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"La distruzione di ogni potere politico è il primo dovere del proletariato. Ogni organizzazione di un potere politico cosiddetto provvisorio e rivoluzionario per portare questa distruzione non può essere che un inganno ulteriore e sarebbe per il proletariato altrettanto pericoloso quanto tutti i governi esistenti oggi."

Congresso Antiautoritario Internazionale di Saint Imier, 1872
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Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.

Di comidad (del 05/08/2010 @ 01:36:19, in Commentario 2010, linkato 2377 volte)
Lo scandalo giudiziario della associazione affaristica soprannominata "P3", è stata l'occasione per il ceto politico e per i media per riproporre lo slogan della cosiddetta "questione morale". Questa formula è però qualcosa di più di un semplice slogan della propaganda, infatti rientra nei meccanismi della "falsa coscienza", cioè una visione del mondo che la maggioranza delle persone adotta involontariamente in funzione auto-protettiva. "Questione morale" è una formula invocata da molti per credere di trovarsi di fronte ad una patologia del sistema, e non al suo fisiologico modo di funzionare.
L'affarismo criminale costituisce un'espressione della guerra di classe dei ricchi contro i poveri, e consiste nello sfruttare le occasioni derivanti dall'occupare una posizione di potere legale che, di per sé, comporta anche molteplici opportunità di aggiramento e violazione della legge. "Affarismo criminale" è una di quelle espressioni che in grammatica e retorica si definiscono come "pleonasmi", cioè ripetizioni/rafforzamenti di uno stesso significato. Non possono esistere infatti "affari legali", in quanto il di più di guadagno, rispetto ad una lecita transazione commerciale o finanziaria, deriva sempre dalla possibilità di violare una legge.
Nessuna legge può consentire tout court di derubare i poveri, ma il fatto di gestire la legge consente di mettere in atto tutti gli accorgimenti utili a violarla ed a raggiungere il risultato voluto. Noam Chomsky ha messo in evidenza come negli anni '80 l'Amministrazione Reagan e i grandi gruppi industriali/finanziari statunitensi si siano accordati per violare sistematicamente la legislazione sul lavoro, lasciandola disapplicata, o applicandola in modo rovesciato. Il piano non avrebbe potuto funzionare se alla cospirazione criminale non avesse partecipato anche la magistratura, in particolare le Corti Supreme dei vari Stati e la Corte Suprema federale.
Allo stesso modo, nessuna legge può esplicitamente stanziare dei fondi per finanziare la delocalizzazione delle produzioni in altri Paesi, ma un governo può chiudere un occhio se dei fondi pubblici legalmente destinati all'innovazione tecnologica in loco delle industrie private, vengono invece dirottati all'estero. Ed è infatti ciò che accade abitualmente dagli anni '80, non soltanto negli USA, ma anche in Italia; anzi sembra la storia della FIAT. La stampa anglosassone oggi plaude a Marchionne, che si sarebbe deciso finalmente ad adottare un trattamento "American Style" nei confronti dei lavoratori italiani, facendo fare una figura da imbecille al governatore del Piemonte, Cota, che aveva detto che i bravi lavoratori di Mirafiori, a differenza di quelli di Pomigliano e Termini Imerese, non rischiavano nulla. In realtà, in fatto di frode sistematica nei confronti dei diritti del lavoro, l' "Italian Style" non è mai stato da meno di quello americano.
La pur blanda legislazione anti-infortunistica sul lavoro oggi vigente in Italia, viene lasciata disapplicata dai governi che avrebbero il compito di vigilare, e ciò per consentire alle imprese di risparmiare sui costi di produzione. Il carico finanziario dell'assistenza agli infortunati che sopravvivono, viene poi scaricato sulle pensioni di invalidità, pagate dai contributi dei lavoratori. Non è l'unico caso in cui l'assistenza viene usata illegalmente per finanziare le imprese, dato che il governo consente sistematicamente al padronato di ricorrere alla Cassa Integrazione Guadagni (pagata dai contributi dei lavoratori) per disfarsi temporaneamente di una parte dei dipendenti, sfruttando poi maggiormente i lavoratori rimasti in azienda tramite gli straordinari. Un bel risparmio netto sul costo del lavoro, ottenuto attraverso un saccheggio illegale della previdenza pubblica.
Le cospirazioni criminali costituiscono quindi pratiche comuni nella guerra di classe dei ricchi contro i poveri, e ciò che viene alla luce attraverso le inchieste giudiziarie riguarda il livello intermedio (o basso, come nel caso della "P3") delle cospirazioni, quello in cui vanno a confliggere gli interessi di cosche affaristiche diverse; ma il delitto non emerge mai quando esso corrisponde all'interesse del padronato nel suo insieme. Questo è il motivo per il quale non ci sono inchieste giudiziarie che riguardino il Fondo Monetario Internazionale o la Confindustria, che pure sono quegli organismi che gestiscono in prima persona, insieme con i governi, il delitto che viene compiuto in nome dell'interesse comune del padronato.
