Le provocazioni del governo olandese nei confronti dell’Italia, presentata come Paese di allegri spendaccioni, hanno suscitato l’ovvia reazione di ricordarsi del bue che dice cornuto all’asino. Le dimensioni abissali del debito privato olandese avevano già determinato all’epoca di Draghi
un carteggio/contenzioso tra il governo olandese e la Banca Centrale Europea.
All’immagine dell’Olanda come Paese stra-indebitato possono aggiungersi altri corollari poco edificanti, come l’Olanda paradiso fiscale o come l’Olanda narco-Stato, dato che questo Paese è il primo esportatore di droghe sintetiche, secondo la
denuncia di un sindacato di polizia olandese.
Ma forse questo tipo di contestazioni, pur legittime, non coglie il nocciolo del problema. Lo scorso anno il “Corriere della Sera” dedicò ampio spazio ad
un’intervista al ministro dell’Economia olandese. La tesi del ministro olandese consisteva in un raffronto tra l’indebitamento pubblico dell’Italia e la sua ricchezza privata, soprattutto immobiliare. Il ceto medio italiano è infatti il più benestante del mondo ed anche il meno indebitato. Il ministro concludeva che una tassa patrimoniale potrebbe portare in Italia un riequilibrio tra debito pubblico e ricchezza privata.
Si ricorre spesso alla metafora del guardare il dito invece della Luna che il dito sta indicando. In alcuni casi però si indica la Luna proprio per distrarre dal dito. Il dito da cui non distrarsi, in questo caso è proprio il ”Corriere della Sera”. Il giornale “borghese” per antonomasia, il giornale dell’establishment, usava il ministro olandese come sponda per lanciare la proposta della tassa patrimoniale. In Italia, e proprio in Italia, c’è un’oligarchia finanziaria scontenta del fatto che il nostro ceto medio sia poco indebitato, tanto più che ci sarebbe parecchio patrimonio immobiliare da saccheggiare a spese di nuovi debitori.
Sarebbe un’interessante partita di giro (o presa in giro): spillare quattrini al ceto medio col fisco in nome dell’emergenza, trasformare quei soldi in aiuti statali alle banche in nome della stessa emergenza e poi riprestare il tutto alle famiglie, sperando che le insolvenze possano essere felicemente risolte con un’ondata di pignoramenti di immobili.
La “sinistra”, come al suo solito, si assume il ruolo del parafulmine. Il PD ha cominciato a proporre una sorta di contributo straordinario da parte di chi percepisce redditi più alti, in modo da assistere "chi ne abbia bisogno".
La destra ha avuto quindi buon gioco a gridare al pericolo in vista della tassa patrimoniale.
Si tratta del gioco consueto della propaganda di destra che impugna la bandiera della riduzione fiscale contro la “via fiscale al socialismo”. Anche in questa circostanza si potrebbe ridurre il tutto al gioco del bue che dice cornuto all’asino, ricordandosi che fu proprio un governo del Buffone di Arcore a fondare Equitalia. Il punto vero però è un altro. La cosiddetta “sinistra” è un’appendice ideologica della destra, una sua proiezione.
Pare infatti abbastanza ingenuo porre il problema delle disuguaglianze nei termini di costringere il ricco Epulone della parabola del Vangelo di Luca a ridistribuire parte dei suoi averi al povero Lazzaro. Il dato vero invece è che nei prossimi mesi già è prevista una pioggia di liquidità a favore degli Epuloni, cioè le banche e le maggiori imprese. Come è sempre successo in base ai canoni dell’assistenzialismo per ricchi, gli aiuti elargiti dallo Stato alle banche in gran parte si tradurrebbero in acquisto di titoli di Stato, in particolare BTP; in tal modo lo Stato diverrebbe ulteriormente debitore nei confronti delle banche, tramite gli stessi soldi che lo Stato ha in precedenza regalato alle banche. Sembra il MES: ti do dei soldi in modo che tu me li presti, così divento tuo debitore.
Tutto questo gioco non ha alcuna motivazione economica ma si regge esclusivamente sulla mistificazione. Non è infatti assolutamente spiegato, né spiegabile, il motivo per cui oggi il governo italiano avrebbe bisogno di mettere tasse o di indebitarsi con i BTP o con i mitici Coronabond. L’inflazione è attualmente sotto lo zero e il prezzo del petrolio è sui venti dollari, quindi non c’è nessun rischio di deficit della bilancia commerciale. Dall’anno scorso il prezzo del petrolio è crollato dell’80%. Il governo potrebbe uscire dall’euro senza alcuna difficoltà e stamparsi tutti i soldi che vuole. Quelli che ci ammonivano che non avremmo più potuto comprare petrolio se fossimo usciti dall’euro, dove sono finiti? Dove sarebbe il problema di avere una moneta debole quando il prezzo del petrolio, e di tutte le altre materie prime, è così basso?
