CHE SIGNIFICA CUBA NEL LINGUAGGIO AFFARISTICO
Il giornale “Il Fatto Quotidiano” ha ritenuto di dover acquisire punteggio in fatto di anticomunismo, dedicandosi alla questione della repressione del dissenso a Cuba. In deroga alle regole che il quotidiano aveva affermato di darsi, l’informazione si è attenuta ai criteri della propaganda, quindi nessuna precisazione delle fonti, nessun riscontro incrociato, nessuna possibilità per il regime cubano di fornire la propria versione; tutto ciò in ossequio al precetto che quando si tratti di denunciare regimi comunisti, o comunque invisi al colonialismo del sedicente “Occidente” (cioè alle multinazionali ed al Fondo Monetario Internazionale), si viene esentati dall’onere della dimostrazione.
Per questa sortita, il quotidiano di Padellaro e Travaglio si è guadagnato una menzione di merito nientemeno che da parte del commentatore Pierluigi Battista sulle colonne del “Corriere della Sera”. Nel coro mediatico Battista rappresenta la voce "obiettiva e credibile" del regime berlusconiano, una voce che svolge anche il ruolo prestigioso dell' "anticomplottista" ufficiale, quello che ha il compito di dettare agli altri giornalisti ciò che va accreditato come "verità" e ciò che va screditato come "teoria del complotto". La menzione da parte di Battista ha assunto perciò il tono di un vero e proprio benvenuto ad "Il Fatto Quotidiano" nel club dei giornali “affidabili“ per la “democrazia occidentale”.
Richiamandosi ad un elementare senso di giustizia, alcuni commentatori, come ad esempio Gianni Minà, hanno fatte proprie le rimostranze del governo cubano, e si sono chiesti come mai le torture che gli USA praticano nella base cubana di Guantanamo vengano considerate appena come un problema in via di risoluzione, mentre se a pochi metri più in là, nel territorio controllato dal regime castrista, avviene un suicidio in carcere, ciò sia sufficiente a far gridare il mondo al crimine comunista. Questa impostazione, per quanto giusta, rischia però di rimanere sul piano moralistico, dato che il problema vero non è quello di assolvere il regime cubano concedendo anche a lui un pochino di quel beneficio del dubbio che di solito si elargisce larghissimamente agli Stati Uniti. Il punto è che esiste il colonialismo, con le conseguenti guerre coloniali e psico-guerre coloniali.
La propaganda contro Cuba non è semplicemente propaganda contro Cuba, costituisce invece un pretesto per attuare il tentativo di disarmo psicologico di ogni aspirazione anticoloniale in ogni parte del pianeta. Quando in Italia si investe tanto sul mito negativo di Cuba, è in realtà dell’Italia che si sta parlando, cercando di inculcare nella mente degli oppressi che ogni tentativo di ribellione non può che portare a mali peggiori di quelli che si vorrebbero combattere. Si può pensare quello che si vuole del regime cubano, anche averne una pessima opinione, ma il problema essenziale non cambia: occorre decodificare il vero significato del messaggio "Cuba" nella comunicazione ufficiale.
Ogni operazione affaristica è sempre all’insegna della psico-guerra. In base alla propaganda, chi si oppone alle privatizzazioni - cioè è contro il regalare i beni pubblici alle multinazionali -, lo fa sempre per motivi “ideologici”. A livello subliminale il termine "ideologia" richiama immediatamente i suoi confratelli: “odio ideologico”, e “fanatismo”; da fanatismo a "violenza" e "terrorismo", poi il passaggio è scontato. Quindi l’equazione è già pronta: chi si oppone alle privatizzazioni è un terrorista. Cercare di porre limiti all’affarismo deve quindi essere visto come evocare e scatenare i demoni del male assoluto: il terrorismo, il gulag, ecc., ecc.
L’affarismo ha il suo linguaggio che, ad onta delle sue pretese di naturalezza, è in realtà un linguaggio iper-ideologico e iper-simbolico, e in questo linguaggio “Cuba” e "regime castrista" hanno un preciso significato di monito a non contrastare le pretese dell’affarismo se non si vuole risprofondare nelle tenebre del passato.
“Il Fatto Quotidiano” ha quindi svolto il suo ruolo, che era quello di catturare e allevare un’area d’opinione potenzialmente di opposizione, per condurla per mano all’obiettivo di considerare l’anticolonialismo una sorta di attività criminale. "Il Fatto Quotidiano" appartiene a quel tipo di giornali che vengono considerati "di riconoscimento", cioè che i suoi lettori adottano come fosse un distintivo. I lettori di questa categoria di giornali costituiscono un'area di opinione ben precisa e individuabile, formando ciò che nell'attuale gergo della comunicazione viene indicato come una "community". Giornali del genere sono anche "La Repubblica" e "il Manifesto". Ognuno di questi giornali-community ha la sua specializzazione nella psico-guerra: "il Manifesto" ha l'incarico di creare una islamofobia di sinistra, "La Repubblica" se la prende con Chavez, mentre ad "Il Fatto Quotidiano" è stato assegnato ora il compito di guidare l'anticastrismo e di esporre al pubblico ludibrio quelli che la propaganda ufficiale dipinge come gli ostinati succubi del mito/tabù della rivoluzione cubana.
La specifica iniziativa de "Il Fatto Quotidiano" che ha riscosso la calorosa approvazione di Battista, riguarda la chiamata a raccolta dei propri lettori sotto l'icona della "dissidente" cubana, la "blogger" Yoani Sanchez. Non possiamo sapere se Yoani Sanchez sia sincera oppure, come alcuni ritengono, sia un agente segreto straniero reclutato all'epoca del suo soggiorno in Germania. Il lettore attento però, anche se non ha a disposizione tutti i fatti, può ugualmente imparare a riconoscere le fiabe facendo caso ad alcune costanti: la fanciulla coraggiosa perseguitata dalla grigia ed ottusa gerontocrazia (è proprio la situazione della fiaba biblica di "Susanna e i Vecchioni"), la nuova tecnologia di internet che diventa un'arma delle nuove generazioni contro un passato che non vuole decidersi a scomparire, ecc. Anche per narrarci la situazione in Iran si era fatto ricorso agli stessi identici ingredienti, i più adatti ad emozionare e coinvolgere un target composto da giovani blogger.
Un’area di opposizione viene perciò accompagnata da "Il Fatto Quotidiano" in un giro vizioso, che parte dalla denuncia indignata e circostanziata delle nefandezze del berlusconismo, per giungere però ad accettare, e dare anzi per scontata, la materia prima di cui è fatto il berlusconismo stesso, e cioè l’anticomunismo.
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