Esistono teorie cospirazionistiche ingenue che attribuiscono la cospirazione ad un'unica centrale che si riproduce attraverso i secoli; ma anche questa visione è l'effetto di una falsa coscienza che vorrebbe scaricare la responsabilità di tutto su una patologia esterna al sistema, che sia riuscita ad impadronirsi del sistema stesso. In realtà i ricchi cospirano contro i poveri senza che nessuno glielo ordini o glielo suggerisca, in base al semplice principio che i proventi del delitto possono consentire di comprarsi anche la legge.
Le cospirazioni criminali diventano inoltre corruzione epidemica, un vero e proprio meccanismo di controllo sociale, che stratifica i gradi di complicità. Le sedicenti "riforme" che imperversano da trenta anni in Italia, determinano un caos diffuso nella Pubblica Amministrazione, che moltiplica e veicola le opportunità criminali anche per i livelli medio-bassi dei cosiddetti colletti bianchi. Defraudare qualcuno dei suoi diritti diventa molto più facile quando la "riforma" ti rifornisce di strumenti di potere, di possibilità di abusarne, ed anche di alibi efficientistici per mascherare ogni sopruso.
Il termine "riforma", in questo significato di destabilizzazione a fini di affarismo criminale, fu adottato e lanciato alla fine degli anni '70 da organismi internazionali come il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale e l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE). Per imitazione, il termine "riforma", in questo senso distorto, è poi penetrato nel linguaggio politico dei vari Stati. Si comprende perciò che oggi definizioni come "riformista" o "riformatore" hanno assunto lo stesso significato di "occidentale", indicano cioè una condizione di sudditanza coloniale e di pratica criminale. Il colonialismo necessita prioritariamente di destabilizzare il tessuto sociale del Paese da colonizzare, rompendo le garanzie sociali preesistenti, e sostituendole con una rete di complicità e collaborazionismi, cioè di cospirazioni criminali; o, se si vuole usare una locuzione più consona al linguaggio giuridico italiano, associazioni a delinquere.
Il potere mondiale degli Stati Uniti si fonda infatti non soltanto sulla aggressività militare, ma soprattutto su questa alleanza organica con le cleptocrazie dei vari Paesi. Ormai è chiaro a tutti che gli Stati Uniti non possiedono la potenza militare che si illudevano di avere negli anni '50 e '60, ed infatti non riescono mai a vincere le loro guerre.
Le continue aggressioni militari statunitensi sortiscono comunque l'effetto di destabilizzare e corrompere gran parte del tessuto sociale dei Paesi occupati, generando una serie di relazioni con i gruppi reazionari e criminali, che si costituiscono in cleptocrazie, ceti dominanti che vedono negli Stati Uniti il loro naturale protettore e punto di riferimento. La guerra di classe globale degli Stati Uniti riesce cioè a collegarsi con le guerre di classe interne ai vari Paesi, costituendo stabili alleanze.
In questo senso, le basi militari USA e NATO non sempre rivestono una funzione militare in senso stretto, ma costituiscono zone franche per ogni genere di traffico illegale, in cui la criminalità locale possa trovare un riferimento ed un asilo. Delle oltre cento basi militari USA e NATO in Italia, poche infatti possono davvero esibire un personale ed un armamento adeguati, che ne giustifichino la funzione militare.
Analogamente, la più grande base militare statunitense all'estero, Bondsteel in Kosovo, risulta essere soprattutto un aeroporto ed un ammasso di magazzini e capannoni, in cui vengono detenute merci di contrabbando e persone sequestrate. Il Kosovo costituisce il caso di uno Stato coloniale creato in funzione di una base militare straniera, ed esplicitamente governato e gestito dalla criminalità organizzata; è un caso talmente evidente e macroscopico che non può essere digerito nell'ambito della formula della "questione morale", quindi si preferisce semplicemente far finta di nulla.
 
Di comidad (del 12/08/2010 @ 01:19:48, in Commentario 2010, linkato 1900 volte)
Il segretario del Partito Democratico, Bersani, ha dichiarato che la formazione di un governo Tremonti potrebbe costituire una tappa necessaria per porre fine al berlusconismo (magari in attesa di un governo Fini). In effetti l'operazione politica in questione è stata preparata da un'intervista rilasciata dallo stesso Tremonti a "La Repubblica", in cui il ministro veniva santificato dall'intervistatore, che era uno degli esponenti più autorevoli del quotidiano, Massimo Giannini.
