Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
La dichiarazione del nuovo presidente della Camera Gianfranco Fini, secondo il quale ammazzare inermi passanti è meno grave che bruciare bandiere israeliane, è stata interpretata da molti esponenti della sinistra come un diversivo, un modo per minimizzare l'assassinio avvenuto a Verona ad opera di presunti naziskin. In realtà la dichiarazione di Fini aveva uno scopo molto più evidente e preciso, cioè imporre una gerarchia di reati al cui vertice c'è il delitto di leso colonialismo; perciò sono state le reazioni della sinistra a risultare piuttosto deboli, ispirate ad un antifascismo astratto e ideologico, che non tiene conto dell'effettivo ruolo storico, di strumento del colonialismo, che il fascismo ha svolto. Gianfranco Fini è un erede della tradizione della Repubblica Sociale Italiana, perciò per comprenderne l'atteggiamento occorre vedere la RSI al di fuori del mito propagandistico che ancora si tende ad accettare supinamente su di essa. Secondo questo mito - che di recente anche Giampaolo Pansa si è incaricato di avallare e alimentare -, la Repubblica di Salò avrebbe costituito una disperata testimonianza di coerenza e di fedeltà all'alleato tedesco, quindi una scelta puramente etica ed estetica, la cui ferocia sarebbe derivata proprio da questa disperazione.
Questa falsificazione non tiene conto di un dato noto a tutti gli storici della seconda guerra mondiale, e cioè che per tutto il 1944 fu realistica l'ipotesi del cosiddetto "cambio di fronte",ovvero la possibilità che gli Anglo-Americani rivolgessero le armi contro l'ex-alleato sovietico, arruolando a questo scopo la Germania e l'Italia in funzione subordinata.
La Repubblica Sociale Italiana non nacque quindi in nome della coerenza e dell'onore da difendere, ma su un progetto di Stato anticomunista, strumento della colonizzazione anglo-americana dell'Italia. Nonostante il fervore di contatti diplomatici, questo progetto non andò in porto, probabilmente a causa dell'avanzata più rapida del previsto da parte dell'Armata Rossa, ma ciò non impedì che, a guerra finita, il personale nazifascista fosse in gran parte arruolato dagli Stati Uniti per combattere la Guerra Fredda. I "nuovi" servizi segreti tedeschi e italiani furono costituiti in parte preponderante da "ex" fascisti e nazisti. Il cambio di fronte quindi avvenne, però dopo la fine delle aperte ostilità; perciò non senza che fascisti e nazisti pagassero un prezzo molto più alto di quanto non avessero sperato.
Uno dei fatti che Pansa mette in ombra, è proprio che dopo il 25 aprile del 1945 nessuno poteva essere ancora sicuro che la guerra civile fosse davvero finita e nessuno sapeva neppure quale sarebbe stato l'atteggiamento degli Anglo-Americani. Sta di fatto che la lista di criminali fascisti e nazisti passati al soldo degli Stati Uniti è inesauribile. Che la guerra civile sia continuata anche dopo il 25 aprile non è quindi un fatto sorprendente, e non può essere attribuito a mero desiderio di vendetta e di potere dei partigiani rossi. Il Movimento Sociale Italiano fu un partito che si presentava come anti-sistema, ma che in realtà prosperava dentro il sistema, dato che occupava l'alta burocrazia ministeriale, la Polizia, l'Arma dei Carabinieri, i servizi segreti e l'Esercito. Il fascismo italiano passò quindi con estrema disinvoltura dal nazionalismo - un nazionalismo peraltro ambiguo e venato di autorazzismo -, ad una concreta collaborazione con la colonizzazione anglo-americana, giustificandosi con la necessità della difesa contro il pericolo comunista. L'unica coerenza che si può quindi riconoscere ai fascisti, è di essere stati per sessantacinque anni i fedeli servitori del colonialismo anglo-americano, perciò il Gianfranco Fini paladino di Israele, non fa altro che richiamarsi a questa tradizione. Ad alcuni può sembrare strano che ad atteggiarsi oggi a campione del filo-sionismo sia proprio Fini, il delfino di quel Giorgio Almirante che fu un firmatario del Manifesto della Razza - insieme con Giorgio Bocca, Giovannino Guareschi, Amintore Fanfani -, che servì da supporto alle leggi razziali promulgate da Mussolini nel 1938. Non c'è nulla di strano se si considera invece che nel 1938 l'equazione che veniva imposta dalla propaganda anglo-americana era quella dell' Ebreo come comunista.
