DIETRO RAFSANJANI C’È IL SISMI? NO, L’AISE
In Iran l’ayatollah Rafsanjani è uscito finalmente, e definitivamente, allo scoperto, rivelandosi come il vero capo del tentativo di rivoluzione colorata seguito ai risultati elettorali sfavorevoli al suo protetto, Mousavi, anche lui esponente del clero sciita. Crolla dunque l’edificio mediatico costruito nelle scorse settimane, tendente a spacciare il tentato golpe dell’ala clepto-clericale del regime iraniano, come una spontanea rivolta dei giovani e delle donne contro l’oppressione del clero.
L’organo ufficiale della CIA in Italia, il quotidiano “Il Foglio”, ha cercato di correre ai ripari scrivendo che i giovani in lotta a Teheran meritavano qualcosa di meglio di Rafsanjani; ma, se così fosse, quei giovani non avrebbero dovuto iscriversi alle sue università. Rafsanjani, oltre ad essere l’uomo più ricco dell’Iran, possiede infatti numerose università private, da cui provenivano gli studenti che sono scesi in piazza per protestare contro i presunti - ormai molto presunti - brogli. Romano Prodi ha invece affermato che oggi, per l’Iran, Rafsanjani rappresenta la speranza. Certamente la speranza di privatizzare e di aprire l’Iran alle multinazionali anglo-americane.
Il programma di Rafsanjani non ha nulla a che vedere con le libertà civili di cui i media hanno favoleggiato, ma riguarda la privatizzazione del petrolio e del gas, il cambio delle alleanze in funzione filo-USA, ed antirussa ed anticinese. Neppure l’abbandono del programma nucleare, tanto criminalizzato dai media occidentali, rientra negli intendimenti di Rafsanjani; e non c’è da stupirsene, dato che il nucleare era stato imposto proprio dal clepto-clero sciita, che vi aveva visto un’occasione per la spartizione di laute tangenti (le stesse nobili motivazioni che hanno imposto nei giorni scorsi la decisione del Parlamento italiano di ritornare al nucleare).
Chi scorga nell’attuale tentativo di golpe da parte di Rafsanjani la mano degli USA, non può essere che un dietrologo; una definizione che si applica di solito a coloro che hanno una memoria dei fatti che arrivi ad almeno un anno indietro. Il quotidiano “La Repubblica”, ad esempio, rappresenta oggi uno dei principali sostenitori della “rivoluzione” in Iran; ma è lo stesso quotidiano che appena un anno fa, nel giugno del 2008, rivelava per primo del coinvolgimento del SISMI in un tentativo di golpe in Iran.
Le rivelazioni del giornalista di “La Repubblica”, Giuseppe D’Avanzo, avevano fatto sì che la Procura di Roma aprisse un fascicolo sulla vicenda, affidandolo al magistrato Ionta. Sono notizie di appena un anno fa, riportate con grande evidenza da tutti i quotidiani, ovviamente “la Repubblica” primo tra tutti. Chi era la fonte delle notizie riportate da D’Avanzo? Forse Webster Tarpley, lo scrittore americano che ci aveva avvisato con un anno e mezzo di anticipo di questo tentativo di “rivoluzione colorata” in Iran?
No, la fonte di D’Avanzo era il Congresso degli Stati Uniti, che, attraverso una sua commissione d’inchiesta, aveva scoperto attività illegali dei servizi segreti USA in Iran nel 2001, attività in cui risultava coinvolto anche il SISMI.
Il servizio segreto militare italiano, per la verità, ha cambiato nome, ma la stampa ha continuato spesso a riferirsi alla sigla SISMI. Una volta tanto, ciò non può essere attribuito alla solita superficialità dei giornalisti; perché, ormai, non si può essere più sicuri di quale sigla indichi al momento il servizio segreto militare, dato che l’acronimo che attualmente lo identifica (AISE , Agenzia Informazioni e Sicurezza Esterna), non è neppure quello che era stato prospettato all’atto della riforma - l’ennesima riforma dei servizi di sicurezza, seguita all’ennesimo scandalo, il rapimento di Abu Omar -, attuata dal Parlamento nel 2007.