Il commento, ovvio, che è venuto spontaneo a molti è stato che, evidentemente, Bersani e "La Repubblica" pensano che persino uno come Berlusconi abbia il diritto di essere rimpianto. Non c'è dubbio inoltre che l'eventuale caduta di Berlusconi sarebbe presentata come una sconfitta del suo presunto "populismo", quindi ne deriverebbe un ottimo alibi per farla pagare a carissimo prezzo a quel popolo che - sempre secondo la fiaba imposta da "La Repubblica" - lo avrebbe idolatrato.
In realtà l'ultimo governo Berlusconi è stato già un governo Tremonti mascherato, dato che il ministro dell'Economia è colui che ha assunto tutti i provvedimenti significativi, lasciando al suo fantoccio/prestanome le leggi riguardanti questioni puramente ludiche e ad personam, come il legittimo impedimento, o la possibilità di continuare a dire sconcezze al telefono senza il timore di essere scoperto. Ma la vera impronta politica dell'attuale governo è consistita nell'accelerazione sfrenata delle privatizzazioni, cominciate con la Legge 133/2008 (il Decreto Tremonti, appunto), che ha regalato ai privati i patrimoni immobiliari delle Università e delle aziende idriche.
Il cosiddetto "Federalismo Demaniale" è un'altra creatura di Tremonti, anche se la responsabilità ufficiale è stata lasciata ad una mezza figura come Calderoli. La "riforma della Scuola" porta a sua volta il nome della passacarte Gelmini, ma costituisce anch'essa una spinta alla privatizzazione della Scuola, attraverso il sabotaggio della istruzione pubblica, nella prospettiva della trasformazione delle scuole pubbliche in enti che appaltino il servizio a privati. Al ministro Bondi è stata invece lasciata la responsabilità ufficiale per la privatizzazione degli Enti Lirici e di altri beni culturali.
Nella sua produzione ideologica, Tremonti è riuscito a fare invidia anche alle più scatenate banderuole, ma in fatto di privatizzazioni può vantare invece una altrettanto invidiabile coerenza. Tremonti ha infatti realizzato negli ultimi due anni ciò che non gli era riuscito sei anni fa, cioè mettere le mani sul patrimonio immobiliare pubblico. A suo tempo la Corte dei Conti aveva bloccato il piano di Tremonti di alienare il Demanio dello Stato a favore di affaristi privati. La Corte aveva deciso in base al semplice argomento che non si può svendere un patrimonio alla decimillesima parte del suo valore solo perché all'asta si presenta un solo acquirente che offra una cifra irrisoria.
Stavolta l'ostacolo della Corte dei Conti è stato aggirato con vari espedienti giuridici, come le Fondazioni Universitarie, e le Fondazioni per gli Enti Lirici o per gli Scavi di Pompei. Le Fondazioni sono società miste pubblico/privato, in cui però il privato non ha altra funzione che di rubare, dato che la ricchezza patrimoniale è messa per intero dallo Stato. Anche il Federalismo Demaniale costituisce solo una via traversa per cedere i patrimoni immobiliari pubblici ai privati: i beni demaniali sono stati ceduti a Comuni e Regioni, e questi enti locali si incaricano di "affidarli" a ditte private. Così la Corte dei Conti non può mettere i bastoni tra le ruote, dato che l'affare è di competenza delle autonomie locali e non più dello Stato.
Pochi giorni fa la Corte dei Conti aveva bloccato la privatizzazione della società di navigazione Tirrenia, mettendo allo scoperto che l'affare era viziato dai consueti giochetti: la sottovalutazione del valore patrimoniale della società, ed un'asta a cui si presentava un solo compratore, che rilevava il tutto con quattro soldi. Ma Tremonti non si è perso d'animo, infatti ha fatto commissariare la Tirrenia, l'ha screditata di fronte all'utenza sabotando il servizio, ed ora si prepara a smembrarla ed a cederla pezzettino per pezzettino. Nessuno si stupirà di sapere che anche la Tirrenia possiede, oltre alle navi, anche un patrimonio immobiliare sterminato.
Tremonti dice di essere laureato in Giurisprudenza, ma sei anni fa la sua cultura giuridica si era rivelata decisamente carente, perciò stavolta si è fatto assistere da dei consulenti legali, che gli hanno fornito gli opportuni cavilli per raggiungere l'agognato obiettivo delle privatizzazioni. Nel 2001 Tremonti era riuscito ad imporre la privatizzazione dei patrimoni immobiliari degli enti previdenziali, INPS e INPDAP, ma queste privatizzazioni avrebbero dovuto essere concluse nel 2008, e invece sono andate a rilento per i soliti ostacoli legali; perciò, anche in questo ramo, i consulenti "legali" di Tremonti dovranno escogitare qualcosa.
