UNA CRISI (TROPPO) ANNUNCIATA
A proposito delle manifestazioni svoltesi in Grecia, i media hanno parlato di una rivolta "contro la crisi". Quindi i crimini passati, presenti e futuri della cleptocrazia internazionale, sono stati sintetizzati da economisti e giornalisti sotto la sigla astratta di "crisi", una entita' impersonale e ineluttabile come un evento naturale, una inondazione o un terremoto. Persino i tagli e i furti decisi in questi giorni dai governi, non sono piu' atti volontari commessi da persone, ma assumono anche essi l'alone di una ineluttabile oggettivita', in quanto imposti dalla "crisi".
La propaganda ufficiale riprende gli slogan della sinistra rivoluzionaria e li ritorce a suo vantaggio: "Avete sempre detto che il capitalismo e' crisi? Allora ecco la crisi. Adesso potete anche accusare i capitalisti di esserne gli unici responsabili, ma ormai la crisi c'e', e quindi c'e' solo da fare gli inevitabili e necessari sacrifici per uscirne."
Lottare contro la crisi e' quindi come prendersela con la "jella". Una trasmissione di La-7 cosi' ha liquidato lo sciopero della CGIL del 12 dicembre, uno sciopero voluto dalla FIOM, che ha trascinato malvolentieri il resto della confederazione: "uno sciopero contro la jella".
Strano pero' che questa espressione si trovasse già in un film americano del 2005, "Cinderella Man", ambientato durante la grande depressione degli anni '30 negli Stati Uniti. Il protagonista del film, di fronte all'opinione di un suo compagno di lavoro intenzionato ad organizzare la lotta sindacale contro capitalisti e governo, risponde che lottare contro la crisi e' come prendersela con la siccita' o la sfortuna.
Tre anni prima che la crisi scoppiasse era gia' pronto un film che anticipava gli schemi propagandistici utilizzati ora dai media; un film che ora gira per le televisioni e risulta utile per indottrinare le masse circa l'atteggiamento "giusto" da tenere nell'attuale temperie.
Nei programmi televisivi sulla crisi non possono mancare interviste a coloro che l'avevano prevista, e non e' difficile trovarne, dato che i profeti della crisi sono una vera legione: mai crisi fu piu' annunciata di quella attuale; troppo annunciata.
Uno dei massimi profeti in circolazione, e' il ministro dell'Economia Tremonti, attualmente impegnato non soltanto nella liquidazione dei patrimoni immobiliari delle Universita' e del demanio dello Stato, ma anche nella liquidazione del principio di non contraddizione. In prolissi discorsi televisivi, il ministro mescola infatti affermazioni contraddittorie e inconciliabili, facendo cosi' ad ogni spettatore l'onore di andare incontro a qualche sua radicata convinzione, tanto che pare un obbligo universale inchinarsi alla sua solenne e dolente loquela.
Ma la piu' vistosa contraddizione di Tremonti e' quella pratica: in molti hanno infatti notato che, nonostante la "crisi", egli continua a fare cio' che facevano i governi prima della "crisi", cioe' tagli e privatizzazioni. Anche il governo greco aveva reagito alla "crisi" con altre privatizzazioni, ed era stato appunto questo il motivo della reazione popolare in Grecia, cosa che i media si sono preoccupati con cura di mettere in ombra.
Anzi, la tesi principale dei media e' stata che i Greci hanno scoperto improvvisamente "di aver vissuto per anni al di sopra dei propri mezzi". Strano che anche questo slogan del vivere al di sopra dei propri mezzi non sia nuovissimo; in Italia fu reso popolare negli anni '70 da Ugo La Malfa; ma, per la precisione, lo slogan ha sessantadue anni, dato che costitui' dall'inizio il perno della strategia comunicativa del Fondo Monetario Internazionale, costituito nel 1946.
Da quell'anno, con qualsiasi Paese questa istituzione finanziaria prenda contatto - non importa quanto povero sia -, gli propina immancabilmente la predica sull'aver vissuto al di sopra dei propri mezzi; in altre parole, la linea del FMI e', da sempre, quella della miseria programmata per tenere il piu' basso possibile il costo del lavoro, in modo da "invogliare" le multinazionali a fare investimenti.
In base alla dottrina-FMI della necessita' della miseria per creare sviluppo, circola in questi mesi una sorta di pseudo-antiamericanismo, che consiste nell'affermare che sono gli Americani a dover pagare la crisi, dato che loro l'hanno provocata vivendo, manco a dirlo, "al di sopra dei propri mezzi".
Il vero antiamericanismo sta in realta' nello sfatare i miti dell'America come Terra della Liberta' e del Benessere. La maggioranza degli Americani vive infatti sotto una rigida oligarchia che impone una vita grama, fatta di lavoro senza garanzie, licenziamenti e disoccupazione; una vita in cui e' un sogno impossibile una casa costruita coi mattoni, ed anche la diffusa obesita' e' dovuta all'alto livello di ormoni nel cibo, e non all'abbondanza di esso.
I consumi a credito - su cui e' fondato il consumismo americano - costituiscono un business finanziario che sfrutta la poverta', e non un segnale di benessere. Che poi questo business dovesse giungere ad un capolinea con lo scoppio della bolla speculativa, era, questo si', prevedibile e scontato; tanto che l'impressione e' che lo scoppio non sia giunto di sorpresa, ma sia stato teleguidato, in modo da far giungere ad una "crisi" che sta diventando un modo per riconfermare i luoghi comuni reazionari di un sistema di potere internazionale che ha ormai sessantadue anni. In questo ambito, persino un falso ecologismo, che opera una perfida confusione tra consumismo e benessere, viene usato per rafforzare gli argomenti di un pauperismo presentato come una prospettiva salvifica di necessaria espiazione di massa.
La "crisi" e' avvolta in una nube propagandistica, o costituisce addirittura essa stessa una ulteriore offensiva della guerra psicologica che opprime il pianeta dalla fine degli anni '70. Il crescente ed eccessivo ruolo della propaganda costituisce, peraltro, un indizio della intrinseca debolezza del sistema di dominio della cleptocrazia internazionale che ha nel FMI la sua massima istituzione.
Il colonialismo sta regredendo ai livelli della pirateria del diciassettesimo e diciottesimo secolo, con saccheggi e traffici che rivelano l'impronta delle imprese della criminalita' comune, come indica la scoperta che lo scopo dell'invasione dell'Afghanistan da parte del governo USA era quello di allestire un traffico di eroina.
Il proliferare nella propaganda ufficiale di "nemici dell'Umanita'", da Chavez a Mugabe, indica inoltre la crescente difficolta' che sta incontrando il FMI nell'imporre la propria volonta' ai Paesi del cosiddetto terzo mondo.
Oggi il sistema di dominio non e' neppure piu' in grado di reggere la presenza di un movimento operaio, percio' e' costretto a perseguire la strada della de-industrializzazione ogni qual volta si verifichino pericoli di conflitti di lavoro.
La propaganda e' un'arma micidiale, ma non e' un'arma decisiva, e percio' non puo' impedire che le vere debolezze vengano allo scoperto.
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