Oggi la propaganda ufficiale impone l'immagine dell'Ebreo come americo-sionista, e questa generalizzazione viene imposta con la stessa tecnica di guerra psicologica usata sessanta anni fa: l' "emblematico". Lo stesso fatto può essere ritenuto assolutamente rappresentativo o assolutamente trascurabile a seconda se passi o meno per il filtro propagandistico della emblematicità. Attualmente il sionismo è usato dal colonialismo statunitense per scaricare sulla "lobby ebraica" la responsabilità dell'aggressione nei confronti del mondo arabo. Ma il sionismo è sempre stato un'efficace arma di guerra psicologica, persino quando era numericamente e politicamente irrilevante.
Nel 1917, in piena prima guerra mondiale, il ministro degli esteri britannico Arthur Balfour, con una pubblica lettera a Lord Walter Rothschild, riconobbe il diritto degli Ebrei ad una patria in Palestina, a compenso di un presunto contributo degli stessi Ebrei nella guerra contro la Germania e l'Austria-Ungheria. La dichiarazione Balfour fu un atto di guerra psicologica davvero micidiale: le centinaia di migliaia di Ebrei che combattevano - e spesso morivano o rimanevano feriti - nelle file tedesche ed austro-ungariche diventarono un dettaglio trascurabile, mentre divenne "emblematico" delle vere intenzioni ebraiche qualche centinaio di sionisti che collaboravano con il colonialismo britannico.
Nelle false ricostruzioni storiche orchestrate dalla propaganda ufficiale, ancora si finge di interrogarsi sulle motivazioni dell'antisemitismo di Hitler, e si arriva a tirare fuori le sue presunte origini ebraiche o il trauma per lo scolo che gli avrebbe attaccato una prostituta ebrea, dimenticandosi della Dichiarazione Balfour, che per il morale dell'esercito tedesco fu una terribile mazzata. Si può certo sorridere sulla credulità e passività di Hitler nei confronti della propaganda anglo-americana, ma in quanti oggi possono dire di non essere altrettanto creduli e passivi?
L'attuale sinistra, o presunta tale, è anche il prodotto di un secolo di guerra psicologica che la porta a sopravvalutare determinati eventi e moventi di carattere ideologico e a perdere invece di vista i fatti più concreti. Per decenni il sionismo ha potuto accreditarsi come "di sinistra" a causa di un'esperienza limitatissima come il socialismo volontario dei kibbutz israeliani; nel frattempo si sono chiusi gli occhi di fronte al ruolo molto più rilevante che ha svolto per la crescita del sionismo il reclutamento di criminali comuni, di un'origine ebraica tutta da verificare.
Il movente ideologico è spesso la copertura di movimenti che sono stati costruiti artificialmente dal colonialismo attraverso il ricorso alla criminalità comune, e ciò è particolarmente evidente per un fenomeno come i naziskin, che deve il suo successo non al fatto di sfruttare la "paura del diverso", ma allo spaccio di stupefacenti e alla protezione poliziesca.
15 maggio 2008
Fra i commentatori ufficiali si è diffusa una sorta di nostalgia per la cosiddetta “sinistra radicale”, con una serie di interrogativi annessi, tra i quali il chiedersi se sia stato saggio liquidare delle formazioni politiche che erano utili a fare da sponda propagandistica e da capro espiatorio per le colpe e i ritardi più svariati.
La questione è mal posta, dato che il colonialismo non esprime un pensiero politico, ma solo slogan; e non agisce in base a considerazioni strategiche, ma si muove seguendo schemi elementari - per quanto subdoli -, secondo i quali si è fatti fuori non quando si costituisce un pericolo, bensì non appena si cessa di esserlo. Questa è la storia di un Saddam Hussein, che accetta di smantellare i suoi missili a testata chimica e quindi subisce l’invasione. Ma, in Italia, è anche la storia di un Moro, ucciso dopo aver rinunciato a denunciare la subdola ingerenza statunitense nella vicenda dello scandalo Lockheed; o di un Craxi, caduto dopo essere divenuto osservante filo-americano, da filo-arabo che era.
