Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
In un articolo del 28 novembre 2007, scritto dagli esponenti di Peacelink Alessandro Marescotti e Carlo Gubitosa, si affermava testualmente:
"La più grande base Nato del Mediterraneo è ora senza alcuna opposizione. Tutti sono concentrati su rigassificatore, emergenza Ilva e morti per cancro. I poteri forti del mondo militare ringrazieranno Vendola per questo capolavoro (... ) il movimento pacifista a Taranto è stato azzerato e "riconvertito". Marcia non più verso la base navale ma verso la zona industriale. Quella zona di veleni e di morte doveva essere presidiata, analizzata e controllata fin nei dettagli da una Regione efficiente e attenta (...) Il movimento per la pace a Taranto ha quindi cessato di esistere per queste scelte della Regione: è un dato di fatto. Non c'è nulla da inventarsi, basta l'evidenza. La lotta contro la violenza degli eserciti ha ceduto il passo alla lotta contro la violenza sull'ambiente e contro le quotidiane violenze del potere che fa riunioni a porte chiuse con l'Ilva e lascia fuori dalla porta (come è accaduto recentemente alla Prefettura di Taranto) non solo i cittadini organizzati per il bene comune ma anche i giornalisti. Che vergogna. La Nato e i poteri forti del mondo militare ringrazieranno Nichi Vendola e i suoi brillanti assessori per questo capolavoro."
Il testo completo dell'articolo di Marescotti e Gubitosa è sul sito Pugliantagonista.[1]
L'attuale vicenda dell'Ilva di Taranto conferma questa analisi di cinque anni fa. Via i veleni dell'Ilva dal Porto di Taranto, per lasciare via libera ai veleni dei sommergibili nucleari, di cui però i cittadini non potranno e dovranno sapere nulla. Si consente di lottare ed informare contro i poteri forti, ma non contro i poteri fortissimi, perciò a Taranto la NATO non si tocca; anzi non si nomina neppure.
La NATO infatti è al di sopra e al di là del giudizio umano, fa quello che vuole e nessuno più ormai si azzarda ad esprimere anche solo perplessità. Pochi giorni fa il ministro degli Esteri, Giulio Terzi, ha rivolto un accorato appello al governo russo affinché abbandoni Assad al suo destino, altrimenti la conseguenza sarebbe una vittoria di Al Qaeda in Siria. Per Terzi il fatto, ormai arcinoto, che le milizie pseudo-islamiche etichettate come Al Qaeda siano direttamente finanziate ed organizzate da due Stati collaboratori della NATO come il Qatar e l'Arabia Saudita, costituisce quindi un dettaglio irrilevante.
Il Segretario di Stato USA, Hillary Clinton, è volata pochi giorni fa in Turchia per minacciare da lì di attuare unilateralmente una "No Fly Zone", cioè un bombardamento a tappeto della Siria. La NATO è libera di attuare i suoi comportamenti aggressivi ed irresponsabili; deve essere invece la Russia a dimostrarsi ragionevole, non certo la NATO.
La Clinton appare realmente fuori di testa, ma, pirandellianamente, recita anche la parte della pazza, con continue dichiarazioni truculente e risate sgangherate da strega dei cartoni animati. Con le sue tattiche di psychological war, la Clinton sta sfidando la Russia ad assumersi il rischio di una guerra mondiale; ciò nella convinzione che alla fine sarà Putin a sterzare davanti al baratro.
La psicopatia diventa un'arma di guerra psicologica che invade i media e contagia anche i singoli giornalisti e commentatori. Secondo le dinamiche del conformismo sociale innescate dalle tecniche di psicoguerra, l'ostilità collettiva non si rivolge contro il forsennato che minaccia la guerra mondiale pur di raggiungere i suoi scopi, bensì contro coloro che sono bersagli dell'aggressione. La Clinton è chiaramente una psicopatica, che parla e si risponde da sola; e quindi come si può pensare di discutere e trovare un compromesso con lei? Il mobbing internazionale si concentra perciò contro Assad e Putin, che non sono certo stinchi di santo, ma hanno il grave torto di sembrare persone equilibrate, quindi meno pericolose e terrificanti.
