Ciò che parte da premesse false di solito è falso. La
Giornata del Ricordo del 10 febbraio parte dalla premessa che la vicenda delle foibe sia stata per decenni oscurata e dimenticata e che occorra restaurare una memoria. Sta di fatto che non è così. I primi processi sulle foibe, con tanto di condanne (peraltro con motivazioni approssimative), furono celebrati a Trieste già nel 1948; ed inoltre sull’argomento vi fu una propaganda a livello internazionale che coinvolse persino l’opinione pubblica statunitense. Il vittimismo fascista si dimostrò funzionale al riciclaggio del personale del vecchio regime in funzione della costituenda NATO: dalla camicia nera alla camicia a stelle e strisce. La propaganda ufficiale omette questi dati incontrovertibili e si ha quindi la sensazione che da ben settanta anni non si stia cercando affatto di restaurare una memoria sulle foibe, bensì di fabbricare un mito.
La questione delle foibe rientrò in quel clima di regolamento di conti interno che cercava di presentare la situazione italiana come dominata da una presunta egemonia comunista e quindi giustificava un clima di eversione dall’interno delle istituzioni; un clima che sarebbe esploso alla fine degli anni ‘60 con una serie di attentati e provocazioni. Sono precedenti che rendono poco credibile il fervore “sovranista” di gran parte dell’attuale destra, tanto più che i precedenti sono confermati dall’attualità.
Che l’aspirazione alla sovranità nazionale assuma come principale punto di riferimento un presidente degli Stati Uniti rappresenta un notevole paradosso. Ciò potrebbe apparire un ennesimo successo del cosiddetto “soft power” americano, cioè della capacità degli USA di manipolare la stupidità europea. Certamente è anche così, ed in effetti a distanza di otto anni attorno a CialTrump si alimentano le stesse false speranze che accompagnarono l’elezione di Obama. In realtà però sono soprattutto le ambiguità europee a consentire di mascherare le mistificazioni di CialTrump.
L’attuale occupante della Casa Bianca si pone in continuità con il lamento obamiano sullo scarso contributo finanziario degli Europei alla NATO; ma sino a qualche settimana fa CialTrump minacciava addirittura
un ritiro degli USA dalla NATO se l’Europa non avesse fatto la sua parte, ovvero comprare più armi americane.
Secondo il giornalista americano Alan Friedman (una scadente imitazione di Oliver Hardy) gli USA imporrano agli Stati membri della NATO di impegnare almeno il 2% del loro PIL; per l'Italia si tratterebbe di un aumento di spesa di 15 miliardi e, ovviamente, di più per Francia e Germania.
Ancora una volta da premesse false discendono conseguenze false. Non si può calcolare infatti l’effettiva spesa militare europea in base alle statistiche ufficiali sulle spese di difesa, dato che occorre calcolare i
costi in termini di infrastrutture delle basi USA e NATO in Europa. Tutte queste spese non vengono neppure catalogate come di carattere militare, anzi sono a carico del Ministero per lo Sviluppo Economico e degli Enti Locali, che usano spesso allo scopo i fondi europei per lo sviluppo regionale. Per la base NATO di Vicenza le spese a carico del bilancio dello Stato e degli Enti Locali hanno superato ogni preventivo. Il fatto che questi dati rimangano sempre al margine dell’informazione ufficiale dimostra che le spese militari occulte sono funzionali a lobby interne all’Europa, lobby che trovano nel referente USA una sponda, un punto d’appoggio ed un socio nel business.
Quindi gli Usa non hanno, e non hanno mai avuto, nessuna voglia di andarsene o di diminuire il proprio impegno, semmai di spremere ancora di più un limone che stanno già spremendo. Qualche giorno fa infatti il nuovo segretario alla Difesa USA, James Mattis, è corso a
“rassicurare” gli alleati europei, spiegando loro che a Cialtrump piace la NATO, che non la ritiene affatto “obsoleta” e che vuole solo più soldi.
Michel Foucault diceva che nella scienza politica non si è ancora tagliata la testa al re, cioè si continua ad inseguire un concetto astratto come la sovranità. Il potere si insedia sulla base di un rapporto di forza e si impone in base alle finte emergenze che può scatenare. La fittizia emergenza-terrorismo e l’artificiosa minaccia dell’ISIS - fabbricata da governi della NATO o alleati della NATO - giustificano oggi l’insediamento di nuove basi militari in Campania.
Il governo italiano si dichiara compiaciuto per la scelta del proprio (?) territorio ed annuncia di essere pronto ad aprire i cordoni della borsa per sostenere l’impresa. Il business dell’antiterrorismo ha quindi una lobby anche in Italia.