Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
La suggestione mediatica sulla questione del gas russo sta creando strani meccanismi di oblio. Si va smarrendo il dato fondamentale che
l’esplosione dei prezzi delle materie prime risale allo scorso anno, quindi a ben prima dello scoppio della guerra in Ucraina e della imposizione delle sanzioni.
Nessuno osa dubitare che nella santa Unione Europea tutto si faccia per il nostro bene e che quindi la liberalizzazione dei prezzi dell’energia fosse motivata dal farci risparmiare. Sta di fatto però che questa liberalizzazione ha consentito una massiccia
finanziarizzazione dei mercati delle materie prime come il gas. Mentre l’opinione pubblica viene indotta a credere che sui mitici mercati vi sia un confronto tra offerta e domanda di quantità effettive di materie prime, in realtà la gran parte degli scambi riguarda prodotti finanziari derivati. A loro volta questi prodotti finanziari derivati possono essere presentati come strumenti per assicurarsi contro la volatilità dei prezzi, ma possono essere usati anche per un fine esattamente opposto, cioè speculare al rialzo o al ribasso sui prezzi; per cui oggi la gran parte degli investitori è del tutto disinteressata alla materia prima in quanto tale ed alle sue implicazioni industriali. La finanza è mera riproduzione delle gerarchie sociali: i ricchi che cercano di diventare più ricchi; tutto il resto è solo letteratura lobbistica, dal grande reset al transumanesimo, a tutte le altre trans-cazzate.
Altro dato da tenere presente è la concentrazione di potere finanziario attorno a questi mercati delle materie prime. Non solo la Borsa di Amsterdam ma anche quella di Chicago sono sotto il controllo di un’unica istituzione finanziaria privata,
l’Intercontinental Exchange (ICE), i cui azionisti sono sempre i soliti noti, da Vanguard Group a Blackrock. Niente di male, per carità, ma questo è già il secondo dettaglio che rende un po’ labile la nozione di mercato, dato che di fatto si riscontra un oligopolio finanziario.
Questi aumenti dei prezzi erano quindi iniziati prima della guerra ed hanno in gran parte una base puramente finanziaria. Ciò non toglie però che ci si possa aggiungere dell’altro. Le aziende energetiche nostrane, come l’ENI, hanno acquistato gran parte dei combustibili con contratti a lungo termine, che non hanno risentito del recente rialzo dei prezzi. Gli aumenti dei prezzi erano quindi immotivati, per cui
il ministro Cingolani non aveva esitato a parlare di “truffa”. Di fronte a questa evidente “notitia criminis” nessuna Procura ha ritenuto di convocare il ministro per chiedere chiarimenti.
Ma il governo Draghi aveva deciso di fare giustizia imponendo una bella tassa sugli extra profitti delle aziende. Solo che al momento di riscuotere c’erano
dieci miliardi in meno. Che fine hanno fatto? Non si sa. Comunque, al di là del caso specifico, chi dice di voler riparare i torti per via fiscale ci sta (o si sta) prendendo in giro. Semmai il governo, che è azionista dell’ENI, dovrebbe spiegarci cosa intende fare dei ricchi dividendi che incasserà.
In questo contesto si levano
sempre più voci che invocano il razionamento energetico e persino esponenti di Confindustria si uniscono al coro. Se si analizzano però le varie dichiarazioni di Tabarelli, Clò e Bonomi, le motivazioni della richiesta appaiono ambigue e sfuggenti. Si tratta di fare un “piano” di razionamento, nel caso che la Russia tagliasse le forniture di gas? Oppure si tratta di far partire il razionamento vista l’insostenibilità dei prezzi? Come si vede siamo di fronte a tecniche di suggestione. Si richiede l’assenso su una cosa ovvia: avere un piano “in caso” di emergenza; ma poi si dà questa emergenza per scontata. Il “rimedio” all’emergenza a sua volta non ha alcuna attinenza con la presunta emergenza stessa, dato che non è stato l’aumento della domanda a causare l’aumento dei prezzi. Il problema è che il razionamento comporta dei costi, e quindi è un business; e poi consente di discriminare figli e figliastri, e quindi è potere. Ciò spiega tanta euforia nell’invocare il razionamento. I nostri oligarchi non sono all’altezza di Intercontinental Exchange e di Vanguard Group, però nel loro piccolo si fanno valere. Del resto l’emergenzialismo funziona così bene proprio perché quasi nessuno pensa di contrastarlo, ma solo di ritagliarcisi un proprio stagno per pescare nel torbido.
