Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Il provvedimento del ministro Sacconi di porre sotto la tutela di un Commissario governativo la Sanità in Campania, si inserisce in una linea di lungo periodo, che prescinde dal “colore” dei vari governi. Il commissariato straordinario per l’emergenza rifiuti in Campania fu infatti istituito dal primo governo Prodi, quando l’emergenza-rifiuti non era ancora in vista.
L’emergenza- rifiuti sarebbe maturata nel decennio successivo, grazie all’azione dei vari commissari, fra i quali nel 2006 si distinse per capacità di intorbidamento anche Guido Bertolaso. Allora Bertolaso non era stato ancora elevato dai media alla gloria degli altari, tanto che l’ultimo governo lo ha potuto ripresentare come una novità; e lo ha ritenuto degno persino di gestire l’emergenza-terremoto in Abruzzo, dove Bertolaso riscuote soldi e onori parassitando il lavoro vero che è svolto dai Vigili del Fuoco, ai quali invece non si lascia beccare un centesimo. Nel frattempo è sorto a Napoli anche un Commissariato straordinario per l’emergenza-traffico, che, per qualche motivo, non è ancora asceso agli onori della cronaca.
Nell’epoca del presunto “federalismo”, l’autonomia amministrativa di una intera regione è stata gradualmente eliminata, e i governi hanno potuto prendere queste decisioni inventandosi pretesti di circostanza, che i giornalisti plaudenti non si sono mai dati la pena di verificare. Il paradosso attuale è che un governo che è debitore della Regione Campania di fondi dovuti per legge e mai versati, ha potuto cancellare d’un colpo questi debiti semplicemente commissariando il creditore.
Dato che il provvedimento avviene nei confronti di una Regione meridionale, il fatto non necessita di giustificazioni, e la sua validità procede per auto-dimostrazione: è una Regione del Sud, quindi è mal governata, quindi va commissariata. Il sillogismo è stato stampato nella mente dell’opinione pubblica da decenni di propaganda, in cui si è distinta la falsa informazione “alternativa” stile “Report”.
L’icona degenere di Bassolino suscita ormai tanto sdegno che la si può utilizzare per giustificare qualsiasi abuso di procedura da parte del governo, anche se poi, con slancio di coerenza, lo stesso governo propone allo stesso Bassolino l’incarico di commissario straordinario alla Sanità, che questi rifiuta.
Nel momento in cui si è stabilito il principio della sovranità popolare, si è contestualmente affermato anche il primato della propaganda per manipolare l’opinione pubblica, sino a crearne una funzionale agli interessi affaristici in campo. La volontà popolare, oltre che manipolata, può essere scavalcata attraverso il ricatto dell’emergenza, che giustifica la pratica del mettere davanti al fatto compiuto e di qualificare ogni dissenso come un sabotaggio. I media alimentano un culto collettivo dell’emergenza, propinando quotidianamente alle masse allarmi e catastrofi incombenti; un vero “allarmisticismo” che allena l’opinione pubblica alla paura, all’ossequio verso coloro che i media spacciano come “esperti”, all’orrore superstizioso nei confronti delle critiche.
Lo stato di eccezione può essere reso regola permanente, sino a considerare l’opposizione un atto irresponsabile, così come ci ha insegnato il presidente della Repubblica Napolitano, leader morale della nazione italiana, secondo le parole del presidente statunitense Obama. Ma questo è solo l’aspetto ideologico della eliminazione dell’opposizione, che viene cancellata soprattutto attraverso pratiche non manifeste.
Mentre la contrapposizione tra democrazia e dittatura è puramente propagandistica, addirittura sloganistica, ha invece un fondamento scientifico la distinzione tra regimi parlamentari e pluralistici da una parte e regimi personali, e/o a partito unico, dall’altra; d’altro canto il colonialismo e gli affari possono vanificare del tutto il pluralismo, infiltrando e soppiantando i gruppi dirigenti dei partiti, sino a rimodellarli ad uso e consumo del partito trasversale dell’affarismo. I media possono, nel frattempo, creare l’illusione dell’esistenza di una opposizione, narrando alle masse la fiaba di uno scontro epico tra “destra” e “sinistra”, ma nessuno riesce a sostanziare il mito di questo scontro in dettagli concreti.