AISE è peraltro la sigla che da anni identifica l’Associazione Italiana della Stampa Estera. Che questa organizzazione giornalistica sia piena di agenti segreti, non c’è mai stato dubbio, ma non era certo il caso di spiattellarcelo così spudoratamente.
La Procura di Roma ha regolarmente insabbiato l’inchiesta sulle attività golpistiche del SISMI in Iran, e così si è regolato anche il Parlamento italiano, eppure l’onorevole Rutelli un anno fa ci aveva raccontato con giubilo come l’AISE, non appena interpellata, avesse immediatamente inoltrato una relazione a riguardo, di cui oggi non c’è più traccia. Possiamo quindi soltanto fantasticare su ciò che i vertici del servizio segreto militare italiano abbiano scritto nella loro relazione.
Hanno negato tutto? Oppure, come nel caso di Abu Omar, hanno scaricato ancora una volta tutta la colpa sulla CIA, che li avrebbe costretti mentre loro invece non volevano?
Quest’ultima è una possibilità, dato che notoriamente gli agenti del servizio segreto militare italiano prendono soldi dall’ENI, che non è affatto interessato ad un cambio di regime in Iran. Non è infatti un caso che, in perfetta coincidenza con la “rivoluzione colorata” in Iran, l’ENI sia stato bloccato in una inchiesta giudiziaria per tangenti al governo della Nigeria. La Nigeria è massacrata e depredata da decenni dalle multinazionali, e l’ENI ha fatto la sua parte. Quando si ipotizza che l’ENI abbia distribuito tangenti al governo nigeriano, si va a colpo sicuro, dato che per questo ente il distribuire tangenti è come respirare, e se non le distribuisce va in apnea. Solo che - se l’ENI è ancora l’Eni - c’è da essere certi che ha distribuito tangenti non solo al governo della Nigeria, ma anche all’opposizione e persino alla guerriglia.
Per l’ENI la situazione giudiziaria si prospetta davvero insidiosa. Non per nulla l’inchiesta risulta affidata alla Procura di Milano, che nel 1993 già incastrò l’allora presidente dell’ENI, Gabriele Cagliari, che poi fu suicidato in carcere, con l’avallo della stessa Procura, che si accontentò, come prova, di una lettera/saggio attribuita al presunto “suicida”; una missiva torrenziale che, per sviluppo e densità di concetti, avrebbe fatto impallidire anche le ultime lettere di Jacopo Ortis (segno che fra che gli agenti segreti vi sono parecchi letterati frustrati).
L’attuale inchiesta sul SISMI è invece affidata alla fidata procura di Roma, da sempre specializzata negli insabbiamenti. Che fine abbia fatto l’inchiesta giudiziaria romana sul SISMI, non ci è stato infatti dato di sapere; ma ciò vale anche per le inchieste parlamentari italiane e statunitensi, forse perché non è più opportuno far trapelare di queste notizie, che potrebbero demoralizzare i tanti che stanno trepidando per le sorti della lotta per la “libertà” e per i “diritti umani” in Iran.
Eppure ci sarebbe un modo per zittire immediatamente i dietrologi: sottolineare che le attività golpistiche in Iran contestate al SISMI ed ai servizi segreti USA, risalgono al lontanissimo 2001. Da quella data così distante nel tempo, è evidente a tutti che i servizi segreti “occidentali” si sono pienamente redenti da queste cattive abitudini (c’è stata la riforma!); e che, comunque, oggi la presenza di un uomo integerrimo come Barack Obama alla presidenza degli Stati Uniti garantisce a tutti che gli Stati Uniti non c’entrano nulla con Rafsanjani.
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