Il patto firmato da Macron e dalla Merkel il 22 gennaio scorso ad Aquisgrana, antica capitale del Sacro Romano Impero di Carlo Magno, ricalca altrettanto antiche ipotesi geopolitiche. Si è molto discusso in passato sul fatto che Francia e Germania costituirebbero assieme una nuova superpotenza globale. Tutte chiacchiere, ovviamente. Vari commentatori hanno fatto opportunamente notare che due leader politici come Macron e Merkel, deboli in patria e nel contesto internazionale, possono oggi trovare il loro unico sfogo nel bullizzare gli altri partner europei.
Se la Framania non ha funzionato neppure ai tempi di Carlo Magno e si sciolse immediatamente alla sua morte, niente fa supporre che possa funzionare adesso e le prove inconfutabili di ciò sono arrivate tempestivamente con la crisi venezuelana. Macron e la Merkel hanno mandato avanti il loro vassallo spagnolo a sostenere una linea anti-Maduro assolutamente priva di qualsiasi appiglio nel diritto internazionale: o convochi subito nuove elezioni o riconosceremo il presidente “autoproclamato” Guaidò. La posizione “europea” avrebbe potuto avere un senso se si fosse limitata a chiedere elezioni immediate in Venezuela minacciando in caso contrario una rottura dei rapporti diplomatici. La minaccia di riconoscere un altro presidente assume invece il senso di una plateale istigazione alla guerra civile. Un vero e proprio crimine internazionale, del tutto analogo a quelli già commessi con la Libia e con la Siria.
Questo Guaidò è chiaramente un tipo losco, un delinquente comune subito coinvolto dagli USA e dal Regno Unito in un furto dei beni venezuelani all’estero; quindi un uomo del tutto inadatto a comporre un’alternativa a Maduro e ad attuare un cambio ordinato di regime. Guaidò è invece l’uomo adatto ad innescare una guerra civile. Qui non si tratta di stupirsi ogni volta del dato ovvio per cui le pretese “liberal-democrazie” si rivelano regolarmente golpiste, criminali e guerrafondaie, bensì di sottolineare la loro totale incapacità di far politica e di andare oltre i riflessi condizionati ai segnali pavloviani dell’anticomunismo e del razzismo.
Quali sarebbero infatti per l’Europa le conseguenze di una guerra civile in Venezuela? La messa fuori mercato di quello che potenzialmente sarebbe il maggior produttore mondiale di petrolio e quindi la salita del prezzo del greggio alle stelle nei prossimi anni. Per un’Europa già in affanno economico è davvero un bel risultato. Come diceva il Fouché di Federico Zardi: “è peggio di un delitto: è un errore”.
La nuova e presunta superpotenza della “Framania” si sta rivelando perciò, come si diceva una volta, il solito lacchè dell’imperialismo USA. La guerra civile in Venezuela e la destabilizzazione permanente di questo Paese, potrebbero infatti avvantaggiare esclusivamente gli Stati Uniti, sia per motivi finanziari che per motivi commerciali. Dal punto di vista finanziario, perché ogni aumento del prezzo del petrolio comporta un aumento della richiesta di dollari, che sono la principale moneta di scambio internazionale. Uno dei maggiori clienti attuali del Venezuela, la Cina, non potrebbe più aggirare la forca caudina del dollaro per rifornirsi di petrolio.
Dal punto di vista commerciale, perché gli USA, tramite investimenti faraonici, sono diventati
i maggiori produttori di petrolio ricavato dalla frantumazione delle rocce di scisto. Su questo business sono nate corporation enormi come la Hess, che stanno rischiando seriamente il tracollo, trascinandosi dietro l’intera economia americana. Si tratta infatti di un petrolio talmente costoso da risultare competitivo sul piano commerciale solo se il prezzo del petrolio è stabilmente altissimo; un obbiettivo tutt’altro che facile da raggiungere in una fase di stagnazione economica.
In questi anni di destabilizzazione il Venezuela è già sceso dal secondo all’undicesimo posto tra i Paesi esportatori di petrolio. Gli USA nei giorni scorsi hanno varato
altre sanzioni finanziarie contro l’agenzia petrolifera venezuelana per infliggerle la mazzata finale.
L’effetto al rialzo c’è stato, ma neanche questo sarà sufficiente per consolidare un aumento dei prezzi. Per mantenere
il prezzo del petrolio a livelli alti occorrerà infatti tenere fuori mercato per anni alcuni tra i principali produttori potenziali, in modo da condizionare le aspettative per il futuro da parte dei compratori ed indurli ad accettare contratti di fornitura a lungo termine del costoso petrolio di scisto.
Non c’è da dubitare del fatto che la lobby del petrolio di scisto abbia svolto un notevole ruolo in questi anni nella destabilizzazione del Venezuela, diventato vittima di una vera e propria invasione di
ONG “umanitarie”, impegnate nel fomentare l’opposizione e finanziate sfacciatamente dal Dipartimento di Stato USA.
Tra le tante balle che ci avevano raccontato negli anni passati, c’era anche quella che l’autosufficienza (anzi, l’iper-produttività) energetica raggiunta dagli USA grazie al petrolio di scisto, li avrebbe indotti a non destabilizzare più il Vicino e Medio Oriente. Al contrario, proprio a causa del petrolio di scisto, la destabilizzazione si è estesa a livello planetario. Chiunque produca petrolio e gas - e sia in grado quindi di far concorrenza agli USA - non potrà più stare tranquillo.
Se non ci fosse la Russia ad ostacolare il cialtrone Trump, non sarebbe rimasto nessun altro a tutelare gli interessi economici dell’Europa, che starebbe ora a svenarsi per comprare petrolio di scisto. E questa sarebbe la “Framania”. E i figli della Padania, invece?
Per inseguire i voti degli Italiani del Venezuela, in maggioranza ostili al chavismo, Salvini ha dimostrato ancora una volta di essere un cialtrone persino peggiore di Trump, abbandonando il diletto Putin e aderendo immediatamente alla suicida posizione franco-tedesca. Se non fosse tragico, verrebbe da ridere a pensare alla faccia di Salvini allorché gli chiedessero di accogliere un milione di profughi venezuelani.