C'è un "dettaglio" della biografia dei Clinton che è caduto quasi nel dimenticatoio. La Clinton ha accusato Gheddafi prima, ed Assad poi, di sterminare il proprio stesso popolo. Eppure quando la coppia psicopatico-criminale dei Clinton aveva appena assunto il potere negli Stati Uniti, il suo primo atto fu un massacro ai danni della popolazione civile, il massacro del 19 aprile 1993 a Waco in Texas. Vittime della strage furono i componenti di una setta religiosa apocalittica, guidata dal "profeta" David Koresh. Fra le vittime vi furono anche venti bambini e due donne incinte. La motivazione ufficiale dell'assalto fu la ricerca nel covo dei settari di armi da guerra, che infatti non vennero trovate, secondo la migliore tradizione di queste guerre preventive. Si insinuarono anche di sospetti di pedofilia, vista la presenza di bambini nella setta; un ottimo pretesto per ammazzare quegli stessi bambini.
Dopo i primi tentativi di far apparire l'accaduto come un suicidio di massa, la versione ufficiale si assestò sulla linea secondo cui il massacro sarebbe stato perpetrato per una serie di errori di valutazione da parte di agenti dell'FBI, che avrebbero operato per ordine diretto dell'allora ministro della Giustizia dell'Amministrazione Clinton, Janet Reno. La Reno fu la prima donna negli USA a ricoprire questo ruolo di ministro della Giustizia, a riprova del fatto che la psicoguerra usa e distorce il tema dei diritti femminili per veicolare il messaggio del diritto statunitense all'aggressione preventiva.
La ministra Reno si assunse tutte le responsabilità per l'accaduto e, per questo suo "gesto nobile", la Reno fu fatta oggetto di una sorta di santificazione da parte dei media statunitensi, che così fecero apparire la strage come un aspetto secondario. Per quanto oggi possa risultare difficile crederlo, questa soluzione "all'americana" suscitò a suo tempo critiche persino da parte di Gianni Riotta sul "Corriere della Sera". [2]
In realtà una notizia, peraltro anch'essa di fonte ufficiale, smentiva tutta la versione ufficiale sul massacro di Waco, compresa l'assunzione di totale responsabilità da parte del ministro della Giustizia. All'assedio nei confronti della setta partecipò, con funzioni di "monitoraggio", anche un corpo speciale dell'esercito britannico, la famigerata SAS, un'unità specializzata in operazioni di infiltrazione in territorio nemico. Si tratta della stessa SAS che ha operato in Libia, e che sta operando oggi in Siria. La notizia su Waco si trova nel curriculum della SAS, ed è stata ripresa anche dal quotidiano britannico "The Guardian" in un articolo smaccatamente celebrativo su questo corpo speciale. [3]
Invitare un corpo militare straniero a partecipare ad un'azione di polizia interna, non rientra affatto tra le competenze e i poteri di un ministro della Giustizia; quindi Janet Reno mentì, per coprire le responsabilità sia del presidente, sia di qualcun altro. Le indagini congressuali hanno infatti messo in evidenza che, nella decisione dell'attacco e della carneficina, vi fu uno specifico ruolo del "vicepresidente informale", cioè Hillary Clinton. [4]
Janet Reno mentì anche per celare i veri scopi dell'operazione, che erano quelli di sperimentare la costruzione artificiosa di emergenze di antiterrorismo. Nel 1993 fu scelto come bersaglio un personaggio impresentabile come David Koresh proprio per far digerire il massacro ad un pubblico progressista. L'attuale intossicazione propagandistica infatti non consiste soltanto nell'usare antropologie e retoriche di sinistra, come quelle di Vendola e Obama, per imporre politiche reazionarie.
Il fascismo può presentarsi in modo esplicito, come dichiarazione sfacciata del diritto esclusivo del più forte; il fascismo occidentalistico si afferma invece in modo subdolo, perciò la legge del più forte passa attraverso la colpevolizzazione dei più deboli. Se si stabilisce che va difeso dalle aggressioni imperialistiche solo chi se lo merita, alla fine non viene difeso nessuno, e l'antimperialismo diviene un'enunciazione del tutto vuota e astratta. Se ci si fa caso, si tratta della stessa impostazione moralistica per la quale neppure gli operai dell'Ilva meriterebbero solidarietà, perché sarebbero corresponsabili dell'inquinamento.
Venti anni di questa guerra psicologica, peraltro sanguinosa, sono serviti a stabilire che tutto il mondo, Stati Uniti compresi, è un campo di battaglia e che l'amministrazione americana ha il diritto di ammazzare chiunque, e dove gli pare, dato che ha la potenza per farlo.
