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"Politically correct" è l'etichetta sarcastica che la destra americana riserva a coloro che evitano gli eccessi del razzismo verbale. "Politicamente corretto" è diventata la locuzione spregiativa preferita ovunque dalla destra. In un periodo in cui non c'è più differenza pratica tra destra e "sinistra", la destra rivendica almeno la sguaiataggine come proprio tratto distintivo."

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LA FINTOCRAZIA DEI PRESTANOME
Di comidad (del 02/11/2017 @ 00:28:35, in Commentario 2017, linkato 2467 volte)
Una provvida inchiesta giudiziaria della Procura di Firenze è giunta tempestivamente a conferire spessore ed alone di persecuzione al ritorno del Buffone di Arcore nell’agone politico. L’inchiesta giudiziaria è servita ad infiammare nuovamente il popolo arcoriano ed a convincere i dubbiosi della fiaba sull’immutabile carisma del suo leader, al quale gli avversari della “sinistra” saprebbero opporre soltanto attacchi delle “toghe rosse”.
Il 19 ottobre scorso, nello scenario del parlamento europeo, si era svolta la conferenza-stampa con la quale il Buffone di Arcore aveva celebrato ufficialmente il suo rientro nello scontro elettorale. La buffonata ha assunto il rango di un vero e proprio rituale collettivo, poiché i politici e i media hanno fatto finta di non accorgersi della finzione. Più senile e demente del solito, il Buffone ha offerto uno spettacolo penoso, riuscendo a condurre la conferenza stampa soltanto con il sostegno di una badante seduta alla sua destra.
L’ennesimo riciclaggio del Buffone, stavolta in chiave “europeistica”, ha assunto toni grotteschi allorché lo stesso Buffone ha intrattenuto l’uditorio sulla consueta fiaba dei “settanta anni di pace” garantiti dall’unità europea. È significativo che la fiaba sia stata riproposta proprio da lui che, nel 2011, come Presidente del Consiglio assistette inerte e inerme all’attacco franco-britannico ad interessi italiani in Libia. Un attacco che fu iniziato con un vero e proprio atto ostile nei confronti dell’Italia: il sorvolo non autorizzato degli aerei francesi che andavano a bombardare la Libia in spregio ad una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU che parlava solo di “no fly zone”. La “pace in Europa” in quell’occasione fu preservata in base ad un unico elemento, cioè l’inconsistenza umana e politica del governo italiano, tanto da far legittimamente sospettare che la presenza di un governo fantoccio fosse proprio funzionale ad operazioni coloniali.
Nello stesso 2011 la fintocrazia arcoriana si palesò sino in fondo con la rimozione d’imperio dello stesso Buffone attraverso un vero e proprio colpo di Stato presidenziale che impedì soprattutto lo sbocco costituzionale nelle elezioni anticipate e diede avvio al governo pseudo-tecnico di Mario Monti. Anni di buffonate avevano accreditato l’immagine mondiale di un Paese allo sbando, bisognoso di tutele, perciò l’aver resuscitato politicamente il cadavere del Buffone alla fine del 2007 si dimostrò un’operazione coloniale nella quale lo stesso Buffone aveva svolto il ruolo di prestanome.

Del resto i governi fantoccio non sono un’esclusiva della destra, dato che nel 1999 fu un governo di “sinistra”, quello di Massimo D’Alema, a collaborare con la NATO per sancire il passaggio sotto il controllo coloniale statunitense e tedesco di un‘altra colonia commerciale dell’Italia, la Jugoslavia. D’altra parte sarebbe troppo comodo personificare la debacle della “sinistra” degli anni ’80 e ’90 nei vari Occhetto, D’Alema o Bertinotti. La debacle infatti ha coinvolto tutta la sinistra, a partire dalla sinistra “rivoluzionaria”, che si è bevuta lo “story telling” della “globalizzazione”, senza rendersi conto che non si trattava altro che della recrudescenza del caro e vecchio colonialismo. La sinistra, malata da sempre di “propositività” e di atteggiamento “costruttivo”, non riesce a rendersi conto del fatto che alla base di Stati, Imperi e Nazioni non vi è nessun principio ordinatore, nessun progresso, bensì soltanto uno schema di destabilizzazione-sopraffazione che rimastica continuamente se stesso. È pur vero che spesso la “propositività” è solo un alibi per l’opportunismo, ma questo è un altro discorso.
A distanza di sei anni l’avventura libica della NATO non vanta più pubblici estimatori ed anche le “primavere arabe” sono circondate di scetticismo a posteriori.
Peccato che lo scetticismo arrivi sempre troppo tardi e che, di fronte al presente, sia vissuto sempre come una colpa; quindi il colonialismo può continuare indisturbato la sua opera di destabilizzazione, camuffandola come “questioni interne”.

A riconfermare la fiaba dei “settanta anni di pace in Europa” è giunta adesso la crisi spagnola con la minaccia di secessione catalana. La fintocrazia non è un problema soltanto italiano, visto che i governi spagnoli hanno consentito per anni l’azione destabilizzatrice di Organizzazioni Non Governative come “Independent Diplomat” sul proprio suolo, salvo correre tardivamente ai ripari con brutali operazioni di polizia che hanno immediatamente richiamato l’attenzione di un’altra ONG, Human Rights Watch.
La fintocrazia coloniale si avvale del contesto della finzione mediatica, che finge di credere che l’avventurismo indipendentista di mezze figure come Puigdemont e soci sia solo una questione interna spagnola sulla quale discettare da pulpiti distanti e neutrali, quanto illuminati. Sennonché il quadro non è affatto così semplicistico. Un ex diplomatico britannico ha rilasciato al quotidiano online “The Independent” alcune dichiarazioni nelle quali ha sostenuto l’interesse britannico ad una Catalogna indipendente, in modo che la penisola iberica non rimanga sotto il controllo di Madrid.
Il fatto che tali dichiarazioni siano state affidate ad un ex diplomatico potrebbe indicare che il governo britannico intenda, al contempo, mantenere la sua ufficiale neutralità nella vicenda ed anche far sapere agli indipendentisti che l’appoggio sotterraneo comunque non verrà a mancare. Ma, anche senza fare supposizioni, quelle dichiarazioni sarebbero sufficienti a chiarire che ogni destabilizzazione di un Paese coinvolge direttamente gli interessi di altri Paesi e che il colonialismo non trova affatto il suo avversario nei nazionalismi, bensì li fagocita nel calderone della destabilizzazione.
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


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