Il trucchetto retorico della confusione tra “avere un piano in caso di…” ed il partire invece sparati col razionamento, è stato messo su anche dall’ex ministro Giulio
Tremonti in una delle sue tante interviste televisive. Tremonti ci aggiunge del suo, trattandoci da cittadini maturi e responsabili, rivelandoci la dura verità, quindi dovremmo ringraziarlo. La sinistra, compresa quella antagonista, si è innamorata del vaccino, vissuto come il farsi una grande “pera” collettiva di socialismo; non mancherà quindi di innamorarsi del razionamento e dei black-out, perché fanno un po’ comunismo e un po’ ambientalismo. Come si vede, però il razionamento eccita anche la destra. Ovviamente ci sono state piogge di commenti entusiastici per la stima che Tremonti ha dimostrato nei confronti dei cittadini italiani; peccato che, pur nei meandri della retorica tremontiana, la presa per i fondelli saltasse agli occhi. Secondo Tremonti, regolare i mercati sarebbe come voler educare una tigre, perciò meglio prendersela con le pecore come noi. Ai potenti la libertà del mercato, ai fessi la disciplina dirigista del razionamento. La nemesi però è in agguato: mentre la rivoluzione mangia i suoi figli, spesso l’emergenzialismo rinnega i suoi padri. Tremonti dovrebbe ricordarsi che fu proprio lui ad inaugurare l’austerità in versione dura nel 2010, ma l’anno dopo Monti gli rubò il copyright e i media fecero passare il povero Giulio da scialacquatore. Allo stesso modo, se Tremonti riuscisse a ridiventare ministro dell’Economia e ad allestire una bella macchina di potere e affari col razionamento, è molto difficile che poi la lascino gestire a lui, come è successo anche a Conte con la psicopandemia.
Ingenuo con i forti, Tremonti però sa fare il furbo con i deboli. La ciliegina sulla torta emergenzialista di papà Tremonti è infatti la promessa di andare da zia Europa a chiedere le risorse per sgravare benzina e bollette da accise e IVA. In realtà se oggi il prezzo del gas è arrivato a livelli che non hanno più alcun riscontro con i dati di fatto, è proprio merito di zia Europa; e non solo per le sanzioni alla Russia, ma per il modo in cui sono state gestite. La presidente della Commissione Europea Von Der Leyen ha cominciato a parlare immediatamente di razionamento, e questo comportamento in termini di codice penale rientra nell’aggiotaggio o nella manipolazione del mercato. La Commissione Europea riesce sempre a far saltare la lancetta dello schifometro; basti considerare la sua risposta al mediatore/difensore civico europeo allorché questi aveva richiesto di accedere ai messaggi tra la Von Der Leyen e Bourla, il CEO di Pfizer. Secondo la Commissione Europea i messaggi potevano essere cancellati in quanto ritenuti effimeri e non importanti, nonostante riguardassero la stipula di contratti miliardari.
La Commissione Europea quindi rivendica il diritto a cancellare le prove dei propri reati.
Sul sito del Ministero degli Interni si trova uno studio da cui risulta che, tra microcredito e rimesse, i migranti rappresentano la punta di diamante della cosiddetta
“inclusione finanziaria”, cioè della finanziarizzazione di massa, con movimenti internazionali di denaro dell’ordine di centinaia di miliardi di dollari all’anno. Prestare soldi a dei poveracci per farli emigrare, e poi prendersi la tangente quando spediscono soldi a casa, possono apparire dei business miserrimi, ma solo perché siamo suggestionati dalle gerarchie antropologiche e dal culto dei miliardari benefattori, perdendo di vista che alla base della ricchezza c’è lo sfruttamento del lavoro umano.
La massa di straccioni che vaga per il pianeta si rivela così una gallina dalle uova d’oro per la finanza globale, il che implicitamente smentisce la retorica ufficiale e i suoi ipocriti lamenti sul crescere delle “disuguaglianze”. Ciò spiega anche il motivo per cui Salvini, da ministro degli Interni, ha messo su risse ludiche ad uso mediatico con le ONG che si occupano di migranti, ma non ne ha mai toccato le connessioni finanziarie. I poveri erano e rimangono la fondamentale materia prima del sistema capitalistico; e ciò spiega la crescente ostilità dei media e della politica contro qualsiasi provvedimento che possa rendere i poveri un po’ meno ricattabili e un po’ meno bisognosi di lavorare a qualsiasi condizione.
La coalizione elettorale di destra propone l’abolizione del cosiddetto reddito di cittadinanza poiché disincentiva al lavoro, e il reindirizzo delle risorse finanziarie alla diminuzione delle tasse per gli imprenditori. La destra infatti ha ancora le sue icone, i suoi eroi leggendari della rivolta anti-fiscale, come Reagan e la Thatcher. Peccato che queste mitologie non reggano ad un minimo di riscontro.
Sul sito della roccaforte dei liberisti puri e duri,
l’Istituto Bruno Leoni, viene ricostruita la vicenda del presidente Reagan, per concludere sconsolatamente che dapprima questi ha finanziato i suoi sgravi fiscali dilatando a dismisura il debito pubblico; poi, accortosi che la diminuzione delle tasse non aveva determinato la crescita economica sperata, ha nuovamente aumentato il carico fiscale. Insomma, anche se non lo ammetterebbero in pubblico, i liberisti puri e duri tra di loro se lo dicono che quelle politiche economiche soprannominate “reaganomics” sono state una solenne presa per i fondelli.