La Brexit ha anche reso meno netta l’identificazione tra l’UE e la NATO, perciò una liquidazione dell’euro potrebbe trovare un ombrello britannico. L’unico Paese che si ritroverebbe in difficoltà per una fine dell’euro, oggi è proprio la Germania. Se si esce dalle suggestioni e si guarda ai dati reali, con il prezzo del petrolio sui venti dollari il potere contrattuale e di interdizione della Germania nei confronti dell’Italia e di altri Paesi europei, è attualmente azzerato. Se si considera anche la situazione del sistema bancario, si riscontra che i rapporti di forza in Europa sono addirittura invertiti rispetto a dieci anni fa. I due maggiori malati del sistema bancario europeo sono infatti tedeschi: Commerzbank e Deutsche Bank. Il maggiore azionista di
Commerzbank è il governo tedesco, cosa che non ha impedito ai conti della banca di precipitare in questi anni.
Lo scorso anno è anche fallito il tentativo di fusione tra i due grandi malati del sistema bancario tedesco, poiché gli azionisti non hanno voluto saperne di sborsare soldi a sostegno dell'operazione. L’unica prospettiva a questo punto, sia per Commerzbank sia per Deutsche Bank, è il
salvataggio pubblico. È vero che le regole europee non valgono per la Germania ma solo per gli altri, sarà però comunque un salvataggio costoso.
Il governo tedesco oggi non sarebbe in grado di minacciare un bel nulla ad uno Stato che decidesse l’uscita dall’euro o, più modestamente, di farsi
una moneta autonoma a circolazione interna come i certificati di credito fiscale, consigliati all’Italia non solo da esperti autoctoni ma anche dall’economista americano James Kenneth Galbraith.
Non esistono motivazioni economiche per l’arroganza tedesca e per il servilismo italiano e non si tratta neppure di ricorrere alla psicologia dei popoli. Il fatto è che l’economia è solo un’utile astrazione, una valutazione delle risorse materiali e finanziarie, mentre i veri soggetti concreti in campo sono le lobby e i business. Nel momento in cui in Italia si vogliono ridefinire i rapporti di classe a spese del ceto medio da proletarizzare e depredare, è scontato che le oligarchie finanziarie italiane cerchino sponde all’estero e quindi enfatizzino la potenza della Germania davanti all’opinione pubblica italiana. Tutti i media italiani sono stati chiamati a sostenere la finzione ed
anche i “trasgressivi” della rivista “Limes” sono stati riallineati per l’occasione.
Si crea una simulazione della legge del più forte e si estorce sottomissione in base a quella simulazione. All’inizio si induce l’opinione pubblica a prendersela con i cattivissimi tedeschi, salvo poi convincerla che sì, i tedeschi sono cattivi, ma che alla fin fine hanno pure ragione a non fidarsi di noi. Nel gioco rientra anche l’asse Lombardia/Baviera: davanti all’opinione pubblica del Nord la colpa di una patrimoniale potrà essere scaricata sui presunti "mantenuti" del Meridione, passando facilmente dal risentimento antitedesco ai sogni secessionisti di abbraccio con la Baviera.
Giuseppe Conte non aveva perciò alcuna necessità di andare ad umiliarsi davanti alla Merkel; era invece la Merkel ad avere bisogno di quella sceneggiata per puntellare il proprio mito traballante. Ciò non vuol dire che il Presidente del Consiglio partecipi consapevolmente alla mistificazione. A Conte si può applicare quella diceria che circola nei Palazzi di Giustizia: non c’è bisogno di dire avvocato stupido, basta dire avvocato. Conte si attiene a ciò che i suoi presunti “tecnici” gli fanno credere. Si tratta per lo più non di tecnici dell’economia ma della suggestione, cioè lobbisti esperti di pubbliche relazioni. Gli stessi media ne sono affollati.
La potenza mediatica è essa stessa una componente dei rapporti di forza e può servire a dissimulare altri punti deboli dell’assetto di potere, che altrimenti risulterebbero evidenti. La Germania non ha più un potere di ricatto ma, grazie ai media, si può far credere che ce l’abbia ancora. Da qui l’importanza dei lobbisti camuffati da economisti. Si tratta sempre della formula mediatica degli “esperti” che si atteggiano ai papà e mamma che rinfacciano al figlio quanto fa schifo lui e quanto sono bravi gli altri. Potrà funzionare finché le debolezze della Germania non risulteranno troppo evidenti.
Ringraziamo il compagno Claudio Mazzolani per la collaborazione e le segnalazioni.