Ogni volta che vi sia palese sproporzione tra cause ed effetti, tra problemi e rimedi, ed ogni volta che fatti evidenti e recenti vengano dimenticati o ignorati dalla “libera informazione”, il sospetto diventa inevitabile, e lo si può aggirare soltanto con l’automutilazione intellettuale in ossequio al conformismo dominante.
È ferrea regola della propaganda, che quando questa insista in modo quotidiano ed eccessivo nel proporre certe formule e nel criminalizzare certe popolazioni, la funzione sia di rendere dapprima oscuro il vero obiettivo, per poi alla fine presentarlo come la ovvia soluzione ad una emergenza. L’immagine ossessivamente riproposta di un Meridione povero e assistito, indica quindi con certezza che questo non è poi così povero che non gli si possa ancora rubare qualcosa.
Ad esempio: senza prove, ma per mera ripetizione, si può convincere tutti che la camorra abbia messo le mani sul business turistico degli scavi di Pompei, in tal modo si apre la strada al commissariamento e all’affidamento a delle ONG statunitensi, che infatti cominciano a fare la loro comparsa, sotto forma di “aiuto disinteressato”. Intanto, sempre a Napoli, le “toghe a stelle e strisce” (molto più reali delle “toghe rosse”) mettono sotto accusa la Sovrintendenza ai Beni Artistici e Culturali, aprendo un altro varco alla penetrazione delle ONG, che possono presentare la loro fittizia facciata no-profit come la salvezza contro la corruzione e il degrado.
Altro esempio: il video di un assassinio commesso ad una stazione della Ferrovia Cumana di Napoli circola in modo ossessivo su internet a “documentare” l’incivile indifferenza di un popolo che fugge invece di interessarsi della sorte di un povero immigrato (per la verità nel video si vede distintamente un passante fermo a chiamare aiuto con il telefonino). La pretesa sarebbe stata magari che la folla, incurante degli spari, si riunisse attorno al moribondo per improvvisare un dibattito sulla violenza, ma anche in questo caso si sarebbe accusata la gente di morbosa curiosità, che trasforma la morte in spettacolo. In tal modo si è aggirata la vera questione: dov’era in quella circostanza l’esercito che da mesi pattuglia Napoli? Perché la sua funzione di ordine pubblico risulta inesistente, mentre appare evidente che l’unico effetto è quello di intimidire la popolazione?
La militarizzazione del territorio campano non ha nemmeno obiettivi occulti, ma solo scopi ignorati dai più, perché omessi dall’informazione, sebbene i testi delle leggi siano facilmente disponibili. La Legge 123/2008, all’articolo 2, ha trasformato ufficialmente le discariche di rifiuti civili della Campania in discariche militari, sotto la protezione del segreto militare, con le relative pene previste dall’articolo 682 del Codice Penale. La Legge 123/2008 non ha fatto altro che ufficializzare ciò che avveniva tacitamente da decenni, e che aveva reso necessario il supporto di un Commissariato di governo.
Viene perciò spontaneo chiedersi se anche il commissariamento della Sanità campana sia in relazione con questa situazione di occupazione militare del territorio. La quantità delle scorie tossiche di origine militare e industriale scaricate in Campania è già considerevole, ma occorrerà mettere nel conto i rifiuti che produrrà la nuova mega-base NATO in costruzione a Giugliano, di cui sinora i media hanno taciuto, con l’unica eccezione di un articoletto sul quotidiano napoletano, “Il Mattino”, che riferiva dei timori espressi in una lettera al governo dal sindaco berlusconiano di Giugliano, per la devastazione che si preparava nel suo Comune. Tra l’altro sono rimasti avvolti nel silenzio anche gli scopi e le funzioni di questa nuova base NATO, poiché sarebbe stato impossibile fornire a riguardo qualsiasi giustificazione strategica.