Il segnale politico della liquidazione della cosiddetta “sinistra radicale”, è stata la sua supina accettazione della nomina dell’ex capo della polizia De Gennaro a commissario straordinario per l’emergenza rifiuti a Napoli. Il segretario dei Comunisti Italiani, Diliberto, manifestò in quella occasione la sua cattiva coscienza in modo freudiano: si mise a fare battute razzistiche sul sangue di San Gennaro, mentre era evidente che la sua vera preoccupazione era per quello che avrebbe combinato De Gennaro.
L’incarico ad un provocatore di professione come De Gennaro, ha immediatamente sortito i suoi prevedibili effetti, per cui Napoli, oltre all’emergenza rifiuti, ora deve subire anche un’emergenza di ordine pubblico. L’informazione ufficiale si è incaricata di narrarci le mirabolanti imprese di presunti “abitanti delle periferie napoletane”, trasformatisi di colpo in provetti guerriglieri che assaltano i campi Rom con tattiche militari da accademia. Anzi, alcuni giornali locali avevano persino anticipato gli eventi di alcuni giorni, spiegandoci nei dettagli i preparativi delle varie guerriglie e insurrezioni di Chiaiano e di Ponticelli.
Dall’uomo che aveva prima organizzato i falsi scontri al G-8 di Genova, per poi trarne il pretesto dei famigerati massacri, non ci si poteva aspettare di meno, ed a questo punto il vero problema è solo di capire cosa stiano coprendo queste false emergenze. È ovvio che la presenza a Napoli del molo in cui stazionano i sommergibili nucleari statunitensi pone l’esigenza di avere a disposizione dei siti in cui smaltire le scorie e, di conseguenza, richiede un territorio sotto il pieno controllo coloniale.
Inoltre la fedeltà a tutta prova da parte di De Gennaro al padrone statunitense, è nota da sempre, tanto che l’ex-presidente della Repubblica Cossiga, durante un’interpellanza parlamentare del novembre 2006 (di cui c’è anche un video su YouTube), lo definì, oltre che come “losco e sporco figuro”, anche: “manutengolo della FBI americana”.
In quella circostanza Cossiga stava difendendo i suoi amici del SISMI dagli sviluppi giudiziari del caso del sequestro dell’imam Abu Omar, che si erano trasformati in un bis dello scandalo Lockheed. La CIA, dopo aver costretto il SISMI a collaborare al sequestro, aveva provocato una fuga di notizie per farlo mettere sotto inchiesta dalla magistratura italiana. A gestire le intercettazioni giudiziarie c’era, ovviamente, l’uomo di fiducia degli USA, cioè il solito De Gennaro. In questo modo la CIA, dopo aver fatto il proprio comodo sul territorio ex-italiano, avrebbe ottenuto anche di far smantellare il braccio segreto di tutte le operazioni affaristiche dell’ENI, cioè appunto il SISMI. In quella circostanza Cossiga non ha commesso l’errore di Moro, e ha fatto capire che per salvare se stesso e gli affari dei suoi amici del SISMI e dell’ENI, era pronto anche a sputtanare gli Stati Uniti.
È interessante anche il motivo - o il pretesto - di quella famosa interpellanza di Cossiga, ottenere cioè dall’allora ministro degli Interni Amato la lista dei giornalisti stipendiati dal vertice della Polizia. Chissà quanti nomi di eroici cronisti delle finte emergenze, delle finte guerriglie e delle finte faide camorristiche che avvengono a Napoli, si trovano in quella lista.
Ancora non si sa se De Gennaro abbia concluso o meno la sua missione a Napoli, ma comunque è certo che i suoi padroni non rinunceranno ai servigi del suo talento di provocatore e del suo staff di guerriglieri e giornalisti.
22 maggio 2008
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