Qualcuno ricorderà il Matteo Salvini in veste di squadrista mediatico che, alla testa di una banda di giornalisti come lui,
andava a citofonare ad un presunto spacciatore. Per quel gesto Salvini non ha avuto conseguenze giudiziarie. L’unica obiezione che tempo dopo i magistrati gli mossero fu di aver ostacolato le indagini dando modo con quel clamore di trasferire la droga da un posto all’altro. E che fine fa la dignità della persona, criminale o meno che sia? E non conta niente l’aver istigato altri a commettere analoghe molestie?
Anche giuristi pronti a stigmatizzare il comportamento di Salvini esortarono però a non lasciarsi andare al
“toto-reati”. Si può capire l’opportunità di tanta indulgenza, dato che lo squadrismo mediatico verso i deboli fa sempre comodo al potere: lo si è visto in epoca psicopandemica, quando la figura del giornalista/provocatore tornava utile per ridicolizzare i cosiddetti “negazionisti” e “no-vax”. In base alla Costituzione si potrebbe privare un cittadino della libertà ma non della dignità, quindi torturare e umiliare non sarebbe ammesso; ma questa è la fiaba per l’intrattenimento, mentre nella pratica reale del potere la privazione della dignità della persona è la premessa indispensabile per estorcere la disposizione servile a sottoporsi a forche caudine come la mascherina e il green pass. Per questo motivo lo squadrismo mediatico è trasversale alla destra ed alla sinistra, cambiano solo i bersagli, per cui Salvini ha i suoi e Fanpage ne ha altri.
Il Salvini giornalista/squadrista mediatico l’ha passata liscia in nome dell’interesse superiore; mentre il Salvini ministro degli Interni sembrerebbe non aver avuto altrettanta fortuna nella vicenda della nave dell’ONG Open Arms. Oggi infatti Salvini si ritrova rinviato a giudizio addirittura per sequestro di persona. Si tratta di un’occasione irripetibile per allestire una bella pantomima tra destra e sinistra. La destra invoca la “difesa dei confini”, mentre la sinistra si appella ai “diritti umani” che devono prevalere sulla “sovranità”, come dice il pubblico ministero in persona nel rinvio a giudizio di Salvini. Ovviamente è tutto fumo. L’opinione pubblica si fa trascinare nel talk-show e si appassiona al falso dilemma ideologico, perdendo di vista il fatto che in ogni caso si apre uno spazio enorme per l’arbitrio del potere. Il meglio che la magistratura ha saputo opporre al vittimismo di Salvini è stato il solito mantra liberale della legge uguale per tutti. Ma il problema è che la legge non è uguale a se stessa, le si può far dire ciò che si vuole, anche il contrario di quello che c’è scritto. La liberaldemocrazia ha realizzato la perfetta autocrazia, la totale autoreferenzialità ed estemporaneità del potere.
Nella vicenda in oggetto la questione concreta era di
stabilire se vi fosse stata o meno omissione di soccorso oppure una mancata tutela dei minori; perciò tirare in ballo il sequestro di persona serve solo a seminare incertezza del diritto, anzi l’incertezza persino del linguaggio. Se c’erano dei naufraghi, di conseguenza c’era un situazione di urgenza per la quale andavano soccorsi immediatamente; il pubblico ministero dice invece che Salvini avrebbe avuto persino il tempo e il modo di sequestrare i presunti naufraghi. E allora dov’era l’urgenza?
Salvini si è prestato al gioco delle parti e, con quel suo grottesco spot, ha avallato lo schema ideologico tratteggiato dalla Procura. Il peggio che possa capitargli è di finire per un po’ ai servizi sociali e poi ritornare in parlamento rieletto trionfalmente con l’aureola del martire. Per i pochi elettori della Lega va benissimo fomentare la guerra civile tra le regioni d’Italia, l’importante è che il disturbo non provenga dagli immigrati. Ma, grazie al pubblico ministero che gli ha fatto da “spin doctor”, ora la base elettorale di Salvini può allargarsi, poiché nel documento ufficiale della Procura al segretario leghista è stato fornito un assist, elevandolo a campione della “sovranità” anche a scapito dei diritti umani. In realtà sarebbe tutto da dimostrare che Salvini abbia effettivamente fatto difesa dei confini e non la sua solita propaganda elettorale, ed è strano che il pubblico ministero lo accusi e lo accrediti acriticamente di una sorta di “eccesso di sovranità”. C’è uno squilibrio anche in questa ipotesi accusatoria, dato che non si capisce perché il fanatismo sia una esclusiva dei presunti “sovranisti”, e non possa invece darsi che anche l’ONG abbia forzato la situazione proprio per arrivare ad un confronto ideologico con Salvini.
Tra l’altro il titolo di ONG (Organizzazione Non Governativa) è del tutto mistificatorio, dato che queste
organizzazioni sono semmai ultra-governative e dipendono in gran parte dal denaro pubblico, in particolare del Dipartimento di Stato USA e della Commissione Europea. Se Salvini avesse voluto realmente difendere i confini, invece che fare spettacolo a spese di poveracci sui barconi, avrebbe dovuto anzitutto impedire alle ONG di allestirsi la loro rete di relazioni in Italia. Lo strumento c’è e consiste nel tracciare un elenco di nomi a cui far corrispondere la qualifica di “persona non grata”, cioè a cui non è consentito l’ingresso nel paese nonostante il loro status di VIP o di figli di papà.
.La locuzione latina "persona non grata" è diventata internazionale tramite il gergo diplomatico italiano e recepita così com'è, non tradotta, in tutte le lingue. Stranamente proprio in Italia la locuzione è quasi sconosciuta, e se la pronunci magari credono pure che stai parlando di qualcuno che non ti ha ringraziato per il regalo di natale.
Il danno aggiuntivo di questa vicenda giudiziaria riguarda la dilatazione dei reati. Questa storia del “sequestro di persona” è una bella boutade che può fare da jolly in ogni situazione. Si spalanca una gigantesca voragine di contenzioso infinito. Se un insegnante nega ad uno studente di uscire dalla classe, si rende responsabile di sequestro di persona? Forse sì, forse no. Intanto partono le denunce e poi decide il giudice. Ancora meglio del toto-reati: il toto-sentenze.
Ringraziamo Antonio.