Il fatto è che non si sono mai verificate nella Storia privatizzazioni "pulite", in cui sia stato rispettato il cosiddetto "profilo della congruità", cioè la corrispondenza del prezzo di acquisto all'effettivo valore del bene acquistato. Nel processo secolare di costruzione della rete di infrastrutture (strade, ferrovie, ponti, acquedotti, ecc.), gli Stati e gli altri enti pubblici hanno dovuto acquisire e valorizzare un enorme patrimonio demaniale. Le ricchezze private, a loro volta, hanno sempre trovato la loro fonte e la loro origine nel furto di questi beni demaniali, ciò attraverso la complicità dei governi o di altri pubblici poteri, i quali spesso hanno continuato ad assistere i ladri anche dopo il furto, permettendo loro di gestire il patrimonio rubato grazie a sussidi, finanziamenti a fondo perduto, sgravi fiscali, ecc.
I ricchi hanno ovviamente avvolto l'origine e i metodi illegali con cui riproducono la loro ricchezza in un alone mitologico e propagandistico, che ne ha occultato il carattere criminale. Questo monopolio ideologico da parte dei ricchi ha finito per condizionare e manipolare le stesse opposizioni socialiste e comuniste, perciò spesso non ci si opponeva al capitalismo reale - quello dell'affarismo criminale assistito dallo Stato -, ma ad un suo fantasma idealizzato. Il senso comune continua così a considerare l'onestà un lusso dei ricchi, ed ignora che in effetti il crimine costituisce l'interesse di classe e la coscienza di classe della borghesia affaristica. Nel 1970 il sociologo/criminologo americano Richard Quinney pubblicò un libro, "La realtà sociale del crimine", in cui, dati alla mano, dimostrava che la stragrande maggioranza dei reati non è commessa da poveri, ma dai ricchi ed, in genere, dai cosiddetti "colletti bianchi", e che però, di questa realtà, non esiste una consapevolezza sociale, proprio a causa della potenza propagandistica dei ricchi. Allorché un Paese è soggetto ad una pressione coloniale da parte delle multinazionali, la prima preda del colonialismo sono proprio i Demani dello Stato. Non a caso il Fondo Monetario Internazionale pone la privatizzazione dei patrimoni pubblici come prima condizione per i suoi prestiti ai Paesi del cosiddetto Terzo Mondo. Ma quando si tratti di Paesi industriali che non dipendono dai prestiti internazionali, come nel caso dell'Italia, il FMI ha a disposizione altre tecniche di colonizzazione, quali l'infiltrazione, la corruzione e la cooptazione delle classi dirigenti. E del resto un Paese come l'Italia, che ha sul suo territorio qualcosa come centoquindici basi militari USA o NATO, certo non può brillare per spirito di indipendenza.
L'anno scorso si è celebrato il ventennale della caduta del Muro di Berlino, e ci è stato detto che dovevamo gioire per la fine del comunismo. Ma poi non ci si è spiegato come mai, dopo le "vittime del comunismo", ci sono state anche le vittime della fine del comunismo, tra cui la "socialdemocrazia europea", lo Stato sociale europeo, e persino l'indipendenza economica dell'Europa, che è stata "terzomondizzata" al punto da diventare una colonia ufficiale del Fondo Monetario Internazionale. Anche mentre farneticava di tesi no-global nelle interviste, Tremonti infatti ha sempre seguito alla lettera l'agenda delle privatizzazioni dettata dal FMI, e ciò costituisce un oggettivo indizio circa il motivo delle sue personali fortune politiche e mediatiche.
Perché allora "La Repubblica" non ci ha detto niente delle privatizzazioni di Tremonti, quando lo ha posto sugli altari?
Sicuramente perché a queste privatizzazioni è interessato anche De Benedetti, il padrone de "La Repubblica" (quando si dice il "conflitto d'interessi"!), ma bisogna constatare che, salvo l'iniziativa episodica di alcuni giornalisti, non esiste in generale un'informazione su questo tema. A posteriori qualche quotidiano ammetterà che la tale o tal'altra privatizzazione è stata fatta in modo sospetto, ma la colpa sarà sempre scaricata sul "capitalismo straccione all'italiana", dato che il dogma delle privatizzazioni in quanto tale non può mai essere messo in discussione. La "libera stampa" costituisce quindi una di quelle mistificazioni di supporto alla mistificazione principale, quella dell'origine "produttiva" della ricchezza privata.
 
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


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