[1] http://www.pugliantagonista.it/marescotti.htm
[2] http://archiviostorico.corriere.it/1993/maggio/24/strage_dell_Apocalisse_colpa_mia_co_0_93052411114.shtml
http://archiviostorico.corriere.it/1995/luglio/17/Waco_Texas_Apocalisse_americana_co_0_9507171122.shtml
[3] http://translate.google.it/translate?hl=it&langpair=en%7Cit&u=http://www.guardian.co.uk/money/2001/nov/11/wageslaves.careers
http://translate.google.it/translate?hl=it&sl=en&u=http://www.sasspecialairservice.com/sas-history-timeline-operations-list.html&prev=/search%3Fq%3Dsas%2Bwaco%2Btexas%26hl%3Dit%26prmd%3Dimvns&sa=X&ei=iw8qUIfXCpGVswbbzYHACQ&ved=0CHAQ7gEwBQ
[4] http://www.youtube.com/watch?v=RVEkQ9mmzLU
C'è una contraddizione evidente nella vicenda di Julian Assange. Da una parte si osserva una persecuzione meticolosa e astiosa nei confronti del fondatore di Wikileaks, dall'altra parte c'è l'obiettiva esiguità dei moventi dichiarati di questa persecuzione. Non ci si riferisce soltanto alle assurde accuse di molestia sessuale da parte della ex neutrale Svezia; imputazioni che massacrano le "idee chiare e distinte" così care a Cartesio. Il problema maggiore riguarda proprio le accuse di spionaggio mosse dalla potenza verso la quale Assange rischia di essere estradato una volta nelle mani del governo svedese, cioè gli Stati Uniti.
Il fatto che Wikileaks si sia procurato le informazioni che ha successivamente diffuso attraverso tecniche di pirateria informatica, oppure grazie all'aiuto di alcuni "insider", non cambia la sostanza della questione, e cioè che la grandissima parte di queste informazioni riservatissime erano in effetti la classica aria fritta, in alcuni casi persino veline della propaganda. Negli USA molti commentatori, ufficiali e non, si sono cimentati nell'ardua impresa di spiegare all'opinione pubblica il danno incalcolabile che la banda Assange avrebbe inferto alla sicurezza statunitense. Ma nessun dato significativo è stato mai fornito per sostenere questa tesi, perciò ogni argomentazione ha sempre finito per ripiegare sulla retorica stantia del rapporto di "fiducia" fra gli Usa e i suoi alleati, che sarebbe stato incrinato da queste "rivelazioni". In realtà nessun "alleato" si "fida" degli Stati Uniti, mentre la scorrettezza, l'inaffidabilità, la slealtà e la brutalità dei funzionari statunitensi è addirittura divenuta proverbiale in tutti gli ambienti internazionali.
La comunicazione interna ed estera degli Stati Uniti è conformata ai criteri della psicoguerra, perciò gli USA devono il loro prestigio internazionale esclusivamente alla paura che riescono ad incutere, al terrore suscitato dalla loro capacità di non ascolto, alla loro attitudine a trasformare ogni minima resistenza dei propri interlocutori in un pretesto vendicativo. E, per far davvero paura, la prospettiva della vendetta deve sempre essere sproporzionata, esagerata.
Assange è diventato un bersaglio della vendetta USA non per il danno che avrebbe inferto, bensì in quanto simbolo di un atteggiamento antiamericano. In Assange infatti non si riscontra nessuno dei pregiudizi di superiorità occidentale che caratterizzano la grande maggioranza dei progressisti - ed anche rivoluzionari - del sedicente Occidente, secondo i quali si può, e si deve, ogni tanto spremere una lagrimuccia sui poveri popoli del terzo mondo oppressi dallo strapotere delle multinazionali, dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale; ma poi, se qualche politico locale cerca di opporsi a quello strapotere, allora non bisogna perdere un attimo per collocarlo nella lista dei dittatori e dei nemici dell'umanità.
