Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
L'episodio dell'uccisione di un poliziotto da parte di presunti tifosi ultras catanesi assume in sé molti paradossi del sistema poliziesco. Come sempre, anche in questi giorni l'indignazione ha svolto nella comunicazione la funzione di impedire al buon senso - o per meglio dire al senso delle proporzioni - di accedere. Non ci si è potuti chiedere come mai, data la sproporzione di mezzi fra tifosi e poliziotti, questi ultimi facciano troppo spesso un'improbabile parte delle vittime, e non ci si è chiesto neppure per quale motivo i poliziotti siano messi lì a far le vittime.
La stazione di Scampia della metropolitana collinare di Napoli ha avuto per anni l'insegna di "Commissariato di Polizia" a segnalare un vano che avrebbe appunto dovuto ospitare un Commissariato, che in realtà non è mai stato attivato. La vigilanza della linea metropolitana è infatti affidata da anni ad una agenzia privata. Dopo l'uccisione del poliziotto da parte dei presunti ultras, è possibile che il business della privatizzazione della sicurezza - che è gestito da ex poliziotti -, andrà ad investire anche gli stadi, tanto non saranno le società di calcio a finanziarlo, ma la spesa pubblica.
Sino ad oggi però lo Stato, che non ha ritenuto di impiegare i suoi poliziotti per garantire la sicurezza di un servizio essenziale come la metropolitana, allo stesso tempo ne ha utilizzati migliaia per la "sicurezza" degli stadi durante le partite di calcio. Ma quale sicurezza, visto che ormai da anni sono proprio i poliziotti il principale bersaglio degli ultras?
Tra l'altro questi ultras dovrebbero essere arcinoti alla polizia, dato che questa li controlla con centinaia di confidenti e infiltrati, che sono spesso fra gli stessi capi delle organizzazioni dei tifosi d'assalto. Questi infiltrati e confidenti hanno inoltre un ruolo determinante nella gestione delle attività collaterali del tifo ultras, come il traffico e lo spaccio di hashish e amfetamine. Al contrario di quanto si potrebbe credere, infiltrati e confidenti non sono degli improvvisati reclutati in modo estemporaneo, ma sono selezionati e coltivati all'interno dell'area della devianza minorile, e addestrati per anni a svolgere con disinvoltura il doppio ruolo di criminale e di provocatore/informatore al servizio della polizia.
Le commistioni tra sistema poliziesco e sistema criminale possono essere illustrate con vari precedenti storici. Dopo la seconda guerra mondiale, in Sicilia, il bandito Salvatore Giuliano uccise molti carabinieri. l'allora Ministro degli Interni, Scelba - divenuto celebre per l'uso brutale della Celere contro i manifestanti comunisti e contro gli operai in genere -, si lasciò andare una volta ad una confessione, affermando che quando gli Stati Uniti volevano inviare un avviso al Presidente del Consiglio De Gasperi gli facevano uccidere qualche carabiniere dal bandito Giuliano. Scelba però dimenticava di aggiungere che, mentre venivano uccisi carabinieri della truppa, alcuni colonnelli dell'arma intrattenevano rapporti con Giuliano. Quindi, una volta tanto, non si poteva attribuire tutta la colpa agli Stati Uniti. Quando Giuliano fu ucciso in modo misterioso dai carabinieri, Indro Montanelli - che allora non era stato ancora santificato dalla sinistra per il suo antiberlusconismo - si incaricò dalle colonne del "Corriere della Sera" di ridicolizzare e diffamare tutti coloro che chiedevano chiarezza sulla morte di Giuliano e sui suoi rapporti con le gerarchie poliziesche e militari.
Il sistema poliziesco ha sempre avuto i suoi giochi oscuri e inconfessabili, che prevedono spesso il sacrificio di qualche tutore dell'ordine per finalità di perpetuazione e riproduzione dello stesso sistema. È chiaro che non c'è nessuna prova che l'assassinio del poliziotto da parte dei presunti ultras sia stato voluto e fatto commettere a bella posta. Quel che è certo riguarda però le ambiguità del sistema poliziesco, ambiguità tali che si può affermare che questo delitto, se non è stato pianificato, è stato comunque messo in conto.
8 febbraio 2007
Molti Libanesi si sono mobilitati nei giorni scorsi per contrastare le privatizzazioni di settori economici strategici decise dal governo Siniora. La stampa "occidentale" ha ovviamente attribuito la mobilitazione ad Hezbollah, la quale è in effetti solo una delle componenti dell'opposizione alle privatizzazioni, che sono avversate dalla gran parte della popolazione, che ne avverte il vero significato.
Distrutto nelle sue infrastrutture da bombardamenti senza precedenti, il Libano deve dipendere ora dagli "aiuti" internazionali, che vengono però condizionati al cedimento della proprietà delle risorse economiche ad imprese private controllate dagli stessi Paesi "aiutanti". In altri termini, i Paesi "occidentali" sono disposti a concedere risorse finanziarie non alla popolazione libanese martoriata, ma solo alle cosche affaristico/criminali che controllano i vari governi del cosiddetto "Occidente", termine che si rivela come la sigla di copertura di queste cosche.
Il colonialismo non è altro che l'estensione a livello internazionale dell'affarismo criminale. Il colonialismo può non seguire a volte una lucida strategia, ma obbedisce sempre a degli schemi ricorrenti, uno dei quali è il corrispettivo puntuale tra affarismo criminale e propaganda moralistica. I colonialisti vanno lì per aiutare, ma i nativi, rozzi e fanatici, non capiscono e si ribellano. Che poi questi nativi siano dei fanatici, è dimostrato dal fatto che si ammazzano anche fra di loro con le armi che gli sono state vendute dai colonialisti, come sta accadendo oggi in Palestina.
Qui non si tratta quindi di fare una denuncia contro-moralistica del falso moralismo che ammanta le operazioni affaristico/criminali, ma di capire che la propaganda moralistica va percepita, in ogni situazione - sia nazionale che internazionale -, come un segnale di qualche operazione affaristica in corso. Se Pietro Ichino e Geminello Alvi moraleggiano dalle colonne dei giornali sul parassitismo dei lavoratori statali, ciò è l'indizio che in quell'ambito si sta conducendo qualche affare inconfessabile.
Un altro equivoco da evitare nell'analisi, è l'identificazione tra affarismo criminale e interesse economico. In base ad una valutazione economica astratta, molto spesso l'affarismo criminale può risultare antieconomico. Dall'osservazione di questa generica antieconomicità, si alimentano tutte le possibili mistificazioni del colonialismo, per cui molti credono che davvero gli Stati Uniti oggi occupino l'Iraq a causa di un loro mal riposto idealismo, o perché manovrati dalla perfida ed onnipotente "lobby ebraica".
In realtà l'affarismo criminale non va confuso con l'economia in genere, ma va individuato come una specifica forma economica, con sue specifiche regole. La propaganda moralistica non è un semplice supporto tattico delle operazioni affaristiche, ma costituisce una di quelle regole costanti e fondanti che lo caratterizzano, infatti l'affarismo criminale è inseparabile dalla criminalizzazione mediatica delle sue vittime di turno.
Ciò che caratterizza l'affarismo criminale nei confronti di altre forme economiche più "silenziose", è proprio questo suo legame organico con l'opinione pubblica, questa sua sinergia tra affaristi e opinionisti.
l'affarismo criminale produce non solo profitti e rendite, ma anche opinione pubblica, per cui non si può concepirlo senza inquadrare il ruolo svolto in esso da una Fallaci, da un Ichino, da un Galli Della Loggia o da un Alvi.
1 febbraio 2007
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