Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Per compensare l'ondata di indignazione dei commentatori ufficiali alla notizia dell'assunzione di ventimila nuovi insegnanti, il governo Prodi ha promesso di procedere nei prossimi anni alla cancellazione di almeno cinquantamila posti di lavoro nella Scuola, tramite misure come il taglio delle classi ed il riciclaggio del personale in esubero.
In realtà queste misure sono già state prese da tempo. Nel 1993 vi fu un altro taglio delle classi che fece annunciare trionfalmente ai media che i precari della Scuola non avrebbero più insegnato. Da allora le assunzioni nel settore Scuola sono state invece centinaia di migliaia, nonostante la persistenza di quote elevatissime di precariato. Il problema per il Dominio è che l'organizzazione del lavoro ha una sua rigidità oggettiva, che non si lascia piegare completamente all'utopia della precarizzazione assoluta.
Ma il sistema di dominio, anche quando non riesce ad imporre del tutto i suoi progetti nelle relazioni di lavoro reali, non rinuncia comunque a riaffermare la sua visione sul piano della propaganda o, per meglio dire, della guerra psicologica. Insomma, se non puoi licenziarli, cerca almeno di avvilirli e di criminalizzarli.
Il ruolo della guerra psicologica è regolarmente sottovalutato dall'opposizione sociale, la quale perde di vista anche che le tecniche di propaganda sono sempre le stesse, anche quando gli ambiti appaiono completamente diversi. È proprio in questi casi in cui la propaganda appare più fine a se stessa, che essa rivela la sua costante: il querulo vittimismo del potente nei confronti della minaccia costituita dai deboli. Il vittimismo è infatti un privilegio dei potenti, un lusso che i deboli non possono consentirsi.
Il lavoratore è sempre presentato come un parassita, e l'oppositore sempre come un fanatico, quindi come un terrorista effettivo o potenziale. La propaganda non rinuncia mai ad avvilire l'immagine del lavoratore o dell'oppositore, e quindi non perde occasione di metterli in ridicolo sottolineandone la debolezza. Ma, al tempo stesso, li presenta come una minaccia, come pericoli incombenti in grado di giustificare ogni emergenza.
Questa evidente contraddizione viene risolta sul piano moralistico: la cattiveria dei lavoratori e degli oppositori serve a spiegare tutto, il fanatismo ed il parassitismo sarebbero da soli in grado di compensare la posizione di debolezza, a fornire mezzi tecnici, a superare ostacoli e controlli. Ad esempio, sul forum di Contropotere si può consultare uno studio criminologico sulla figura dell'anarchico insurrezionalista, descritto come frustrato, disoccupato, mammone ed anche un po' scemo, però comunque in grado di tenere in scacco con i suoi pacchi bomba gli apparati delle polizie palesi o segrete, e tutto ciò soltanto grazie alla confusione mentale che gli deriva dalla sua visione distorta del mondo.
Per non far notare questo tipo di contraddizioni, è perciò necessario per il Dominio che la guerra psicologica non si prenda mai pause, che potrebbero diventare pericolosi varchi per il senso critico.
Comidad, 26 ottobre 2006
Il colonialismo è una tecnica
di dominio che si riproduce con precise costanti nel corso della
Storia. Queste prime voci costituiscono l'avvio della stesura di un
manuale a riguardo. Chi fosse interessato, può anche fornire il
suo contributo. Comidad - 23 0ttobre 2006
1 - All'inizio del XIX secolo, Thomas Jefferson, secondo presidente
degli Stati Uniti e proprietario di schiavi seppur tormetato dalla
cattiva coscienza, raccomandava di sterminare gli Indiani o di
deportarli il più lontano possibile. Un secolo più
tardi, Theodor Roosevelt gli faceva eco dichiarando: "Non
arriverò a dire che un un buon Indiano è un Indiano
morto, ma insomma è questo il caso per nove su dieci di loro, e
non starò a perdere il mio tempo col decimo."
2 - La colonizzazione dell'Australia e il massacro sistematico di
decine di migliaia di aborigeni, veniva giustificato dagli inglesi con
la tesi della "terra nullius", terra disabitata. Ma nel 1838, lo Stato
inglese, per affermare la sua autorità proibisce... il
genocidio. Ecco come il "Sydney Morning Herald" risolve la
contraddizione tra terra nullius e proibizione del genocidio: "Questo
vasto paese non era per loro [gli Aborigeni] che un territorio in
comune - non dedicavano nessun lavoro alla terra -, la loro
proprietà, il loro diritto non valevano più di quelli che
dell'emù o del canguro. Non dedicavano nessun lavoro alla terra
e questo - questo soltanto - è ciò che dà un
diritto alla sua proprietà [...]. Il popolo britannico[...] ne
ha preso possesso[...] e aveva perfettamente il diritto di farlo,
proprio per autorità divina, secondo la quale è ordinato
all'uomo di andare avanti, di popolare e coltivare la terra."
3 - "L'invenzione della tradizione"
L'invenzione di realtà fittizie con cui confrontarsi è
una delle tecniche più note del sistema di dominio. L'invenzione
del passato è stata frequente e diffusa in tutta la
colonizzazione della fine del XIX secolo. In India, ad esempio era
attraverso i letterati bramini che filtravano le informazioni sul
passato e sulla concezione del mondo, che erano ascoltati perché
facevano eco alla visione orientalista degli ufficiali britannici. La
missione rigeneratrice della civilizzazione non era così
concettualizzata come l'imposizione di una norma cristiana, ma come il
recupero della verità delle tradizioni indigene. In questa
direzione va pure l'invenzione di un "diritto tradizionale" relativo ai
costumi locali.
Nel 1984, la Corte Suprema indiana rifiutò di abolire la
"restituzione del diritto coniugale": in nome delle tradizioni induiste
e della necessità di lottare contro il "male del secolo", il
divorzio, le donne si vedevano costrette a ritornare dal loro marito,
foss'anche accompagnate dalla polizia. Ora la restituzione del diritto
coniugale non esisteva nel costume indiano, ed era stata introdotta
solo nel 1857, quando le alte corti dei tribunali inglesi e indiani
erano state fuse.
Il caso è esemplare dell'"invenzione della tradizione", ovvero
della legittimazione di un insieme di pratiche facenti riferimento alla
continuità con il passato, quando invece sono recenti o persino
inventate, e che introducono rigidità laddove c'era
elasticità. Questa operazione permette di legittimare il potere
coloniale inserendolo nelle tradizioni del paese colonizzato pur
lasciando profittare alcuni colonizzati di una posizione intermedia o
di potere.
D'altro canto, gli interventi coloniali giustificati ufficialmente
dalla lotta contro pratiche poco difendibili, come la cremazione delle
vedove (sati), il matrimonio di bambini, il matrimonio forzato, il
levirato ecc. se avevano pochi effetti pratici in questo senso, erano
molto più utili a marcare la sedicente superiorità morale
dei colonizzatori e a legittimare il loro dominio più che
assicurare una libertà femminile che nella stessa Europa era
ancora lontana.
Cfr. Hosbawm-Ranger, The invention of Tradition, Cambridge University Press, 1983
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