Neppure
la leggenda della Thatcher regge ad un minimo di vaglio dei fatti. La presunta “Iron Lady” ha diminuito le imposte dirette sulle persone fisiche e sulle imprese, ma ha dirottato il carico sulle imposte indirette, come l’IVA e le accise sulla benzina. La fiscalità sulla benzina si configura come una vera e propria tassa sul lavoro, poiché spesso si è costretti a spostarsi con l’automobile. Tra l’altro i lavoratori, a differenza degli “imprenditori”, non possono neppure intestare la proprietà dell’automobile alla propria società scaricandone i costi dalle tasse. Nel complesso la Thatcher ha aumentato il carico fiscale spostandone il peso dai ricchi sui poveri. La vera storia del fisco dimostra che esso non è uno strumento di redistribuzione del reddito, bensì è il contrario, un modo per favorire la concentrazione dei capitali in poche mani.
Vista l’inconsistenza ideologica della destra, per la sinistra dovrebbe essere una passeggiata. Invece no, la sinistra “post-ideologica” non va mai a smentire le scemenze della destra, al massimo finge di contraddirle con puerili bastiancontrarismi, come “pagare le tasse è bello” (e perché non dovrebbe esserlo, visto che le pagano i poveri?). E questo non è neanche il peggio, dato che oggi gli amministratori regionali del PD sono ancora più zelanti della Lega nel propugnare quell’evasione fiscale di massa che va sotto l’appellativo eufemistico di “autonomia differenziata”.
Come ci ha insegnato il mitico Tony Blair, per una sinistra che abbandona la zavorra dell’ideologia si aprono i cieli incantati del lobbying. L’impresa capitalistica è un meccanismo complesso: c’è l’aspetto produttivo, la fabbrica, ma ci sono anche l’aspetto finanziario e quello promozionale, cioè la pubblicità e il lobbying. Le merci si caricano così di valore morale oltre che materiale, si distaccano dalle loro origini e diventano “altro”. Se ti ricordi che i vaccini sono merci, ti mantieni un tantino più critico; invece te ne devi dimenticare, devi cedere al feticismo della merce. Un bell’esempio di feticismo ce lo ha offerto il segretario del PD Enrico Letta, quando ci ha spiegato che
i vaccini e le app sanitarie sono la “libertà”. Slogan pubblicitari, ma non a caso.
Prima di diventare segretario del PD, Letta si era dato da fare per dimostrare a tutti di cosa è capace; e infatti è diventato consigliere di amministrazione di varie società straniere. Una di queste società è
la francese Publicis Groupe, un’azienda che, manco a dirlo, si occupa proprio di pubblicità. Con queste premesse, dopo i vaccini e le app sanitarie, Letta probabilmente farà da testimonial anche a qualche altro prodotto, ovviamente anch’esso mirabolante e salvifico, perché, come diceva quel geniale cantautore degli anni ’60 e ’70: “Cerco con ansia un prodotto sbagliato, scopro che ancora non l’hanno inventato”.
Prima di diventare segretario del PD, Letta ha abbandonato i suoi vari incarichi; e, secondo lui, ciò lo renderebbe immune da conflitti di interessi, come se in quei consigli di amministrazione non ci potesse ritornare non appena lasciata la politica attiva. E qui si riscontra
la dottrina Blair, secondo la quale non può esserci niente di sbagliato in sé nei rapporti tra politica e lobbying. Laddove infatti manca l’ideologia consapevole, subentra l’ideologia inconsapevole, in questo caso quel razzismo sottotraccia che è il culto dei cosiddetti “competenti”, quella specie di Olimpo che sovrasta e illumina la massa amorfa degli esseri umani ignoranti. Chi vuole dimostrare a se stesso e agli altri di non essere un fesso qualsiasi, deve muoversi e tenere le mani in pasta nel giro delle grandi aziende a livello internazionale. Si riscontra perciò il paradosso per cui il conflitto di interessi da un lato viene fatto oggetto di critiche (peraltro innocue e senza conseguenze); dall’altro lato però è proprio il conflitto di interessi a conferire lo status e l'alone di credibilità del “competente”.
La vicenda di Luc Montagnier ci ha svelato quale sia il vero sottostante del mito della competenza. All’epoca dell’AIDS Montagnier aveva le mani in pasta e stava nel giro dei miliardi, quindi era un “competente”; quando, in epoca Covid, stava fuori dal giro dei soldi, tutti i suoi titoli non gli sono serviti per evitare la taccia di rincoglionito. La “competenza” non è altro che la suggestione collettiva determinata dai movimenti di denaro, dall’effetto di sponda delle bolle finanziarie con le bolle mediatiche; ed è sempre l’illusionismo del denaro a creare quella falsa coscienza che fa dividere l’umanità in esseri superiori e inferiori.