VELTRONI SOFFOCATO DALLA SUA BANDIERA A STELLE E STRISCE
La proposta di legge del ministro del Welfare Sacconi di limitare il diritto di sciopero nei trasporti attraverso la barriera della “rappresentatività”, è basata su una evidente mistificazione propagandistica, che consiste nel far credere che il servizio venga negato a causa degli scioperi o degli annunci di sciopero. La realtà è invece che il servizio risulta costantemente ed inesorabilmente ridotto dalle aziende ferroviarie, la cui privatizzazione ha aperto una crisi irreversibile del settore. La prospettiva è che i pendolari vengano sempre più costretti a rivolgersi ad aziende del trasporto su gomma - più redditizie per i privati -, come avviene ormai da tempo immemorabile negli Stati Uniti.
Non è un caso che la proposta di Sacconi abbia ottenuto l’immediato e caloroso appoggio del parlamentare del Partito Democratico Pietro Ichino, calunniatore dei lavoratori per professione e vittima del terrorismo a tempo pieno. L’adesione di Ichino è servita a chiarire quale fosse l’intento politico del ministro, cioè rendere illegale il sindacalismo alternativo e di base equiparandolo al terrorismo.
La demagogia sui poveri viaggiatori vessati dai presunti scioperi selvaggi può bastare a giustificare un divieto degli scioperi, ma quando si tratterà di sostanziare il divieto in sanzioni penali, allora ci si andrà a scontrare con un ordinamento giuridico che lo sciopero lo consente; quindi l’accostamento al terrorismo costituisce l’unico possibile sbocco pratico della legge Sacconi.
In più, la dichiarazione di Ichino ha anche ottenuto di mettere immediatamente alle corde il Partito Democratico, costringendolo a considerare la limitazione del diritto di sciopero come una proposta trattabile. Veltroni se ne è andato dalla segreteria del partito, ma la sua scelta di candidare Ichino ha reso il PD un ostaggio nelle mani di Brunetta e Sacconi, che dello stesso Ichino sono confratelli sia per ideologia che per frequentazioni di loggia.
È chiaro che il nuovo segretario del partito, Franceschini, se volesse riprendersi anche un minimo margine di manovra nei confronti del governo, dovrebbe innanzi tutto liberarsi di un provocatore come Ichino. Un partito della ex-sinistra come il PD può anche non avere nessuna intenzione di fare una politica di sinistra, ma se vuole essere preso sul serio e avere un po’ di potere contrattuale, deve almeno essere in grado di minacciare di farla.
Nel sistema democratico la funzione di un partito di “sinistra” è di tradire caso per caso le sue premesse politiche e la fiducia dei suoi elettori; ma se le tradisce tutte per intero e preventivamente, diventando ufficialmente di destra, allora si lega le mani da solo e rinuncia al motivo della sua stessa esistenza. Non solo il voto di opinione, ma anche il ben più decisivo voto organizzato, vanno a perdere ogni interesse a sostenere una formazione così ricattabile e sottomessa.
Franceschini è un ex-democristiano e ciò lo porrebbe nelle migliori condizioni per spostare il partito a “sinistra”, senza rischiare di essere accusato di nostalgie per un suo passato comunista; ma non è detto che queste migliori condizioni siano sufficienti, dato che l’azione di Rutelli va nel senso opposto, cercando di appiattire il partito sulle posizioni di Casini. Anche se Franceschini avesse l’intenzione di buttar fuori chi, come Ichino, paralizza il partito, l’eventuale minaccia di scissione potrebbe ugualmente bloccarlo.
Negli ultimi due anni, Veltroni ha lavorato per giungere ad una cogestione del potere con Berlusconi, ma, di fatto, glielo ha consegnato per intero. Veltroni ha condotto alle sue estreme conseguenze storiche una ipotesi politica che si è rivelata illusoria e fallimentare, quella della cooptazione della “sinistra” nell’area del potere. Si tratta di un’ipotesi coltivata soprattutto - ma non soltanto - all’interno dello stalinismo, cioè l’idea che l’eliminazione definitiva dell’estremismo avrebbe facilitato l’accordo e l’integrazione della sinistra con la destra, sotto la comune bandiera a stelle e strisce.
In realtà la presenza e la minaccia del cosiddetto estremismo costituivano l’unico elemento che poteva costringere la destra ad accordarsi con la sinistra più “moderata”, per ottenere da essa un’azione di polizia sull’estremismo stesso. Ma mentre la polizia vera si guarda bene dall’eliminare la criminalità - che costituisce la giustificazione del suo potere -, lo stalinismo invece ha sempre cercato di realizzare una “soluzione finale” nei confronti degli estremisti; ed alla fine Veltroni ci è riuscito, almeno per quel che riguarda il Parlamento.
Veltroni - come altri della “sinistra” prima di lui - si è illuso che l’essere affiliato alla loggia massonica alla moda, o l’essere invitato alla sfilata di vip del gruppo Bilderberg, costituisse una prova di far parte ormai a pieno titolo dei circoli che contano.
Un errore del genere lo commise anche Craxi, che era temuto dalla destra finché faceva l’amico dei Palestinesi e dei Sandinisti, ma divenne una inutile scoria di cui disfarsi quando si fu convertito a filo-americano fanatico. Anche Veltroni è troppo entusiasticamente filo-americano per poter essere preso sul serio dai reazionari, i quali non amano certo gli Stati Uniti in quanto tali, ma per il supporto che questi forniscono alla reazione in tutto il mondo.
|