La crisi bancaria avrebbe potuto costituire l’occasione per il ceto politico di tornare alla grande nel sistema bancario. Tutte le condizioni apparivano favorevoli. La Banca Centrale Europea aveva riconosciuto l’inapplicabilità del “bail in” e l’inesistenza del “terzo pilastro” dell’unione bancaria europea, cioè il fondo comune di garanzia dei depositi, il che era come dire che gli altri due pilastri sono solo chiacchiere e minacce a vuoto. In fatto di euroscetticismo i siti da preferire sono quelli rigorosamente “europeisti”, poiché più palese che mai vi risulta la constatazione che
in Europa non c’è alcun regime bancario in comune, perciò ognuno potrebbe fare come gli pare.
Č il governo tedesco ad opporsi fieramente ad una condivisione dei rischi bancari ed è lo stesso governo tedesco che oggi si trova in difficoltà internazionale, grazie agli attuali ardori filoamericani del presidente francese Macron. Il governo italiano avrebbe potuto facilmente approfittare delle difficoltà tedesche. Pier Carlo Padoan ha invece escluso la soluzione semplice, logica e meno costosa della nazionalizzazione delle banche venete, preferendo la soluzione “privatistica”, una vera cannibalizzazione delle piccole banche da parte del maggior gruppo bancario italiano; e i costi della “digestione” sono stati messi interamente a carico della spesa pubblica. Al “mite” Gentiloni è toccato perciò di allestire un colpo di mano parlamentare, con tanto di imposizione della fiducia.
Si è molto insistito mediaticamente sulle malversazioni che avrebbero condotto alla crisi bancaria in Italia, come se potessero mai esistere banchieri onesti e come se l’austerità non c’entrasse nulla con le insolvenze dei debitori. Quanto a malversazioni l’attuale decreto del governo ha fatto invece impallidire i crimini commessi in precedenza. Tempo fa aveva suscitato indignazione il fatto che Padoan avesse piazzato la figlia Eleonora alla Cassa Depositi e Prestiti, banca sotto il controllo del governo. Lo stesso Padoan non ha però ritenuto di far assorbire le banche venete dalla stessa CDP o da BancoPosta, forse perché temeva che la carriera della figlia se ne avvantaggiasse. Che uomo integerrimo!
Un Padoan prossimo alla fine del suo mandato di ministro dell’Economia lascia il terreno ingombro di macerie e, soprattutto, stabilisce che ogni crisi bancaria da questo momento in poi, invece di essere risolta rapidamente, si trasformerà in una via crucis. Tutte le considerazioni di opportunità si schieravano quindi a favore della soluzione della nazionalizzazione, ma c’era soprattutto una considerazione di carattere politico che riguarda la stessa legittimità dello Stato. Nel 2014 la BCE, nella persona del Super-Buffone di Francoforte (in arte Mario Draghi), impresse
una spinta decisiva alla crisi bancaria affermando che dovevano considerarsi a rischio tutte le banche che, come quelle italiane, detenessero una grande quantità di titoli del Tesoro di Paesi ad alto debito pubblico.
Si trattava di un’affermazione che, ancorché fosse stata vera, avrebbe avuto un senso in una riunione di banchieri centrali e di ministri dell’Economia, non certo in una dichiarazione pubblica. La Banca Centrale Europea ha additato al pubblico ludibrio lo Stato come debitore non credibile e quindi come diretto responsabile della crisi bancaria, aprendo così una fase di vera e propria destabilizzazione finanziaria; quello che si potrebbe definire un reato di aggiotaggio, se i vertici della BCE non fossero dotati di immunità giudiziaria. E poi dicono che il sistema bancario si regge sulla “fiducia”! E allora perché si consente a Draghi di seminare il panico?
Il Buffone di Arcore, in pieno fervore europeistico dopo la nomina di un italoforzuto alla presidenza del parlamento europeo, ha avanzato
una proposta di candidatura per il Super-Buffone di Francoforte alla Presidenza del Consiglio. Fa sorridere anche la sola ipotesi che uno come Draghi, abituato all’Olimpo del lobbismo e dell’impunità sovranazionale, possa accondiscendere a degradarsi ad un ruolo da paperoga qualsiasi, quale quello di Presidente del Consiglio italiano.
Quindi la BCE non come “Super-Stato”, ma come “Antistato”, un’agenzia di destabilizzazione europea, una specie di lobby del cannibalismo bancario. Nel momento in cui viene attaccata la sua credibilità di debitore, lo Stato vede compromessa la sua legittimità, perciò non potrebbe più permettersi timidezze o esitazioni, ma dovrebbe assumersi direttamente la responsabilità della gestione del sistema bancario.
Un filosofo hegeliano direbbe che è questione di natura etica dello Stato. Più pirandellianamente, ma forse più efficacemente, si potrebbe invece dire che tutta la baracca si regge sul fatto che ogni tanto lo Stato faccia finta di esistere. La politica perciò può permettersi di riservare allo Stato la parte del semplice Pantalone nei periodi tranquilli; nei periodi di crisi vera allo Stato andrebbe invece attribuita la parte del Padre Nobile, quello che si dimostra anche capace di prendere in pugno la situazione. Il messaggio a Draghi sarebbe stato evidente: più tu destabilizzi il sistema bancario, più noi lo nazionalizziamo.
Da sempre lo Stato è una finzione giuridica, ma oggi manca pure la voglia di fingere. Anzi, la finzione c’è stata, ma all’opposto. Padoan infatti si è messo dalla parte della lobby del cannibalismo bancario, fingendo di non accorgersi che questa lobby ha assoluto bisogno di screditare uno dei principali debitori delle banche, cioè lo Stato. In questo contesto oggi Intesa San Paolo cannibalizza gli altri, ma rischia a sua volta di essere cannibalizzata domani.