Il fatto è che lo smaltimento delle scorie tossiche di origine militare, giustifica l’applicazione del segreto di Stato e del segreto militare, dietro i quali può agevolmente insediarsi un traffico di rifiuti tossici di qualsiasi provenienza, basta che si sia disposti a pagare. Le basi militari sono infatti luoghi in cui è possibile fare di tutto, poiché nessuno può andare a controllare.
La reintroduzione del nucleare in Italia riapre in grande stile la questione dello smaltimento delle scorie tossiche, e diventa un ottimo pretesto per la militarizzazione del territorio, e per l’applicazione a tappeto del segreto di Stato e del segreto militare. Mentre è improbabile che il governo riesca davvero ad allestire nei prossimi anni delle centrali nucleari funzionanti, è invece praticamente certo che scorie nucleari stanno già affluendo in Italia da ogni parte del mondo.
Il commissariamento governativo della Sanità campana prelude perciò ad un traguardo più ambizioso, cioè porre anche la salute pubblica della regione sotto il segreto militare, per nascondere gli effetti nocivi della presenza delle scorie tossiche. Il fatto sarebbe inaudito, ma va considerato che era inaudito anche porre delle discariche civili sotto segreto militare, eppure l’hanno fatto, ma nessuno l’ha udito, dato che nessun giornale o telegiornale ne ha parlato; anche se la Legge 123/2008 è reperibile sul sito del Parlamento.
La consueta ora quotidiana che i media dedicano all’odio antimeridionale, si è dilatata in questi ultimi giorni sino ad invadere la comunicazione ufficiale; ciò a causa della presunta decisione governativa di elargire fondi alle Regioni meridionali. Per vendicare tanto oltraggio, da parte di ambienti dello stesso governo si è ritenuto immediatamente opportuno tirare fuori la vecchia e umiliante proposta delle gabbie salariali per il Sud.
Non è una coincidenza che in questa campagna di propaganda antimeridionale si siano distinti proprio gli organi di stampa più vicini al governo, come se l’interesse del governo stesso non fosse quello di distribuire davvero risorse finanziarie al Sud, ma di crearsi un alibi per la propria inettitudine grazie al mito del Meridione assistito, eterno peso morto che vampirizza le risorse del Nord.
Meridione-assistenzialismo costituisce una di quelle coppie semantiche ricorrenti nella propaganda ufficiale, come quella storica “Oriente-dispotismo”, e quelle più recenti, come “crimini-comunismo” o “Islam-terrorismo”. Nella comunicazione ufficiale la coppia semantica svolge la funzione di saltare a piè pari la dimostrazione, facendo appello al conformismo dell’uditorio, che tende a non smentire mai la coppia semantica, per timore che ciò venga bollato come ignoranza e comporti una esclusione dalla discussione.
In questa propaganda si ricorre talvolta alla finzione di fornire dati statistici, ma sempre con l’accorgimento di omettere dati decisivi. Ad esempio: si elencano i fondi stanziati per il Sud, senza precisare quali di questi fondi risultino poi effettivamente versati.
Proprio in questo ultimo provvedimento governativo, il solito trucco è stato riproposto presentando come nuovi stanziamenti dei fondi già previsti da leggi precedenti e mai arrivati a destinazione. Anche dopo il terremoto dell’Irpinia del 1980, vennero spacciati come fondi per la ricostruzione gli stanziamenti che erano già stati previsti per la Legge 167 per l’edilizia popolare.
Del resto la reticenza dei governi a versare quanto dovuto non ha bisogno di giustificazioni di fronte ad una opinione pubblica abituata a ritenere, per dogma, che ogni risorsa che vada al Sud venga immancabilmente intercettata dalla camorra e dalla mafia.