Alcuni commentatori hanno fatto notare che Assange non sarebbe mai assurto ai livelli del divismo internazionale se non avesse ricevuto aiutini ed indulgenze da parte dell'establishment; ma, proprio per questo, la reazione vendicativa è tanto più feroce, proprio perché Assange non è stato al gioco della superiorità occidentale. In questo senso, la scelta di Assange di non accettare di fidarsi minimamente della mitica giustizia britannica e di rifugiarsi nell'ambasciata dell'umile Ecuador, fa parte di questa linea di demistificazione della fiaba occidentalista. Il suo caso è considerato tanto più grave perché egli è un australiano anglosassone, cioè membro di quella comunità internazionale di lingua inglese che, secondo Winston Churchill, avrebbe la missione di reggere le sorti del pianeta. Da ex primo ministro britannico, Churchill espose questa teoria in una sua opera degli anni '50, la "Storia dei Popoli di Lingua Inglese".
Assange è dunque considerato un traditore della sua razza. Una colpa imperdonabile da parte di un'oligarchia imperialistica che trova nella mitologica persuasione della propria superiorità razziale l'unico elemento che la possa differenziare, per metodi ed obiettivi, da una qualsiasi cosca criminale. Il razzismo costituisce infatti quella "falsa coscienza" che salva questa oligarchia criminale WASP dal rischio di vedersi per ciò che realmente è.
Anche la Svezia ha conosciuto un "traditore della propria razza", ed anche della propria classe: il primo ministro Olof Palme. Palme proveniva da una famiglia aristocratica, e ci si aspettava che avrebbe mantenuto il socialismo svedese nell'ambito delle sue tradizioni paternalistiche; invece non solo Palme diede un impulso nuovo al socialismo svedese, ma fu anche l'unico socialdemocratico europeo ad opporsi seriamente alla guerra del Vietnam. Palme fu ucciso in un agguato nel 1986, e per il suo assassinio fu allestita un'inchiesta giudiziaria farraginosa ed inconcludente, uno sfacciato depistaggio, che la dice lunga sul grado di certezza del diritto in Svezia.
Nel suo discorso dal balcone dell'ambasciata dell'Ecuador, Assange si è rivolto anche al presidente Obama invitandolo a cessare "la caccia alle streghe". In queste parole è riecheggiato un suo timore che va ben oltre il rischio di un'estradizione verso gli Stati Uniti e dell'eventualità di una condanna a morte per spionaggio. Probabilmente Assange pensava alla "Kill List" gestita da Obama, che consente al presidente USA di eliminare senza processo qualsiasi persona - anche di cittadinanza americana - considerata un pericolo per la sicurezza nazionale. Queste missioni di assassinio di Stato vengono spesso compiute utilizzando dei droni, e forse anche Assange ora teme di vedersene volare qualcuno sulla testa.
La legge istitutiva della "Kill List" fu voluta da Bush, ma Obama ha sinora firmato per oltre cento esecuzioni, più del doppio di quelle del suo predecessore. Ogni assassinio "mirato" comporta chiaramente una serie di vittime civili che non c'entrano nulla, ma la dottrina ufficiale è che, se stai nei paraggi, proprio innocente non puoi essere. [1]
Alcuni articoli del "New York Times" a riguardo hanno suscitato l'indignazione del senatore John McCain, il candidato in lizza contro Obama alle ultime elezioni presidenziali. McCain però non se l'è presa con Obama, ma con "le fughe di notizie" che comprometterebbero la "sicurezza nazionale". McCain ha chiaramente barato e giocato sull'equivoco, poiché la "Kill List" non è affatto un segreto, visto che esiste una legge istitutiva; ma il richiamo di McCain aveva evidentemente un altro significato. Il problema infatti non riguarda i segreti, ma l'omertà mediatica che deve relegare certe notizie, pur ufficiali, ai margini della comunicazione. Le notizie isolate non fanno opinione pubblica.
Come ha insegnato Goebbels, solo la continua ripetizione crea opinione e, addirittura, confeziona una "verità virtuale", alla quale è quasi impossibile sottrarsi. Da buon repubblicano, McCain vuole mantenere per sé la parte del "duro", e pretende che i media continuino a reggere il gioco delle parti, offrendo del democratico Obama l'immagine di un presidente pacioccone e "riluttante" alla violenza. Obama è un fantoccio confezionato con l'accorto dosaggio di tutti gli ingredienti esteriori del "politically correct", perciò, attenti a non smascherarlo. Insomma, qualche commento ogni tanto sulle pagine interne dei quotidiani, va anche bene, poiché tiene in piedi la farsa del "dibattito democratico"; ma guai a parlarne nei telegiornali in prima serata; lì il cattivo deve essere Assad.
