Mentre tutti erano intenti ad attendere la fumata dei cardinali, il governo Monti, pur dal suo stato di coma, ha ritenuto di infliggere un'altra ferita alla credibilità internazionale dell'Italia, mancando alla parola data e trattenendo in Italia i due marò imputati di omicidio in India. L'attuale ministro degli Esteri Terzi è riuscito nella missione impossibile di far rimpiangere persino Frattini, poiché rappresenta una brutta copia del già pessimo originale. Terzi, infatti, si è anche lanciato in una serie di accuse contro la stessa India; cosa del tutto legittima, se però fosse stata fatta prima che ai due militari venisse accordato dalle autorità indiane il permesso di rimpatrio temporaneo per espletare il loro "diritto al voto". Che l'attuale governo abbia approfittato senza scrupoli delle garanzie e dei benefici offerti dalle autorità indiane, per poi invece atteggiarsi a vittima, costituisce uno dei tanti elementi di continuità di Monti con il governo precedente. La disponibilità di Terzi ad un arbitrato internazionale, date le premesse, si presenta come una patetica ricerca di alibi. Da un ministro abituato ad agire "per conto terzi", non ci si poteva aspettare altro, come se tenersi buoni i vertici della Marina fosse oggi il massimo delle priorità.
E quest'ultima sarebbe comunque l'ipotesi più benevola, dato che i tanti punti rimasti oscuri nella vicenda dei marò, farebbero sospettare che ciò che veramente si temeva era proprio il processo, dal quale sarebbero potuti uscire dettagli interessanti sulla vera natura e sui veri metodi della
missione della NATO nell'Oceano Indiano. Già dal 2008 risultavano evidenti troppe contraddizioni tra gli obiettivi dichiarati di contrasto alla pirateria, rispetto al tipo di presenza massiccia delle Marine della NATO in quell'area. Anche l'India è legata a degli accordi di cooperazione con la NATO, e ciò rende abbastanza plausibile persino l'ipotesi, già avanzata da qualcuno, che la soluzione della vicenda dei marò sia stata in qualche modo concordata con le autorità indiane. Sta di fatto che, anche in questa ipotesi, il disastro di immagine è tutto per l'Italia.
L'ennesima replica del film "Italia, Paese furbastro e sleale", è arrivata lunedì scorso, proprio mentre Bersani, all'assemblea degli eletti del PD, proclamava la necessità di cavalcare un movimento di opinione internazionale che abbia come obiettivo di rinegoziare le relazioni in Europa. Non si comprende con quale credibilità ed affidabilità Bersani penserebbe di lanciarsi in una simile avventura, visto che qualsiasi potenziale alleato - Portogallo, Grecia, Spagna, ecc. -, dovrebbe porsi il problema di quale sarebbe in futuro l'atteggiamento dell'Italia di fronte agli impegni presi.
Se Bersani avesse voluto conferire un minimo di serietà alle sue reboanti dichiarazioni, avrebbe dovuto contestualmente prendere le distanze dalla scelta del governo sui due marò. Non si trattava certo di evocare il fantasma di Attilio Regolo, ma quantomeno di dare l'impressione di porsi il problema della propria attendibilità. D'altra parte il colonialismo ha di questi effetti degenerativi sulla mente dei colonizzati, come anche la libidine di servilismo nei confronti di potenti, e la scelta di bersagli deboli per sfogare la propria arroganza. Gli effetti di avvilimento sono ancora più devastanti se la condizione di Paese colonizzato rimane inconfessata.
Purtroppo in casa Cinque Stelle si riscontra lo stesso tipo di ambiguità sulle questioni di indipendenza nazionale. Grillo infatti ha scelto come terreno di scontro propagandistico con Bersani la questione della rinuncia ai rimborsi elettorali, un tema che non poteva certo assumere un carattere prioritario. Ciò specialmente dopo le dichiarazioni del governatore della Regione Sicilia, Rosario Crocetta, in merito ai
rischi personali che si è assunto firmando la revoca ai permessi ambientali per il super-impianto radar del MUOS, nella base USA di Sigonella. A proposito delle rivelazioni dell' ex senatore Sergio De Gregorio circa le ingerenze della CIA nella caduta del governo Prodi nel 2008, Crocetta ha opportunamente paventato di poter essere a sua volta bersaglio di manovre di marca USA, tanto più che un semplice governatore regionale non avrebbe a disposizione alcuno strumento per difendersi.
Se Grillo avesse voluto veramente sfidare ed incalzare Bersani, avrebbe dovuto mettere al centro la questione dell'atteggiamento del PD nazionale nei confronti del MUOS; tanto più che Crocetta è proprio del PD, ed è piuttosto imbarazzante che il suo partito lo abbandoni a se stesso (anche se c'è l'analogo precedente di trenta anni fa del PCI con Pio La Torre, lasciato solo nella sua battaglia contro i missili NATO a Comiso). Per ora la stampa ufficiale è stata costretta a dare almeno un minimo di rilievo alle rivelazioni di De Gregorio; ma è certo che nelle prossime settimane i commentatori ufficiali, secondo un copione già sperimentatissimo, si incaricheranno di ridimensionare e ridicolizzare quelle rivelazioni, in modo da riportare tutta l'attenzione sulle beghe interne.
La ridicolizzazione è un'arma che la psicoguerra usa in continuazione, come si è potuto riscontrare anche in occasione dei funerali di Chavez; quando sui media occidentali è comparsa l'ipotesi, basata su "fonti militari anonime", che la bara fosse vuota e che la salma fosse rimasta a Cuba. Tutto questo come se non fosse stato possibile ad un jet trasportare la salma da L'Avana a Caracas in meno di un'ora. L'assurdità della pseudo-notizia è servita però ai media occidentali per cercare di mettere in ridicolo la grande partecipazione di popolo ai funerali di Chavez.
Dal canto suo, Crocetta ha continuato a muoversi come poteva. Lunedì scorso è riuscito ad estorcere al governo l'iniziativa di chiedere un fermo dei lavori a Sigonella in attesa dei risultati di una commissione tecnica. Si può presentare facilmente la cosa come un cedimento di Crocetta, tanto più che la
dichiarazione del governo è appena un formalismo, dato che alle commissioni "tecniche" si può far dire ciò che si vuole. Ma non si può dimenticare che Sigonella è ormai in stato di extraterritorialità, e gli USA ci fanno ciò che gli pare; perciò per Crocetta è stato comunque un modo per prendere tempo e per riuscire a mantenere un po' di riflettore sulla vicenda MUOS.
Ma i media hanno comunque dato al vertice Crocetta-Monti il minimo del rilievo possibile; e infatti l'11 marzo era proprio il giorno dei marò, che si sono presi tutte le prime pagine. L'inflessibile malevolenza dimostrata nei confronti di Chavez anche da morto, deve quindi costituire un monito a non distrarre l'attenzione dal caso di Crocetta. Dargli troppo prematuramente del traditore, potrebbe diventare anche un modo per consegnarlo al boia.