Per la propaganda l’antimeridionalismo è una carta vincente, non conosce barriere di partito o di ideologia, dall’estrema destra alla estrema sinistra, ed è inoltre pienamente condiviso dall’opinione pubblica meridionale. L’antimeridionalismo è utilissimo anche a veicolare altri messaggi propagandistici correlati. Quando, nel settembre del 1943, venne fondata la Repubblica Sociale Italiana, divenne urgente per i fascisti renderla popolare agli occhi della pubblica opinione, e allora il fatto che quello Stato fosse essenzialmente settentrionale, venne presentato dalla propaganda fascista come un vantaggio, poiché veniva a cessare il peso costituito dalla necessità di approvvigionare anche le regioni meridionali, e quindi vi sarebbero state più risorse per la “Padania”. Secondo quanto riferito dallo storico di parte repubblichina Edmondo Cione, quella propaganda funzionò talmente bene, che, all’atto della riunificazione dopo il 25 aprile 1945, vi furono malumori e proteste in alcune città del Nord per il fatto di dover tornare a sfamare i terroni.
Il ricorso all’antimeridionalismo non costituiva una novità per il fascismo. Allorché Mussolini salì al potere nel 1922, vi fu per lui l’urgenza di liquidare la Regia Guardia per la Pubblica Sicurezza - più nota come Guardia Regia -, un corpo di polizia giudiziaria e amministrativa composto da circa venticinquemila uomini, che era stato istituito con il Regio Decreto 02/10/1919 n.1790 dall’allora Presidente del Consiglio Francesco Saverio Nitti. La Guardia Regia fu largamente utilizzata nella repressione antioperaia durante il Biennio Rosso, ma le si rimproverava di sparare anche ai fascisti e di essere rimasta fedele a Nitti. Quando Mussolini fu nominato Presidente del Consiglio dal re, si verificarono gli ultimi scontri armati tra le guardie regie e i fascisti, a Napoli, in Piazza Municipio.
La vicenda della Guardia Regia rappresenta l’unico caso conosciuto di corpo di polizia sciolto con motivazioni razziali. I componenti della Guardia Regia provenivano quasi tutti dalla Basilicata e dalla Puglia - regioni che, “casualmente”, costituivano anche il collegio elettorale di Nitti -, e questa origine meridionale venne presentata, dalla stampa vicina al regime fascista, come il motivo di una irrimediabile inferiorità fisica delle guardie regie, che avrebbe impedito loro di svolgere adeguatamente compiti di polizia.
L’idea che Settentrionali e Meridionali costituissero razze diverse aveva già trovato un sostegno scientifico alla fine dell’800, grazie agli studi di Cesare Lombroso e di alcuni suoi allievi sulla differenza della forma del cranio fra originari del Nord e del Sud. Caduta in discredito e in disuso la craniometria, il divario razziale tra Nord e Sud Italia è andato a poggiarsi su altre motivazioni, di tipo storico-culturale. Alla fine degli anni ’80, divenne popolare la tesi che la superiorità del Nord sul Sud fosse dovuta alle diverse dominazioni subite, quella austro-ungarica al Nord e quella spagnola al Sud. La tesi risultava piuttosto approssimativa e confusa sul piano storico, poiché la dominazione spagnola vi è stata anche in Lombardia, e quando al Nord vi era la dominazione austriaca, il regno del Sud era indipendente; però questa tesi incontrò ugualmente un travolgente consenso mediatico. Paolo Guzzanti, che è un giornalista sempre molto rigoroso, oculato e selettivo nel vagliare ogni sua informazione - e se non è una cazzata, non la dice - intrattenne anni fa per una intera serata i telespettatori su questa tesi pseudo-storiografica.
