì direttamente il Pentagono, che ha anche tutti i mezzi per bloccare eventuali direttive presidenziali non gradite. Se c’è stata “precipitazione” nell’evacuazione, tale da creare la solita “emergenza umanitaria”, appare difficile pensare che sia stata casuale. Nessuna sconfitta sul campo incalzava le truppe NATO o ne metteva in questione l’incolumità, come era accaduto invece a suo tempo in Vietnam, dove le truppe USA dovevano vedersela non solo con la guerriglia Vietcong ma soprattutto con l'esercito regolare nord-vietnamita.
La “emergenza umanitaria” sta già diventando il pretesto per una sorta di parziale reinserimento della NATO, con i “voli umanitari”. Quest’appendice potrebbe rappresentare un modo per proseguire l’ingerenza della NATO; e ci potrebbe anche essere il risvolto di un ennesimo business legato ai profughi, da monitorare con attenzione. I media parlano di un “ultimatum” dei Talebani alla NATO, un'intimazione a sgombrare entro il 31 agosto, ma l'effettiva dichiarazione sembra più un richiamo al rispetto degli impegni presi. Aver fatto questo richiamo è stato comunque un atto di ingenuità, che i media occidentali hanno sfruttato a dovere per alimentare nell'opinione pubblica la psicosi revanscista, infatti sono già cominciate le pressioni per posticipare il ritiro della NATO.
L’artificiosità di questa ennesima emergenza umanitaria pone dei dubbi sulla effettiva volontà di un pieno ritiro della NATO e apre spazio all'ipotesi di un piano per ristrutturare il tipo di presenza militare con l'alibi del “salvataggio”, sia dei profughi, sia delle donne minacciate dal ritorno del burqa. A complicare il quadro sono arrivate nelle ultime ore persino notizie incontrollate su un possibile attacco dell'Isis a Kabul, così il clima di corsa al “salvataggio” è completo. Il “salvataggio” è un alibi tipico del Sacro Occidente, un richiamo della foresta per i colonialisti (pardon, per i “salvatori”) irriducibili. Certo, potrebbe trattarsi solo di uno psicodramma per digerire la frustrazione e ribadire la superiorità occidentale, ma è bene considerare anche ipotesi diverse.

Ringraziamo Claudio Mazzolani per la collaborazione.
 
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


24/11/2024 @ 05:16:23
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