Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
La guerriglia che agita in questi giorni le periferie urbane francesi ha un interessante precedente che, sinora, nessuno ha richiamato alla memoria. Nel 1986 vi fu in Francia un esteso movimento studentesco contro la riforma universitaria proposta dal governo. Durante una grande manifestazione studentesca vi furono anche furiosi scontri, soprattutto nel Quartiere Latino di sessantottina memoria. Pochi giorni dopo, però, ecco la sorpresa: riprese televisive mostrarono gli autori degli scontri, individuati come poliziotti camuffati, mentre uscivano nientemeno che dal Municipio di Parigi, dove avevano la loro base. Lo scandalo coinvolse direttamente Chirac, che era stato sindaco di Parigi sino a poco prima e che allora si trovava in coabitazione conflittuale, da primo ministro, con il presidente della repubblica Mitterrand. Lo scontro istituzionale fra Chirac e Mitterrand aveva consentito, per qualche momento, alla verità di uscire fuori.
È possibile che anche oggi Chirac applichi agli immigrati le stesse tecniche di provocazione poliziesca?
Non solo è possibile, ma è addirittura probabile, poiché l'emergenza costituisce un essenziale fattore di legittimazione per il potere politico. In questo caso risulta anche evidente che il vero obiettivo di questa operazione di provocazione poliziesca e mediatica non è di tipo interno, ma europeo. Non a caso Romano Prodi ha immediatamente paventato (o auspicato?) la possibilità di rivolte analoghe anche in Italia. Ovviamente il futuro governo di centrosinistra si sta già candidando a gestire con "fermezza" l'emergenza sociale, come ha già dimostrato il sindaco di Bologna, Sergio Cofferati.
Non molto tempo fa anche il primo ministro spagnolo, il socialista Zapatero, ha fatto sparare sugli immigrati, impugnando anche lui la bandiera dell'ordine pubblico come pretesto per liquidare lo Stato di Diritto e la convivenza civile.
Altri piccoli dettagli completano il quadro, come, ad esempio, i finti pacchi bomba indirizzati qualche giorno fa a Cofferati e l'anno scorso a Prodi. Si sa che ogni pacco bomba costituisce una pubblica onorificenza per chi lo riceve. Anche in questo caso la memoria dei mass media è corta, infatti è già stato dimenticato l'episodio del carabiniere saltato in aria nella sua caserma mentre confezionava una bomba.
Il modello europeo si presenta quindi parzialmente diverso da quello americano: non è il finto il terrorismo esterno a legittimare l'abuso istituzionalizzato, ma è una finta guerriglia sociale interna.
Da parte della sinistra di opposizione non vi è la capacità di demistificare tutto questo, poiché si rimane vittima del consueto sofisma: dato che il disagio delle periferie è autentico, allora saranno autentiche anche le rivolte che si richiamano a questo disagio. Lo stesso falso ragionamento lo si fa con il terrorismo sedicente islamico: visto che gli islamici sono realmente scontenti del modello occidentale, allora non c'è dubbio che siano tutti potenziali kamikaze.
Il nesso consequenziale tra disagio e rivolta è assolutamente inconsistente, poiché tale nesso salta del tutto un passaggio essenziale dell'equazione, cioè l'organizzazione. Anche la spontaneità e l'imitazione necessitano di un contesto organizzativo.
Quando si ignora questo problema, allora si lascia il campo all'organizzazione del dominio ed alle sue mistificazioni.
Comidad, Napoli 9 novembre 2005
Le recenti e ripetute dichiarazioni del Presidente iraniano sulla necessità di far scomparire Israele dalla carta geografica, sono state da molti definite come "follie". Come sempre accade, però, la propaganda fornisce un quadro rovesciato rispetto a quello reale. È un fatto che oggi gli Stati Uniti dipendano anche dall'Iran per poter mantenere la loro occupazione dell'Iraq.
Bush ha potuto realizzare l'occupazione coloniale dell'Iraq grazie alla collaborazione della comunità sciita, che sta regolando i conti con gli antichi padroni: i Sunniti.
La storica guerra civile irakena fra Arabi Sunniti e Arabi Sciiti costituisce per gli Stati Uniti anche l'alibi per un'occupazione a tempo indeterminato dell'Iraq, perciò Bush ha tutto l'interesse a tenere viva la faida etnico-religiosa, come indica la macchina propagandistica messa in atto con il processo a Saddam Hussein. Ma la comunità sciita irakena ha come protettore l'Iran - paese non arabo, ma islamico/sciita - , anzi molti Sciiti irakeni sono da poco rientrati proprio dall'Iran, dove erano rimasti in esilio dopo la fallita rivolta contro Saddam Hussein del 1991.
A voler valutare in base alla propaganda ufficiale, oggi gli Stati Uniti e l'Iran sembrerebbero ai ferri corti, a causa della volontà iraniana di dotarsi di armi atomiche. La propaganda copre, però, una realtà diversa, nella quale Stati Uniti ed Iran risultano oggettivamente e soggettivamente alleati per spartirsi il potere in Iraq.
È una situazione che ha delle analogie con quella del 1939, in cui Germania nazista ed Unione Sovietica si spartirono la Polonia. Analogia per analogia, si potrebbe pensare che alla fine Stati Uniti ed Iran vengano a confronto come fecero Germania ed URSS: ma il fatto che nella Storia si presentino spesso situazioni già viste, non vuol dire che poi tutto avvenga secondo le medesime forme. Bush somiglia molto ad Hitler, ma ciò non vuol dire che Bush sia il nuovo Hitler, soprattutto perché, a differenza di Hitler, Bush non è disposto a cimentarsi né in una guerra totale, né in una "guerra infinita".
La propaganda conferisce alla politica aggressiva degli Stati Uniti un alone di strapotenza, mentre in effetti si tratta solo di spregiudicatezza. Oggi gli Stati Uniti non possono e non vogliono affrontare i costi di una vera guerra sul campo, ma devono affidarsi alle faide locali per trovare alleati, così come è accaduto anche in Afganistan.
Non c'è da stupirsi se anche il governo iraniano faccia la sua propaganda per accreditarsi come il più intransigente avversario del colonialismo occidentale, e ciò proprio nel momento in cui in realtà ne è alleato. Per mascherare i suoi interessi regionali e per difendersi dalle accuse di collaborazionismo che gli arrivano dal mondo Arabo, l'Iran oggi è costretto a fare da sponda alla propaganda occidentale, avallando l'immagine del fanatismo islamico. Accadde così che nella propaganda la situazione internazionale sembri possedere una coerenza che, nella realtà, non ha.
Comidad, Napoli 3 novembre 2005
|
|
|