Il governo Draghi è stato un episodio minore della conflittualità interna all’oligarchia nostrana: un Presidente della Repubblica in carica che doveva “bruciare” il suo principale concorrente incastrandolo a Palazzo Chigi, in modo da garantirsi la rielezione al Quirinale. Ma questa esperienza di governo potrebbe passare ugualmente alla Storia come una seduta psicanalitica dell’establishment, che ha vissuto il suo grande sogno d’amore, il suo romanzo Harmony, con l’uomo affascinante e misterioso, che avrebbe dovuto anche fungere da vendicatore di presunti torti subiti da parte delle classi subalterne. Si tratta di un tipico fenomeno di auto-intossicazione, per cui ci si fa suggestionare dalla propria stessa propaganda, finendo per crederci. In molti si sono bevuta la fiction dell’Uomo Superiore caduto nel vile agguato di personaggi meschini e volgari, probabilmente al soldo dell’autocrate straniero; perciò lo sdegno esibito era vibrante ed autentico. In questa suggestione è caduto persino Draghi, che era lui il primo a volersene scappare, ma poi, con la sua ostentazione di superiorità e di arroganza, ha finito per incassare in parlamento un’umiliazione del tutto inutile.
Ci dovrebbe essere anche il momento in cui è opportuno tenere un basso profilo; ma è un’opzione che oggi appare del tutto preclusa, per cui ogni vicenda viene enfatizzata nella narrativa epica e nell’alternativa tra l’abiezione e la palingenesi morale. Un esempio interessante di questo bisogno insopprimibile di narrarsi epicamente, ce lo fornisce
una strana intervista a monsignor Paolo Bizzeti, vicario apostolico in Anatolia. Dopo aver trattato delle questioni migratorie con toni da consulente aziendale, il nostro monsignore sente il bisogno di elevarsi e ci descrive la guerra in Ucraina come uno scontro di civiltà tra la democrazia e l’oligarchia. Ma se c’era di mezzo la civiltà, perché l’Ucraina non fa già parte della NATO? Svezia, Finlandia e Ucraina erano tutte e tre già partner della NATO, ma alle prime due è stata concessa la membership a pieno titolo senza fare tante storie, mentre l’Ucraina è ancora in lista d’attesa. Prudentemente la NATO non ha ritenuto opportuno inglobare un Paese che aveva dispute di confine con la Russia, però lo ha ritenuto degno di comprarsi le sue armi; per cui un Paese povero come l’Ucraina era anche uno di quelli con la maggiore spesa militare. Un banale lobbying delle armi adotta l’iperbole pubblicitaria dello slogan dello scontro di civiltà, e il monsignore ci casca.
Mentre la politica dovrebbe potersi consentire un basso profilo, il lobbying invece non può assolutamente farlo, poiché non è in grado di fare a meno dell’iperbole pubblicitaria, che trasforma anche un tubetto di dentifricio in una scelta esistenziale. Tra l’altro le lobby sono trasversali al pubblico ed al privato, e i lobbisti passano con disinvoltura dagli incarichi pubblici a quelli privati e viceversa. Di Draghi e Goldman Sachs si è già parlato anche troppo, ma l’attuale presidente della Banca Centrale Europea, Christine Lagarde, non sta messa meglio. Sul sito della BCE la Lagarde esibisce
il suo ricco curriculum, che annovera anche una lunga esperienza con uno studio legale americano che si occupa di consulenza finanziaria, il Baker McKenzie.
Dai famosi “Pandora Papers” sono venute fuori le
commistioni dello Studio Baker McKenzie con molte società con sede in paradisi fiscali. Certo, quando ci lavorava la Lagarde tutte quelle brutte cose non succedevano, anzi, la sua esperienza nel settore privato ci dimostra che è una “competente”.
Grazie al politicamente corretto gli Africani non sono più chiamati “negri”, però si deve chiamarli “corrotti”. Il Fondo Monetario Internazionale è costernato: ma quanto sono corrotti questi governi africani con cui ho a che fare! Chissà da chi hanno preso. Per riallacciare i rapporti col FMI,
il Congo Kinshasa ha dovuto versare una parcella per consulenze (in pratica una tangente) allo Studio Baker McKenzie, lo stesso studio in cui lavorava la Lagarde, la quale ha diretto per anni anche il FMI. Ma non è che per caso il Baker McKenzie e il FMI fanno cosca unica? Per carità, qui non siamo in Africa dove c’è la corruzione o in Russia dove ci sono gli oligarchi. Nel Sacro Occidente non si chiamano corrotti o oligarchi, si chiamano “competenti”, anche se si sta parlando della stessa cosa. Da noi c’è una super-razza, quella dei “competenti”, esseri superiori che possono alternare carriere nel pubblico e nel privato, perché sono al di sopra delle meschinità umane, e noi dobbiamo essergli grati per questo.
Qualche mente gretta e invidiosa potrebbe supporre che la mitologia dei “competenti”, le gerarchie antropologiche su cui si fonda l’aura delle sedicenti élite, siano in realtà solo una campagna pubblicitaria ed una etichetta ingannevole con cui vengono vendute alla pubblica opinione le solite corruttele e il malcostume delle porte girevoli tra pubblico e privato. Il “vile affarista” di cui ci parlava Cossiga, si nobilita attraverso i miti della razza superiore. Nelle società classiste le differenze di status sono percepite come vere e proprie cesure antropologiche, quindi non ha senso riferire il razzismo solo al colore della pelle.
Ogni business ci viene venduto come una via di salvezza per il genere umano. Ma ognuna di queste vie di salvezza risulta compatibile con le altre? Transizione ecologica e transizione digitale possono stare assieme? La digitalizzazione si sta dimostrando sempre più energivora.
Il quotidiano “The Guardian” ha pubblicato i risultati di ricerche secondo le quali il digitale potrebbe risucchiare nell’immediato futuro qualcosa come il 20% delle risorse energetiche del pianeta. Il bello è che adesso ci preparano anche un altro business salvifico altrettanto poco compatibile con la digitalizzazione: il razionamento, che ci venderanno tramite quella grande gallina dalle uova d’oro che è la bolletta. Il lobbista ti fa credere di avere una visione d’insieme dei problemi, ma per definizione non può averla, poiché tutta la sua azione è funzionale a quello specifico business.
In pubblicità ci sono i “testimonial”, cioè associare un’immagine positiva ad un certo prodotto. Ma ci sono anche i “contro-testimonial”, cioè associare un’immagine negativa al rifiuto di un certo prodotto. Questa tecnica del contro-testimonial è stata messa in atto con i vaccini. C’è una fascia di opinione pubblica che non si fida delle campagne vaccinali, in base alla constatazione che queste mobilitano troppi soldi e troppi conflitti di interessi, perciò il sistema dei controlli non risulta attendibile. Altri dubitano dell’opportunità di spostare le risorse finanziarie della Sanità verso prodotti effimeri come i vaccini, a scapito di strutture durevoli. Si possono aggirare queste perplessità molto concrete semplicemente associandole ad un’immagine oscurantistica e ridicola come i terrapiattisti. Ammesso che la diatriba fra terrapiattisti e debunkers non sia solo un gioco delle parti fra troll, non si giustificherebbe comunque perché ti si venda un prodotto associandolo ad un senso di superiorità morale e culturale. Come le auto di lusso, oggi anche il vaccino ti conferisce uno status, il rango sociale di adepto dell’Ascienza; per cui si sfrutta lo spirito di competizione dei consumatori per indurli a sorvolare sulle contraddizioni tra i vari business.
Ringraziamo Cassandre.