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"La distruzione di ogni potere politico è il primo dovere del proletariato. Ogni organizzazione di un potere politico cosiddetto provvisorio e rivoluzionario per portare questa distruzione non può essere che un inganno ulteriore e sarebbe per il proletariato altrettanto pericoloso quanto tutti i governi esistenti oggi."

Congresso Antiautoritario Internazionale di Saint Imier, 1872
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LA COLPEVOLIZZAZIONE AGEVOLA GLI AFFARI
Di comidad (del 23/09/2021 @ 00:17:21, in Commentario 2021, linkato 7139 volte)
Lo schema di colpevolizzazione è sempre lo stesso, quello che si usa quando un bambino rifiuta un cibo particolarmente nauseante: pensa ai bambini poveri che non hanno da mangiare. Oggi lo schema viene adoperato in modo anche più spudorato e ipocrita verso coloro che non si vaccinano: pensa ai Paesi poveri dove vorrebbero vaccinarsi e non possono (ma quando mai!?). Nel 2011 lo schema di colpevolizzazione fu rilanciato in occasione delle cosiddette “Primavere Arabe”: qui in Occidente avete la democrazia e la disprezzate ed invece nei Paesi poveri la invocano. Si creò così il clima adatto per la prima guerra imperialistica politicamente corretta, addirittura “di sinistra”, cioè l’aggressione contro la Libia in “soccorso” del popolo libico. La sedicente “sinistra” smarriva da allora in poi tutti i suoi punti di riferimento storici, in nome di un’infantilizzazione totale, per cui ogni abuso può essere giustificato con predicozzi morali e con la gratificazione di fare dispetto al cattivo di turno: nel 2011 il dispetto era contro il Buffone di Arcore, ritenuto amico di Gheddafi, oggi è contro Salvini o la Meloni.
A distanza di dieci anni dalla eliminazione di Gheddafi e del suo regime, la Libia è nel caos della guerra civile ed è diventata terreno di scontro per potenze straniere. Ma chi ha detto che esportare la democrazia non è servito? Nel caso della Libia è servito, eccome; anche se ovviamente non alla Libia. Il Fondo Sovrano libico, di circa 68 miliardi di dollari, è stato “congelato” nel 2011 dall’ONU, ma mai riconsegnato al governo di Tripoli, pur riconosciuto dalla stessa ONU. La condizione per la restituzione è che il governo di Tripoli dimostri di essere in grado di assicurare la stabilità del Paese. Ma se il governo non ha i soldi come può crearsi i consensi costruendo infrastrutture e distribuendo reddito? Grazie a questo dilemma irrisolto i fondi rimangono congelati, cioè utilizzati da qualcun altro, perché i capitali non rimangono mai davvero fermi e “congelati”, il modo di riciclarli si trova sempre.
L’aggressione contro la Libia di dieci anni fa sembrava all'inizio inquadrabile nei canoni del colonialismo classico, dato che c’era l’evidente tentativo franco-britannico di sloggiare l’Italia e l'ENI dal Nord Africa per conquistare il controllo sia delle risorse petrolifere, sia della sponda meridionale del Canale di Sicilia. Ma l’orgia di politicamente corretto avrebbe già dovuto avvertire che i concetti di vittoria, conquista controllo del territorio, persino la stessa concezione storica della guerra, si andavano dissolvendo per lasciare il posto ad una destabilizzazione permanente. La mobilità dei capitali non è compatibile con la stabilità politica ed economica. Investendo o depositando le sue risorse finanziarie all'estero, la Libia è diventata un ostaggio e una preda; e molti altri Paesi sono nella stessa condizione.

Nel caso dell’Afghanistan il mantra dell’esportazione della democrazia è arrivato ad invasione già avviata, visto che il pretesto iniziale era stato la lotta al terrorismo. Ma anche in questo caso il lucro non è mancato. Il paragone tra Afghanistan e Vietnam non regge, poiché per gli USA il Vietnam fu una guerra vera, con grandi confronti sul campo, non solo con la guerriglia Vietcong ma soprattutto con l’esercito regolare nord-vietnamita. In Afghanistan niente del genere, si è pensato direttamente ad altro.
Gran parte dell'opinione pubblica americana è più “sgamata” di quella europea, quindi più interessata a seguire il percorso dei soldi. Così molti americani sanno che, secondo dati del Pentagono, circa 107 miliardi sono stati corrisposti dal governo USA a compagnie private appaltatrici per la Difesa, tra cui la Fluor Corporation, che si occupa soprattutto di logistica e infrastrutture. Nuovi contratti sono stati stipulati sino all’anno in corso; ma nel frattempo le agenzie appaltatrici per la Difesa, i “contractors”, svolgevano attività di lobbying per accelerare il ritiro delle truppe dall’Afghanistan. Visto che i contratti di appalto sono già stati concessi, ciò vorrà probabilmente dire che le compagnie ne incasseranno ugualmente i proventi o riscuoteranno delle penali per inadempienza del governo.
Tanto per cambiare, la maggiore compagnia di “contractors”, la Fluor Corporation, ha come maggiori azionisti i soliti noti, gli stessi maggiori azionisti di Pfizer e Google, cioè i fondi di investimento Blackrock e Vanguard Group. A proposito di concentrazione dei capitali.
Ciò fornisce una chiave di lettura anche per il progetto di Difesa europeo, che molti commentatori realistici ritengono assurdo, dato che confliggerebbe con la NATO e con gli interessi USA, qualunque cosa ne dica Mattarella. Solo che “Difesa” non va tradotto con “confronto strategico-militare”, bensì con “appalti”. Già esiste un programma europeo, l’EDIDP, per gli appalti della “Difesa”, con vari progetti in atto, e la Von Der Leyen chiede che ci si investano più soldi. Per questo motivo il lobbying degli appalti ha scatenato i media per auto-colpevolizzare il Sacro Occidente e per rovesciare la narrazione della figuraccia in Afghanistan in un inno alla necessità di riscattarsi dall'onta con una “difesa” europea.
L'interesse italiano per il progetto di Difesa europeo è del tutto comprensibile. Tra gli appaltatori c’è infatti l’ex Finmeccanica, che oggi si fa chiamare Leonardo, con ben undici progetti in operatività. Anche Finmeccanica vanta circa un 5% di partecipazione azionaria da parte di Blackrock. Occorrerà seguire i flussi di capitale azionario per capire se la sedicente “Difesa europea” avrà un futuro “luminoso” oppure no. (5)

Ringraziamo Claudio Mazzolani e Michele per la collaborazione.
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FEDERALISTI ANARCHICI:
il gruppo ed il relativo bollettino di collegamento nazionale si é formato a Napoli nel 1978, nell'ambito di una esperienza anarco-sindacalista.
Successivamente si é evoluto nel senso di gruppo di discussione in una linea di demistificazione ideologica.
Aderisce alla Federazione Anarchica Italiana dal 1984.


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