A proposito di uso mistificatorio del "politically correct": il ministro della Giustizia-Procuratore Generale dell'amministrazione Obama è Eric Holder, anche lui un afroamericano; il primo afroamericano a ricoprire quel ruolo. Proprio a Holder è toccato di difendere pubblicamente due "dirty jobs" dell'amministrazione Obama, sia la "Kill List", sia la decisione del Dipartimento di Giustizia di non procedere contro Goldman Sachs per frode bancaria, nonostante le tonnellate di prove raccolte. [2]
Il dibattito democratico in sé è piuttosto innocuo, perché sposta sempre la questione sulle alternative astratte: Libertà o Sicurezza? Legalità o Efficacia nella lotta al terrorismo? Quelle belle discussioni infinite. Qualche commentatore un po' più realista ha fatto invece notare che in realtà la CIA ha sempre fatto fuori chi le pareva, senza mai aver avuto bisogno di leggi speciali antiterrorismo. Incredibile a dirsi, ma oggi il Pentagono e la CIA usano persino l'assassinio come alibi giustificativo per nascondere crimini più inconfessabili.
La "Kill List" è infatti strettamente intrecciata al nuovo superbusiness dei droni, dato che la maggioranza degli omicidi a firma presidenziale vengono commessi con questa arma ipertecnologica, che richiede enormi e continui stanziamenti di fondi da parte del Congresso americano, e perciò ha bisogno di un supporto legislativo. Come arma di guerra guerreggiata i droni si sono immediatamente rivelati una truffa del Pentagono, poiché per uno Stato straniero dotato di un minimo di risorse tecnologiche risulta relativamente facile disturbare questi velivoli senza pilota, come ha dimostrato l'Iran il dicembre scorso. [3]
Ecco perché nascono l'eterna emergenza del terrorismo e l'assassinio mirato per "motivi di sicurezza nazionale", ovviamente contro bersagli deboli e non in grado di difendersi. Questi fraudolenti artifici propagandistici sono l'unico modo per giustificare il saccheggio di spesa pubblica determinato dal business dei droni.
Sarà per tutti un motivo di orgoglio nazionale sapere che oggi la capitale mondiale dei droni si trova in Sicilia, nella base USNavy di Sigonella. Tra le prime vittime dei voli dei droni di Sigonella c'è il vicino aeroporto civile di Fontanarossa, quasi sempre chiuso con i più vari pretesti. [4]
[1] http://translate.googleusercontent.com/translate_c?depth=2&hl=it&prev=/search%3Fq%3Dobama%2Bkill%2Blist%26hl%3Dit%26prmd%3Dimvns&rurl=translate.google.com&sl=en&u=http://www.washingtonpost.com/opinions/obamas-kill-list-is-unchecked-presidential-power/2012/06/11/gJQAHw05WV_story.html&usg=ALkJrhjOB09PVyCKwUwtk8OUvRzVn7Be8A
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2012/05/30/obama-licenza-di-uccidere-la-kill-list.html
[2] http://translate.google.it/translate?hl=it&sl=en&u=http://www.huffingtonpost.com/2012/03/05/us-targeted-killings-eric-holder_n_1320515.html&prev=/search%3Fq%3Dobama%2Bkilling%2Btrial%26start%3D10%26hl%3Dit%26sa%3DN%26biw%3D960%26bih%3D545%26prmd%3Dimvns&sa=X&ei=E60oUNaOMMTSsgbZ84CwCQ&ved=0CEsQ7gEwATgK
http://translate.google.it/translate?hl=it&sl=en&u=http://abcnews.go.com/blogs/politics/2012/08/doj-will-not-prosecute-goldman-sachs-in-financial-crisis-probe/&prev=/search%3Fq%3Dobama%2Bgoldman%2Bsachs%2Baugust%26start%3D30%26hl%3Dit%26sa%3DN%26biw%3D960%26bih%3D530%26prmd%3Dimvns&sa=X&ei=-FIzUNHaJ83bsgbfjYDwBg&ved=0CGAQ7gEwBjge
[3] http://www.jacktech.it/news/hi-tech/techno-frontiere/drone-usa-iran-spiega-come-ha-ingannato-il-sistema-gps.aspx
[4] http://temi.repubblica.it/micromega-online/guerra-ai-siciliani-con-i-droni-di-sigonella/?printpage=undefined
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