È da sottolineare però il fatto che l’attuale propaganda sulla superiorità del Nord sul Sud Italia, contiene una ambivalenza, poiché condiziona questa superiorità alla sottomissione a potenze straniere. Ci sono quindi tutte le premesse ideologiche per la “balcanizzazione” dell’Italia, in vista della sua trasformazione in una serie di repubblichette che vivano in funzione della presenza di una base NATO o USA e della sua annessa rete di loschi traffici. Se questa tendenza alla balcanizzazione dell’Italia non si è ancora concretizzata del tutto, è perché vi sono anche delle controtendenze, tutte interne, però, alla logica del potere NATO.
Attualmente l’Italia impiega le sue Forze Armate in tutta una serie di teatri bellici, sotto l’egida ONU o NATO (che è in pratica la stessa cosa). Soldati e marinai italiani si trovano in Afghanistan, nei Balcani e in Libano, impegnati nelle solite missioni “di pace” o missioni “umanitarie”. Di recente, il presidente USA ha anche preteso un ulteriore impegno italiano in Afghanistan. La dislocazione di Forze Armate italiane su tanti teatri, comporta necessariamente l’esistenza di uno Stato italiano unitario, in grado di sostenerle e pagarle.
Le recentissime dichiarazioni del leghisti Bossi e Calderoli sulla opportunità di riportare a casa i soldati italiani, vanno lette proprio nell’ambito di questo scenario; come a dire: se cessa l’interesse USA a utilizzare un impegno militare italiano all’estero, cadrà automaticamente ogni residuo interesse degli stessi USA a tenere ancora unita l’Italia, perciò preparatevi. Si tratta perciò di uno di quei messaggi tutti interni al ceto politico, che usano una pubblica opinione ignara solo come amplificatore minaccioso.
C’è anche da considerare che soltanto le forze armate potrebbero impedire delle secessioni, ma Forze Armate “italiane”, in senso stretto, non esistono più da tempo, poiché l’addestramento e l’indottrinamento in ambito NATO hanno fatto sì che i quadri dell’Esercito, della Marina e dell’Aviazione, siano fedeli agli USA e non ad un’Italia che è già una finzione giuridica. Molte basi militari italiane sono ormai il paravento di basi USA; basti pensare alla base dell’Aeronautica italiana a Cameri, che costituisce solo una dependance della base NATO di Solbiate Olona. Tutto questo senza neppure considerare il coinvolgimento diretto di molti quadri delle Forze Armate ex-italiane nei loschi traffici gestiti dalla NATO, cosa che comporta una complicità molto più concreta con l’occupante straniero.
Quindi le condizioni materiali per riconvertire l’attuale Banana Republic italiana in una serie di Basi NATO Republic già ci sono, e occorrerà vedere se, e quando, maturerà un interesse statunitense a realizzare pienamente tutto ciò.
GLI EFFETTI DELLA MONNEZZA MILITARIZZATA DALLA LEGGE 123/2008
Da Il Corriere del Mezzogiorno di lunedi 3 agosto 2009
Inceneritore Acerra off limits per 33 operai licenziati dai soldati .
Elettra Energia manda a casa le maestranze: «Dopo 8 anni siamo stati messi alla porta da un maresciallo»
NAPOLI — Il termovalorizzatore di Acerra diventa off limits per 33 operai: dalla sera alla mattina tutti licenziati. A consegnare le lettere di ‘‘risoluzione del rapporto di lavoro’’ un maresciallo in anfibi e mimetica. Ché l’impianto mangia- rifiuti è presidio militare. Ma la verità sta nel fatto che la Elettra Energia, la società novarese che gestisce l’inceneritore e cui fanno capo gli operai, si è sentita più sicura se fosse stato un militare a fronteggiare i licenziati; non si è voluto esporre il management al rischio di intemperanze. Che in verità non ci sono state, tanto è risultata stordente la notizia per quanti, da 8 anni, sia di giorno che di notte hanno prima montato l’impianto e poi fatto funzionare.
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